abcaubvcoauedbcCapelli corti tagliati da poco, leggermente più alto, ma sempre gli stessi occhi, azzurri, che mettono a disagio.
“Ray, guarda che non è un regalo. Solo un prestito.” Stefano si siede
accanto a me, sul sedile. Si mette la cintura, da bravo guidatore.
“Certo, Ste. Fidati di me.”
“Mi piacerebbe tanto poterlo fare. Accendi, dai.”
Non se lo fa ripetere. La macchina si guida che una meraviglia.
“Vedi, sto andando benissimo, no?”
“Siamo solo nel cortile di casa, Ray. Sei appena uscito dal garage.”
“Si ma è l’inizio che conta…”
“Attenta, La Maddalena. Il ciclone Ray ha preso la patente!”
“Shh, mi deconcentri. Questo cos’è?”
“Il freno!”
“Dai, fratello, scherzo!”
“Ray, non ci credo.”
Fabio azzanna la pizza, rimane con un metro di mozzarella tra le dita,
le lecca, e Ray sta seduto scomposto sul gradino in piazza, e guarda la
gente che passa, felice che l’estate sia arrivata.
“Devi invece.”
“Ragionaci un po’ su. È passato più di un anno. Un anno intero, più di trecentosessanta giorni…”
“Trecentosettantotto, a dire la verità, da quando l’ho incontrata.”
“Quelli che sono. Comunque, non puoi pensare ancora a lei, devi vivere amico!”
“Ma io sto vivendo”
“Non ti si vede più in giro, non esci più con le donne, non ti diverti più. Sempre con Marty, e a noi ci snobbi.”
“Ma no, che cazzate dici. È che non mi va di uscire sempre, punto.”
“Domani è il primo giorno della tua nuova vita, capito? E se non
ritorni il Ray di un tempo ti taglio le gambe. Non mi va di girare con
un tipo perbene!”
“Io non sono un tipo perbene.”
“Questo lo dici tu, Ray, lo dici tu…”
Ray si sveglia di soprassalto, come se gli avessero buttato addosso un
secchio d’acqua. Ha fatto di nuovo quel sogno, terribile.
Visto che ormai è sveglio, si alza. Sono solo le sette del mattino,
quasi l’alba per lui. Suo fratello è già sveglio in camera sua, e
inscatola le ultime cose.
“Ray, ti ho svegliato?”
“No, Ste. Hai finito qui?”
Ray guarda la camera vuota, il letto e l’armadio. Finalmente suo
fratello aveva deciso di andare a vivere con la ragazza, lasciando
l’appartamento a Ray. Ci aveva messo un intero mese per decidere,
convinto che il fratello avrebbe trasformato la casa in una discoteca
permanente.
Ora portava via le sue ultime camicie.
Stefano non voleva davvero andarsene, e Ray lo sapeva bene. Si era
preso la responsabilità dei suoi fratelli quando i genitori avevano
trovato lavoro in America, li aveva visti crescere, e benché non glielo
avesse mai detto era molto orgoglioso di loro. Sapere che la sorella
Serena abitava a Roma da quattro anni gli rattristava il cuore… e ora
avrebbe abbandonato pure Ray. Pensò che “abbandonare” era una parola
grossa, dato che abitavano nello stesso paese, ma comunque non
avrebbero più condiviso le cose di tutti i giorni. Gli aveva lasciato
la macchina, e se ne era comprato una nuova.
Lasciava la sua prima famiglia per crearne una nuova.
“Beh, io vado. Non sprecare troppa elettricità e pulisci, per favore.”
“Si, si fratello, fidati.”
Stefano sorride, abituato a quella risposta falsa. Guarda il fratello,
appoggiato allo stipite della porta, viso pulito in contrasto con la
sua sfacciataggine. Poi sembra ricordare qualcosa.
“Oh, ecco…” fruga nella scatola e lancia qualcosa a Ray. “Questi non sono miei.”
Si chiude la porta alle spalle. Ray sorride, rigirandosi tra le mani la
scatola di preservativi. Chissà quando l’aveva lasciata in camera del
fratello…
Sogna, di nuovo. Quegli occhi castani, sorriso bellissimo. La vede
salire sul traghetto e partire, mentre lui rimane lì, imbambolato, coi
piedi ancorati al terreno.
Il campanello. Ora che si era rimesso a dormire. Ma non aprirà, nemmeno se avesse suonato il papa in persona.
“Ma che cazzo…”
Al terzo scampanellare si alza e cerca una pantofola, ma l’altra non la trova. Fanculo.
Sperando che sia suo fratello che ha dimenticato qualcosa, o Fabio che
rompe le palle per potergli dare un pugno, apre con forza la porta.
Sua sorella Serena gli sorride, raggiante. Ray stenta quasi a riconoscerla. È dimagrita e… bionda.
“Beh, scemotto non mi fai entrare?”
Ray si sposta e l’aiuta a portare dentro tre immense valigie rosa. Lo abbraccia e si butta nel divano.
“Casa mia!”
“No, no, che tua! Mi sono appena liberato di Stefano e ti piazzi tu?”
“Che gentile! Beh, tanto meglio, così ho la camera più bella.”
Ride e si alza. È una ragazza solare, come il fratello. “Ho una fame, che c’è in questo posto?”
Apre il frigo, ma è vuoto. “Sere ma che ci fai qui?”
“Si Ray, pure io sono felice di vederti, e mi sei mancato un sacco…”
“Spiritosa!!!”
“Dai, scherzo!” Si siede su una sedia sul tavolo, proprio di fronte a Ray. “Mi sono licenziata, ecco tutto.”
“Licenziata?” Ray sgrana gli occhi. “Perché?”
“Quel lavoro era una noia, e poi sono stata quattro anni lontana dalla
mia famiglia… insomma, parliamo chiaro: vedere quelle coppie destinate
al matrimonio, tutti i giorni, e io senza uno straccio di ragazzo, sai
che palle!”
“E i tuoi capelli? Che fine hanno fatto?”
“Neri mi davano un’aria spenta, e io voglio essere allegra! Bionda sono
più carina, e assomiglio sempre più a te, anche così, me lo dicono
tutti!”
Gli fa l’occhiolino e si alza per spostare le valigie da mezzo alla
cucina, e allora Ray si accorge del suo abbigliamento. Indossa un
vestito a fiori, rosa, attraverso il quale si capisce benissimo che
intimo porta. Serena si volta e nota l’espressione del fratello. “So
cosa stai pensando del mio look” Gioca un po’ con l’ultima parola e ridacchia. “Ma ho cambiato tutto. Vita nuova, vestiti nuovi.”
“A me piacevano i tuoi vestiti.”
“Tu sei mio fratello e io mi sono stancata di stare sempre sola.”
E con quest’ultima enigmatica frase si allontana in camera, canticchiando.
“Sere, io esco!”
Sere, cantando a squarciagola sotto la doccia non sente un fico secco.
Fabio lo aspetta giù, le mani in tasca, i capelli biondi scompigliati
dal vento. Erano rimasti amici, dopotutto. Una ragazza non può rovinare
diciotto anni di amicizia.
“Finalmente, ce l’hai fatta a scendere!”
“Oh, ma che vuoi se tu sei sempre in ritardo.”
“Ti confondi con Nikko. Io sono quello che è sempre dietro la porta di casa tua.”
“Molto spiritoso.”
Si siedono in piazza. Solito gradino, soliti discorsi. La gelosia di
Fabio per Fede, la nuova tipa di Ray, commenti alle ragazze che
passano, ecc.
Una macchina rossa li chiama da lontano. È Keffo.
“Oh, vecchi, venite?”
“Dove?”
“Ad una discoteca, il Chico, giù a Moneta. C’è un sacco di bella roba, ragazze fighe… ci sono stato pure ieri.”
“Io passo. Magari esco con Fede.”
Keffo sbuffa e gli fa il ghigno. “Fai come ti pare. Noi andiamo a prendere Nikko.”
“Preferisco stare con la mia ragazza che con mille altre sconosciute.”
Mentre partono Ray abbassa la testa. La verità è il più duro dei pugni.
La musica è fortissima, e le luci abbagliano. Ragazze ballano sensuali
sui tavoli, tutte coperta da una maschera. Ray, Holly, Keffo e Nikko si
siedono su un divanetto, soddisfatti alla vista di tanta bellezza. Si
avvicina una cameriera, anche lei stretta come le altre in un mini
completo lucido e nero. Li squadra tutti, e i suoi occhi si fermano,
come sempre, su Ray, ma lui ha la testa da un’altra parte.
I ragazzi indicano una ballerina di un tavolo vicino.
“Quella è la ragazza più gnocca che abbia mai visto!”
Nikko è molto chiaro su cosa ci farebbe. Holly chiede alla cameriera l’età, e Ray si alza.
“Ma dove vai?”
“Prendo un po’ d’aria. soffoco.”
La realtà è che non aveva molta voglia di sentirsi le ragazze
appiccicate a lui come cozze, situazione che in altri momenti non
poteva fargli altro che piacere. Ma oggi non gli andava di essere
trapassato dagli sguardi di invidia degli amici.
Mentre si divincola dalle ragazze che gli chiedono di ballare con lui
vede il cartello della terrazza panoramica, e il più velocemente
possibile prende l’ascensore per raggiungerla. Le porte stanno per
chiudersi di fronte a lui, quando una mano guantata le blocca, ed entra
una delle ballerine. Ha i capelli rossi, una maschera nera a coprirle
la parte superiore del volto. Ma due occhi chiari, di un indefinibile
grigio-azzurro, risplendono bellissimi.
Indossa lo stesso vestito delle altre ballerine, e Ray non può fare a
meno di notare che il commento di Nikko rispecchia la realtà. È
bellissima.
Respira forte, come se le mancasse l’aria, ed è la stessa sensazione che prova Ray, guardandola.
Appena le porte si aprono esce fuori in tutta fretta, e Ray la segue.
Si appoggia al bordo del terrazzo, prende tutto l’ossigeno possibile,
ad occhi chiusi, e finalmente sembra stare meglio.
Ray la guarda, mentre il vento lo spettina leggermente. Il mare di
fonte a lui inarca le sue onde bianche, una lotta col vento, senza
fine.
“Ti senti bene?”
Lei si volta, stupita. Sgrana gli occhi, a labbra socchiuse. Ray si
avvicina, e lei appoggia la schiena al terrazzo, da le spalle al mare,
per trovarsi di fronte a lui, e fare pochi passi in sue direzione.
Ora sono uno di fronte all’altro, senza dire nulla. Ray, per una volta così indeciso sul da farsi, e lei.
La luna si nasconde dietro una nuvola, e cede il posto all’oscurità. I rumori sono lontani, seduti accanto ai ricordi.
Ray sente il suo respiro vicino, e le sue mani sul petto, scivolare
verso il collo. Mosso da chissà quale impulso, la stringe a sé.
Riconosce la sagoma del suo volto nell’oscurità, come un’ombra.
Si può essere attratti da qualcuno in maniera così incondizionata da non preoccuparsi delle conseguenze?
Le sue labbra cercano quelle di Ray, le trovano, le stringono, le
mordono, dolci. Le lingue lottano, indomabili, al tempo coi respiri,
coi profumi, con la voglia…
Poi, veloce come era arrivata, si allontana da lui, corre via. Lui
cerca di afferrarla per un polso, ma il suo braccio scivola via.
La vede sparire dietro le porte di un ascensore, rivolgergli un ultimo sguardo d’argento oltre i buchi della maschera.
Ray non ricorda di aver mai visto occhi così belli, eppure così tremendamente lontani.
Sul pavimento, qualcosa. Un bracciale fine, dorato, con un ciondolo a forma di delfino.
|