Nightmare.

di velvetmouth
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Nightmare.
Prologo.

Eppure c'era qualcosa nel quadro che stava osservando. Qualcosa che strideva con il resto, che stonava, che rendeva l'atmosfera sinistra e cupa. Pensò che fosse solamente un'impressione, un presentimento, uno di quei campanelli d'allarme, che la maggior parte delle volte si rivelano inutili. Strizzò leggermente gli occhi, passandoli come un faro lungo tutta la superficie del dipinto, come a voler scovare il particolare sbagliato, i colori contrastanti o qualsiasi altro difetto che decretasse una qualche stranezza. Eppure, visto oggettivamente il quadro rappresentava un'innoqua distesa d'erba, sormontata da un cielo cristallino e sgombro, campi ben coltivati in secondo piano e casette di campagna deliziosamente sparse lungo i pendii boscosi delle colline. Nulla di particolare, se non che, improvvisamente le nuvole che ornavano il cielo, come batuffoli di cotone, avevano preso un colore grigio-fumo, sempre più scuro e lugubre. Emma indietreggiò all'improvviso, notando con orrore che non solo le nuvole stavano cambiando il loro aspetto, ma tutto l'intero quadro: le colline apparivano piene di bozze e con l'erba marcia, gli animali che pascolavano lungo il fiume, fino a pochi attimi prima zampillante e vivo, apparivano carcasse in putrefazione, mentre le casette di campagna erano adesso diroccate ed alcune rase al suolo.
Eppure, non solo questo bastò a far sprofondare Emma nella disperazione e nel terrore più totali, infatti, dal fondo del dipinto, camminando a passo strascicante, si stava avvicinando un uomo. A primo impatto Emma si avvicinò per vederlo meglio, seppur pervasa da fremiti di paura incontrollata. A poche spanne dalla tela, l'uomo claudicante compì come un balzo sovrannaturale che lo spinsero a pochi millimetri dal viso di Emma, che cacciò un urlo mostruoso. L'uomo era sfregiato e butterato, con lembi di pelle del viso e del collo ustionati, la fisionomia umana era pressochè andata distrutta, forse fra le fiamme. Ma Emma non provò pietà per l'uomo, che sembrava essere stato vittima un grave incidente, anzi... Si sentì così spaventata da quel suo sorriso equivoco che iniziò a correre dalla parte opposta del quadro, inciampando nei suoi stessi piedi e, volgendosi di continuo. L'uomo era balzato fuori dalla tela come un agile felino e aveva preso a ridere in maniera sguaiata e roca, terrificante. Solo allora, Emma si accorse che quel losco personaggio aveva al posto della mano destra un congegno orribile: un guanto munito di 5 affilate lame. Bastò questo particolare a far sprofondare Emma nell'oblio del terrore. Corse a perdifiato lungo il nulla che le si parava davanti. Nessuna luce, nessun essere vivente e nessuna via d'uscita. Si volse un'ultima volta, grondante di sudore, gli occhi sbarrati alla ricerca del viso spaventoso, deturpato dalle fiamme. Non c'era più, era svanito così come era comparso.
-Ciao, Emma!-
Una voce baritonale riecheggiò nell'orecchio teso di Emma, facendole raggelare il sangue nelle vene. Subito dopo, il guanto d'acciaio le si posò sulla spalla, una delle lame in direzione del collo, pronta per essere usata.




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