Ciao a tutti!!! Volevo ringraziare tutte le persone che mi
hanno recensito, in questi primi due mesi di… diciamo associazione!!! Mi sono
iscritta esattamente due mesi fa… meno un giorno. Già, mi sono scritta il
22/08/2005 per è quasi una festa, un mesiversario!!!
Per festeggiare e
rispondere alle persone che mi hanno chiesto una storia a più capitoli su Harry
ed Hermione.
Bhè… eccomi qui! (mi spiegate come si scrive bhè?
Insomma: bè? Bé? Bhé? bhè? Insomma chiaritemi questo dubbio atroce!!!!)
Ma prima di cominciare volevo chiedervi, con questo capitolo
,un favore.
IMPORTANTE
!!!!!!!
Questa storia prima di pubblicarla non l’ho
finita, non ho ancora il finale, e non ne ho la più pallida idea. Ma mi piace
troppo per rimanere nel computer!!! Mi piace come idea
ma francamente sento che non sta andando come volevo, ora non si capirà, ma
andando avanti vi sarà più chiaro ciò che sto per dirvi: io volevo più presente
e meno passato, ma la storia del passato mi ha preso troppo.
Così vi volevo chiedere di fare un esperimento. Io spero con
tutto il cuore di riuscire a finirla, ma non so se ci riuscirò. Per questo
volevo avvertirvi. Se mai io non riuscissi a finire e mi impuntassi
gradirei da voi dei consigli, e se proprio alla fine non riuscissi accetterei
dei capitoli scritti da voi. So che può sembrare stupido, ma io odio le starei senza un finale e trovarmi nella situazione di
fornire ai lettori storie così mi fa impazzire. Perciò…
se non riuscissi… mi aiutereste? Potrebbe diventare una bella sfida!!! Insomma, se foste tanti io sceglierei quello che di più
combacia con la mia idea!! Okay, sto correndo magari la finirò io e tutto
questo pezzo sarebbe inutile.
Ora bando alle ciance ed ecco a voi il primo capitolo, se
volete che la interrompa lo farò!!!
Penso che sia ovvio che io gradirei il vostro parere!!!
Era disteso placidamente sul suo letto, depresso. Non aveva
niente da fare e non c’era niente che lui volesse fare… a parte… no, non voleva
neanche pensare.
Pensare avrebbe significato
soffrire… e ora non era quello lo scopo della sua vita; anche se fino ad allora non aveva praticamente fatto altro. Com’era
interessante il soffitto; o la lampada del comodino… o il comodino stesso. Mai
aveva trovato un semplice comodino così interessante.
Ma in realtà i suoi pensieri non
erano tutti per quel maledetto comodino.
Neanche uno era per il povero maledetto comodino… neanche
uno.
Erano tutti per una maledetta stanza, per un maledetto velo
nero, per delle maledette voci, per dei maledetti momenti, per dei maledetti
mangiamorte, per della maledetta stupidità, per quel maledetto momento in cui
lui, Harry James Potter, aveva perso l’unica famiglia che aveva mai avuto da 15
anni a questa parte.
Erano per quell’unica persona che
di più aveva fatto da padre per il ragazzo, e anche se lo aveva avuto per poco, il bene che gli voleva era infinito e aver perso
anche lui era semplicemente troppo. Troppo per un ragazzo di sedici anni
appena, troppo per un ragazzo che non aveva mai avuto una vera famiglia, troppo
per una persona che aveva dovuto rinunciare agli affetti, troppo per uno che
ora lo sapeva sarebbe stato sempre un pericolo per gli altri.
Perché lui non erano un normale
ragazzo di sedici anni; né nel mondo babbano dove lui
era un teppista e per di più un mago; né nel mondo magico, dove lui era il
famoso Harry Potter… che era destinato a morire a causa di Voldemort o a
ucciderlo .
Lui era quasi certo di non uscire vincitore dalla lotta, e
la cosa di per sé non lo turbava più di tanto; forse perché sembrava mancare
ancora del tempo prima che fosse necessario
combattere, forse perché orami era come vuoto, tutto gli era stato strappato
via da mani crudeli e senza scrupoli.
No, la cosa che più lo agitava e che la profezia diceva che
solo lui possedeva il potere in grado di sconfiggere l’oscuro signore… e che
probabilmente se lui non fosse sopravvissuto la
comunità magica e non … sarebbe stata spacciata.
Forse la si potrebbe definire
superbia, ma non era lui che lo diceva, era la profezia, che fino ad allora
,purtroppo era compiuta.
Ma la profezia non diceva che lui,
Harry, sarebbe morto… si diceva spesso il ragazzo… ma era un fatto implicito,
come avrebbe fatto lui, un mago alle prime armi a confrontarsi con il mago
oscuro più potente di tutti i tempi?
Impossibile, non era per essere egoisti
ma semplicemente sapeva che era impossibile.
Ogni sua aspirazione andava a farsi friggere, ogni suo
sforzo era praticamente incentrato sullo sconfiggere
Voldemort, per la speranza di sopravvivere.
E anche se fosse sopravvissuto…
cosa avrebbe fatto dopo? La sua vita non aveva senso senza Voldemort… sembra una cosa orribile a dirsi ma una persona depressa
potrebbe fare questo ed altro.
Perché depressa allora? Insomma… se
davvero non gli importava di morire perché era depresso?
Bella domanda, davvero. E ancora
Harry non aveva una risposta decente.
Dopo due mesi passati a fissare un maledetto comodino…
Quando un gufo picchettando piano
sulla finestra svegliando Harry che si era assopito era già sera.
Aprì la finestra e lasciò entrare la sua cara civetta
bianca…
- Edvige! Non mettere quel topo morto sul mio letto!- intimò
al volatile candido, che saltò giù dal letto e lo portò nella sua gabbia.
- brava…-
Il ragazzo si distese ancora sul letto
sprofondando presto nella sua apatia, ma Edvige da brava amica andò a
stuzzicarlo per farsi accarezzare…
Il moretto passava le sue giornate in uno stato di apparente torpore per poi riscuotersi all’ora di pranzo,
sprofondare ancora e poi cenare, infine passeggiare tra le vie, dopodiché
ricadeva nella trappola del letto. Che divertimento
eh?
Riscuotendosi dai suoi pensieri si alzò a sedere e lanciò
un’occhiata all’orologio da parete rosso.
Era tardissimo, era in ritardo per la cena… ma non c’era
problema, non per i Dursley.
Passandosi una mano tra i capelli scese le
scale e fece il suo ingresso in sala da pranzo, dove nessuno parve farci caso.
Dopo alcuni minuti Vernon
schiarendosi la voce chiese timidamente - allora ragazzo…hai spedito la lettera
hai tuoi… simili?-
Harry sogghignò rispondendo negativamente.
Lo zio colto di sorpresa - perché?-
- perché non sto bene, e quindi non
capisco perché dovrei sprecare pergamena per dire ciò che possono capire da
soli.-
- ma…ma…- Harry amava metterlo in
difficoltà, ultimamente questo gli riusciva particolarmente bene. In
realtà aveva spedito la lettera in cui diceva che andava tutto bene il giorno prima e aveva pensato spesso a fare in questo modo
ma aveva sempre evitato di mettere in allarme tutto l’ordine per una
stupidaggine.
- ma… ascoltami bene ragazzo. Se non vuoi che ti rompa l’osso del collo vedi di…-era rosso
color mattone ma Petunia gli aveva posato una mano sul braccio.
- basta così Vernon Harry dopo
cena va in camera sua e scrive una bella lettera ai suoi strampalati amici.-
poi con tono minaccioso aggiunse :-VERO?-
il ragazzo sospirò rassegnato, come
gli era venuto in mente di fare una cosa del genere, come gli era venuta
improvvisamente voglia di tartassarsi le orecchie con frasi di quel genere?
Stava proprio impazzendo!
Finì di mangiare quella che sembrava una zuppa vegetale e
mogio si alzò da tavola, salì al piano superiore per non far arrabbiare gli zii
e poi dopo alcuni minuti uscì dalla porta principale.
La strada, di notte, molto più bella. Desiderava più di ogni altra cosa tornare ad Hogwarts,
o alla tana. L’unico luogo dove NON voleva assolutamente andare era Grimmauld place, ma invece
sarebbe andato sicuramente lì, era inevitabile.
Non sapeva nemmeno se voleva rivedere i suoi amici, che gli
mandavano lettere per consolarlo per la perdita di sirius,
ma non sapevano, non sapevano niente della profezia. E
Harry non voleva dirglielo. Perché? Un’altra risposta
che il comodino non aveva suggerito…
Ma forse questa volta la risposta
l’aveva sempre avuta… probabilmente, rifletteva, era perché non voleva
ulteriormente sentirsi diverso, non era MAI stato come gli altri, mai… ma ora
era tutto accentuato, tutto si era moltiplicato a dismisura… e lui non sapeva
che fare, tutto questo lo spaventava… ora era veramente solo.
Verso le undici di sera si decise a tornare, la sua
passeggiata per non perdere l’uso delle gambe l’aveva fatta, ora poteva
tornarsi a concentrare sul maledetto comodino.
Il giorno seguente petunia propose per colazione un
bicchiere di latte e un’arancia…peccato che Harry detestasse
il latte… e la minuscola arancia che petunia gli aveva rifilato non poteva di
certo bastare a farlo sopravvivere per tutta la mattinata! Fortunatamente gli
amici volevano bene ad Harry e tenevano al fatto che
non morisse di fame. Salì al piano superiore ed entrò in camera chiudendosi la
porta alle spalle. Avvicinandosi al letto si accorse che un’asse del parquet
scricchiolava. Si chinò, era in quel modo che qualche anno prima aveva trovato
l’asse mobile dove ora nascondeva le sue personali
provviste estive. Posò una mano sul legno che si abbassò lentamente cigolando,
il ragazzo provò ad alzare le mano e provare a
sollevare l’asse; chissà che avesse potuto nascondere qualcosa anche lì.
Dopo alcuni minuti riuscì a sollevare l’asse ma lo spazio
non era utilizzabile… ma solo perché già occupato.
Harry guardò incuriosito la scatola impolverata; doveva
essere molto vecchia o almeno di una o due generazioni
prima. Dovevano averla lasciata lì alcuni precedenti
inquilini.
Facendo forza su un lato riuscì a toglierla di lì, si
sedette incrociando le gambe e poggiò la scatola sulle gambe.
Incuriosito cercò di togliere la polvere con una mano…
questo gesto gli ricordava qualcosa… ma cosa proprio non lo sapeva. Gli vennero
in mente alcune parole di una canzone.. diceva più o
meno così “faccio sogni che non ricordo mai, ma che ritrovo sulla polvere… di
quei momenti che ti fanno sorridere…” già, quelle parole erano adatte.
Riaffiorò un disegno sbiadito dal tempo; era una scatola di latta con un
disegno riguardante… il cuore di Harry ebbe un sussulto per la sorpresa.
C’era disegnato un boccino in primo piano con una mano che
da dietro era sul punto di stringersi attorno a lui.
Non poteva essere… era lui l’unico mago che aveva vissuto
lì… e in fondo aveva ragione…ma non nel senso in cui intendeva lui…
Era distesa placidamente sul suo letto, pensosa. Aveva da
fare mucchi di compiti ma il suo corpo non ne voleva sapere di muoversi.
Dopotutto finalmente aveva un altro interesse oltre la
scuola: il soffitto…e la mobilia della stanza.
Già, quella bella ragazza stava sprecando la sua mattinata a
fissare apaticamente la lampada sul comodino… e il comodino.
Un comodino alquanto antipatico, sosteneva lei da piccina; visto che più di una volta cadendo dal letto aveva sbattuto
la testa su uno dei suoi spigoli.
Cadeva spesso dal letto da piccola… chissà perché?
Comunque ora non era così depressa
a causa del rancore verso il comodino… no.
L’anno passato le aveva fatto
cambiare idea sulle sue priorità… e questo era sconvolgente.
Lei, Lily Evans, una delle
migliori streghe di Hogwarts ora… rinunciava ai suoi
amati compiti ma ancora di più quell’anno aveva
definitivamente detto addio alla spilla di caposcuola.
Cioè, non che glielo avessero detto
in via ufficiale… ma era implicito, dopo quello che aveva fatto.
Aveva ormai la fedina penale compromessa, per sempre.
Si era sentita sempre sola, era l’unica ad essere così
impegnata a cercare di compiacere i suoi insegnanti che non aveva
una vita sociale. Certo, le amiche fioccavano, essendo
una brava studentessa e anche bella tutte volevano anche loro un posto tra le
brave della scuole, e farsi benvolere dei prof, e non di meno conto… Lily era
una bellissima ragazza, corteggiata… in particolar modo da un membro del gruppo
dei belli della scuola, i migliori.
E ora lei aveva la testa in confusione, dove tutte le
certezze che aveva, vacillavano sotto il peso del mondo, lo stesso mondo che le
era caduto addosso due mesi prima. Due
mesi prima quando aveva ceduto, quando aveva mandato in malora ben sei
anni di lavoro … in quei pochi momenti dove Lily Evans
si era lasciata andare, in quell’unico istante dove
aveva abbassato la guardia e tutto le era stato strappato via… era una ragazza
fragile, nonostante l’apparenza. Si dimostrava decisa e sicura ma in fondo non
sapeva nemmeno chi era quella ragazza che sapeva tutto quando i prof ponevano
quesiti apparentemente irrisolvibili … era una sconosciuta in fondo.
Due mesi prima in quello strano ma piacevole momento, quando
invece tutto le si era ritorto contro… Quando le sue
difese erano crollate… quando aveva capito di sbagliare tutto, quando aveva
capito che stava facendo il più grande errore della sua vita… quando un ragazzo
l’aveva fatta ragionare… quando un ragazzo l’aveva praticamente aggredita per
le sue scelte… quando un ragazza l’aveva consolata, benché deluso ed
amareggiato… quando lei aveva capito…
Scese dal letto piano, facendolo cigolare; si sedette vicino
ai piedi dello stesso, incrociando le gambe e tastò il pavimento cigolante, fin
quando un’asse si abbassò leggermente… allora la sollevò usando le unghie e
prese una scatola di latta …
Piano sollevò il coperchio, trattenendo il fiato…
La scatola era piena di fogli e oggettini, sembravano
ricordi, di quelli segreti che nessuno vuole dimenticare, quelle piccole cose
che alla fine si dimenticano… quelle piccole cose che alla fine ci si rende
conto siano parte di un’epoca… certe piccole cose che appartengono ad un
momento della vita e che prima o poi bisogna lasciarsi
alle spalle…
Con mani tremanti prese il primo, anch’esso impolverato,
foglio…di pergamena.
10 agosto 1980
Noia mortale, come al solito…
Questo stupido quaderno si è rotto e
ho dovuto mettere questo altrettanto stupido”diario di bordo” dentro
la scatola di latta.
Che finora ha conservato alcuni miei
oggetti…
Comunque non sono qui per raccontarti
le tue disgrazie ma le mie.
Oggi è stata una giornata molto dura
,come al solito prima di alzarmi sono stata assalita dai miei stupidi dubbi.
Di quei dubbi che mi colgono tutti i
santi giorni…
Che monotonia…
Comunque ora so che mi sto prendendo
in giro anche se a pensarci bene questo lo so da sempre
Ma non me lo sono mai ammessa… e
pensandoci meglio ancora mi rendo conto che da tempo che sono cambiata senza
rendermene conto … insomma io non ho mai badato ai ragazzi, no?
Nella mia vita sono sempre stati importanti
lo studio… basta.
Per avere un futuro migliore… ma
tanto a cosa serve? A cosa serve avere un futuro migliore se vissuto in
solitudine?
Insomma… tutto inutile, una vita
sprecata.
E questo anno l’avevo
involontariamente capito e mi sono data da fare…
Ti ricordi di quel ragazzo di cui ti
avevo scritto , no? Quella è stata la mia rivalsa… ma la vendetta si sa
non porta a nulla… e, infatti, avevo sbagliato tutto… ancora
Avevo capito, quella sera dopo che
quel rompiscatole ma l’aveva fatto notare, ma come mi era venuto in mente
di fare una cosa del genere! Ma insomma, ripensandoci mi mette i brividi…
ero praticamente impazzita. Era bastato poco per dimenticare quello che credevo
di provare per lui, e ora penso che ho imparato a distinguere l’amore
dalla voglia di evadere… e non si come io abbia potuto sbagliare così
clamorosamente … insomma tutti sanno che differenza c’è…
Va bene ti saluto prima che a mia
sorella venga una crisi esistenziale e mi strozzi per visto che per colpa mia
ha dovuto mangiare la mia fetta di pompelmo.. sai è ancora fissate con quella
sua orrenda dieta, e dice che dovrei seguirla anche io… ma io sto bene
così, secondo me.
continua…
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