La stanza
d’albergo, illuminata solo dalla luce dei lampioni che
entrava attraverso i pochi centimetri di finestra sui quali non era
stata calata la serranda, era pregna dell’odore metallico del
sangue.
Sergei Dragunov, in piedi accanto ad una delle finestre, guardava la
strada senza una vera espressione in viso. Alle sue spalle tre uomini
della Spetsnaz frugavano fra le cose del quinto uomo che era presente
nella stanza. Un uomo con un buco in pancia ed uno in fronte che
giaceva nel suo letto, fra lenzuola imbevute del suo stesso sangue.
Dragunov lo aveva reso cadavere qualche minuto prima. Un proiettile
nello stomaco non era bastato a renderlo più collaborativo,
uno in fronte era stato il premio per la lealtà mostrata nei
confronti dei suoi viscidi amici della Mishima Zaibatsu.
Lealtà che non sarebbe comunque servita a nulla.
- Signore, eccoli qui. –
Uno dei suoi uomini gli si avvicinò, porgendogli un plico
contenente alcune decine di fogli ripiegati. Sergei ne sfilò
uno a caso dalla busta e gli gettò un’occhiata
vuota. Restituì plico e foglio al soldato, annuendo appena.
Questi, chiusa nuovamente la busta, si volse verso i compagni e disse:
- Missione compiuta, ragazzi. Ce ne andiamo. –
- Fate sparire tutto – ordinò Dragunov con voce
piatta, guardando ancora una volta giù in strada prima di
incamminarsi con imperturbabile calma verso la porta che dava sul
corridoio dell’albergo.
Un sacco nero per il cadavere, un altro sacco per le lenzuola
insanguinate, una bella mancia per convincere l’inserviente a
ripulire e riordinare la stanza senza fare troppe domande e un bel
sacco nero per l’inserviente stessa non appena tutto sarebbe
apparso dovutamente lindo. Non occorreva poi molto, si disse Sergei,
raggiungendo il furgoncino scuro che avevano parcheggiato sul retro
dell’hotel. Attivò la radio e si mise in contatto
col comando.
- Qui Seryĭ Volk. - si limitò a dire.
Mezzo secondo di silenzio, poi la risposta, leggermente disturbata.
- Seryĭ Volk, ti riceviamo. -
- Il soggetto non ci darà più problemi.
–
- Ottimo. E le carte? –
- Recuperate. –
- Ben fatto Seryĭ Volk. Vi aspettiamo alla base per domani.
–
Sergei chiuse la comunicazione e lasciò aderire la colonna
vertebrale allo schienale del sedile, leggermente reclinato
all’indietro.
Presto sarebbe stato nuovamente in Russia. La gazzella aveva corso con
tutta la velocità consentitale dalle sue zampette ma lui era
stato più veloce. Lui era sempre più veloce.
Avrebbe voluto bagnarsi le labbra con un sorso di vodka,
così, per festeggiare quell’ennesima caccia
trionfale. Ma avrebbe aspettato, perché in Giappone la vodka
non aveva sapore di vodka e lui non voleva inquinarsi le papille
gustative.
I suoi uomini arrivarono un quarto d’ora dopo. Gettarono due
sacchi neri nel bagagliaio, poi salirono a bordo, tutti tranne uno.
Davvero, era meglio evitare che l’inserviente si lasciasse
sfuggire qualcosa.
Ivan Alekseevic Karataev era scomparso nel nulla. La sera prima aveva
chiamato dicendo di essere atterrato a Sapporo, col primo volo che
aveva trovato per lasciare la Russia. Aveva preso una stanza al Mercure
per la notte, pronto a raggiungere la sede della Mishima Zaibatsu il
mattino seguente.
Ma il mattino seguente era trascorso ed Ivan Alekseevic non si era
fatto vivo. Quando avevano provato a mettersi in contatto con lui, una
voce preregistrata li aveva informati che il cellulare doveva essere
spento o irraggiungibile. Otto volte avevano ricevuto
quell’informazione prima di decidersi a mandarla a dare
un’occhiata all’albergo.
Nina Williams era atterrata sull’isola di Hokkaido due ore
dopo aver ricevuto quell’insulso incarico. Ora sedeva sul
sedile posteriore di un taxi, sistemandosi il trucco in uno specchietto
e valutando quante chance di essere ancora vivo aveva Karataev.
Forse era solo stato sequestrato ed ora gli spetsnaz lo stavano
torchiando per tirargli fuori la verità sul suo doppiogioco,
ma anche in questo caso la vita di Karataev era inesorabilmente
prossima al capolinea. Più probabilmente il suo corpo senza
vita giaceva già in quel momento in qualche vicolo
maleodorante, per la gioia degli animaletti locali.
Nina Williams chiuse con uno schiocco lo specchietto e lo fece
scivolare nella sua borsetta, fra una fiala di veleno insapore ed una
piccola pistola accuratamente caricata prima della partenza.
Quell’incarico era una perdita di tempo. Non avrebbe mai
trovato Karataev, lei lo sapeva. Jin Kazama non avrebbe messo le mani
sui piani dei russi, quelli che il loro uomo aveva arraffato con tanta
sapienza a Mosca. Tutta quella brillante operazione di spionaggio era
andata in malora. Lei lo sapeva già. Ma Jin Kazama no. E per
questo Nina si trovava su quel taxi che si stava fermando davanti al
Mercure Hotel.
La stanza di Ivan Alekseevic era la 128. Lei bussò una
volta, poi infilò con noncuranza un paio di guanti e
forzò la serratura. Le bastò un minuto per
constatare che la stanza era perfettamente vuota, come se Karataev se
ne fosse andato portandosi tutta la sua roba. Considerato che alla
reception le avevano fatto sapere che non aveva ancora
lasciato la sua stanza, Nina trovò che non persistesse
più alcuna forma di dubbio sulla sorte del loro uomo.
Gli auguro solo di
essere crepato in fretta pensò Nina, uscendo
dalla stanza.
Mentre attraversava la hall colse di sfuggita una frase su una
cameriera scomparsa nel nulla quella notte.
Una fuga amorosa?
si chiese Nina Williams, assaporando il piacere di pensare
un'assurdità. No, molto più probabilmente un
altro cadavere che putrefaceva in un vicolo.
Un lavoro perfettamente
pulito pensò, quasi ammirata.
Quando fu di nuovo sul taxi prese il cellulare e compose il numero di
Jin Kazama. Chissà come l’avrebbe presa quando gli
avrebbe detto che i russi li avevano fottuti.
E buondì a tutti
quanti! ^^ Beh, che dire? E' vero, in questo primo capitolo non succede un tubo ma
già dal prossimo vedrete che le cose cominceranno ad
evolversi! Augurandomi di non produrre qualche orribile cavolata troppo
OOC e con la speranza che questa storia non vi appalli troppo, vi
saluto! ^^
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