Il colonnello Teletha Testarossa, dopo il suo ritorno dall’Italia, non era
ancora riuscita a riposarsi.
E tutto a causa della sua creazione prediletta, il Tuatha De Danaan.
Il gigante dei mari giaceva immobile nel bacino artificiale costruito
sull’isola di Merida, e squadre di operai, simili a formiche, andavano avanti e
indietro lo scafo controllandolo centimetro per centimetro.
La situazione all’interno del sottomarino poi era ancora più caotica, perché
in pratica anche la più piccola componente elettronica era stata smontata per
controllare che non ci fossero manomissioni.
Anche la santabarbara del sottomarino era stata svuotata, per precauzione.
Del resto l’androide che aveva preso il posto del colonnello aveva davvero
compiuto un lavoro coi fiocchi nel sabotare in più parti il De Danaan, quindi
era necessaria una revisione coi fiocchi che scongiurasse altre sorprese.
E per essere tale, questo lavoro di controllo doveva essere seguito da colei
che conosceva il De Danaan meglio di tutti.
In quel momento Tessa, da un ufficio posto su una torretta, ascoltava con
attenzione i vari tecnici della Mithril che con l’ausilio di disegni e immagini
su schermo, illustravano lo stato dei lavori.
“Questo è tutto, colonnello. Continuando di questo passo, entro otto giorni
avremo completato la revisione, e il De Danaan potrà riprendere il mare”.
“Molto bene, ingegnere. Ringrazio tutti voi per l’ottimo lavoro che state
svolgendo. Ora, se permettete, mi aspetta l’ammiraglio Borda”.
Tessa si congedò salutando militarmente e uscì dalla torretta.
Attraversò il bacino, tra l’andirivieni di tecnici e mezzi vari, e uscì
all’aria aperta.
All’esterno c’era una situazione così calma rispetto a quella dentro il
bacino.
Raggiunse una palazzina che fungeva da sala riunioni per i pezzi grossi
dell’organizzazione, ma in quel momento c’era solo l’ammiraglio Borda, impegnato
in una telefonata e seduto alla sommità di un tavolo predisposto per dieci
persone.
Quando Tessa entrò, Borda le fece segno di sedersi, parlò ancora qualche
minuto e riattaccò leggermente seccato.
“Uff, non ne posso più, in questi ultimi giorni sto passando cosi tanto tempo
al telefono, che temo di restare con la mano e il braccio bloccati nella
posizione di chi tiene una cornetta. Allora, Tessa, come va?”
“Be, ammiraglio, anch’io in questi giorni sono molto pressata dai lavori di
controllo su De Danaan. Mi ha convocata per un motivo urgente?”
“Volevo comunicarti che quella misteriosa soffiata sull’identità della spia
al quartier generale, era esatta. Amalgam aveva infiltrato uno dei suoi androidi
mettendolo al posto di un addetto alle pulizie. Lui ha permesso al nemico di
controllare tutte le nostre comunicazioni. E ieri lo abbiamo beccato appena in
tempo, perché stava installando una bomba nei sotterranei del quartier generale.
Per andare sul sicuro, i nostri uomini hanno distrutto l’impostore usando un
bazooka”.
“Amalgam non sa proprio arrendersi” commentò Tessa.
“Infatti. Certo che ci ha inflitto una dura lezione, e ci vorrà del tempo per
riprendersi, perché ora dobbiamo cambiare in sostanza tutto: non solo i codici
di accesso, i programmi di difesa e le frequenze di comunicazione, ma abbiamo
dovuto fermare anche tutti i piani attualmente in corso, cambiare dislocazione
alle nostre basi, ai depositi di munizioni, modificare i piani di protezione,
soprattutto quelli dei Whispered.
Tutto perché non sapendo quale conoscenza aveva di loro il nemico, non
potevamo correre rischi. Un lavoro mastodontico, che ci impegnerà per almeno due
mesi” spiegò Borda.
“Temete che Amalgam possa approfittarne?”
“In parte sì, ma il misterioso informatore ha riferito anche che non dovremo
più temere i droidi di Amalgam, e che quest’ultima per il momento ha problemi
non dissimili dai nostri, quindi sarà costretta a starsene buona per un po’”.
“Non si sa nulla su questo misterioso informatore?”
“Questo semmai dovresti dircelo tu, Tessa. Perché è evidente che si tratta
delle stesse persone che hanno reso possibile la tua liberazione, sventato il
rapimento di Kaname Chidori e impedito che il mondo intero dichiarasse guerra
alla Mithril. Non puoi dirci niente su quell’AS nero e i suoi mandanti?”
“No. Di quelle persone io ne ho vista una sola, e non ha detto assolutamente
nulla su chi fosse o sui suoi mandanti” rispose prontamente Tessa.
“La stessa cosa che hanno detto il sergente Sagara e il sergente maggiore Mao.
E’ la verità?”
“Assolutamente” rispose Tessa guardando dritto negli occhi il suo superiore.
Che sorrise: “Bene, allora gli alti papaveri saranno contenti. Stanno
cercando di spiegare nel modo giusto alle potenze mondiali cosa è successo su
quella maledetta isola, e credo che ce la faranno. Magari per un po’ la Mithril
sarà nell’occhio del ciclone, ma saprà ripresentarsi al mondo”.
“Molto bene. Potrei sapere delle condizioni del sergente Sagara e di Kaname
Chidori?”
“Il sergente è rientrato ieri a Tokyo, e anche Kaname Chidori è riapparsa
nello stesso giorno. Stando a quanto ha riferito, chi l’ha salvata dall’androide
con le fattezze di Sagara, l’ha tenuta in questi giorni spesso addormentata,
quindi neppure lei può dirci qualcosa su chi l’ha aiutata. Detto tra noi, questa
risposta puzza un po’, ma farò in modo che nessuno disturbi la signorina Chidori
con interrogatori di terzo grado”.
“Per questo motivo mi ha chiamata qui, vero? Una semplice domanda fatta da
lei anziché un estenuante serie di domande da parte di sconosciuti”.
“Esatto”.
“La ringrazio per tutto quello che ha fatto per me” disse Tessa sorridendo.
“Non c’è bisogno che mi ringrazi” rispose Borda.
Il cercapersone di Tessa squillò.
“Sembra che nel bacino non sappiano fare niente senza di me. Devo andare”.
Anche il telefono di Borda squillò.
“Come vedi, non lasciano in pace neppure me. Vai pure. Ah, ti farà piacere
sapere che l’uomo che ha impedito al nemico di catturarti una secondo volta, il
maggiore Marco Ottaviani, è stato promosso colonnello per l’arguzia e l’intuito
che ha dimostrato”.
“Se lo merita pienamente” rispose Tessa uscendo.
Quando fu fuori, mandò un bacio verso l’alto.
“E ovviamente ringrazio anche Te”.
****
Il vento soffiava impetuoso, tra le lapidi del piccolo cimitero.
Era una zona isolata, la grande città di Hong Kong faceva solo da sfondo.
Una donna, con gli occhiali neri e avvolta da un pesante impermeabile nero,
si chinò su una delle lapidi.
Vi depose una splendida rosa bianca.
Poi rimase ferma, come se meditasse, china davanti a quella tomba.
“Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Ti hanno colpita per arrivare a me. E non
ero neppure io il loro vero bersaglio. Mi dispiace veramente”.
La donna si alzò, si tolse gli occhiali e si mise sull’attenti, facendo il
saluto militare.
“Addio, Betty!”
All’uscita del cimitero, un uomo biondo attendeva , anche lui con impermeabile
e occhiali neri.
“Sorellona, tutto ok?”
“Si, Kurz. Ora è tutto finito” rispose Melissa Mao rimettendosi gli occhiali.
“Andiamo a casa”.
****
Kaname e Sousuke camminavano fianco a fianco diretti verso il liceo Jindai.
Quando il giorno prima si erano finalmente rivisti, Kaname pensava che
avrebbe avuto un sacco di cose da dirgli, ma a parte il sollievo di rivederlo,
non era stato cosi.
E anche quella mattina, c’era quel silenzio così imbarazzato tra di loro.
Poteva chiedergli come fosse andata la lotta contro Amalgam, ma francamente,
la prima cosa che Kaname voleva fare era dimenticare l’avventura appena
trascorsa.
Anche Sousuke non sapeva cosa dire.
Non era in grado di esprimere bene ciò che sentiva, quando l’aveva rivista dopo più di
una settimana.
Una settimana che gli era sembrata un secolo.
Era ovviamente felice di poterla rivedere, eppure non riusciva a dirle
niente.
Poteva chiederle cosa fosse successo durante la sua permanenza nella base
della misteriosa scuola Siu Long, permanenza che lui aveva nascosto ai propri
superiori, ma così sarebbe sembrato che lui era mosso solo dal desiderio di
trovare informazioni per la Mithril.
Arrivarono infine davanti alla scuola.
“Basta, devo dirle qualcosa” pensò lui.
“Basta devo dirgli qualcosa” concluse lei.
“Senti io..” dissero insieme voltandosi l’uno verso l’altra.
“Prima tu” fece lei a lui.
“No, prima tu” rispose Sousuke.
Si bloccarono di nuovo, veramente imbarazzati.
Finché un grido interruppe l’impasse.
“Kana-chan!!!” gridò Kyoko arrivando dalla scuola e abbracciando con forza la
sua amica.
“Finalmente sei tornata! Ma dove sei stata in questi giorni? Temevamo che
avessi fatto… qualche sciocchezza. Temevo che piangendo lacrime di dolore e
stringendo al petto una rosa ti fossi buttata da una scogliera!”
“Urghh!!! Sai, Kyoko, a volte la tua fantasia romantica mi spaventa!”
Dopo aver strapazzato la sua amica con fortissimi abbracci, Kyoko volse uno
sguardo furente contro Sousuke, che vedendo così infuriata Tokiwa, cominciò a
sudare freddo.
Quello sguardo era solitamente lo sguardo di Kaname imbestialita.
“E’ tutta colpa tua! Già una volta hai fatto piangere Kanachan. E adesso
scommetto che l’hai ferita nuovamente! Ma la pagherai! Addosso ragazzi!”
Da dietro ogni muro, albero e cespuglio sbucarono in pratica tutti i
conoscenti di Kaname, armati del grosso ventaglio bianco che solitamente lei
usava.
“Oh no! Mi ero dimenticata che quella sera Kyoko aveva promesso di
vendicarmi! Scappa Sousuke!!”
Kaname afferrò il ragazzo per un braccio e lo trascinò via.
Una folla di ragazzi, capitanati da Kyoko, partì all’inseguimento.
“Perché m’inseguono?” chiese Sousuke.
“E’ una lunga storia, poi te la spiegherò. Ora devo impedire che ti pestino
ingiustamente!”
“Ho un’idea!” disse Sousuke vedendo che stavano passando vicino a una
sopraelevata delle ferrovie verticale rispetto alla strada.
Il ragazzo passò avanti, si mise Kaname sulle spalle, tirò fuori da una tasca
un piccolo lanciarampini e sparò contro un treno che stava passando in quel
momento.
Subito si ritrovarono sollevati dal suolo, Sousuke si teneva stretto alla
corda, e tirati dal treno con un solo balzo saltarono l’intera strada,
atterrando sul marciapiede opposto.
Gli inseguitori furono fermati invece dal traffico.
“Taxi!” gridò Sousuke mollando il rampino.
Appena un taxi si fermò, vi salirono subito.
“Dove vi porto?” chiese l’autista.
“Lontano!” ordinò semplicemente Sousuke.
Kaname era un po’ stordita, non avendo capito bene cosa era successo: ancora
una volta la velocità d’azione di Sousuke l’aveva colta di sorpresa.
Però nonostante la spericolatezza di quell’azione, con lui si sentiva sempre al
sicuro.
Allora si ricordò che c’era una cosa che poteva dirgli.
“Sousuke?”
“Sì?”
“Grazie per aver mantenuto la promessa di tornare sano e salvo”.
Quando Kaname si strinse a lui, Sousuke, dopo un iniziale imbarazzo,
ricambiò mettendole un braccio intorno alla vita.
Avrebbe tanto voluto ringraziare Yu Fan per aver protetto Kaname quando lui
non poteva.
****
Alla scuola Siu Long, Xiu-Yu Zan, chiusa nella sua stanza, era impegnata in
una telefonata molto riservata.
“E così è tutto finito bene” disse la donna con un sorriso soddisfatto.
“Sì. E’ il vostro aiuto è stato fondamentale. La Mithril ha un grosso debito
nei vostri riguardi”.
“Non ci interessano le ricompense. Ad alcuni sembreranno discorsi ingenui, ma
a noi interessano solo la pace e la giustizia” rispose Yu Zan al suo misterioso
interlocutore.
“Anche a noi. Peccato che a furia di stare a contatto col mondo, abbiamo
cominciato ad assorbirne i difetti. Questo da un lato è umano, ma può essere
anche molto pericoloso”.
“Vero. Comunque potete stare tranquilli. Come abbiamo già riferito
anonimamente al vostro quartier generale, ci siamo infiltrati nei database di
Amalgam, creando un po’ di scompiglio. Non abbiamo potuto fare tabula rasa, ma
almeno non dovrete più temere quegli androidi”.
“Spero comunque che la Mithril abbia imparato la lezione. Da questa faccenda
abbiamo capito di non dover più sottovalutare Amalgam”.
“Lo capiranno, grazie anche a uomini come lei”.
“Non ho dato un contributo cosi grande. Non sono riuscito ad evitare il
dirottamento del De Danaan”.
“Adesso non si sottovaluti. Senza il suo aiuto la scuola Siu Long non avrebbe
potuto far niente: lei ci ha permesso di trovare e aiutare Mona, lei ci ha
fornito le componenti per AS che hanno reso possibile costruire KITT, lei ci ha aiutato ad individuare il De Danaan, e ha smascherato il falso colonnello
Testarossa. Il suo apporto è stato fondamentale”.
“Vorrei poter fare di più”.
“Non esiga troppo da se stesso, siamo solo esseri umani”.
“Ora devo lasciarla. Spero che potremo risentirci in circostanze migliori”.
“Lo spero anch’io”.
L’uomo chiuse il contatto e ripose lo speciale cellulare che utilizzava per
comunicare con quei suoi alleati segreti in un piccolo scomparto segreto del suo
armadio.
Era atteso a una riunione per stabilire nuove misure di sicurezza per il De
Danaan.
Cercò nell’armadio una camicia nuova per la sua uniforme, visto che a quella
vecchia mancava un bottone del polsino, bottone che si era accidentalmente
staccato quando lui aveva tolto il minuscolo radiocomando usato per far
scoppiare le micro cariche che aveva installato in sala macchine.
Era stato molto difficile, appena ricevuto l’allarme di Yu Zan sul falso
colonnello, preparare l’intera trappola e andare a frugare senza essere visto
nel magazzino con le attrezzature per le missioni di sabotaggio a terra, ma
c’era riuscito.
Però non era riuscito ad evitare il lancio dei missili.
Ma Yu Zan aveva ragione: erano solo esseri umani in fondo.
Yu Zan uscì dalla stanza, e con passo tranquillo andò nella camera di Mona.
La ragazza dormiva, costantemente sorvegliata da vari macchinari e da Unicor,
che appena vide entrare il maestro s’inchinò.
“Lascia stare” lo dispensò Yu Zan “Come sta Mona?”
“Direi… bene” rispose Mona aprendo gli occhi.
“Hai compiuto un ottimo lavoro, ma anche un grande sforzo. Sei sicura di
sentirti bene?”
“Sì… sono sopravvissuta alle torture del KGB… non sarà qualche ora davanti ad
un… computer ad uccidermi..”
“Comunque adesso hai bisogno di dormire ancora. Riposati, grazie anche al tuo
impegno, per un po’ non dovremo temere Amalgam”.
Mona sorridendo annuì, mentre Yu Zan usciva.
Si diresse nell’ampio parco, per cercare quella persona.
E la trovò dietro la roccia con la fontana.
Seduta nella posizione del loto, con le gambe incrociate, Yu Fan meditava.
Il piede con cui aveva colpito Hela era fasciato.
La donna rimase a guardarla per qualche tempo, poi decise di non disturbarla.
“No, maestro, resti un momento” la richiamò Yu Fan.
“Non volevo disturbarti”.
“Non mi disturba affatto. Però volevo ringraziarla per il suo aiuto”.
“Sciocchezze. Caso mai sono io che dovrei ringraziarti per aver avuto fiducia
in me. Quello che ti ho chiesto, era estremamente azzardato”.
“Infatti. Lei però non mi aveva detto di aver un contatto sul De Danaan”.
“Una questione di prudenza, non certo una mancanza di fiducia. Meno persone
lo sanno, meglio è. Spero che non ti sentirai offesa per questo”.
“No, anzi, capisco molto bene le sue motivazioni”.
Yu Zan sorrise: “Ne sono lieta. Arriverà il giorno in cui riuscirai a
rigettare tutto quello che Gauron ti aveva insegnato di disumano”.
“Non so se ci riuscirò” replicò la ragazza.
“Gauron derideva l’umanità che poteva venire fuori dalle persone, per lui gli
esseri umani erano solo bestie brave a macellarsi a vicenda. Questa era la sua
visione della vita, quella che aveva abbracciato. Ma la nostra umanità è la vera
arma, e tu hai dimostrato di potercela fare. Sei più forte di quanto lui stesso
pensasse”.
“Grazie ma… estro”.
“Ora ti lascio alle tue meditazioni” concluse Yu Zan allontanandosi.
Quando Yu Fan rimase sola KITT, tramite l’orologio da polso, si fece sentire.
“Avresti anche potuto dirglielo”.
“Di che parli?”
“Quando l’hai ringraziata, non stavi per dire maestro. Dovresti sapere che ci
tiene molto a sentirtelo dire”.
“Perché non pensi agli affari tuoi?”
“Le mie riparazioni sono a buon punto, ma desidererei una risposta”.
“Perché credi che dovrei parlare di queste cose con te?”
“Perché altrimenti non avresti tenuto l’orologio con te, sapendo che mi
avrebbe permesso di ascoltare”.
“Touchè, vedo che possiedi anche delle nozioni di psicologia”.
“Già. Allora?”
Dopo una lunga pausa, Yu Fan tirò un profondo respiro: “So che lei vorrebbe
che la chiamassi madre, ma io non riesco ancora a vederla in quel modo. Finché
non imparerò ad amare come una figlia, la parola ‘madre’ sarà per me una parola
come un’altra. E lei non potrebbe apprezzare una parola pronunciata senza
amore”.
“Sei più sensibile di quanto appari”.
“Taci. Devo concentrarmi adesso” concluse la ragazza.
Che dentro di se sapeva bene che non avrebbe mai potuto imparare l’amore se
prima non si fosse liberata del suo desiderio di vendetta contro Amalgam.
****
L’ampia biblioteca si estendeva lungo le pareti di un immenso salone, ricco
di decorazioni di stampo classico sul soffitto e sul pavimento.
I lunghissimi scaffali, lavorati finemente in legno, erano affiancati da una
passerella di legno che li divideva in due piani.
Un ragazzo con lunghi capelli argentei, in piedi al secondo piano, leggeva un
volume squisitamente rilegato.
Quella biblioteca era uno dei luoghi che prediligeva per rilassarsi,
circondato da tutto lo scibile umano.
Generalmente nessuno poteva disturbarlo quando stava lì dentro.
Solo una persona poteva farlo.
Quindi quando sentì un rumore di passi dietro l’ampio portone della
biblioteca, cui seguì l’apertura del portone medesimo, già sapeva chi era.
“Scusa se interrompo la tua lettura, dobbiamo parlare” disse una forte voce
maschile.
Il ragazzo con calma ripose il libro e tramite una scala di legno a
chiocciola scese al primo piano.
Il suo visitatore era un uomo più alto e robusto di lui, ma anche così lo
fissò tranquillamente negli occhi.
“Mr. Gold, a cosa devo la tua visita?”
“Visto tutto quello che è successo ultimamente, i nostri vertici devono
decidere come comportarsi. E poiché ormai appartieni a tali vertici, temo che
dovremo sottrarti alle tue letture, Mr. Silver”.
“Un sacrificio triste ma necessario” replicò cordialmente il ragazzo, che
schioccò le dita.
Silenziosamente dal pavimento uscì una pedana con sopra delle poltrone in
pelle e al centro un tavolo e un porta-bevande.
Il ragazzo fece cenno al suo ospite di sedersi.
“Gradisci da bere?” chiese Mr. Silver.
“No, grazie” rispose seccamente Mr. Gold.
Il più giovane dei due si versò del brandy in un bicchiere e cominciò a
sorseggiarlo lentamente.
“E così l’operazione Hunting è fallita” esordì Mr. Silver.
“Un vero peccato. Un’operazione così rifinita nei minimi dettagli. In teoria
grazie ad essa la Mithril non avrebbe avuto scampo. E invece…”
“Purtroppo nell’esistenza ci sono altre forze, oltre a quella umana. Siamo
stati sconfitti da una serie di circostanze sfortunate, che neppure la più
brillante delle menti è sempre in grado di prevedere. Certo che anche noi
dovremmo rivedere i nostri criteri di scelta del personale”.
Dicendo questo, Mr. Silver pensò fugacemente al generale Cameron e il suo
nuovo impiego.
“Dottore, abbiamo ultimato gli ultimi controlli sui nuovi arrivi di materiale
chimico”.
L’uomo, con indosso un camice bianco e un’abbondante medicazione sul naso e
altri punti del volto, ascoltò impassibile.
Poi un largo sorriso si disegnò sul suo volto.
“Voglio un altro controllo”.
“Ma dottore, abbiamo già…”
“Voglio che sia eseguito dal nuovo arrivato”.
A quelle parole il collaboratore capì subito e si lasciò scappare un mugugno
divertito.
“Ehi, Cameron, vieni subito qui!”
L’ex generale ed ex-pezzo grosso di Amalgam, si presentò con indosso una tuta
da manovale piuttosto piccola per la sua taglia.
“Sì, signore?”
“Controlla tutti i fusti di materiale chimico nei magazzini dal B-1 al B-8”
ordinò il dottore.
“Ma ci vorranno ore!” ribatté Cameron.
“Sei ottimista. In realtà ti ci vorranno almeno due giorni, visto che lo
eseguirai da solo questo controllo”.
“Che cosa?! E’ assurdo! Io…”
“Tu cosa, semplice operaio. Per quelli che non ubbidiscono agli ordini sono
previste punizioni molto severe, sai?” lo zittì il dottore.
Cameron abbassò il capo e si diresse verso i magazzini.
E il dottore non aspettò neppure che si fosse allontanato per mettersi a
ridere.
L’ex-generale a malapena nascondeva la sua rabbia per quell’umiliazione.
Per evitarla avrebbe dovuto andarsene ma non poteva, Amalgam non si poteva
abbandonare come una qualunque azienda, soprattutto se si sapeva troppo.
Perché in quel caso potevi andartene solo dentro una cassa da morto.
Ma un giorno avrebbe risalito la china, lui non si sarebbe mai arreso.
E tutti quelli che adesso lo deridevano, avrebbero imparato a temerlo
nuovamente.
Mr. Silver sapeva che sebbene la sconfitta non si potesse imputare
direttamente a Cameron, i capi di Amalgam non avevano certo apprezzato che
nell’ultima fase della battaglia fosse andato in estasi bellica anziché
impartire ordini.
Quell’organizzazione reclutava uomini basandosi sul loro talento e sulla
mancanza di scrupoli, senza dare importanza a tic e depravazioni varie.
A patto che quest’ultime non interferissero col lavoro.
Mr. Silver invece avrebbe preferito che non ci fossero né tic, né
depravazioni, e forse ora lo avrebbero finalmente ascoltato.
Nel caso di Cameron, era stato retrocesso a semplice operaio tuttofare, e già
poteva considerarsi fortunato.
“La sfortuna ha giocato solo una piccola parte nella nostra sconfitta. In
realtà ci ha fregato il fatto di aver avuto a che fare con un secondo nemico di
cui ignoravamo l’esistenza. Abbiamo pensato di poter proseguire lo stesso, ma
questo nuovo avversario ha dimostrato di avere molti assi nella manica” continuò
Mr. Gold.
“Immagino che per voi ci sia sempre questo nemico dietro l’assalto ai nostri
computer”.
“Sì. Ha cancellato per prima cosa tutti i dati riguardanti la costruzione dei
nostri androidi. E per un pelo siamo riusciti a staccare tutto prima che facesse
tabula rasa dell'intero lavoro svolto in questi anni”.
“Già, sarebbe stato davvero disdicevole” ammise Mr. Silver.
“Comunque, vista la sconfitta e l’apparizione di un nuovo nemico sconosciuto,
i vertici di Amalgam hanno ritenuto di dover sospendere ogni operazione per un
certo periodo”.
“Decisione saggia”.
“Ma passato questo periodo, tornerà il problema di dover affrontare la
Mithril. Credo che tu, Mr. Silver, già sappia cosa stanno pensando di fare dopo
questa pausa”.
“Sicuro. Visto che la Mithril ha ormai capito il tipo di nemico che ha di
fronte, basta con le azioni velate. La prossima volta sarà guerra aperta,
totale”.
“E tu sei d’accordo?”
“A mali estremi, estremi rimedi” rispose il ragazzo.
“Mi fa piacere”.
Mr. Gold fece per alzarsi.
“Un momento, amico mio. Ho una richiesta”.
Mr. Gold lo guardò incuriosito: “E sarebbe?”
“Uno dei principali ostacoli tra noi e la sconfitta della Mithril, è Sousuke
Sagara col suo Arbalest”.
“E allora?”
Una strana luce sembrò brillare negli occhi del giovane. “Quando sarà, sappi
che sarò io ad affrontare lui e il suo AS. A tempo debito penseremo a sistemare
anche Yu Fan e il suo AS nero”.
“Tu vuoi combattere contro l’Arbalest? Perché?”
“Perché ogni eroe ha bisogno di una nemesi”.
Mr. Silver continuò a sorseggiare il brandy, godendosi la sensazione di
calore che gli scendeva lungo il corpo.