Luce nell’oscurità
Paura.
Stato
in cui un uomo è preso da sentimenti potenti e profondi,
sentimenti in grado di destabilizzarlo, renderlo succube dei suoi
incubi peggiori. Peccato che io non sono un uomo. Impossibile per un
vampiro provare paura, perché egli è indistruttibile, al
di sopra della morte stessa, tanto temuta dagli uomini, ma cercata da
me stesso fino a qualche ora fa’. Credevo di aver perso la stella
che illumina il mio cammino su questa terra, invece ora è qui
tra le mie braccia, fredde e dure come il marmo.
Ancora
una volta, il pericolo, insieme alla morte, è venuto a bussare
alla sua porta, e lei senza esitazioni l’ha aperta con coraggio,
quel coraggio che mi è mancato quando le ho detto addio. Tra i
due, il meno coraggioso sono io. Io non avrei mai retto a tutto questo.
È unica, e ha lottato per salvare entrambi. Cosa ho fatto per meritarmi questo essere puro e forte d’animo? Ho ucciso, rubato, mentito, eppure lei è qui.
Con me.
Se avessi saputo prima che con la mia partenza avrei scatenato tutto questo, non l’avrei mai abbandonata.
Abbandonata…
Che
stupido che sono stato. Credere che la sua sfortuna sia una conseguenza
del nostro stare insieme. Anche senza di me ha rischiato la vita
diverse volte. Forse ancor di più di quando le sono stato
affianco. La mente di Alice mi ha mostrato molte cose che mi hanno
ferito nel profondo, soprattutto il momento in cui lei torna a casa
dopo il tuffo dalla scogliera; un volto sciupato, stanco ed affaticato,
più bianco della mia pelle, quasi trasparente. Un volto che non
deriva da quel tuffo, ma dalla mia lontananza. Un volto che i miei
familiari e gli stessi Volturi hanno visto in me, quando ho saputo che
non era più in questo mondo.
Ora
sono in pace, nonostante la sete mi divori. Io non sento più il
mostro dentro di me, sono riuscito a sconfiggerlo. Dovevo affrontare
questa prova estrema, questo dolore che mi ha lacerato dentro,
affinché superassi il desiderio che ho del suo sangue. Ho vinto,
e ne sono soddisfatto. Ma c’è un dubbio che mi assale. Solo lei può liberarmi da questo oblio. Devo sapere se ho ancora una flebile speranza che lei possa perdonarmi per quello che le ho fatto.
Ho giurato a me stesso tempo fa’ che non le avrei fatto
più del male, ma l’ho ferita dentro. Non si tratta di
ferite fisiche quelle che le ho inflitto, ma ferite dell’anima
che non posso curare come quella che si è procurata alla sua
festa. Sono ferite che nonostante il tempo, non guariranno facilmente,
e le uniche cose che le posso offrire per il momento, sono le mie
scuse. Non saranno molto, ma spero che lei possa darmi una seconda
possibilità per farle capire che ormai non esiste più un
mostro a separarci, il mio mostro, e nemmeno la mia natura.
Finché lei vivrà, io vivrò, se mi vorrà al
suo fianco starò con lei, finché il suo cuore
batterà ancora. Appena avrò la possibilità, la
raggiungerò ovunque sarà. Ma non la trasformerò
per il mio egoismo, non posso farle questo. Per il momento siamo
insieme, e mi godo quest’istante con te in braccio, alle porte
dell’inferno in cui ti ho trascinato.
Siamo
qui nella sala d’aspetto di questo palazzo, testimone di grandi
atrocità: gente in massa a cui è stata sottratta la vita
solo per soddisfare questi mostri che non sono in grado di tenere
chiusa la loro malvagità. Esseri che sicuramente erano malvagi
quando erano ancora umani.
«Aspettate che faccia buio» e se ne va.
Demetri
ci ha condotti fuori dalla sala principale e adesso insieme a Bella ed
Alice, aspetto il tramonto, così da lasciare queste mura che
trasudano di morte. Destino che voglio evitare per il momento, dopo
averla ritrovata.
I
pensieri di Gianna, la segretaria dei Volturi, mi arrivano come un
altro colpo di frusta, ricordandomi del mostro che rappresento. Fissa
la mantella grigia che indosso. Vorrebbe essere al mio posto, indossare
quella mantella ed essere immune alla morte. Solo
l’immortalità le interessa, non capisce che oltre a questo
diventerà un’assassina. Che pensieri sciocchi, ma
d’altronde è questo ciò che desidera ogni essere
umano. Ma la mia mente è concentrata sulla salute di Bella, che
in questo momento è pallida e tremante. Tutta colpa mia.
«Stai
bene?» le chiedo in un sussurro. La mia voce è piena di
angoscia e timore, non sopporto di doverla vedere in questo
stato. Sono io, solo io a dover soffrire per tutto.
«Falla
sedere prima che crolli… è a pezzi» la voce di
Alice mi riscuote dai miei pensieri melodrammatici che fanno parte del
mio carattere. Un sibilo, simile a quello di un serpente, esce dalle
labbra di Bella. Un sibilo di paura.
«Sssh,
Bella, sssh» la faccio accomodare al mio fianco, lontano da
quella donna infida. I suoi pensieri mi infastidiscono.
«Penso
sia una crisi isterica. Prova con uno schiaffo» ancora una volta,
Alice riporta l’attenzione su Bella. Quello che mi ha detto mi fa
male solo a pensarlo. Darle uno schiaffo, ma è impazzita! Non
potrei mai darle uno schiaffo, farei del male anche a me. È un
pensiero inconcepibile. Quella pazza di mia sorella!
«Va
tutto bene, sei al sicuro, va tutto bene» le dico. La prendo in
braccio e cerco di coprirla con la mia mantella, anche se non vorrei.
C’è ancora addosso l’odore di Felix, e questo mi fa
arrabbiare. Non voglio che lei abbia un qualche legame con loro, voglio
dimenticarli per quanto sia possibile.
«Tutta
quella gente» la sua voce, per quanto sia terrorizzata, è
come un balsamo per le mie orecchie. L’unica voce che vorrei
ascoltare per sempre.
«Lo
so» non avrei voluto che assistesse a quella prova di
malvagità. Non ho potuto evitarle di sentire le urla strazianti
di quelle persone; avrebbero messo paura a chiunque. Forse adesso
avrebbe capito il vero pericolo che corre stando al mio fianco, e mi
lascerà. Non devo pensarci ora. Per adesso sono con lei, la
riporterò a casa, e sarà lei a decidere di un possibile
futuro insieme.
«È orribile» finalmente hai capito, amore mio.
«Certo che lo è. Speravo non ti toccasse assistere» ancora mia la colpa. Perdonami, se puoi.
La sento poggiare la testa sul mio petto e scacciare quelle lacrime che
non è riuscita a fermare. Intanto la donna si avvicina con
sguardo preoccupato. Peccato che sia tutta scena, è il suo ruolo
che richiede la sua professionalità in ogni momento, non lo fa
perché teme per la salute di Bella.
«Posso
esservi utile?» non mi sorprendo del fatto che non avverto paura
in lei standomi vicina. È abituata a stare con loro, per cui io
sono innocuo se sto a stretto contatto con Bella.
«No» con tono freddo la congedo e lei riprende la sua postazione.
«Sa cosa succede qui?» ovvio che lo sa.
«Sì, sa tutto»
«Sa che un giorno la uccideranno?»
«Sa che è una possibilità» riesci a capire fino a che punto si spinge la stupidità umana? La
sua espressione sorpresa mi fa capire che non ha capito cosa pensa di
ottenere. Strano, lei fino a poco tempo fa’ voleva la stessa cosa.
«Spera che decidano di tenerla con loro»
«Vuole diventare come loro?» ed impallidisce. Tu, invece? Cosa volevi diventare a settembre?Annuisco e le lancio un’occhiataccia, per farle capire che diventare un mostro non è una cosa di cui andarne fieri.
«Com’è
possibile? Trascinano intere comitive in quella stanza terribile e lei
vuole unirsi a loro?» non rispondo, ma devo aver fatto una
smorfia. Lei crede che i mostri siano solo loro, io sono diverso.
Anch’io ho ucciso. Perché continua a vederci in maniera
diversa? Anche lei ha rischiato restandomi accanto. Restiamo a fissarci
per un tempo che a me sembra infinito, troppo tempo divisi. Devo
recuperare, il tempo cambia le persone anche se di poco, ma non voglio
perdermi nulla.
«Oh, Edward» e ricomincia a piangere. Non sopporto vederla piangere, mi sento soffocare.
«Cosa
c’è?» e di nuovo l’ansia mi assale. Comincio
ad accarezzarla per cercare di calmarla. Si aggrappa alle mie spalle e
mi dice:
«È
davvero così assurdo che mi senta felice in questo
momento?» a quelle parole il mio cuore, per quanto morto, torna a
vivere. La sua felicità è la mia, solo più forte,
perché l’amo immensamente. La stringo più forte a
me.
«Capisco
esattamente cosa intendi… abbiamo tanti motivi per essere
felici. Prima di tutto, siamo vivi» questo è il mio primo
pensiero. Saperla viva e al sicuro.
«Sì. È già qualcosa» per me è tutto.
«E
siamo insieme» altra cosa importante. Non mi sarei più
allontanato da lei. Anche se mi avesse rifiutato, avrei vegliato su di
lei nell’oscurità. Annuisce alle mie ultime parole senza
rispondere, come se le mie parole l’avessero infastidita.
«E con un po’ di fortuna, saremo vivi anche domani»
«Speriamo» dice con voce incerta.
«Le
prospettive sono piuttosto rosee… tra meno di
ventiquattr’ore rivedrò Jasper» esclama soddisfatta
Alice. Mi dispiace che per colpa mia ha rischiato di farsi uccidere.
Adesso anche lei è nel mirino dei Volturi: Aro non si arrende
facilmente, e lei lo ha capito.
Non
riesco a non guardare il suo viso: è così bella, non mi
sarei mai stancato di guardarla. Ad un certo punto alza la mano e con
le dita sfiora le mie occhiaie e notando la sua stanchezza, le dico:
«Sembri davvero stanca»
«E tu assetato» osservando i miei occhi scuri come la notte. Stringo le spalle.
«Non è niente» ed è vero. Non m’importa della sete, posso attendere.
«Sei sicuro? Se vuoi mi siedo accanto ad Alice»
«Non
essere ridicola… non sono mai stato così padrone di quel
lato della mia personalità come in questo momento» dico
accostando il viso al suo. Mentre la osservo decido, insieme ad Alice,
come lasciare la città. Lei sarebbe uscita e avrebbe rubato
un’auto che ci avrebbe permesso di lasciare la città
indisturbati.
«Cos’era quel discorso sulle cantanti?» mi chiede Alice.
«La tua cantante» dico con tono melodioso.
«Esatto»
«È
il nome che danno a chi scatena l’effetto che fa a me il profumo
di Bella. L’hanno chiamata la mia “cantante”,
perché il suo sangue canta per me» e lei ride. La mia cantante,
un nome appropriato per la mia musa, la mia luce
nell’oscurità. Ogni tanto la bacio in ogni parte del viso,
tranne sulle labbra. Devo aspettare e sperare nel suo perdono.
Dopo un po’ di tempo arriva Alec con il suo tipico atteggiamento pacato, ereditato dagli insegnamenti di Marcus.
«Ora
siete liberi di andarvene… vi chiediamo soltanto di non
trattenervi in città» ci tengono tantissimo a questa
città, o forse è meglio dire che tengono di più
all’anonimato?
Con
freddezza, gli rispondo: «Non sarà un problema»
sorride in modo antipatico, e se ne va. Poi la voce di Gianna ci
comunica:
«Seguite
il corridoio dietro l’angolo a destra e prendete il primo
ascensore… l’ingresso è due piani più in
basso, sulla strada. Arrivederci» Alice le lancia
un’occhiataccia, offesa. Sa benissimo come uscire. È una
vampira veggente, la strada la saprebbe comunque. E così usciamo
finalmente da lì. La città è immersa nel buio
della notte, così possiamo passare inosservati, ma non posso
fare a meno di notare la festa e i mantelli rossi che la caratterizzano.
«Ridicolo»
appena noto degli esseri umani con canini di plastica. Non sanno che la
loro città ospita quelli più spaventosi e antichi.
«Dov’è Alice?»
«È andata a riprendere le tue cose dove le ha nascoste stamattina»
«Ruberà anche una macchina?» non mi sorprende più la sua onestà, perciò sorrido.
«Non
finché non saremo usciti» mi accorgo di quanto sia sfinita
e la sorreggo. La conduco verso la macchina che Alice ha
“momentaneamente” acquistato, e mi siedo nel sedile
posteriore con lei stretta al mio fianco.
«Mi dispiace… non avevo molta scelta»
«Va
bene lo stesso, Alice… non si può sempre avere una 911
Turbo» e sorrido. Le piace davvero quella macchina.
«Penso che me ne procurerò una legalmente. Era favolosa»
«Te la regalo per Natale» questo è il minimo che posso fare. Ci ha salvato la vita ad entrambi.
«Gialla» dice sorridendo. Mi volto verso Bella.
«Ora
puoi dormire, Bella… è finita» di questo, ne sono
sicuro. I Volturi non verranno a cercarci molto presto, ma in ogni caso
l’avrei nascosta a loro.
«Non voglio dormire. Non sono stanca» sempre testarda, proprio come me. Premo le labbra contro il suo orecchio.
«Provaci» scuote la testa.
«Sei
sempre la solita testarda» e per tutto il tragitto verso
l’aeroporto di Firenze resta sveglia, lottando contro la
stanchezza. Sull’aereo ordina una Coca, sapendo che lei tollera
poco questa bibita, la rimprovero.
«Bella»
«Non
voglio dormire… se chiudo gli occhi, vedrò cose che non
vorrei vedere. Avrò gli incubi» si riferisce alle persone
uccise per soddisfare la sete di quei mostri. A queste parole non so
cosa rispondere e resto in silenzio. Riuscirà mai a perdonarmi
per tutto il male che le ho fatto?
All’aeroporto
di Seattle, ad attenderci, ci sono i miei familiari. Tutti i loro
pensieri sono rivolti a noi. Ci sono Esme, Carlisle e Jasper.
Jasper
rasenta la felicità estrema. Alice gli corre incontro e appena
raggiunto, restano a guardarsi intensamente. Anch’io l’ho
fatto con Bella. Il loro amore è simile al nostro: un amore
senza confini.
In Esme avverto gioia e sollievo. Ho ritrovato mio figlio.
Questo, la sua mente ripete. Un figlio che non ha esitato a togliersi
la vita, non curandosi dei suoi sentimenti, né di quelli di
Carlisle. Non merito il loro amore, troppo grande e profondo. Mia madre
abbraccia Bella. Se potesse, si metterebbe a piangere.
«Grazie, davvero» e poi abbraccia me.
«Non osare mai più infliggermi una pena simile» mi dice in tono furioso e tremante.
«Scusa, mamma» e sorrido per scusarmi.
«Grazie,
Bella… ti siamo debitori» scusami Carlisle. Sei stato la
mia luce prima dell’arrivo di Bella, e adesso ti faccio questo.
«Macché» ormai non ragiona più.
«Dorme
in piedi… riportiamola a casa» insieme ad Esme la sorreggo
e la conduco verso il posteggio dove trovo Emmett e Rosalie ad
attenderci. Sento i pensieri di quest’ultima: solo rimorso
alberga nella sua mente. Esme, avvertendo la mia tensione, intercede
per lei.
«Per favore, no… è distrutta» odia vedere i suoi figli litigare, vuole una famiglia unita.
«Ben
le sta» per colpa sua, oltre me, avrebbero rischiato anche Bella
ed Alice. Il dolore che ho provato quando mi aveva detto quelle parole
è stato impresso nella mia mente, come un marchio. Un amore in
cui lei non ha creduto fin dal primo istante, perché troppo
egoista per accorgersene.
«Non è colpa sua» perché difendi anche lei, Bella?
«Concedile la possibilità di scusarsi… noi andiamo con Alice e Jasper» non è tempo diconcessioni, mamma. Deve capire che il mondo non ruota intorno a lei e al suo egoismo.
«Per
favore, Edward» la voce di Bella mi fa desistere dal commettere
atti di cui poi mi pentirei, anche se fossero solo parole. Emetto un
sospiro e mi avvio con Bella verso l’auto.
«Edward» dice Rosalie con voce timorosa.
«Lo so» purtroppo la rabbia è tanta. Mi serve tempo per perdonarla.
«Bella?» vuole scusarsi anche con lei, anche se non cambia di molto l’opinione che ha di lei.
«Sì,
Rosalie?» dice con voce esitante. L’ha sempre temuta a
causa della sua bassa autostima che io ho contribuito, di certo, ad
abbassare notevolmente. Che stupido!
«Mi
dispiace tanto. Tutto questo mi ha fatto sentire malissimo, ti
ringrazio di cuore per il coraggio con cui hai salvato mio fratello
dopo ciò che ho combinato. Ti prego di perdonarmi, se
puoi» le sue scuse sono sincere, lo sento.
«Ma
certo, Rosalie… in fondo non è colpa tua. Sono stata io a
tuffarmi da quel maledetto scoglio. Certo che ti perdono» ormai
è stanca e non si rende conto nemmeno di quello che dice.
«Finché non torna lucida, non vale, Rose» dice ridendo Emmett.
«Sono lucida» vuole sempre averla vinta. Che testona, ma la amo anche per questo.
«Lasciala
dormire» e dopo le mie parole, finalmente sento il suo respiro
farsi regolare, segno che sta dormendo. Dopo un po’ di tempo,
arriviamo di fronte la casa del capo Swan, che appena riconosce la
macchina si precipita fuori.
«Bella!»
«Charlie» dice ancora mezza addormentata.
«Sssh… va tutto bene. Sei a casa, al sicuro. Ora dormi» le dico in un orecchio. Ha bisogno di dormire.
«Non
riesco a credere che tu abbia il coraggio di mettere piede qui»
mi urla suo padre. Nella sua mente si rincorrono immagini di Bella,
mentre io non c’ero. Immagini di un essere umano più
simile ad uno zombie. Cosa ti ho fatto, amore mio?
«Smettila, papà» solo io la sento.
«Cosa
le è successo?» e nella sua mente scorrono immagini di
vari tipi di incidenti in cui lei può incappare.
«È soltanto stanchissima… la lasci riposare»
«Non
osare darmi ordini! Ridammela. Toglile le mani di dosso» mi
merito tutti i suoi insulti. Ancora una volta l’ho deluso,
proprio come sua figlia. Ha paura che la riduca di nuovo in quello
stato. Non lo farò più. Cerco di passargliela, ma Bella
si aggrappa alla mia camicia.
«Smettila, papà… prenditela con me» di nuovo a proteggermi. Non merito tanto, amore mio.
«Puoi
starne certa… entra subito» leggo nella sua mente una
punizione simile agli arresti domiciliari. Qualunque cosa pur di
tenermi lontano da sua figlia. Per lui sono il male. Ha ragione, solo
sua figlia non ci crede.
«Va
bene. Lasciami andare» così l’aiuto ad alzarsi, ma
subito la riprendo prima che si schianti al suolo, troppo debole e
stanca per camminare.
«Lasci almeno che l’accompagni di sopra… poi me ne vado»
«No» urla Bella, di nuovo l’incubo del mio abbandono. Non andrò più via , Bella. Mi avvicino al suo orecchio e le sussurro:
«Non
sarò lontano» così la prendo in braccio e la porto
di sopra. La distendo sul suo letto e mi allontano, promettendo
un’altra volta a me stesso e a lei che sarei tornato. Molto
presto. Ho ritrovato la mia luce nell’oscurità più
profonda in cui sono caduto nei miei cento anni d’esistenza.