-Mentre tutto scorre
File 01: Cade
la pioggia.
Di solito non mi piace perdermi in parole, non mi è mai
piaciuto e mai mi piacerà. Sono un tipo calmo, silenzioso; così tanto che se dovessi
sparire dal villaggio –di nuovo- questa volta nessuno se ne accorgerebbe.
Come ho già detto, parlare non è il mio forte, ma questa
volta farò un’eccezione e lo farò semplicemente perché tutti devono sapere,
perché non devono esserci più dubbi di nessun genere
sulla storia di come Hinata Hyuuga tradì il villaggio… o meglio, di come il
villaggio tradì Hinata Hyuuga.
I piani alti di Konoha all’epoca lasciarono che la storia
diventasse tranquillamente di dominio pubblico, ovviamente ciò avvenne solo perché
furono loro a diffonderla a modo loro, infangando il nome di Hinata e
raccontando come si trasformò da inutile incapace a traditrice.
Io conosco la vera storia perché ne presi parte in prima
persona e perché grazie all’innata del mio clan ho reperito le informazioni che
mi mancavano per completare il quadro generale dell’intera vicenda.
Ora, dato che forse ho intenzione di sparire sul serio da
Konoha in quanto profondamente disgustato dal suo operato e considerando che
questa storia passerà per molte mani e sarà letta da altrettante persone… penso
proprio che dovrei presentarmi.
Sono uno di quei pochi che ha sempre appoggiato Hinata, sono
quello che le stava vicino quando la sensazione di non essere mai all’altezza
si faceva così intensa e schiacciante da ridurla a rimettere pure l’anima…
almeno il novanta percento di voi che state leggendo, dopo queste due
definizioni avranno scuramente pensato “bene, questo rapporto è stato scritto
da Naruto”; spiacente di deludervi, ma Uzumaki non fece niente allora come non
farà nulla anche adesso che è ad un passo dal diventare Sesto Hokage.
Io sono semplicemente Shino Aburame.
Il giorno in cui tutta questa fastidiosa storia ebbe inizio,
Tsunade-sama aveva semplicemente deciso che mandare alla ribalta degli
spauracchi al fronte di Akatsuki non bastava più. Arrivò alla conclusione che
doveva mandare qualcuno di sacrificabile a raccogliere più informazioni.
Qualcuno che se per caso avesse perso la vita non avrebbe causato una perdita
per le forze militari del villaggio, qualcuno che poteva facilmente convincere
ad accettare quella missione suicida.
Poche ore e diversi bicchieri di Sakè dopo, la scelta più
ovvia fu la primogenita del casato Hyuuga. La poveretta all’epoca non stava
affatto bene, la sua autostima aveva raggiunto i minimi storici e si
sottoponeva giorno dopo giorno ad allenamenti al limite del sopportabile per
aumentare la sua forza; quando Tsunade la convocò nel suo ufficio e le propose
gentilmente di svolgere quella missione, sorridendole, lusingandola, confidandole
che lei era l’unica in tutto il villaggio a poter svolgere quell’incarico, lo
sguardo di Hinata si riempì prima di stupore, poi di speranza ed infine di
gratitudine.
Sorrise per la prima volta da tanto –tantissimo- tempo e
corse a prepararsi per partire per quella missione solitaria.
Forse se non fosse stata intercettata tutto ciò non sarebbe
successo, però nel territorio di Akatsuki si accorsero quasi subito di una
presenza estranea e, sotto una coltre di nuvoloni scuri e impietose gocce di
pioggia, cominciò la caccia che vedeva Hinata come unica preda.
Quando lei fu al limite delle forze decise di nascondersi
all’interno di una grotta, nella misera speranza di riuscire a non essere
notata fino al recupero delle energie necessarie per continuare la fuga.
Debole ed infreddolita rimase rannicchiata nell’angolo più
scuro di quel luogo, singhiozzando di rabbia per la
sua inettitudine. Strinse i pugni così forte che le ossa scricchiolarono e le
unghie penetrarono nella carne, provocando oltre ad un lieve spasmo anche dei
piccoli rivoletti di sangue.
Le sembrò di essersi dimenticata come si respira, quando udì
delle voci in lontananza, accompagnate dall’inconfondibile rumore di passi; si
costrinse con forza ad immettere aria nei polmoni, tentò di acuire i sensi e
cercare di capire se gli intrusi nel suo nascondiglio fossero amici o nemici.
La prima frase che riuscì a comprendere fu un adirato:
«Fottiti, Kakuzu».
No, quella affermazione non le sarebbe servita ad
identificare niente e nessuno. Si diede della stupida, pensando che poteva
utilizzare il Byakugan, l’abilità innata di cui nessuno l’aveva mai ritenuta
degna e che perciò aveva cominciato poco a poco ad odiare. Ciononostante in
quel momento le sarebbe servita per provare ad evitare, con un po’ di fortuna,
il peggio.
“Sono fottuta!” pensò con rabbia nel riconoscere il flusso
di Chakra di due componenti di Akatsuki, anche se in quel momento non sarebbe
stata affatto in grado di dire con esattezza quali.
«Hey, correggimi se
sbaglio» mormorò ad un tratto l’uomo che aveva parlato poco prima, rivolgendosi
al collega, «ma qui c’è odore di sangue». Nel dirlo si leccò inconsciamente le
labbra.
Hinata trattenne un
sospiro. Sapeva bene che ormai non le rimaneva altro che rimanersene lì buona buona ad aspettare che la trovassero e pregare che non
le facessero troppo male nell’ucciderla. Decise di darsi almeno un
minimo di dignità, se proprio doveva morire lì, quindi non sarebbe rimasta a
nascondersi come un dannato topolino in trappola.
Si alzò in piedi. «Sta-stavate
cercando me… no?» Li fronteggiò, cercando di tirare fuori un po’ di coraggio.
Il più basso dei due, l’unico che fino a quel momento aveva
parlato, ebbe un ghigno per nulla rassicurante. Neanche il tempo di un respiro
o di un battito di ciglia e le fu alle spalle, bloccandola; le prese la mano
che poco prima aveva chiuso a pugno e ne leccò il sangue in modo oscenamente
avido. «Sì, stavamo cercando te, effettivamente» sogghignò.
Hinata non riuscì a nascondere un brivido e lui scosse la testa,
fingendosi deluso; «che pena! E dire che avevi fatto
una così magnifica figura nel essere riuscita a non farti acchiappare da noi
per addirittura tre interi giorni. Dovevi proprio rovinare tutto mettendoti a
tremare come una fogliolina?»
«Quindi?» Domandò Hinata con un filo di voce, mentre il suo
cuore si prendeva l’ingrato lusso di perdere diversi battiti.
Il criminale la costrinse a voltare il viso verso di lui. Le
sorrise quasi angelicamente e disse: «quindi, adesso, potresti farmi sentire
quanto gridi bene».
Hinata rimase troppo spaventata per avere una qualsiasi
reazione e l’uomo tirò fuori un kunai, valutando quale parte colpire. «Hai
paura?» le sussurrò all’orecchio, malevolo.
“Ma no, figurati, sto facendo i salti di gioia, Capitan
Ovvio”; «Sì, ho paura» disse, quasi in tono di sfida.
«E fai bene ad averne» approvò l’albino, ridacchiando,
costringendola ancora una volta a volgersi verso di lui. Per la prima volta
dall’inizio della “caccia” la guardò negli occhi e la risata gli si spense
subito.
“Quegli occhi”
pensò. Quante volte, prima di abbracciare il culto di Jashin, aveva avuto lui stesso quell’angoscia e quel dolore nascosti negli occhi?
La lasciò di scatto ed ebbe una smorfia. «Basta
giocare. Tu non hai sentito nulla dei nostri piani e non hai fatto altro che
scappare per tutto il tempo, non ho motivo di farti alcunché. Vattene prima che
cambi idea» sbottò con disapprovazione.
«Hidan, il Leader non sarà d’accordo» borbottò l’altro uomo
con l’aria di chi trova una situazione mortalmente noiosa.
Hidan aprì bocca per ribattere qualcosa di decisamente
volgare, ma fu distratto da un mormorio confuso di Hinata.
«Non è vero che non ho fatto altro che scappare» ripeté a
voce leggermente più alta, negando a sé stessa l’ovvio.
«Ah no, dolcezza? E cos’avresti fatto,
di grazia?» domandò l’albino con scherno.
Lei abbassò lo sguardo, colpevole. Hidan continuò a parlare;
«tornatene a casa tua e se proprio ci tieni a dimostrare di non essere
un’incapace che non sa fare altro che scappare, allenati e vieni a cercarmi quando
crederai di essere al mio livello» decretò.
«Non sarò mai al tuo livello» ammise Hinata, pentendosi
subito di essersi lasciata sfuggire quello che avrebbe dovuto essere solo un
pensiero.
«Signorine, avete
finito la Telenovela?» domandò Kakuzu.
«Ma va a farti una sega e non rompere il cazzo» abbaiò
Hidan, prima di rivolgersi ad Hinata, «non sarai mai al mio livello se non ti
decidi a liberarti di ciò che causa quello
sguardo» disse. Scosse la testa, disgustato da quel discorso melenso, senza
capire da quale fottuto buco del culo gli fosse uscito.
La ragazza cadde in ginocchio. Se voleva liberarsi di tutto
ciò che le causava sofferenza, avrebbe dovuto lasciarsi alle spalle tutta la
sua vita fino a quel giorno; avrebbe dovuto dimenticare centinaia di persone,
primo tra tutti Hiashi Hyuuga.
Nel pensare a quell’uomo le salì subito alla gola un fiotto
di bile che riuscì, non capì nemmeno lei in che modo, a ricacciare dov’era
venuto.
«Oppure potresti essere tu ad
insegnarmi ad essere forte. Seguendo il tuo ragionamento dovrei lasciarmi alle
spalle l’intera Konoha» azzardò.
Il traditore la
squadrò diversi secondi, valutandola. Era evidente che aveva in sé abbastanza
rancore per diventare una perfetta macchina da guerra
programmata per distruggere la Foglia.
«Forse si può fare. Tra quattro giorni esatti
trovati esattamente in questo luogo; per quanto riguarda ora… be’, buona notte».
«Buona notte?»
domandò, non riuscendo a capire. Tutto le fu chiaro, nel limite del possibile,
quando sentì una botta alla nuca ed i sensi abbandonarla.