Ringraziamenti:
volevo ringraziare le persone che avevano
commentato in precedenza e che avevano inserito questa storia tra le
seguite. Mi scuso infinitamente per l'errore commesso.
Purtroppo non so
quanto velocemente riuscirò a postare; per fortuna ho un po'
di capitoli pronti. Mi scuso se non sarò costante, ma il
fandom RDJude mi occupa un sacco di tempo e invade i miei
pensieri...<3 ___ <3 Comunque non disperate, non vi
abbandonerò! Buona lettura!
CAPITOLO 1: PENSIERI
Aprii gli occhi. Tutto intorno a me
era bianco. Ma…era un
sogno? Oppure era la realtà?
Certo che era la realtà!
Mi trovavo in una distesa
ghiacciata, e per miglia e miglia non si vedeva niente, solo il bianco
della
neve…persino ad occhi ben più penetranti degli
umani! Gli occhi di un vampiro.
O meglio, dovrei dire mezzo-vampiro.
Infatti io non sono un vero e proprio
vampiro. Sono il
risultato di un incrocio tra un’umana, mia madre, e un
vampiro, mio padre. Non
siamo in molti; per quanto mi ricordo esistono solo altre quattro
persone come
me, Nahuel e le sue tre sorelle. Purtroppo la loro nascita violenta ha
causato
la morte delle loro rispettive madri, mentre io sono l’unica
mezza-vampira
della Terra ad avere una madre, per fortuna. Il mio amore per la mia
strana
famiglia supera ogni immaginazione.
Mi presento: il mio nome è
Renesmee, e fra poco compirò sei
anni. In realtà non li dimostro affatto!
Non sono tanto alta, non ho ancora
raggiunto l’altezza della
mamma, che certo non è una stanga. Ho gli occhi di lei,
prima che diventasse
vampira, cioè di un bel color cioccolato, a detta di tutti,
ma che io in realtà
trovo insignificanti. Il colore dei miei capelli è quello
del mio papà, ramati,
e ricci, come quelli di nonno Charlie. Ad occhi umani posso sembrare
una
quindicenne, ma purtroppo per ora non so molto bene cosa potrebbero
pensare di
me, dato che non ho mai parlato con un essere umano
all’infuori del nonno, di
Sue Clearwater e Billy Black, che comunque sanno, o almeno hanno una
vaga idea,
di ciò che siamo e soprattutto di ciò che sono.
Prerogativa dei mezzi-vampiri infatti
è quella di crescere
molto in fretta, perciò per ora mi è stato
vietato di farmi vedere troppo dagli
umani. La mia crescita repentina potrebbe spaventarli. Dovrò
ancora aspettare
un anno: dopo sette anni di vita infatti la crescita di un
mezzo-vampiro si ferma
e si vive per sempre. A meno che qualcuno non decida il contrario. Io
non sono
immortale; o meglio, per un certo verso sì. Tutti i vampiri
lo sono, anche se
c’è un modo con cui possono venire uccisi. Ma io?
Io non sono un vampiro
normale. Come si uccide un mezzo-vampiro? Basta solo metà
della procedura usata
per i vampiri normali? Per uccidermi basterebbe solo tagliarmi in mille
pezzi
oppure solo essere bruciata? Dato che per i vampiri veri occorrono
entrambe le
procedure, per me, che sono metà vampiro, basterebbe solo
metà di questa
tortura?
Oh, ma cosa
vado a
pensare?? Non dovrei farmi prendere da pensieri così
deprimenti, soprattutto quando
sono sola. Pensai.
La verità è che
mi mancava qualcuno con cui scherzare e
giocare, come facevo da piccola. Certo, avevo i miei fantastici
genitori, che
dimostravano solo pochi anni più di me, essendo fermi
entrambi alla splendida
età di diciassette anni l’uno e diciotto
l’altra; avevo i miei splendidi zii e
i miei nonni, più belli di qualsiasi divo del cinema. Ma,
pur volendo loro un
bene immenso, sapevo di chi avevo bisogno in quel momento.
Avevo bisogno di Jacob Balck. Il mio
Jacob, il mio lupo rossiccio.
Da quanto tempo non lo vedevo? Da mesi ormai.
Sì, perché poco
dopo che i Volturi vennero a farci una “visita
di piacere”, la mia famiglia decise di abbandonare Forks, e
trasferirsi per un
po’ dal clan di Denali, in Alaska.
Ed ecco qui spiegato il bianco
intorno a me!
Decisi di scacciare questi pensieri
dalla mia mente e di
concentrarmi solo sulla mia preda, che si mimetizzava tra i ghiacci. Se
solo ci
fosse stato Emmett con me!! Si sarebbe divertito a dare la caccia
all’orso.
All’improvviso lo vidi: un
maschio, bello e maestoso, e
temibile per qualsiasi umano. Ma io ero umana solo a metà,
perciò l’orso polare
prima mi guardò, per capire quanto potevo essere pericolosa,
poi, appena vide i
miei canini, sentì il pericolo e provò a
scappare, ma fu tutto vano. Con un
balzo mi fiondai sul suo collo e, tenendolo fermo con le mani, gli
portai via
tutto il sangue che aveva. Finito con lui, mi sentii sazia.
Di solito quando cacciavo mi era
facile sentirmi un vampiro
come tutti gli altri. Ero letale proprio come loro; il cibo umano non
mi
attirava, preferivo di gran lunga bere il sangue di qualche animale.
Anche io,
come tutti, avevo deciso di astenermi dal cacciare gli umani, proprio
come
voleva Carlisle, mio nonno. Seguivo la dieta
“vegetariana”, come amavamo
definirla, e sinceramente ne ero ben felice. La mia parte umana si
rifiutava
categoricamente anche solo di pensare di assaggiare sangue umano. E poi
diciamocelo: avevo paura che mi diventassero gli occhi rossi, e di
certo non mi
avrebbero donato affatto!
Decisi di tornare a casa,
così mi misi a correre; ma i
pensieri continuavano a tormentarmi e la mia andatura non era veloce
quanto
avrei voluto e dovuto; tanto per cominciare la mia temperatura non
è fredda
quanto quella dei vampiri, anzi, è molto più
calda, perciò mi stavo quasi
congelando, e poi i miei, quando mi mandavano a caccia da sola, non
volevano
che mi allontanassi troppo, o che almeno non stessi troppo tempo
lontano da
casa.
Rinunciai a correre, e mi misi a
camminare, con passo
abbastanza sostenuto, pensando. Mi sarebbe davvero piaciuto tornare a
Forks. Lì
mi sentivo a casa, anche se avevo passato più tempo in
Alaska che nello stato
di Washington. Ma com’è che si dice? È
il posto in cui si è nati dove ti senti
più a casa tua? Oppure è il posto dove ti sei
trovata meglio? Non ricordavo
molto bene.
Il fatto è che volevo
tornare. Mi mancavano i pini, le
distese di alberi, e non di ghiaccio, animali diversi da foche e orsi
polari. E
mi mancava la grande casa Cullen dove ero nata, dove avevo giocato.
E poi tutta questa neve mi faceva
venire in mente quella
terribile mattina in cui avevo pensato di morire. Nonostante avessi
solo
qualche mese di vita, ricordavo molto bene di avere percepito
l’ansia e la
rassegnazione della mia famiglia, dei licantropi Quileutes e dei
vampiri
coraggiosi che erano venuti a testimoniare in mio favore. Avevo sentito
la
stretta di mia madre più forte del dovuto, gli sguardi di
mio padre sostenuti,
come se fosse l’ultima volta che mi vedeva. E avevo visto il
mio Jake preoccupato.
Da morire.
Ecco un altro motivo per cui
desideravo tornare. Jacob. Il
mio amico mi mancava in maniera terribile. Lui era il mio migliore
amico, il
mio protettore, e la sua mancanza si faceva sentire ogni giorno di
più, e non
solo perché mi mancava giocare con lui. Mi mancava il suo
calore, la sua
tenerezza e quell’attenzione speciale che riservava solo a
me.
All’inizio, quando la mia
famiglia decise di trasferirsi,
ero troppo piccola per ribellarmi, e poi a dirla tutta ero felice,
perché
Carmen mi stava molto simpatica, così come tutti gli altri
membri del clan di
Denali. Non riuscivo a capire che cosa avrei perso lasciando Forks.
Lasciando
lui. Perciò non mi opposi.
Le visite di Jacob si susseguirono
negli anni, ma sempre più
rare e di breve durata. In effetti non ne capivo il
motivo…forse si era stufato
di stare dietro a una bambina di pochi anni, nonostante la mia crescita
accelerata? D’altronde lui era molto più grande di
me, e dimostrava di essere
ancora più grande del dovuto a causa della sua
trasformazione in licantropo.
Decisi di scacciare i pensieri
riguardanti il mio amico: mi
mettevano troppa tristezza.
Mi concentrai quindi su un altro
bell’aspetto del mio
possibile ritorno a Forks. Io volevo andare a scuola. Certo,
c’era il problema
che assomigliavo in maniera terribile a mio padre, e gli occhi
ricordavano
troppo quelli di Bella e di nonno Charlie. Era passato troppo poco
tempo da
quando Edward Cullen e Bella Swan avevano frequentato il liceo di
Forks, si
erano fidanzati e si erano sposati, mentre gli abitanti del piccolo
paese
avevano sparlato sulla loro unione e sul loro matrimonio improvviso e
dal loro
punto di vista prematuro. Di certo qualcuno si ricordava di loro, e
avrebbe
potuto notare la somiglianza incredibile che c’era tra di
noi.
Però avevo un piano.
Senza rendermene conto mi misi a
correre e in breve tempo
fui a casa.
I Cullen erano tutti là; i
membri del clan di Denali invece
non c’erano. Li sentivo, con i miei sensi super-sviluppati,
allontanarsi da
casa per andare a caccia. Evidentemente stavano aspettando solo il mio
ritorno;
chissà perché non mi avevano salutato…
Guardai i miei genitori: Edward e
Bella, seduti su un divano,
si guardavano negli occhi con uno sguardo così intenso da
mettere quasi in
imbarazzo coloro che per caso si trovavano a guardarli. Zia Rosalie,
bellissima
nel suo vestito rosso, stava giocando a scacchi con Esme, la mia cara
nonna apparentemente
trentenne. Mio nonno Carlisle, bello come il sole, stava chiacchierando
con mio
zio Jasper, alto e leonino; zia Alice stava dipingendo, veloce e
perfetta,
mentre zio Emmett, grosso come l’orso di cui mi ero appena
cibata, la stava
infastidendo. La mia strana, numerosa e perfetta famiglia di vampiri!
Li
guardai con attenzione. In effetti in questo momento sembravano quasi
umani.
Appena misi
piede in
salotto si voltarono tutti a guardarmi e mi sorrisero con calore. Mi
amavano
più di ogni cosa, era chiaro. Il pensiero di scatenare un
possibile litigio
riguardo al mio desiderio nascosto mi fece quasi rivoltare lo stomaco:
come
potevo farli preoccupare così? E poi…ero sicura
che fosse nascosto? D’altronde
avevo un padre che sapeva leggere nel pensiero! Ma ero stata attenta a
nascondergli tutto, pensando sempre ad altro quando c’era lui
nei paraggi.
“Nessie! Avevo capito che
stavi per arrivare quando eri
ancora a miglia da qui! Hai il fiato pesante quando corri.”
scherzò zio Emmett.
Non essendo un vero e proprio
vampiro, il mio cuore batteva,
come quello degli umani, e sebbene riuscissi a correre veloce quanto i
vampiri,
il mio cuore si affaticava. Allo zio piaceva prendermi in giro per
questo; io
invece non lo sopportavo.
“Emmett, ti ho
già detto di non chiamarla così! Quello
stupido nomignolo datole da Jake non mi va proprio giù, e
gradirei che voi non
lo usaste!” disse irritata mia madre. Tuttavia, quando
pronunciò il nome di
Jake, la sua espressione si rilassò e fece un gran sorriso.
Jacob mancava anche
a lei; d’altronde era anche il suo migliore amico. Era una
cosa che mi piaceva
moltissimo: avere lo stesso migliore amico della mamma.
“Scusalo Bella, lo sai che
tuo fratello è un idiota!” disse
papà, e poi continuò, rivolto a me
“ Senti tesoro, non
riuscirò a leggere cosa stai pensando,
dato che tua madre ha potenziato tanto il suo scudo da tenerti quasi
sempre
protetta quando sei con me…però so leggere le
persone anche senza ascoltare i
loro pensieri. Mi sembri preoccupata. Vuoi dirmi che
cos’hai?”
Ecco il motivo per cui il clan di
Denali se n’era andato
senza salutarmi. Evidentemente Edward aveva detto loro qualcosa, e
quindi con
molto tatto avevano deciso di non mettere il naso in questa storia, che
riguardava solo i Cullen.
Questo significava che
papà aveva capito che c’era qualcosa
che non andava.
Come avevo pensato di potergli
nascondere qualcosa?
Però in effetti mi
sembrava fin troppo tranquillo: forse non
aveva indovinato il mio desiderio. Aveva solo capito che
c’era qualcosa che
morivo dalla voglia di dire.
Il mio povero papà non
immaginava neanche lontanamente che
stessi per fargli una richiesta così tremenda; ai loro occhi
certo, non ai
miei. Io la consideravo una richiesta più che accettabile!
Quale genitore al
mondo avrebbe proibito al proprio figlio di non andare a scuola, per di
più nel
suo stesso liceo?
Nonostante tutti i miei buoni
propositi in quel momento mi
sentivo un mostro. Ma come potevo fare
loro una domanda del genere? Come potevo chiedere a coloro che
avrebbero
rischiato la vita per me, e che lo stavano per fare in passato, di
accettare la
mia richiesta, così pericolosa per me, per loro e per la
nostra segretezza?
Ma come potevo non fargliela? Era dei
miei desideri che si
stava parlando in fondo, no?
Mia madre, dolce e premurosa come
sempre, spezzò il silenzio
che si era creato dopo le parole di mio padre e mi disse:
“Tesoro, puoi chiedere
tutto quello che vuoi! Avanti, parla.”
Ecco appunto, proprio come
immaginavo! Non mi avrebbero mai
detto di no. La mia io-diavolo, o come preferivo chiamarlo, il mio lato
umano,
stava esultando dopo le parole di Bella.
La mia io-vampira invece sapeva che
non mi avrebbero
accontentato, non questa volta almeno.
Tutte le persone che sapevano di come
definivo i miei due io
non capivano e dicevano che sarebbe dovuto essere il contrario. Per me
invece
era logico! Il mio lato umano era quello più debole,
più incline a farmi
sperare per il meglio, proprio come facevano gli umani. Il mio lato
vampiresco
invece era razionale e valutava sempre al meglio le
possibilità che mi si
presentavano davanti, tralasciando la stupida speranza umana. Di
solito, se
seguivo il mio lato umano, mi mettevo sempre nei guai. Se seguivo il
mio lato
vampiro, al contrario, andava tutto per il meglio.
Ora comunque
sto
divagando davvero troppo con i pensieri. Per fortuna che sono schermata!
Pensai.
Con riluttanza decisi di seguire il
mio lato umano;
nonostante sapessi che era il più debole, lo facevo vincere
quasi sempre. Così
mi feci coraggio, presi un bel respiro profondo e sbottai:
“Voglio tornare a casa
nostra. A Forks. So che è impossibile
per voi tornare, perciò pensavo di andare senza di voi.
Potrei trasferirmi da
nonno Charlie, sempre se lui è d’accordo. E vorrei
anche frequentare la scuola
di Forks. So che la somiglianza con te, papà, e con te,
mamma, potrebbe
spiazzare, perciò pensavo di farmi passare per una lontana
cugina di Edward e
mettere delle lenti a contatto colorate per nascondere il vecchio
colore degli
occhi di Bella. Cosa ne pensate?”
Avevo parlato tenendo la testa bassa,
lo sguardo fisso sul
pavimento; quando alzai lo sguardo, davanti a me non c’erano
più le persone
quasi umane che avevo visto al mio arrivo. Ora davanti a me
c’erano otto
vampiri sconvolti e infuriati.
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