Capitolo Unico
Trent’un anni. Già
trent’un anni. Sorrido amaro, portandomi le gambe al petto,
seduto su questo letto, l’ennesimo nuovo letto,
d’albergo. Quante cose sono successe in trent’un
anni… quante cose sono cambiate in appena sette. Sette
anni… sette il numero magico, dicono. Sette anni che ti
conosco. Se non fosse stato per te, forse non sarei nemmeno qui.
Forse sarebbe meglio addormentarmi ora, penso
poggiando la testa sulle ginocchia, e svegliarmi fra un bel
po’. Fra qualche giorno. Quando finisce Settembre, dicono i
Green Day. Sì, un mese penso basti. Mi basterà
per riordinare le idee, scacciare tutti i pensieri che non dovrebbero
neanche fare capolino nella mia testa. In fondo, cosa mi manca? Ho un
lavoro. Una famiglia. Degli amici favolosi. Un po’ matti
sì, ma se non fosse così non li avrei scelti. Una
ragazza che mi ama. E poi ho te. Cosa sei tu? Fino a qualche tempo fa
ti avrei considerato semplicemente un mio amico. Il mio migliore amico.
E ora? Non lo so neppure io.
Un pesante bussare alla porta mi fa alzare la
testa di scatto, e tirare su in piedi. Sibilo un
“Avanti” sistemandomi i pantaloni sgualciti. Entri
con un grande sorriso, in mano un piccolo pacchetto incartato
maldestramente.
-Ehi- dici, avvicinandoti dopo aver chiuso la
porta.
-Sempre la tua solita delicatezza, eh Shanimal?-
scherzo, accennando al modo in cui hai bussato prima. Sembri
imbarazzato, ed infatti abbassi lo sguardo portandoti una mano alla
nuca.
-Scusa- mormori, facendomi sorridere. Sotto quella
coccia da uomo duro, Shanimal come lo chiamano tutti, si nasconde solo
Shannon. Un uomo di quarant’anni che è dovuto
crescere troppo in fretta per la sua età. Ho sempre pensato
che il tuo comportamento strambo alla tua età, sia dovuto
alla tua infanzia troppo breve. Sei stato costretto a comportarti da
adulto troppo in fretta. Ma dopotutto che ne so io, non sono uno
psicologo. Sono un chitarrista, violinista, cuoco. Ok, faccio troppe
cose…
-Buon compleanno- dici, distogliendomi di nuovo
dai miei pensieri sconclusionati. Mi porgi il pacchetto, incitandomi a
prenderlo. –Il pacchetto l’ha fatto Jared-
continua, quasi scusandosi –Io sono negato in questo genere
cose… ma non mi pare lui sia messo meglio. Forse facevo
prima a farlo da solo- rido, concordando con le sue parole. Stacco lo
scotch, rivelando una scatolina marrone, rimasta celata
fin’ora da quel rivestimento di carta blu. Alzo gli occhi su
i tuoi, che mi guardano incoraggianti. Apro la scatolina, trovandovi
dentro un plettro. Un nuovo plettro. È ancora lucido. Lo
prendo in mano, con quasi reverenza. Lo giro fra le mani, notando solo
ora una piccola inscrizione su uno dei lati. “T.
Milicevic, 3 Settembre 2010. HBD. S.L.”. Inarco le
sopracciglia, facendoti avvicinare. Prendi la
“penna” dalle mie mani, leggendo.
-Tomo Milicevic, 3 Settembre 2010. Happy B-Day.
Shannon Leto- sorridi, porgendomi nuovamente l’oggetto.
–L’ho visto un po’ di tempo fa- spieghi,
mentre mi rigiro quel piccolo triangolo di plastica incisa fra le mani.
–Ed ho pensato a te. Così tu e Jared la smetterete
di passarvi quel vecchio plettro. Ora hai il tuo personale. Con tanto
di nome e dedica- smetto di giocherellare con le dita, alzando gli
occhi.
-Grazie- dico, sincero. –Mi piace molto.
Sul serio è il più bel regalo che mi sia stato
fatto-
-Addirittura?- commenti, sorridendo. Annuisco,
sedendomi sul materasso, senza staccare gli occhi dal tuo regalo. -Ti
stavo per dire che se non ti piaceva, non potevi cambiarlo. Dovevi
tenertelo così- mi metto a ridere, dandoti una leggera
spinta con la spalla una volta che anche tu ti siedi vicino a me.
-Cosa ti fa pensare che lo avrei voluto cambiare?-
alzi le spalle, distendendoti poi all’indietro sulle lenzuola
fresche di bucato. –Non si riceve tutti i giorni un plettro
personalizzato. Credo di essere uno dei pochi ad averlo…-
non riesco a finire la frase, dato che tu mi afferri per un polso
facendomi cadere sdraiato accanto a te. O meglio, su di te.
-Shan… cosa…?- vengo interrotto da te
un’altra volta. Questa volta dalle tue labbra. Rimango
immobile per un attimo, prima di chiudere gli occhi ed abbandonarmi a
questo lieve contatto. Le tue mani grandi si posano sulla mia schiena,
mentre le mie sono schiacciate fra i nostri corpi attaccati. Ti
allontani dopo un po’, producendo un leggero schiocco quando
le nostre labbra si separano definitivamente. Mi guardi un
po’ spaesato, prima di incominciare a biascicare frasi
sconclusionate.
-Io… non… mi
dispiace… vado- dici alzandoti di fretta dal letto,
dirigendoti verso la porta. –Ancora auguri- sussurri prima di
lasciare la mia stanza, probabilmente andando a rintanarti nella tua.
Rimango immobile per qualche attimo, prima di scoppiare a ridere. Mi
accascio sulle coperte continuando a ridere, mentre il cuore batte
forte.
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