Ecco l'uomo
Ecco l'uomo
Ecco, questo davvero è Sirius Black. Il
pensiero mi coglie improvviso mentre osservo il volto stanco
nella penombra della cucina. Mi è stato donato di cogliere anche
l'ultima sfumatura, ed essere qui è l'ultimo tassello del quadro
della nostra esistenza.
Questa casa buia e orribile oggi
illumina quel riflesso che senza sapere ho sempre cercato. Era la
luce di questo luogo la pennellata che mancava al suo ritratto, e
l'eco di della vita che visse qui risuona nella mia mente, ed è
parte di lui.
Abbiamo deciso che questa casa custodirà
il segreto dell'ultima speranza contro le tenebre. E quando lui
è entrato ho visto qualcosa sul suo volto, un ombra sconosciuta,
e un ricordo del ragazzo che era e che visse qui. La casa è
vecchia e polverosa, e custodisce segreti terribili e le porte
hanno maniglie d'argento. Pezzi di creature morte sono stati
usati come ornamento, e esseri infestanti vivono tranquilli tra i
vecchi mobili e i tappeti neri. Tutto in questo luogo grida Black.
Eppure nel marcio di queste stanze è cresciuto qualcosa di vero
e puro, qualcosa incredibilmente capace d'amare, e quello è
Sirius. Sirius che poco fa guardava lei, ritratta per sempre
sulla parete dell'ingresso. Sirius che per un attimo ha
dimenticato la sua collera nel viso di sua madre, e ha lasciato
che il suo volto si rilassasse in un'espressione dolcissima di
dolore e rimpianto, e che è così simile a lei. Sirius che ha
sussurrato il suo perdono al ritratto anche se la sua voce si è
persa nelle urla eterne di lei.
Ora siamo di nuovo soli, in questa
vecchia cucina polverosa che stranamente non ha odore di odio,
io, lui e i fantasmi del suo passato. Attendo che parli, che
sfoghi i pensieri che assillano la sua mente e che torni alla sua
solita rabbia, e finalmente so che conoscerò il segreto di
alcuni silenzi impressi nella mia memoria nel corso degli anni.
Attendo che questa casa mi spieghi perchè un giorno di vent'anni
fa Sirius uscì per sempre di qui e divenne un uomo.
Ricordo un giorno simile, un giorno di
lacrime di tanti anni fa. Quando la prima volta qualcosa lo
riportò indietro agli anni in questa casa, e io intravidi un
riflesso che oggi mi verrà spiegato.
La luce calda del piccolo
appartamento sembrava troppo debole per raggiungerlo. Stava
seduto sul divano quando entrai, una postura rigida che non era
più sua da anni, un bicchiere in mano e le lacrime sul suo volto.
Io allora non avevo mai visto le lacrime di Sirius. Era
bellissimo in quel tramonto, ma come potevo notarlo? Il suo volto
e il suo corpo urlavano un dolore, e io desideravo solo vederlo
sorridere.
-Me lo ricordo. Non ci ho pensato
per anni, ma ora lo ricordo così bene...- disse, e le lacrime
impastavano la sua voce.
-Cos'è successo, Sirius?- gli
chiesi, sedendogli accanto, e quando la sua mano mi sfiorò e io
sentii che era fredda lo abbracciai, offrendogli in dono un po'
del mio calore.
-Lo odiavo, vero Remus? Ti ho sempre
detto che l'odiavo. Allora perchè fa così male?-
Il pianto si trasformò in
singhiozzi sulla mia spalla, e non potevo confermare le sue
parole, perchè improvvisamente avevo saputo di chi parlava, e in
quell'odio io non avevo mai davvero creduto. L'immagine mi si
formò in mente, vaga e sfocata come i ricordi di poca
importanza, un ragazzo magro nella divisa argento e verde. Mi
invase un senso di colpa profonda per la mia indifferenza. Era la
prima volta che Sirius soffriva senza di me. Il pianto intanto si
era calmato e la voce di Sirius riprese a sussurrare il suo
dolore come se le mie orecchie fossero lì per caso.
-Era un bambino così piccolo, io me
lo ricordo. Allora gli volevo bene. Era un ragazzino
insopportabile, ma era sempre mio fratello, vero? Ma poi...-
La luce calda del tramonto stava
lasciando il posto a quella fredda della sera. Ricordo che ero
smarrito, mentre Sirius piangeva il lutto per suo fratello e io
non sapevo che fare per consolarlo. Parlò a lungo e cercai di
confortarlo col silenzio. Poi si addormentò, ed eravamo ancora
abbracciati.
Mi riscuoto dai ricordi e guardo Sirius
che ha ancora l'aria triste di quel giorno. Non ci sono lacrime
oggi sul suo viso, ma una scintilla nei suoi occhi di chi ormai
alla morte è avvezzo.
-Sai,- mi dice -io mi sedevo sempre
nella sedia dove ora sei tu. Lui stava di fronte a me, e facevamo
colazione, noi due soli, ed era il momento più bello della
giornata, perchè avevamo davanti tante ore di luce, e mio padre
non sarebbe tornato fino a sera.-
Non sono sorpreso che i fili dei nostri
pensieri si siano intrecciati nei pochi minuti che siamo stati in
silenzio, ma taccio e ascolto la sua voce ripercorrere finalmente
i ricordi che non ha mai condiviso con me.
-Lei, mia madre, si alzava sempre
prestissimo. Quando avevamo finito di mangiare dovevamo andare a
salutarla, e Regulus da piccolo aveva paura di lei.-
Sorride al ricordo, un sorriso che è
triste e dolce insieme, e non posso evitare di chiedere:
-E tu?-
-Io non ho mai avuto paura di lei. Di
mio padre, forse, quando ero molto piccolo. Ma mai di lei. Ho
odiato le sue parole crudeli e il suo sguardo freddo, ma era mia
madre.-
Annuisco come se capissi, ma non è così.
Posso solo sentire l'emozione nella sua voce e chiedermi quanto
invece l'avesse amata perchè lei potesse fargli così male.
-E' buffo, non l'avevo mai pensato, ma
è merito loro se sono finito a Griffondoro. Dopo essere
cresciuto in questa casa, come poteva qualunque cosa farmi paura
davvero?-
-Non è buffo, Sirius. E' la tua
famiglia che ha fatto di te quello che sei, in un modo o
nell'altro. Tu... le somigli molto.-
Sirius rimane un attimo pensieroso. So
che le mie parole lo hanno toccato nel modo in cui una
rivelazione ci tocca sempre. Mi chiedo se qualcuno gli avesse mai
detto che somiglia a sua madre. Ma chi poteva farlo, se non io? E
io fino a ieri non conoscevo i segreti di questo luogo e della
sua famiglia, ma ora mi è tutto più chiaro.
-Usciamo in giardino, Moony?- mi chiede,
e lo seguo perchè so che il viaggio nella sua memoria non è
ancora finito.
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Il giardino è afoso e umido e per un
attimo mi chiedo se davvero siamo ancora a Londra. Il caldo si
sposa bene con la rigogliosa, decadente vita di questo luogo. I
rami spezzati dal vento e il roseto ucciso dall'incuria degli
anni hanno una loro bellezza malata, e non so se avevo mai visto
tante sfumature di verde e di nero. In questo piccolo angolo di
giungla si respira ugualmente morte e vita, la rugiada scorre
ancora indifferente sulle larghe foglie di una pianta sconosciuta
e se una brezza scuotesse adesso i rami romperebbe l'incanto
dello squallore magnifico di questa vista. Ma la calura è
imprigionata nel terriccio e nell'aria c'è odore di pioggia.
Lui cammina come un cieco lungo un
viottolo, e sfiora leggero le foglie e il legno con le dita.
Forse sta ricordando un ordine passato che il tempo ha
dimenticato, la cura amorevole di questo giardino dove ora la
vita si sottrae al giogo dell'uomo. Ma così selvaggio il
giardino mi parla di lui, come se gli alberi antichi portassero
un marchio della sua presenza, come se in ogni dettaglio che vedo
qualcosa gridasse alla mia mente il suo nome. Sirius è
nell'aria, qui, e l'odore dei fiori è in parte il suo, Sirius è
nella terra smossa e umida, Sirius è nel calore del sole e il
nero del cancello di ferro è la linea delle sue ciglia. Sento di
amare questo luogo nonostante il suo orrore selvaggio.
Lui sembra stupito della piccolezza
delle cose, come se i suoi occhi fossero improvvisamente troppo
in alto per i suoi ricordi, e sorride incerto, e la luce qui è
strana ma lo illumina in una maniera che posso solo definire
giusta. Sento di amare l'orrore selvaggio di questo luogo.
Resto fermo e in un attimo i miei sensi
sono pieni di lui, ed è così nuovo e familiare al tempo stesso
che mi chiedo perchè non ho mai visto prima questo giardino
guardando lui. Il frinire di una cicala accompagna lieve i miei
pensieri, come se oggi fosse un qualunque giorno d'estate. E' la
sua voce che mi scuote quando mi chiama:
-Remus, vieni a vedere!-
Ecco Sirius, lo sorprendo a scrutare
qualcosa nel tronco di una vecchia quercia. E' in ginocchio,
incurante del fango sotto di lui, e guarda con occhi rapiti un
segno inciso nella corteccia, una piccola S al contrario
tracciata pazientemente nel legno da una mano infantile. Guardo
lui e lo vedo sorridente e commosso, e l'uomo sta guardando negli
occhi se stesso bambino.
Sotto al segno a terra c'è una grossa
pietra, e lui la solleva e sembra sorpreso di quanto sia leggera.
Sotto la pietra una scatola di latta, forse dimenticata, e lo
sento sospirare mentre la prende e con dita tremanti la sfiora e
la apre, e io guardo dentro e non sono sorpreso quando scopro
l'infantile contenuto, una semplice trottola blu. La sua voce è
dolce come l'aria e altrettanto umida di lacrime dimenticate, e
lui mi sta spiegando un perchè che non gli ho chiesto.
-Non è mia, sai. Era di Regulus. Una
volta lanciandola ruppe un vetro della credenza. Mio padre era
furioso e voleva bruciarla. Lui piangeva e io la presi e la
nascosi qui. Vedi l'iniziale? Avevo sei anni e non sapevo
scrivere la R. E come vedi anche la S mi dava qualche problema.-
Sorrido a pensarlo bambino, impegnato a
consegnare al futuro quel piccolo ricordo dimenticato.
-Regulus amava questa trottola. Quel
giorno mi disse che voleva tenerla per sempre con lui. L'avevo
dimenticato.-
E' triste, e so che ricorda come me il
giorno d'estate in cui suo fratello fu sepolto, e la piccola
tomba del giocattolo nel cortile di casa mi sembra più vera e
dolce di tutto il marmo dei miei ricordi.
Rimasi lontano quel giorno, distante
da lui, un estraneo che si aggira ai margini del dolore e del
lutto. Ricordo che pensavo che la morte dovrebbe prenderci
d'inverno, che la pioggia sul cimitero avrebbe confuso le lacrime.
Vidi tutta la famiglia dal mio nascondiglio sotto il sole, e vidi
dolore, e per la prima volta i miei occhi parziali li
contemplarono umani. Sapevo già allora che li avrei per sempre
rivisti nei sogni, che nella mia lotta giusta e implacabile
contro tanti di loro avrei da lì innanzi scorto una goccia di
umanità.
Qualcuno si è accorto nei secoli di
come sia freddo il marmo? Sentivo la pelle fresca nonostante la
canicola, e anche la terra non poteva scaldarmi, soffocata dalle
fredde pietre che custodiscono coloro che furono. Mi sentivo un
intruso sebbene non mi fossi avvicinato, e diviso da Sirius non
sapevo che farmene delle mani.
Lui, nonostante il diritto del
sangue, si teneva lontano dall'ira dei suoi, impressa come un
marchio sulla sua pelle dalle dita impietose di Bellatrix.
Restava distante, diritto e in lacrime, silenzioso e splendido, e
guardava seppellire suo fratello con gli occhi chiusi. Volevo
essere fuori da quel luogo, lontano dalle parole confuse del rito
latino, e volevo essere vicino a lui, e dimenticare il freddo del
marmo nel suo calore così familiare. Volevo asciugare le sue
lacrime e volevo raccoglierle e farne una collana da donare forse
a sua madre, a ricordarle per sempre il dolore. Rimasi fermo sul
cancello del cimitero a contare ogni perla dei suoi occhi.
Il mondo era immobile e gelido. Io
stesso mi sentivo immobile e gelido, e troppo distante da loro
quando lo vidi dire addio a sua madre. Lo osservai abbracciarla
con la scusa della debolezza di lei, e lo vidi girarsi ed
avvicinarsi a me. Qualcosa spezzò il ghiaccio attorno a me, e
tornò il calore con la sua presenza, e misi un braccio sulla sua
spalla quando mi disse -Ho freddo.-
E qualcosa nei suoi occhi mi parlò,
come mi era già successo, e vidi che aveva sepolto un fratello
che ricordava bambino, e che quel bambino stava piangendo. E
seppi che aveva lasciato una donna che aveva chiamato madre, e
che quelle lacrime erano anche per lei.
Uscimmo dal cimitero. Lui mi
camminava di fianco, il dolore ancora in strisce impudiche sul
volto pallido, e insieme lasciammo la sua infanzia sepolta in un
cimitero.
Oggi guardo Sirius rinnovare il suo
dolore con una sola perla, e so prima di lui dove andremo quando
mi dice -Moony, vorrei ridare a mio fratello la sua trottola.-
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Qui è tutto come lo ricordavo, tranne
il dolore. C'è l'erba e il marmo e i fiori seccati dal sole, e
la presenza viva di chi non c'è più. Manca solo quel dolore
straziante, che adesso si è fuso nella dolce tristezza impressa
negli occhi di Sirius.
Da quando è tornato ogni giorno è
stato costretto a reimparare una piccola certezza. Ma oggi non c'è
indugio, lo vedo dirigersi fermo verso il mausoleo freddo della
sua fredda famiglia. Non ha dimenticato il dolore in questi anni,
non ha dimenticato loro. Fuggevole mi sfiora un pensiero, non so
se li abbia perdonati in questi anni. Io non l'ho fatto, però ho
imparato la gratitudine per il dono di Sirius.
Lo vedo chinarsi sulla lastra incisa e
poggiare il giocattolo come un fiore sotto il nome scolpito. La
trottola blu ha ora una nuova tomba.
-Non riesco a non pensare- comincia
Sirius, e la voce dolce impregna l'aria come un profumo, -che ora
sia più giusto. Che ovunque sia, ora è più sereno, il mio
fratellino.-
Il suo volto magro è asciutto ora, ma
sento la mia guancia bagnarsi di una lacrima, e piango al posto
suo la sua perdita, e quella parola, fratellino,
rimbalza nelle mie orecchie e mi riempie di una nostalgia che non
mi appartiene, del ricordo di risa che non ho mai sentito, e dopo
tutti questi anni sono dentro al suo dolore.
Sento la sua mano sul mio volto, ad
asciugare quelle lacrime ingiuste, e quando alzo gli occhi lui
sorride.
-Sono felice che tu pianga per me.- mi
dice, e non so perchè, ma lo sento più giusto, ora, sento
Sirius più vicino e anche questo cimitero non mi gela più.
Abbiamo scoperto una nuova serenità,
una calma sconosciuta al turbine della nostra vita, e ci avvolge
nel silenzio di quel piccolo luogo austero, mentre con occhi
distratti scorriamo i nomi sulla fila di lapidi finchè le
lettere perdono i contorni e le storie si mescolano. Perchè
adesso Sirius parla, racconta di persone, ed è tornato il suo
infantile sarcasmo che non sentivo da una vita.
Poi, come per caso, arrivo ad una lapide
recente, e la trovo senza nome. Mi assale lo stupore, e chiedo a
Sirius per sapere chi sia questo sconosciuto Black che non abbia
voluto essere ricordato come Black.
Lui osserva, silenzioso per qualche
attimo, mentre io ascolto il suo respiro e affido la mia
comprensione alla sua memoria.
-E' la tomba di mia madre.- mi dice, la
voce calma e calda. Forse percepisce la mia curiosità
inespressa, e sa che forse capirò, perchè continua -Questa è
l'ultima frase che le ho detto in questa vita.-
E mentre scolpisco nella mia mente le
parole incise sulla pietra, sento che la mia opera è conclusa.
Ora davvero conosco l'uomo che è davanti a me, vedo le sue
strade e le sue radici, le scelte coraggiose e il dolore, e tutto
l'amore e l'odio che hanno fatto di lui colui che è.
-Non posso tornare indietro.-
sussurra, e la parola si scioglie in pianto e io accolgo con
gioia le sue lacrime liberatorie, la mia comprensione e il suo
abbraccio.
Una casa vuota e un cimitero troppo
colmo mi hanno insegnato la sua vita. E mentre lo stringo come se
fosse la prima volta, vorrei dire al mondo: ecco, questo è
l'uomo Sirius Black, e se qualcuno ancora non lo capisce, lo
cerchi tra le righe di questa storia, nel suono del suo pianto,
nelle stanze e tra le tombe, perchè qui io l'ho trovato.
Ecco qua, questo è tutto. Il pezzetto che chiude la storia, l'ultima
pennellata del quadro... Questo era quello che volevo dire. Grazie di essere
arrivati fin qui.
Grazie a chi ha letto, a chi ha recensito, a chi ha scritto come me di questi
personaggi, in qualunque modo l'abbia fatto e in qualunque modo lo farà. Grazie
a chi ha avuto pazienza e a chi si è stancato prima della fine. Grazie a chi ha
scardinato questo cassetto e mi ha fatto tirare fuori tutto.
E, in qualche strano modo, grazie ai giardini selvaggi e incantati, alle
soffitte polverose e piene, alla pioggia, ai libri, alle scale e alle case piene
di stanze e ai cimiteri, alle ombre e alle famiglie, che sono tutte cose che mi
fanno sempre venire voglia di scrivere.
Miki
Agartha: Com'è bello leggere la tua interpretazione riga per riga,
quasi, e vedere il tuo modo speciale di cogliere le luci, le ombre, le metafore
e i legami tra le frasi! Hai davvero ricostruito le parole e le emozioni che ho
trasfuso nella storia in maniera precisa, giusta, essenziale. Leggendo il tuo
commento, dall'inizio alla fine, ho provato la sensazione di vedere tutta la
storia dall'esterno. Mi ha fatto bene, sai? A volte mi sembra che sia così tanto
di me in quel pezzo di storia, che fatico a vedere i confini di quelle che sono
le parole scritte. Perdo di vista il significato. Invece la tua occhiata, le tue
sensazioni, me lo fanno riscoprire. Regulus... a volte mi chiedo se questo
Regulus non sia tutte le mie ombre. Ma poi, leggendo il tuo commento, ricomincio
a vederlo con una nuova luce. Sai quante volte mi sono trovata a pensare "non mi
ero accorta che l'avevo scritto per questo"? La tua recensione ha fatto
risaltare tante sfumature di questo Regulus dentro la mia mente, non so bene
spiegarti come, solo che ho visto delle cose che prima non c'erano, ecco. La tua
analisi ha qualcosa di geniale, è un'introspezione nell'introspezione, e mi sono
accorta che mi ha permesso di imparare qualcosa di me. Davvero, Agartha, non so
come ringraziarti per questo. Un bacione grande.
Chu: Ah, la mia dolcissima sorellina Chu! Grazie davvero tanto per il
tuo commento entusiasta. Sono molto contenta che ti piaccia questo Regulus un
po' strano, del quale volevo soprattutto mettere in luce gli aspetti del suo
rapporto con Sirius che sono esattamente quelli che hai colto. Al di là di
tutto, penso che il loro rapporto dovesse essere molto stretto, nel bene e nel
male, anche se questa è un'interpretazione personale. Sono davvero contenta che
ti sia piaciuta. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai notato e letto la
presenza della madre, che forse più di tutti ha condizionato l'esistenza di
Regulus con la sua indifferenza, relegandolo al ruolo di ombra. A questo uomo
ombra ho cercato di dare un po' di vita sulla carta, e il tuo commento mi ha
dato la sensazione di esserci riuscita. Grazie tantissimo, per la tua dolce
presenza e i tuoi complimenti bellissimi, e per il tuo adorare lo zio Regulus,
che penso un po' se lo meriti. Un bacione grande.
Mise_keith: Sono molto contenta di conoscerti, prima di tutto. Ti
ringrazio per il tuo commento, l'ho trovato estremamente profondo e poetico, mi
ha fatto riflettere, anche, soprattutto sui concetti di amore e odio. Ho cercato
di mettere in questa storia tutta una serie di sentimenti che sono più o meno
propri di ciascuno di noi, rendendoli alle volte sottili e alle volte
prepotenti, e cercando nel contempo di fare del linguaggio uno strumento di
condivisione di queste emozioni e sensazioni. Leggere il tuo commento,
essenziale e preciso, mi ha dato moltissimo, perchè mi ha fatto capire che tanto
di quello che ho messo tra le righe è stato letto. E mi ha fatto commuovere, nel
modo in cui tu hai usato le parole per descrivere tutta questa umana follia che
ho tentato di mostrare. Grazie davvero per aver capito. Un bacione grande.
Joy: Tu non puoi neanche immaginare, Joy, cosa mi ha scatenato dentro
questa tua recensione. Come mi ha reso felice e mi ha emozionato, come mi ci
sono ritrovata. La cosa speciale è stata notare ancora una volta come la tua
attenzione si sia posata con la tua grande sensibilità su quei particolari e
quei dettagli che più di tutti avevano emozionato me mentre scrivevo. Le scelte
di Regulus, sbagliate ma umane, e il loro legame con le radici nella sua casa e
nella sua famiglia, sono il movente di tutto il racconto, insieme alla sua
visione così personale e indistruttibile di suo fratello. Tu hai colto ogni
sfumatura di questo. Con la tua grandissima sensibilità mi hai fatto vedere di
nuovo queste cose. Il paragone che fai con l'arazzo è bellissimo e preciso, e
sebbene paradossalmente io abbia sempre immaginato questa storia come un quadro,
in cui è predominante il gioco di luci e ombre sulla tela, ho trovato che la tua
immagine rende ancora di più l'idea. Perchè ho cercato di intrecciare dei fili,
e perchè come per tutti i tessitori, da dietro non ho quella visione di insieme
che tu mi hai descritto meravigliosamente con le tue parole. E infine, le tue
ultime righe mi hanno stretto lo stomaco, perchè alla fine, nonostante io ami
scrivere, non riesco mai a capire se c'è vita nelle mie parole, e tu mi hai
detto che c'è. Grazie, Joy, davvero, tantissimo. Un bacione grande.
Serpedoro: Eccoti qui, tu che sei la responsabile di tutto questo.
Prima di tutto, prima di risponderti, grazie ancora. Di essere qui, prima
di tutto. Di farmi arrossire e di incoraggiarmi, di farmi riflettere e di
parlare con me. Detto questo, anche se non ancora abbastanza, parliamo di
Regulus. L'amore per questo personaggio deriva per me proprio dal suo essere un
abbozzo, nei libri, e in fondo a ben pensarci sappiamo qualcosa solo della sua
morte. Da questo, dal suo tradimento, è nata questa interpretazione. Regulus per
me è un po' un mistero, sempre. Non sapremo mai cosa sarebbe stato diversamente.
Io non saprò mai quanto Sirius abbia influenzato le scelte che l'hanno portato a
questa morte precoce e forse ingiusta, per questo non posso fare a meno di
cercare di immaginarlo. Leggere che quello che ho immaginato ti emoziona
emoziona me, profondamente. Così come mi emoziona il tuo cogliere il grande
sottinteso, l'atmosfera malata della casa. E quell'immagine a cui neppure avevo
pensato, di Regulus chiuso nella bara, e del buio che lo protegge da quel gesto
che per lui sarebbe, forse, l'ultima beffa. Torno, doverosamente e con tanto
piacere, a ringraziarti, per aver letto tra le righe così profondamente da
emozionarmi. Grazie davvero tanto. Un bacione grande.
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