I
personaggi
appartengono a Masashi Kishimoto!
“Una
goccia d’acqua sale i gradini della scala. La
senti?”
“Una
goccia di disperazione si disperde nell’oscurità.
La senti?”
La
goccia ha finito di salire le scale ed è arrivata al
capolinea, c’è
qualcuno.
“Un
pugnale si infila in un muscolo particolare. Lo senti?”
La
goccia si trasforma in una lama d’acciaio e colpisce il cuore
di
quella persona, ora ce n’è anche
un’altra. Anche lei viene
trafitta.
“Lo
senti, vero?”
Un
ringhio assordante lacera l’oscurità.
“Certo
che la senti, perché noi siamo la stessa cosa. Ti hanno
rinchiuso
dentro di me quando ancora non sapevo parlare né camminare.
Tu hai
provato ad uscire, a prendere il sopravvento su di me, e ce
l’hai
fatta. Ma lui ti ha rispedito dietro le sbarre,
nell’oscurità.
Grazie a lui sei uscita ma grazie a lui sei anche rientrata. Ed ora
non ti muoverai più. Se tu non ti fossi abituata a vivere
dentro al
corpo di un uomo a quest’ora staresti di nuovo fuori,
perché
adesso sono troppo debole per impedirti di uscire. Ma no, tu ora non
fai niente. Stai ferma lì e piangi con me. Ogni lacrima che
scende
sul mio viso lacera entrambi i nostri cuori. È peggio di un
rasenshuriken. È peggio. Questo fa molto più
male. Perché lui era
lui, Sasuke.”
Un
altro ruggito lacera il buio e una goccia rimbomba cadendo sul
pavimento. Una sola parola riecheggia nell’aria, un solo
nome:
“Sasuke…”
In
quel luogo oscuro tutto si ferma, tranne il rimbombo della parola e
delle gocce che cadono nel vuoto.
“Sasuke…”
Quella
notte Naruto non riusciva a dormire, perché nella sua mente
c’era
solo una persona: Sasuke Uchiha. Tutte le immagini, le parole, i
suoni e gli odori della loro infanzia passata insieme gli riaffiorano
nella mente. Naruto provava a scacciarli, ma non ci riusciva. Non
mangiava e non dormiva. E se Naruto non mangia, è una
tragedia! Il
maestro Iruka glielo diceva sempre: -“Naruto, il giorno in
cui non
toccherai più cibo sarà perché una
persona a te molto cara
morirà.”- E aveva ragione. Ha sempre avuto
ragione, soprattutto
quando si trattava di Naruto. In fondo lo vedeva come un figlio e il
ragazzo considerava il maestro come il padre, che non aveva mai
conosciuto.|
Incredibile!
Era riuscito a scacciare per un momento Sasuke dalla sua testa. E
come aveva fatto? Aprendola. Pensando e tirando fuori tutto quello
che c’era rinchiuso da troppo tempo. Doveva assolutamente
parlare
con qualcuno.
Si
alzò dal letto e guardò la sveglia: segnava le
12:01. Troppo tardi.
Non poteva andare a svegliare qualcuno solo perché voleva
sfogarsi.
Impossibile. Doveva trovare qualcuno altro a cui raccontare tutto.
Mise le ciabatte e si diresse in cucina. Aprì il frigo e
bevve un
sorso di latte. In quel momento un miagolio lo fece sobbalzare. Ma
certo, il gatto! A lui poteva raccontare tutto! In fin dei conti a
quale miglior persona, o animale, può raccontare le cose
Naruto?
All’altro Naruto! (Avrebbe voluto uccidere Sakura per aver
messo al
gatto lo stesso nome del padrone). Prese in braccio il povero
malcapitato e se lo portò a letto. Si mise sotto le coperte
e fece
accoccolare il gatto sulle sue gambe. Ecco, era giunto il momento.
-“Su,
avanti, Naruto, apri la mente. Pensa, pensa…”-.
Il
gatto lo guardava con aria scettica, non capiva che cosa stesse
facendo il suo padrone che si era fermato a guardare un punto
indefinito della stanza con aria ebete. Dopo pochi istanti il biondo
si mise ad accarezzare l’animale, e iniziò.
-“Mi
ricordo tutto di Sasuke, sai? Non mi sono scordato niente. Ma ci sono
degli episodi in particolare che mi premono. Li vuoi
sapere?”-.
Il
gatto miagolò guardando il ragazzo con i suoi profondi occhi
azzurri.
-“Lo
prendo come un sì!”-. Abbozzò un
sorriso.
Così
si mise a raccontare tutti gli episodi che aveva vissuto con Sasuke:
le giornate in Accademia, quel pomeriggio al molo quando erano
bambini e la Valle d’Epilogo, lì dove tutto era
finito. Lì Sasuke
gli aveva detto definitivamente addio. Lì il suo cuore si
era
spaccato. Lì il suo migliore amico, suo fratello, il teme,
se ne era
andato. Già, Naruto lo considerava come un fratello.
Lì Sasuke lo
aveva abbandonato per inseguire il suo stupido sogno, o incubo.
Uccidere suo fratello, Itachi Uchiha, e vendicare così il
suo clan.
Anche
Naruto aveva i suoi sogni, bellissimi sogni. Ma non era più
un
bambino.
Sognava
di diventare Hokage.
Sognava
di rendere Sakura, la sua amata, felice.
Sognava
di sposarsi con quest’ultima.
Sognava
di riportare indietro Sasuke.
Sognava
di stare per sempre con il Suo teme.
Ma
Hokage non era diventato, Sakura non era felice, non si era sposato
con lei, non aveva riportato a casa Sasuke e il Suo teme non
c’era
più. Già il “Suo” teme. Aveva
proprio usato quella parola.
Sasuke era stato: il suo rivale, il suo migliore amico, suo fratello
e… no, non poteva essere. Non poteva davvero essersi
innamorato di
lui. Era assurdo. Eppure era così. Quel
“Suo” davanti a teme
significava proprio questo.
Solo
sogni. Stupidi ed irrealizzabili sogni di uno stupido bambino,
Naruto. Aveva sperato fino all’ultimo di riuscire a fare
tutte
queste cose e ogni volta che un suo sogno andava in frantumi come uno
specchio quando viene colpito da una spazzola di ferro, un pezzo del
suo cuore si crepava. Ma l’ultimo suo sogno infranto aveva
dato il
colpo di grazia. Aveva definitivamente spaccato il suo cuore in due.
Il suo teme non c’era più. Lui lo aveva aspettato
per tanto tempo
e prima ancora lo aveva cercato in lungo e in largo e più
volte, era
anche andato vicinissimo a riportarlo indietro, ma niente. Non ce
l’aveva fatta o almeno non del tutto. Infatti Naruto se ne
era
andato da Konoha. Era stato in giro per ben due anni. Non voleva
tornare perché tutto lì gli ricordava Sasuke. Ma
poi si decise a
tornare indietro, in fondo anche se si trovava in capo al mondo,
pensava all’Uchiha. Ed eccola, la porta della
città. Se la
ricordava bene, niente era cambiato in due anni, o così
sembrava.
Era il primo di agosto. Quel giorno non se lo sarebbe più
scordato.
Varcò la porta del villaggio e vide Sakura che lo aspettava.
Gli
saltò al collo piangendo e glielo disse. Gli disse che
Sasuke era
morto. Naruto si ricordava ancora quello che aveva provato. Gli
sembrò che il mondo gli fosse caduto addosso. Da quel giorno
tutto
era peggiorato.
È
così che Naruto finì di raccontare al gatto la
sua vita. Abbassò
gli occhi verso la bestia e smise di accarezzarla. Si era
addormentato. E così anche Naruto decise di abbandonarsi tra
le
braccia di Morfeo. L’ orologio segnava le 04:10.
Verso
le 11:00 Naruto si alzò molto riposato perché,
per la prima volta
dopo un mese, era riuscito a dormire. Si diresse in bagno e si fece
una lunghissima doccia. Si vestì e decise di andare a fare
colazione
al chiosco di ramen. Era da tanto che non ci andava. Stava per aprire
la porta, quando vide per terra una lettera. Nessuno gli spediva mai
niente. La prese in mano. Non aveva idea di chi gliela avesse
spedita, infatti nella busta c’era solo una scritta: per
Naruto
Uzumaki. Il biondo la aprì lentamente e ne estrasse un
foglietto,
recante l’elegante grafia di Sasuke.
“Dobe
sono tornato per te.
Ti
amo,
il
Tuo teme.”
Il
suo cuore mancò un battito. Non poteva crederci. Naruto
iniziò ad
annaspare in cerca d’aria. I suoi polmoni si erano
improvvisamente
chiusi come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco.
Andò in
bagno e si sciacquò la faccia. Una volta riprese le staffe
,si
catapultò fuori di casa. Corse, corse e corse fino a
raggiungere
quel posto. Vide di nuovo quella lapide. Lì riposava Sasuke.
Si
abbassò e con una mano andò a toccare il nome del
compagno sulla
lapide dicendo:-“Anche io ti amo teme!
Aspettami!”-. In
quell’istante si alzò un po’ di vento.
Le foglie iniziarono a
vorticare nell’aria. Naruto sentì chiaramente una
parola:
-“Dobe…”-. Un sussurro non proveniente
dal vento, ma da lui.
Non fece in tempo a reagire che due labbra si posarono sulle sue. Due
labbra che non avevano consistenza. Due mani gli accarezzarono i
capelli. Era lui. Era il Suo teme. Dopo brevi istanti il vento
sparì
e con esso anche lo spirito dell’Uchiha.
-“Teme…”-.
Sul volto di Naruto comparve un sorriso. Il Suo teme lo avrebbe
aspettato. Una lacrima di felicità gli rigò il
volto. Sollevato si
alzò e si diresse verso il chiosco di ramen, intento a farsi
una
scorpacciata come non faceva ormai da anni.
“Una
goccia d’acqua sale i gradini della scala. La
senti?”
Certo
che la senti, ma questa sarà l’ultima volta,
perché lui mi
aspetterà.
Lasciate
un commentino? Grazie ^^
Risposta
alle recensioni:
@
Vivvinasme: Grazie mille per la recensione! Mi fa davvero piacere
sapere che quello che scrivo emoziona altre persone oltre a me! ^^
Devo dire che ad un certo punto della storia i personaggi hanno
iniziato a “muoversi” da soli, quindi forse
è più merito loro
che mio! xD
Comunque,
ha preso un colpo anche a me quando, dopo aver pubblicato la ficcy,
non mi caricava il testo! O.O Ci sono rimasta male! xD Ma con fortuna
ho risolto...^^
Grazie
ancora, baci.
@
Ryanforever: Grazie mille! ^^ Baci
@
XxLucyXx: Amoreeee! <3 Era ora che ti facevi 'sto account!
Hahah,
èèè Patri e i fiumi di lacrime! *xD
Bhè comunque sono tanto
felice che ti sia piaciuta! Sei il migliore critico che ho! ^^ Ti amo
->SasuNaru is love<-
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