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Morire un pò
Deidara ne avrebbe avuto ancora per un pò con la sua punizione,
così Zabusa, annoiato e infastidito dal fatto di avere la
possibilità e non poterlo uccidere, decise di lasciarlo alle
mosche per andare a controllare la situazione dalle parti del suo
superiore.
Con sua grande sorpresa, in piazza d'armi non c'era nessuno, fatto
fuori dal comune: dalla sua decennale esperienza, sapeva che Morino non
si sarebbe mai mosso da quella posizione fino alla fine della punizione
delle reclute, né per fame, né per sete, né per
altro, continuando a fissare e a imporre la sua volontà ai
nuovi arrivati semplicemente con la sua presenza omicida e vagamente
psicotica.
Proprio in quel momento, i ragazzi stavano per passare dal punto in cui
si trovava lui; non aveva la minima idea di quanti giri avessero
già fatto, se più o meno di dieci, ma visto che quella
sera si era in vena d'eccezioni, decise autonomamente di andare avanti
con il copione: un lungo e acuto fischio richiamò l'attenzione
dei nuovi arrivati, che dopo quella quasi maratona avevano la stessa
espressione di un bue rincoglionito.
Con intimo sollievo i ragazzi accolsero quella pausa, raggiungendo il
caporale alto e silenzioso ad un suo cenno brusco; qualcuno ebbe la
tentazione di buttarsi a terra, ma una occhiata malevola bastò a
metterli tutti in riga, ansanti e piegati in due come cani da caccia
esausti, mentre Zabusa percorreva la fila, osservandoli di sbieco.
In realtà, quel compito sarebbe spettato a Morino, che li
avrebbe poi demolito con il suo sarcasmo, ma il moro preferì
tacere e fare a modo suo, o si sarebbe senz'altro coperto di
ridicolo.
"Bene, signori."
Prima non lo avevano sentito parlare; aveva una voce bassa, profonda,
che sembrava provenire da un petto ben più ampio di quello di un
palo della luce assassino.
"Avete visto quello che vi attende, se solo osate sgarrare dalle regole
del campo. Rigate dritto e succederà la stessa cosa".
Sguardi perplessi scambiati fugacemente tra le reclute, ma Zabusa li ignorò bellamente, proseguendo diritto.
"Per i duri di comprendonio, sarò più chiaro: questa
è una corsa contro il tempo. Il vostro tempo. Noi faremo del
nostro meglio per uccidervi un pò, giorno per giorno. Voi
cercherete di restare vivi. Se sopravviverete al nostro addestramento,
sarete armi; se fallirete, a gioire saranno i cani".
Prese un respiro profondo, fermandosi a un capo della lunga fila.
"COSA NE DITE, VI PIACE?".
"Sissignore!".
"NON VI SENTO!".
"SISSIGNORE!".
Beh, era un progresso. Almeno stavolta avevano tirato fuori le palle già al secondo tentativo.
Ansimando, piegato in due, Naruto strinse la stoffa dei suoi pantaloni:
quella era senza dubbio una sfida, il linguaggio che capiva meglio. Il
caporale Zabusa li stava sfidando a sopravvivere, ma loro cosa avevano
fatto finora? Se i muscoli del volto non fossero stati congelati dalla
fatica, avrebbe sorriso.
Avrebbe superato il duro addestramento.
Avrebbe conquistato e fatto sua Hinata anche sotto il naso di suo padre.
Era una scommessa, un gioco, ma non avrebbe accettato niente di meno del jackpot.
Nel frattempo, l'alto caporale si stava incamminando verso le baracche, facendo loro segno di seguirlo.
"Abbiamo finito per oggi?" chiese speranzoso Shikamaru alla sua schiena "Signore?" aggiunse.
"Non ho ancora finito di uccidervi, per oggi. Venite con me".
Nervoso, Orochimaru si versò un abbondante dose di brandy nel capiente bicchiere.
Nell'altra stanza, immerso nel sangue, giaceva Kabuto; solo il suo
pesante respiro,che sibilava attraverso i denti rotti rivelava che non
era ancora pronto per il camposanto.
Doveva sfogarsi con qualcuno, Orochimaru, e i capelli del sottoposto
gli ricordavano troppo quelli dell'Hatake, finché non avevano
cominciato a sbiadire e ad essere troppo simili a quelli di quel porco
di Jiraya.
Quel porco.
Sì, indubbiamente era opera sua se quel pomeriggio non aveva
sdraiato sul lettino la progenie dei migliori soldati della Foglia.
Poteva renderli perfetti, armi ideali al servizio di un idea, la sua idea.
Invece...
Quando aveva chiesto informazioni, nella speranza di un semplice
trasferimento imprevisto, si era sentito rispondere picche:
arruolamento d'emergenza, che idea geniale! Ma per una cosa del genere
serviva un permesso, un permesso che poteva rilasciare solo una
persona...
"Non mi sembra che l'alcool ti faccia bene, dottore".
Lui.
Dal riflesso di uno specchio, finalmente si accorse di avere come
ospite il Comandante Uchiha, comodamente immerso in una soffice
poltrona di velluto rosso e intento a fare man bassa della ciotola di
frutta candita sul tavolinetto di cristallo di lato.
"Che ci fai qui? Come sei entrato?!" ringhiò, senza minimamente impressionare l'altro.
"Mio caro, non ci sono porte chiuse per me, dovresti saperlo" sorrise
soave, prima di buttare giù un'altra manciata di dolci.
Orochimaru si rassegnò, ma rimase in piedi, come un subordinato.
"Cosa vuoi?".
"Ero passato per un saluto, ma ho visto che eri impegnato con quel
ragazzino e così ho preferito aspettare. Fai davvero delle robe
tremende, dottore caro" cominciò, distrattamente.
"Tanto tremende che mi son detto: e se avesse fatto lo stesso con mio
nipote? " lo guardò, rivelando in un istante una collera
profonda come l'oceano e altrettando temibile, facendo arretrare
istintivamente.
"Io non...".
"Ti prego" si alzò "Non offendere la mia intelligenza. Ho
già fatto le ricerche del caso. Sei stato fortunato che le cose
siano andate così...".
"Non mi sembravi tipo da affetti familiari" lo interruppe quasi
beffardo l'albino, mentre l'uomo osservava il panorama della
città dall'ampia vetrata.
"L'affetto non c'entra. Ho altri progetti per Sasuke, è una
pedina fondamentale per il successo del piano" si girò.
"Tocca Sasuke e sei morto."
"Siamo alle minacce, Uchiha?" lo sfidò Orochimaru in un sussulto d'orgoglio.
Era un medico, Orochimaru, non un soldato. I suoi avversari li voleva
legati, non aveva mai misurato la sua forza con un altro uomo.
Il manrovescio improvviso gli fece vedere le stelle e sentire nella
bocca il sapore ferrigno del sangue, ma prima che potesse realizzare di
essere stato colpito, una mano pesate e guantata lo prese per il retro
della nuca, scaraventandolo di fronte sugli intarsi di legno del
tavolitetto di cristallo, distruggendolo.
"Si chiamano minacce quando c'è una minima possibilità
che non si avverino, dottore. Non è questo il caso."
mormorò con una certa perfida dolcezza alla maschera di cocci e
sangue, lasciandolo cadere in mezzo ai frammenti con indifferenza.
Quella stessa sera, Sakura era riuscita ad ottenere un colloquio con il
dottor Kurotsuchi, preside della sua facoltà di medicina.
"Posso?".
"Avanti mia cara, avanti" ghignò dall'interno una voce.
Alla facoltà di medicina, gli studenti di ogni anno si erano
sempre posti, almeno una volta, la fatidica domanda: cos'era più
inquietante, nel dottor Kurotsuchi? I denti d'oro, la pelle albina
truccata di blu o il fatto che era totalmente e incontrovertibilmente
pazzo e un tocco sadico?.
"Ah, la signorina Haruno... posso chiamarla Sakura?" ridacchiò.
Ovvio che poteva. C'è forse qualcosa che un professore universitario non può nei confronti di uno studente?
"Si accomodi, si accomodi... Allora, la signorina Haruno, Haruno..."
dalle carte che ingombravano la scrivania tirò fuori una scheda.
L'aveva preparata in precedenza, magli piaceva fare teatro.
"Uhm... sì, sì... ottimi voti, referenze eccellenti,
mente acuta e grandi abilità manuali" scorse rapidamente la
scheda, sollevando poi gli occhi "la dottoressa Unohana ti stima... e
non è da tutti. Ti vorrebbe come assistente il prima possibile".
"La ringrazio..." balbettò la rosa, presa in contropiede.
"Ma io non sono d'accordo" allargò il ghigno l'uomo, sporgendosi
sulla scrivania e lasciandola interdetta "Hai un talento eccezzionale
per la chimica farmaceutica, non ho mai avuto una studentessa come te.
Quando vuoi cominciare? A lavorare sul serio intendo".
"Ma... mi mancano ancora alcuni esami..." protestò debolmente.
"Storia della farmacia, filosofia della medicina e Logica applicata.
Possiamo scrivere due righe e il problema è risolto".
Era inquietante, pazzo, quei dannati denti luccicanti la mettevano dannatamente a disagio.
Però...
Era venuta per tutt'altro motivo e ora quello stramboide le stava
offrendo il suo sogno su un piatto d'argento. Diventare chmica e
ricercatrice, una professionista; i soldi investiti
nell'università che finalmente davano frutto, la ricchezza e
l'agio per lei e sua madre. Sarebbe rimasta a Leaftown, risparmiandosi
quello che sapeva l'aspettava... a Leaftown c'era anche Itachi, in
fondo...
Prese un respiro profondo, cacciando quei pensieri.
"La ringrazio, professore." prese più decisa "Ma non sono venuta per questo" aggiunse.
"Prego?" .
Kurotsuchi era perplesso e contrariato: per avere quella
possibilità qualunque studente avrebbe dato una gamba e un
braccio e lei osava addirittura rifiutare? Era tentato di cacciarla su
due piedi e intiarle di non farsi più rivedere almeno
finché non avesse recuperato la ragione, ma la curiosità
dello scienziato ebbe la meglio.
"Voglio far parte del corpo delle Infermiere e per farlo ho bisogno di un attestato da parte vostra".
Eccolo là, il difetto. Come si dice, nessuno è perfetto,
no? Perché un cervello acuto e brillante come un diamante doveva
essere finito nel corpo di una banale patriottica?
"Le infermiere?" ridacchiò "Assurdo... assurdo. Ci rifletta bene, signorina Haruno. Vuole buttare
una brillante carriera e un futuro radioso in mezzo alla marmaglia
e al fango? Per cosa, poi... Questo stato è fottuto, signorina,
se ne faccia una ragione. Se proprio vuole rendersi utile, qui con
noi...".
"Mi scusi, temo che lei mi stia fraintendendo. Il patriottismo non
c'entra. Non sono nemmeno un angelo, mi interessa poco salvare vite in
questo momento."
"Ah no?".
"Il mio ragazzo è... partito in guerra. Voglio essere con lui,
voglio essere io quella che lo curerà quando starà male e
si ferirà".
Cosa c'è di peggio di una patriottica? Una romanticona.
"Mi ha deluso, signorina" sospirò "Mi aspettavo chissà cosa da lei... Ma siete ancora una ragazzina".
Una ragazzina dallo sguardo ostinato, avrebbe dovuto aggiungere in tutta sincerità.
"Forse sono stata un pò melodrammatica... ma non posso farci
niente. Non posso rimanere ad aspettare senza fare niente mentre lui
è in guerra".
"Per fare l'infermiera non occorre un semplice attestato, ma tanta abilità pratica".
"Non è un problema" affermò Sakura decisa, meritandosi un'occhiata perplessa.
"Me lo dovrà dimostrare. Non potrà limitarsi a fare la
dolce infermierina solo per il suo ragazzo; non potrà scegliere
chi curare e chi no".
"Me ne rendo conto".
Che tempra, quella ragazza! Il veloce cervello di Kurotsuchi, rinomato
nel suo ambente, lavorava veloce più che mai, alla ricerca di un
motivo valido perché quel gioiello rimanesse con lui.
"Il fronte è molto esteso... chi le dice che finirà nello
stesso posto di questo fantomatico ragazzo?" ghignò, furbo.
L'asso nella manica: cosa ci vai a fare, Sakura, se potrebbero passare
anni prima che riusciate a incontrarvi e potreste entrambi morire
molto prima? Non è più saggio aspettare in un porto
sicuro?
"Ho già risolto questo problema" esitò un attimo la ragazza, riprendendo il controllo di sè.
Kurotsuchi alzò le mani, sconfitto: riconosceva una battaglia persa, quando ne vedeva una.
"Ritorni tra qualche giorno" capitolò "Vediamo cosa si può fare".
La ragazza per poco non saltava ad abbracciarlo: ovviamente si
inchinò una infinità di volte, ringraziandolo a
più riprese e garantendo che sarebbe tornata e che avrebbe
accettato solo allora quel posto, sempre che lui intendesse ancora
offrirglielo.
Rimasto solo, il dottore ripensò alla sua ultima frase, che
aveva segnato la sua sconfitta: che diavolo significava, ho già
risolto questo problema? Delle due, o aveva mentito, o la ragazza era
più marcia di quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Ghignò nella penombra: la cosa lo intrigava un sacco.
Quando Zabusa aveva parlato di ucciderli un altro pò, i ragazzi
non avevano potuto fare a meno di chiedersi a quale sadica e pazza
tortura sarebbero andati incontro, viste le premesse; quello che non si
aspettavano, era di finire in una lunga sala ricoperta di piastrelle
color crema sporco, che dava l'idea di un ospedale o di una clinica.
Da un lato, una lunga fila di panche, dall'altro lavandini, specchi e
numerosi tipi in camice pressappoco bianco, alti e robusti, cosa che
inquietò non poco le giovani reclute; comunque, onde evitare
punizioni superflue, si sedettero tutti sulla lunga panca, mentre a
gruppetti venivano fatti sedere sugli alti e scomodi sgabelli d'acciaio.
Quando gli uomini tirarono fuori forbici e macchinette, un sospiro di
sollievo serpeggiò tra i ragazzi: erano semplici barbieri!
Quello di Zabusa doveva essere stato una specie di scherzo, nella sua
ottica perversa.
Ma quando i primi uomini uscirono trasfigurati dalle mani dei presunti
barbieri, Gaara, che nonostante l'apparenza algida nascondeva una
profonda sensibilità, capì immediatamente che Zabusa non
stava scherzando affatto: i capelli sono una parte essenziale di noi,
della nostra identità: Il loro colore, come li acconciamo, come
li curiamo... tutto contribuisce a definire un essere umano nella sua
originalità, ci parlano della personalità del suo
proprietario, rivelano un sacco di cose, a saperli interrogare.
Perdere i capelli, mutilarli, è come perdere il nostro nome: una
parte della nostra umanità se ne va con essi, rendendoci ciechi
pezzi di carne che si muovono accidentalmente.
Guardando i suoi compagni, capì che anche gli altri, forse meno
chiaramente, erano arrivati alle stesse conclusioni: non si
stupì nel vedere Naruto e Sasuke schizzare in piedi, al turno
successivo, in un gesto coraggioso e di sfida nei confronti di quel
sistema barbaro.
Il biondo chiuse appena gli occhi, mentre le ciocche color sole
cadevano a terra sotto i denti della macchinetta; Sasuke storse appena
la bocca, mentre i macellai violentavano il suo leggendario culo di
papera che faceva tanto ridere la sua compagna.
Finirono rapidamente, e altrettanto rapidamente arrivò il vero spettacolo
"Miseria, teme quanto sei brutto! Attenzione, alieno bastardo tra noi!"
In effetti il moro, senza i suoi capelli, sembrava avere un volto
eccessivamente lungo e affilato, ma se aveva perso i capelli,
conservava ancora la lingua tagliente
"Mettete su due braci, abbiamo un pesce gatto idiota per cena" Paragone
ovvio, dati i baffi e il faccione che sembrava molto più tondo
Quelle poche buffonate e le risate che ne seguirono risollevarono
percettibilmente il morale della compagnia: dopo di loro, tutti si
sottoposero più rilassati allo scempio.
Neji non fece storie, anche se intimamente giurò a sè
stesso che non si sarebbe più fatto ricrescere i capelli
così lunghi... insomma, cinque anni di sacrifici buttati nel
cesso!
Kiba fece inceppare tre volte la macchina, tanto aveva il pelo duro e ispido; i barbieri si incavolarono come iene.
Choji, senza i capelli era la copia sputata di un monaco, altrettanto pacioso e rassicurante.
Il più problematico fu sorprendentemente Shikamaru, che non
voleva rinunciare al codino, sostenendo di avere già i capelli
abbastanza corti: finì che un armadio ambulante lo prese come un
coniglio per il codino, tenendolo sollevato e recidendolo con un deciso
taglio di forbici.
Inutile aggiungere che a quella scena, tutti i presenti creparono dalle risate.
Seduto fuori la baracca a fumare una sigaretta, Zabusa non si curava
dei suoni allegri che provenivano da dentro. Non era affar suo.
Anko era chissà dove con Kakashi, che indubbiamente reclamava i turni perduti.
Niente di male, in fondo, anzi: il moro si sentiva decisamente
sollevato... tenerla a bada praticamente tutte le notti non era cosa da
poco per un uomo solo!
Un fruscio nell'oscurità attirò la sua attenzione: anche
se rilassato, era sempre un soldato, am quando percepì che si
trattava di Morino, ricadde a sedere: avevano abbandonato da tempo le
formalità, tuttavia, una volta che il suo viso fu esposto alla
fioca luce dei lampioni, non potè fare a meno di sentire un
brivido lungo la schiena.
Morino sorrideva!
Se al mondo ci fosse stata una sola certezza, era quella che il
Sergente Istruttore Ibiki Morino, non sorrideva soprattutto, non
sorrideva apertamente e amichevolmente.
Il moro sospirò.
La metà delle reclute non avrebbe passato la giornata di domani.
Ah... finalmente è passato ferragosto, l'incubo di ogni
alberghiere-ristoratore-barista... arriva l'autunno, la mia
creatività aumenta e il caldo si smorza. Perfetto, no? :-)
Angolo recensioni:
Sahrita: Nikita, che bel paragone con la mia Hanabi! Ho letto un sacco
di fic su di lei e per lo più la trattano male... qui è
solo una adolescente che farebbe di tutto, lecito e non per il suo
ragazzo (ad averla, una così ç_ç)... Ih ih, ormai
la vecchina e il gatto sono bruciati, come scusa? Speriamo che
l'autunno mi porti consiglio allora XD Per Hanabi che aiuta Hinata,
arriverà il loro momento, ma non credo immediatamaente: è
pur sempre una fic di guerra, dovranno anche allenarsi questi qui, no?
:-)
Tra parentesi: adoro i papiri ^^
luminum10: Sakura se li va proprio a cercare i guai, non trovi? Ora il
suo destino dipende da un pazzo stramboide... come se la
caverà? Un indizio: attenzione al bel cognatino :-)
paradisekiss: Mostro assassino? Naah... è soltanto "spietata",
se vuole qualcosa non si fa problemi a prendersela. Tutto il contrario
della dolce sorella, in fondo... mi chiedo chi dele due sia meglio,
mah. Ora i ragazzi hanno smesso di correre, ma Ibiki non si accontenta
certo di così poco, ne vedrete delle belle (complice mio padre e
i suoi aneddoti sulla vita militare... quando gli ho raccontato della
cosa è morto dalle risate XD)
yuki21: Non ho intenzioni precise per il tuo personaggio preferito...
diciamo che io scrivo e lei và avanti per conto suo. Voglio
però farla più tosta di quanto l'abbiano fatta nel manga,
lì la trovo veramente insopportabile :-) Ora conosci le sue
intenzioni, vuole partire in guerra anche lei e ti dico che non
sarà la sola, aspetta e vedrai
Vaius: Eh già, non fraintendere, Ibiki la vuole per farne un
soldato, non credo abbia tendenze pedofile XD Anko2? è un idea
*_*... non ci avevo pensato, ma da questo spunto ne può uscire
roba epica per il futuro, thank you!
Per Choji... dai, a modo suo è carino e cicciottello,
paciocco... ma non è una sex-machine XD (il mio parere da uomo
però conta poco, lo so)
Lily Evans 93: Mia cara, te lo dovevo. In fondo non c'era ragione di
avere un rating più alto, non sono uno scrittore di roba oscena
o decisamente splatter... ci saranno violenza e parolacce ma
conoscendomi ninte eccessivo, insomma. Fammi sapere come hai troato
anche questo capitolo, mi racomando!
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