«Zitto,
zitto, zitto!»
In ginocchio dinanzi a te, a testa bassa come un
sudicio verme, ti ordino (ti sto implorando, Claude)
di fare
silenzio.
Non m’importa di sentire quanto ti disgusto.
Premo la fronte contro i palmi delle mani e la mia
voce si spezza in singhiozzi sull’ultimo
“zitto”, stridulamente
gridato.
«Ci sei solo tu nel mio mondo!»
In questa posizione il fianco mi fa così male che
potrei morire, ma se adesso non mi aggrappo a te, se non mi rifugio
in te, l’unico abitante del mio mondo (non
è vero, sto
mentendo: tu sei il mio mondo, Claude), so che
cadrò in un
baratro al quale nemmeno la morte potrà strapparmi.
E se non morirò, tu non divorerai la mia anima.
Non potrei sopportare un mondo in cui tu non esisti,
Claude.
Ti getto un’occhiata di sfuggita, incapace di
sostenere più a lungo il tuo sguardo dorato, e mi stringo
alla tua
gamba, piangendo l’incantesimo con il quale ti legai a me.
«Houhe
o taraluna, ron de rotarel».
Non saprò mai se davvero furono queste parole senza
senso ad invocarti. Adesso, tuttavia, sono tutto ciò che ho
per
(illudermi di) tenerti stretto a me.
«Non lasciarmi! Mai! Claude!»
Ti sto supplicando, ora, come lo sciocco, ributtante
bambino che sono.
Che odore ha la mia anima, adesso? Ti ripugna,
Claude? Non vuoi più mangiarla, è così?
Vorrei che i miei tentativi di spiegarti i
sentimenti che mi è proibito provare servano a far
sì che tu mi
desideri ancora di più, non ad allontanarti da me. Lo vorrei
così
tanto, più di quanto voglia Ciel Phantomhive,
perché non riesco a
far a meno di loro, per quanto possa sforzarmi.
Quel ragazzino non è mai stato nulla, comparato a
te.
Al principio mi interessava soltanto scoprire se la
fata esistesse davvero, sebbene non avessi un obiettivo preciso. Non
ero nulla, non mi era rimasto nulla (sì, Claude,
avevo un padre
ed un corpo, ma lui apparteneva alle sue voglie perverse ed il mio
corpo era suo): perché avrei dovuto avere un
qualche desiderio?
Un essere così infimo ed accidioso qual ero io non aveva
motivo di
esistere.
È stato quando mi regalasti quei tuoi occhi,
Claude, che ricevetti uno scopo: avrei dovuto trovare un desiderio da
realizzare perché tu rimanessi con me.
Ebbi la fortuna che tu bramassi fortemente il mio
spirito e mi aiutasti, indicandomi Sebastian Michaelis. Risolsi che
avrei dovuto sottrargli il suo prezioso contraente anziché
ucciderlo
direttamente soltanto perché sarebbe stato più
complicato e tu
avresti dovuto rimanere al mio fianco molto più a lungo.
Oh, Claude, sono stato così felice.
Ogni volta che mi abbottonavi la camicia, ogni volta
che ti tiravo uno schiaffo, ogni volta che prendevi il mio viso tra
le mani e mi rassicuravi che tutto quel che desideravi era divorare
avidamente la mia anima sino alla fine (ogni volta che mi
sfioravi
od io sfioravo te).
Perché tu…
«Tu… tu stesso…»
(… sei “Vostra Altezza”, per me).
Sin dall’inizio, avrei dovuto essere io a
chiamarti “Vostra Altezza” e non tu, che ti
prestavi quasi
premurosamente a soddisfare il mio capriccio di udire, ancora ed
ancora, il giuramento che mi fece Luca tanto tempo fa (anche
quello, tuttavia, sbiadiva al confronto con te).
Sollevo la testa e quasi sorrido, nella speranza che
tu abbia compreso, perché sai bene che Luca era quanto di
più
importante, per me: spero tu abbia compreso che ora l’hai
totalmente oscurato con la tua presenza.
Eppure la tua espressione è indecifrabile, quando
incroci il mio sguardo disperato.
Oh, ma io ti conosco troppo bene, Claude…
E quelli non sono gli occhi del demone che vuole
appropriarsi del mio spirito.
Mi stai di nuovo guardando come si guardano dei
vermi che si radunano attorno alla spazzatura.
Tuttavia mi sorprendi e ti inginocchi innanzi a me.
Come hai fatto così tante altre volte per
ricordarmi che sei il mio fedele servitore, per confortarmi, od anche
per schernire la mia debolezza (perché tu sei un
demone e i
demoni non amano).
Il tocco familiare delle tue mani mi riempie di
gioia come nient’altro mai è stato in grado di
fare.
Attraverso la sottile stoffa dei guanti candidi
avverto i tuoi polpastrelli morbidi che si muovono lungo i miei
lineamenti per raccogliere le lacrime e nulla è caldo come i
tuoi
palmi che aderiscono alle mie guance, nemmeno lo schizzo di sangue di
lupo che soltanto poco fa bruciava sulla pelle del mio naso.
E, tuttavia, ancora non capisco.
Non capisco il tuo sguardo così intenso dopo il
ribrezzo di poc’anzi, non capisco le mani che mi sfiorano e
che
avevo temuto di non poter toccare mai più, non capisco e
forse non
voglio capire, perché il baratro è troppo vicino
ed io ho paura,
Claude, ho paura e voglio che mi stringi a te e non mi lasci cadere
giù.
«Per un semplice maggiordomo, fare così
tanto…»
Mormori sul mio volto.
Soffi sulla mia anima.
E improvvisamente, come se il mio mondo avesse
ritrovato il suo equilibrio, va tutto bene e l’oblio che mi
minacciava è un incubo dimenticato, perché tu sei
qui, sei ancora
qui con me, ed il tuo viso è ogni istante più
vicino al mio, come
per rassicurarmi che resteremo insieme.
Infine le tue labbra sono sulle mie, sono mie (tu
sei mio, Claude, come io sono tuo), e nient’altro.
Non c’è nient’altro che questo bacio,
non c’è
nient’altro che il coro sussurrato delle nostre voci che si
mormorano un “grazie” l’un
l’altra, non ci sei che tu, non ci
sono che io.
Sii mio, maggiordomo. Soltanto mio, per
l’eternità.
Avverto un sorriso sulla tua bocca ed il mio respiro
che viene meno.
Ma, sebbene tu stia sorridendo in quel modo
disgustoso, seguiti a guardarmi con quegli occhi (i miei occhi).
E va bene così, perché io non ho mai, mai
desiderato altro in vita
mia (e se mai prima ho avuto altre ambizioni, ne ho totalmente
smarrito il ricordo).
«Adesso dormite, padrone».
E mentre scivolo nel sonno fra le tue braccia,
obbediente, percepisco nuovamente il tuo respiro sul mio volto,
così
buono che soffoca persino il fetore del sangue (sangue? Quale
sangue? Il… mio…?).
«Claude…»
(Claude…?)
«… tu sei mio, vero…? Lo
sarai… per sempre…?»
(Mi stai tradendo, vero…? È per questo
che…
il sangue…?)
L’ultimo ricordo che ho prima di chiudere gli
occhi sei tu che sorridi d’un sorriso che non è
mai stato così
(orribilmente) bello.
«Yes, Your Highness».
E quando mi risveglierò e saprò che oltre
l’oblio
ci sei tu che mi aspetti, Claude, non avrò più
paura.
(E quando mi risveglierò e saprò che
è l’oblio
a stare divorandomi e che tu te ne sei andato, Claude,
perderò ogni
ragione di oppormi).
Arriverò da te, Claude.
(La verità è nel sangue, Claude).
( Dopo aver visto
l'ottavo episodio ho sentito l'irrefrenabile bisogno di scrivere di
Alois - alla fine, era soltanto un bambino bisognoso di qualcuno che lo
vedesse.
Ho preferito, tuttavia, non inserire l'avvertimento "what if...?", in
quanto il bacio non è un cambiamento radicale della storia,
quanto piuttosto un'aggiunta, e nemmeno "missing moment",
perché trattando la ripresa di una scena dell'anime non
è una parte della storia che l'autrice ha evitato di
approfondire.
Alois, qui, è come diviso in due: la parte tra parentesi,
quella più consapevole, e la parte normale, quella che vuole
illudersi che Claude lo ami quanto lo ama lui.
Perché Alois è indubbiamente innamorato di
Claude, il maggiordomo stesso afferma che "un'anima di basso rango che
regala il suo amore
ad un semplice maggiordomo non stimola affatto il mio appetito".
Credo di aver rispettato bene il lato del carattere di Alois che ci
viene mostrato nell'ottavo episodio, ma potrei anche averlo totalmente
rovinato con le mie elucubrazioni su "oh, ma Alois ama Claude
così tanto!", "amerà lui è sempre lui,
per sempre!" e quant'altro di fangirlesco e bimbominkioso possa esserci.
Oh: l'ultima frase di Alois, "la verità è nel
sangue", si riferisce al sangue che ha avvertito, il suo sangue, e che
ha risvegliato il suo lato consapevole.
Dopodiché, vi auguro buona giornata e vi chiedo niente spoiler oltre l'ottavo
episodio, grazie.
'til next time, chu. )
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