It’s all up
to you
-- dipende tutto
da te --
Capitolo Primo.
Ormai
mancava poco. Di lì a qualche minuto sarebbe finalmente arrivato il nuovo anno.
L’oscurità intorno alla mezzanotte era calma e piatta, la neve attutiva
qualsiasi rumore, le stelle brillavano come diamanti in cielo.
L’edificio
dell’orfanotrofio era immerso nel buio, e non si udiva alcun tipo di rumore.
L’unica
luce era una lanterna, appesa sopra ad una gracile porta secondaria di legno,
che espandeva il suo tiepido chiarore sul giardino, illuminando i ciuffi d’erba
smossi dal vento e le sfaccettature brillanti della neve.
Dentro,
nella modesta cucina, una ragazza, vestita con un grembiule con la pettorina e
con i capelli castani legati in una crocchia scomposta sulla nuca, stava seduta
ad un tavolo di legno, china su un mucchio informe a cui stava lavorando. La
porta si aprì e una donna non più tanto giovane, e dal fisico asciutto entrò,
portando in mano una lanterna, che appoggiò sul tavolo.
“Ho
appena controllato i corridoi. I ragazzi stanno dormendo”, disse con una voce
forte e non tanto femminile.
Si
sfregò le mani una contro l’altra, come per riscaldarsele. Poi diede
un’occhiata alla ragazza.
“Celina,
che stai facendo?”, domandò squadrandola con sguardo cinico.
La
ragazza, Celina, alzò gli occhi per un istante su di lei. “Pulisco i fagioli
per domani, signorina Wighby”, rispose, con tutta la tranquillità possibile,
come se fosse del tutto normale.
La
donna alzò gli occhi al cielo, con un leggero tremolio. “Oh sant’iddio aiutaci
tu”, mormorò tra sé e sé.
“Puoi
andare a letto, ora, Celina”.
“Oh,
no, signorina. Voglio aspettare la mezzanotte. Lei non vuole restare alzata…”
“No”,
la interruppe la signorina Wighby, facendo un sospiro tremolante, “credo che me
ne andrò a dormire, Celina”.
In
quel momento, la campana della chiesa giù in paese rintoccò. Celina alzò per un
momento la testa dai fagioli, in ascolto e lanciò uno sguardo assorto alla
Wighby, che sbuffò sonoramente.
L’orologio
ovale a muro indicava che mancavano cinque minuti a mezzanotte
“Dai
ragazzi, muovetevi!”, incitò Louis, facendosi stretto contro la parete per
lasciare la via libera.
Si
spinsero ridacchiando, affrettandosi ad entrare nella stanza.
“…
prima che arrivi la vecchia strega!”, concluse Louis, muovendo la testa di
folti capelli castani a destra e a sinistra, all’erta.
“Ahi,
diamine Stanley!”, sbraitò un ragazzo alto e robusto, spingendo quello gracile
che aveva accanto contro lo stipite della porta.
“Chiudi
quel forno, Frank”, lo rimproverò Louis, tranquillamente.
Quando
furono tutti dentro, Louis chiuse la porta, cercando di fare meno rumore
possibile.
I
risolini si smorzarono, e i ragazzi smisero di darsi delle pacche e di
spingersi l’uno con l’altro. Quando nella stanza fu piombato un insolito
silenzio, qualcuno accese una candela, usando un accendino.
La
luce illuminò un bel volto, con un sorriso divertito che pareva non doversene
andare mai, stampato sulle labbra, rosse e leggermente carnose. Occhi azzurri e
vispi vagavano sulle facce dei presenti. Capelli biondo spento gli
incorniciavano il volto.
Qualcuno
aprì bocca, per parlare, ma il ragazzo gli intimò: “Shhh”. Alzò un dito per
indicare di stare in ascolto. Soffiò sulla candela, facendo precipitare la
stanza nuovamente nel buio.
Si
udì un rumore di passi picchiettare nel corridoio. Era la signorina Wighby che
controllava che non ci fosse nessuno in giro. Quando passò oltre, scoppiarono
risatine tra il gruppo.
“Dai,
Avery, dicci cosa hai in mente!”, esordì Frank, cercando di moderare la sua
voce possente in un tono più mite.
Il
ragazzo biondo, Avery, riaccese la candela, dando di nuovo luce a quel suo
euforico sorrisetto. “Una piccola sorpresa per la nostra amata Cecilia “vecchia
strega” Wighby”.
Di
nuovo, risolini soffocati riempirono la stanza.
Avery
diede un’occhiata al suo orologio. “Manca un quarto d’ora a mezzanotte”,
annunciò. “Questo è il piano”
Ed
ecco di nuovo quell’ambiguamente euforico sorriso.
Uscirono
dalla stanza in fila indiana, senza evitare di darsi spintoni e di ridere tra
di loro, troppo eccitati per l’imminente scherzo.
Scesero
le scale e si infilarono in salotto; i corridoi erano bui e silenziosi, segno
che non c’era anima viva in giro.
Il
primo rintocco della campana, in lontananza, li fece sussultare. Calpestarono
il tappeto color rubino e scavalcarono il tavolino di vetro che se ne stava al
centro, avvicinandosi infine al caminetto di pietra, spento e freddo.
Un
altro rintocco. Louis allungò una cassetta di plastica ad Avery, che la
posizionò dentro al camino, in bilico sul ciglio di pietra. Si voltò verso i
suoi compagni e lanciò loro un sorrisetto, faticando a incontrare le loro
espressioni, nel buio.
La
campana batté il terzo minuto a mezzanotte, e loro erano tutti accovacciati in
direzione del camino, euforici.
“Pronti
a correre fuori”, sussurrò Avery, accompagnato da altri risolini.
Al
rintocco successivo, Avery diede vita alla fiamma del suo accendino,
avvicinandolo alla cassetta.
Tutti
corsero in corridoio e poi fuori nel freddo dicembrino.
“Felice
anno nuovo, signorina Wighby”, sussurrò Avery, mentre dava fuoco al contenuto
della cassetta.
La
campana rintoccò per l’ultima volta nello stesso istante in cui l’esplosione
dei fuochi d’artificio vibrò nel cielo, una, due, tre volte.
Si
udì uno strillo provenire dalla cucina e uno sbattere di mani dal di fuori,
accompagnato da risate.
Avery
si voltò, per uscire, Louis lo aveva aspettato sul ciglio della porta.
Louis
raggiunse la porta, mentre Avery si fiondò su per le scale.
“GROVER!”
L’urlo
lo fece bloccare a metà salita.
“È
stato grandioso, Avery! Sei davvero un maestro in queste cose!”, esordì Frank,
mentre il gruppo affollava la hall d’ingresso.
La
signorina Wighby avanzava verso di loro, fermandosi a qualche metro di
distanza.
Per
fortuna ignorò il commento di Frank, sbraitando con un gesto della mano: “A
letto, tutti, subito!”
Immediatamente
il gruppo di ragazzi si diradò, spargendosi sulle scale e passando accanto ad
Avery.
“Signor
Stuart, non mi risulta che lei sia immune agli ordini”, fece la Wighby,
lanciando uno sguardo di fuoco a Louis, che era rimasto in piedi accanto alla
porta, con aria indifferente.
Abbassò
il capo e imboccò le scale, dando una pacca sulla spalla ad Avery.
La
Wighby fece una smorfia, poi salì il tratto di scale fino ad Avery, lo prese
per un braccio e se lo trascinò dietro.
Prima
di scomparire oltre il profilo delle scale, Avery incrociò lo sguardo di
Celina, la cameriera, in piedi davanti alla porta della cucina.
“In
punizione per una settimana, e guai a te se provi ad escogitare qualcosa per
sfuggire! Non hai scelto il migliore dei modi per iniziare il nuovo anno,
Grover”.
Avery
non contava nemmeno più le volte che lei lo aveva messo in punizione per
qualche guaio che aveva combinato. Si lasciò trascinare dalla signorina Wighby.
Ormai era abituato a quella scena. Era arrivato addirittura a pensare che tutto
quello gli sarebbe mancato, se mai se ne fosse andato da lì.
La
Wighby lo spinse dentro camera sua e chiuse la porta con violenza.
Avery
restò qualche istante nel buio, poi usò il suo accendino, per illuminare la
candela sopra al comodino accanto al letto.
Si
andò a sedere sul davanzale della finestra. Guardò fuori: una leggera polvere
incominciò a cadere dal cielo. Aggrottò le sopracciglia, ma ben presto la
polvere prese consistenza e si trasformò in veri e propri fiocchi di neve,
morbidi, coprirono ogni cosa.
Avery
rimase lì, a guardare la neve cadere. Le uniche luminarie natalizie che la
Wighby aveva permesso circondavano il tronco sbilenco di un albero rinsecchito,
sotto la sua finestra. Insieme alla neve davano un’atmosfera tranquilla,
pacifica, natalizia.
Avery
aprì l’ultimo cassetto del comodino, alzò il ripiano, rivelando uno spazio
segreto. Tirò fuori una sigaretta da un pacchetto che teneva nascosto lì.
Tornò
a sedersi sul davanzale, socchiuse di uno stretto spiraglio la finestra e si
accese la sigaretta.
Se
la portò tra le labbra, e dopo qualche secondo la tolse, soffiando il fumo
fuori dalla finestra, sotto la neve cadente.