Amitiele
aveva poche certezze nella vita. Una di questa, la teneva saldamente
stretta fra le dita della mano sinistra. La canna della Remington
Ultra-Tech 870 carezzò dolcemente la sua gamba sinistra,
scivolando subito dopo sul cemento divelto del muro crollato anni
prima della sua venuta. Amitiele guardò nel mirino e inquadrò
il Caduto e il suo servo di 'scena', come lo chiamava lei. Scostò
gli occhialini sulla testa e strinse gli occhi di un azzurro
stupefacente.
Amitiele
era un Arcangelo. Uno di quello con le palle, mica bruscolini.
Amitiele
era mancina e questo la faceva sogghignare. La mano del Diavolo.
Amitiele
pensava che il rock and roll non fosse un'invenzione del
Demonio. Steve Tyler lo era.
Amitiele
aveva deciso che il pollo alla Diavola era il suo piatto preferito.
Quel condimento era demoniaco.
Tirò
un sospiro divertito e seguì il Caduto con la sua vista
perfetta. Peccato fosse fotofobica. E quello sì che faceva
ridere, pensò premendo il grilletto e ricaricando in
fretta. Il primo per il Caduto, il secondo per il servo di scena, lo
schiavetto deputato ai lavori più sporchi che nemmeno i Demoni
volevano fare.
Il
Caduto urlò quando il colpo lo raggiunse e si voltò
dalla sua parte, mentre Amitiele usciva dal suo nascondiglio e
camminava decisa verso di lui, il giubbotto aperto a mostrare un top
che avrebbe scandalizzato quel vecchio bacchettone di San Pietro.
Beh, è vero, pensò indossando bene l'arma
fra le braccia e scaricando al petto e alla testa una serie veloci di
colpi che lo fecero volare contro il muro. Amitiele lo raggiunse per
assicurarsi che fosse morto, lo cosparse di acqua benedetta e si alzò
sulle gambe. L'acqua evaporava e la carne si liquefaceva nei punti in
cui era caduta. Con un sorriso seducente, Amitiele baciò la
punta delle dita e soffiò verso il corpo esanime che si
incendiò illuminandole il volto e costringendola ad abbassare
gli occhialini sul nasino alla francese. Posò la canna della
Remington sulla spalla sinistra e sospirò contenta. Uno in
meno. Altri ne verranno, pensò muovendo il collo
indolenzito. Ma per stasera, aveva fatto il suo dovere. Doveva solo
dire le preghierine, fare rapporto al Capo e infilarsi sotto le
coperte.
-
- -
“Amitiele
vuole fare cosa?!”
Una
Voce tuonò nei Cieli e il Principato tappò
metaforicamente un orecchio. Almeno, se l'avesse avuto, l'avrebbe
fatto. Il suo compito era portare i messaggi che gli Arcangeli
inviavano quotidianamente per posta pneumatica. Compito che si era
fatto piuttosto ingrato, da quando Amitiele era stata inviata sulla
Terra.
“Rileggilo!”
Il
Principato si schiarì la voce. Se avesse avuto delle corde
vocali, essa sarebbe risultata vagamente isterica. Spiegò la
pergamena e annunciò l'intenzione dell'Arcangelo di sfidare
Lucifero per 'dare un taglio a quelle stronzate senza fondo.'
“E'
un nuovo modo di dire?” domandò incuriosito.
La
Voce parlò e il Principato 'prese appunti'. Poi pensò
che 'ci sarebbe stato da ridere', come dicevano gli umani e sorvolò
veloce i Cieli portando il Messaggio.
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- -
“You
got me runnin' wild and free”. Amitiele ballava per la stanza
roteando la maglietta in ampi cerchi sulla testa. Saltò sul
letto, mimò una immaginaria chitarra e scosse i lunghissimi
capelli neri che le arrivavano alla vita. Si esaurì in un
grido di tutto rispetto, e si inchinò al pubblico sentendo la
testa leggera. Sbuffò per eliminare una ciocca di capelli che
le era finita sul naso e sulla bocca e si distese sul letto a braccia
aperte. Spense la musica e sentì subito bussare dal piano
superiore. Che palle, pensò facendo una linguaccia al
proprietario dell'appartamento. Dire una parolaccia ogni tanto era un
peccato veniale, no? Lei era lì per stendere Caduti e il Buon
Dio non se la sarebbe presa... no?, pensò tirando in
fuori il labbro inferiore. Si guardò attorno con fare comico e
sogghignò uno 'scusa Capo' diretto al soffitto. Si addormentò
di colpo e come tutte le notti fece sogni felici.
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- -
Cadere
non era mai divertente. Il giorno prima sei lì a farti gli
affari tuoi, a cantare con le schiere di Angeli, ad inebriarti della
Luce e il giorno dopo ti schiantano sulla Terra dopo uno schifoso
volo di miliardi di chilometri. Pretendono che impari a camminare nel
giro di pochi minuti, prima che non dannato avvoltoio ti pisci
sulla testa, e quando finalmente sei in piedi, il peso del corpo
umano ti fa sentire goffo e lento. Soprattutto con un corpo come il
suo. Centoventi chili di muscoli distribuiti su un metro e
ottantacinque di altezza. Il termine giusto era ingombrante.
Gabriele si guardò le mani e i piedi e grugnì di
disappunto. Un attimo prima sei essenza celeste e un attimo dopo
carne e sangue... e sporcizia, pensò lustrando i palmi
delle mani fra loro. Si mise in ginocchio e provò ad alzarsi,
un millimetro alla volta. Faceva male. Non gli avevano detto
che sarebbe stato così doloroso il suo cammino. Cammino
che non avrebbe potuto a compiere se non imparava alla svelta! Posò
le mani a terra e si tirò su, goffo come un neonato che impara
i primi passi. Dopo un minuto di quello strazio, perse la pazienza e
decise che sapeva camminare. Spostò i muscoli rigidi
delle gambe e sospirò alzando gli occhi al Cielo. Perché
non li rifornivano anche di abiti, quei geni dell'Attico?! Gabriel
pensò che quel deserto non era proprio deserto, quando
intravide un'abitazione alle sue spalle. Poteva sempre chiedere un
prestito di abiti. Non rubare, si ricordò
camminando deciso verso il bucato steso ad asciugare. Il cielo era
bigio e stavano già cadendo le prime gocce di pioggia. Sbirciò
le nuvole che chiudevano il Cielo come un tappo gonfio di pioggia e
un ghigno si formò all'angolo della bocca. Allungò il
braccio e si rifornì di quello che aveva bisogno.
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- -
Amitiele
emerse dal sonno chiedendosi se quel pizzicore alle labbra volesse
dire qualcosa. Ci passò la mano sopra e voltò nel letto
sospirando. La maglietta che indossava si alzò sullo stomaco e
lei la tirò giù lentamente. Poi mosse le gambe sotto le
lenzuola e aprì gli occhi. Era notte o giorno? Ecosistema
di merda, pensò adocchiando il cielo gonfio di pioggia che
rovesciava la sua furia sulla città dannata. Di nuovo, le
labbra pizzicarono e le mordicchiò senza pensarci. Un vecchio
racconto diceva che quando un Angelo ti sussurrava un segreto
all'orecchio, posava un dito sulle tue labbra e diceva 'shh'. Una
specie di giochino innocente. Amitiele pensò che prima o poi,
un bambino dispettoso gli avrebbe dato un morso come si doveva,
all'Angelo che si prendeva la libertà di fare lo scemo in quel
modo. Infilò la mano nei capelli neri e lunghi che ornavano il
cuscino e si stirò come una gatta, pensando che un corpo agile
e veloce come quello che aveva inconsciamente scelto mentre cadeva,
era quanto di più sexy ci fosse sulla piazza. Un metro e
settanta per cinquantacinque chili di agilità sovrumana. Il
resto era tessuto adiposo ben distribuito per fare impazzire gli
uomini, pensò guardando la grandezza del seno che aveva
scoperto essere classificabile come una 'terza'. Quando sei
essenza e luce, non hai bisogno di reggiseno e vestiti. Non avevi
le vesciche ai piedi per colpa delle scarpe, non dovevi lavarti i
capelli e nessuno ti fischiava dietro facendo commenti osceni.
Ancora
impigrita dal sonno, grattò il naso che prudeva. Era come se
qualcuno la stesse infastidendo. Veloce, come sono la luce poteva
esserlo, infilò la mano sotto il cuscino, agguantò la
pistola e la puntò all'indietro, sopra la sua testa contro il
mento dell'essere che ghignava appollaiato sulla sponda del letto.
Subito, Amitiele ricordò i versi di una poesia che aveva letto
tempo prima.
“Riverso
sul cuscino il capo avvampato affonda, Esanimi dal letto pendon
candide membra; Con ansiti repentini già cessa di
fluttuare Nel soffocato afflato il palpito di quel cuore”
Tirò
indietro il grilletto e storse la bocca piegando la testa per
guardarlo meglio. Era un Incubo. Che diavolo voleva da
lei, quell'essere abominevole?
L'Incubo
graffiava il legno su cui era seduto con lunghi artigli ricurvi,
soffiava dai buchi che aveva al posto delle narici sul muso e
rantolava, un gorgoglio orribile che faceva venire i brividi lungo
la schiena. Mai, mai un Incubo si era permesso di avvicinarsi
ad un Angelo del Signore di sua spontanea volontà. Amitiele
voltò sullo stomaco e si mise in ginocchio, sempre tenendolo
sotto tiro. I testi di Demonologia si azzeccavano parecchio: un
Incubo non si accoppiava mai volentieri con un umana. Provavano
ribrezzo nei confronti della carne e reputavano l'atto osceno e
degradante. Se era lì, aveva un messaggio da consegnare.
“Sto
aspettando” disse a bassa voce fulminandolo con i suoi occhi
azzurri. Il Demone lasciò cadere una specie di pergamena sul
cuscino. Riconobbe il sigillo di Lucifero e alzò un
sopracciglio. Fece segno alla bestia di andarsene e ben volentieri
quella acconsentì. Quando fu certa di essere sola, Amitiele
usò la canna della pistola per raccogliere la pergamena e la
posò sul tavolo, stando ben attenta a non toccarla. Si diede
della sciocca: era solo carta e ceralacca rossa. Spezzò il
sigillo lasciando che una fumata rossa e nera salisse verso l'alto.
Zolfo, pensò annusando l'aria. Il Vecchio Caprone stava
scherzando o cosa?, si domandò con una smorfia comica sulle
labbra quando terminò la lettura.
-
- -
Aveva
bisogno di scarpe, pensò affondando i piedi nella terra
bagnata mentre si dirigeva presso la città. Qualcosa gli
diceva che sua Sorella stava per mettersi nei guai, ma di quelli con
la G maiuscola. Non che fossero veramente imparentati, era un modo di
dire. Lassù sono tutti Fratelli e Sorelle. Gabriele si infilò
nei vicoli sordidi della città e quasi calpestò un
topo. Scarpe e un'arma potente, decise sentendo la
pioggia che colava nel colletto della maglia che indossava. Aveva
anche bisogno di un soprabito con un cappuccio. Si guardò
attorno quando un rantolo lo costrinse ad inginocchiarsi presso un
vagabondo morente. L'uomo lo guardò e lo riconobbe, vide la
sua vera essenza e un minuscolo sorriso si disegnò sulle
labbra. Spirò e Gabriele lo benedì osservando la sua
anima salire lentamente verso l'alto. Mille anni di Purgatorio se
avrai fatto il bravo, pensò chiedendo perdono per il gesto
che si apprestava a compiere.
“Siamo
chiusi!”
Gabriele
spalancò la porta dell'armaiolo con aria stupita. In quella
città peccaminosa e ignobile, come era possibile che un
mercante di morte avesse un orario di chiusura? “Buon uomo, mi
serve un'arma.”
“Serve
a tutti un arma, qual è la tua?”
L'Arcangelo
studiò il gestore, un vecchietto canuto e rattrappito che si
reggeva a stento in piedi. Stava morendo lentamente.
“A
cosa ti serve?”
A
stendere Caduti, pensò con un sorrisetto interno. “Difesa
personale” rispose appoggiando le mani sul bancone e rimirando
le armi in mostra. “Vorrei provarle” disse indicando col
dito. Alzò lo sguardo e si accorse che il vecchio lo stava
fissando. Forse per via degli occhi che risplendevano di luce
angelica. Batté le palpebre smorzando il bagliore che
emanavano.
“Mh”
grugnì il vecchio posando le armi accanto alle sue mani.
Gabriele le soppesò una ad una e le scartò. Dopo
mezz'ora trovò quello che faceva per lui: si trattava di un
vecchio fucile d'assalto M16A2 Carabine M723. Roba che scottava, come
dicevano sulla Terra.
“Li
hai, i soldi?”
“Certo”
disse infilando una mano nella giacca e traendo fuori del denaro che
prima non c'era. “Bastano?”
L'armaiolo
lo fissò negli occhi per un breve istante e annuì senza
dire una parola “dono della casa” borbottò posando
sul bancone pallottole e una Walther P99 con tanto di silenziatore.
L'uomo le guardò con una smorfia “quella la può
usare anche una donna”. Lo disse con un tono di disprezzo che
non capì.
“Grazie,
buon uomo.”
“Salutami
quella piccola disgraziata e dille di passare a trovarmi ogni
tanto...” borbottò distraendolo dalle sue manovre di
occultamento delle armi. L'armaiolo sorrise di fronte la sua
espressione di stupore. “Tu quale sei, sei Sette?”
“Gabriele”
rispose a mezza bocca.
“Ah”rispose
mettendosi a sedere con molta difficoltà su una sedia
malconcia ma solida. “Quello che mancava.”
“Altri
sono venuti qui prima di me?”
“Praticamente
tutti” rispose ghignando “tranne Michele. Da quello che
dice la piccola, ha un debole per le armi bianche.”
“Dov'è
Amitiele?”
L'uomo
scrollò le secche spalle e scosse la testa, le mani appoggiate
al bastone che portava sempre con se. “Un po' qua, un po' la. ”
Gabriele
lo fissò in silenzio “come hai fatto a riconoscermi?”
“Quando
sei molto vicino alla morte, come me, ti accorgi subito se un
Emissario di Dio ti entra nel negozio” mormorò in tono
che sembrava ironico “gli occhi, ragazzo. Gli occhi.”
Gabriele
spostò lo sguardo su una superficie rilucente e vide che
brillavano “non posso farci niente.”
“Mia
nonna diceva sempre che era meglio darsi alla fuga, se ti trovavi di
fronte un Angelo del Signore. Che i motivi, di solito, erano due:
portare messaggi o strappare qualche anima prima del tempo”
borbottò sovrappensiero “tu perché sei qui?”
L'Arcangelo
ghignò come un folle, soppesò un coltello da caccia
dalla lama brunita e lo infilò nella cintura dei pantaloni.
“Ho l'aria di uno che reca una missiva?” domandò
facendo un saluto con la mano ed uscendo in strada. Era più
o meno vero, pensò cercando di captare la presenza di
Amitiele nella città. Si nascondeva bene, brava. Doveva
stanarla prima che la scema cadesse nella dannazione eterna.
Un brusco malumore lo aggredì. Spera che arrivi in fretta,
o ti strapperò personalmente le piume una ad una, Sorella!
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