Il breve diario
di un
amico immaginario
(assurdità)
1.
24, 10, 200…
Che
dire di lui? E’ tutta la mia vita! Il nostro rapporto va
oltre l’intimità
comunemente intesa, sebbene non si spinga oltre il platonico. Ce la intendiamo, come direbbe una
qualsiasi umanità, e non cambierei la sua amicizia con
quella di nessun altro
al mondo. Lui mi è complementare, e poco importa che sia del
mio stesso sesso:
ci sono legami che vanno oltre al lato fisico e il nostro ne
è la prova quasi
scientifica – mi rendo conto, in effetti, che ciò
sia difficile da capire per
chiunque leggesse queste poche righe senza godere di un simile legame.
Comunque sia, ho sempre voglia di
parlare di lui – di quello che gli piace, delle sue
tristezze, di come sorride!
– e non esiste momento in cui, o per stanchezza fisica o per
stanchezza dello
spirito, potrei annoiarmi dilungandomi in questa attività
meravigliosa che, per
l’appunto, è il parlare di lui.
C’è da dire anzitutto che è un vero
piacere stargli
accanto perché sebbene sia pieno di virtù, come
dire?, di ottime qualità; ecco,
sebbene sia quasi perfetto,
è portato
per l’umiltà incredibile della sua natura
– e già questa è una bellissima
virtù: l’umiltà, no? –;
cioè, è portato, come dicevo, per questa
incredibile
umiltà che possiede, a parlare di sé in ogni
momento come di una persona comune
e piena di difetti. Ma non lasciatevi ingannare da lui! Vi basterebbe
assistere
ad un solo sorriso delle sue labbra per carpirlo
sotto la sua luce reale: è magnifico!, è unico!,
è il massimo di quello che
l’umanità ha sin’ora dato – e
badate bene che c’è stato Victor Hugo, e
c’è
stato pure Schindler, e via di questo passo una sfilza incredibile di
gente che
davvero s’è meritata la stima di tutti! Comunque
sia, lui è davvero unico, e
anzitutto perché pur sapendo che io sono immaginario, una
creazione della sua
mente – che non esisto, ecco –, si sforza di non
guarire, per compassione, e mi
cura come se fossi suo figlio, nonostante gli sguardi cupi dei genitori
e lo
sdegno di tutti gli altri familiari.
Ecco: in effetti il mio parere è un
po’ di parte, vista la cosa da questa prospettiva; ma che
altro potrei fare? Mi
rendo conto che sono un peso per lui.
Ma se lui guarisce muoio.
2.
15, 11, 200…
Oggi
è davvero un triste giorno: Victor si è
innamorato. Credo sarebbe bene studiare
la faccenda in maniera analitica, senza lasciare che il flusso dei miei
pensieri come al solito abbia la meglio sui miei propositi di mettere
in piedi
un discorso, come dire?, omogeneo e di facile accesso.
Ad ogni modo: Victor si è
innamorato. Cosa ci riserva il futuro?
1 – Può darsi che la storia abbia
subito da finire;
2 – Può darsi che duri poco;
3 – Può darsi che duri molto;
4 – Può darsi che non finisca mai .
(L’elenco
va letto usando ad ogni titolo un tono sempre più
melodrammatico; gli attori
sapranno benissimo mettere in atto questo consiglio.)
Bene. Partiamo dal primo punto: <<
Può darsi che la storia abbia subito da finire
>>.
E’ inutile, mi pare, che lo dica, ma
lo dico lo stesso: sarebbe per me la cosa ottimale, al momento, che
l’amore
avesse presto da sciogliersi. C’è un rischio, in
effetti, e si cela dietro la
possibilità per nulla fantomatica che nell’amore
Victor dimentichi quanto gli
fa piacere la mia compagnia, cioè quanto non gli fa specie
il sapersi “malato”
nella mente. Il rischio, per dirla chiaramente, è che lui
possa guarire. Sia
chiaro, non sono un mostro: non voglio
che lui non guarisca; ma ho a cuore semplicemente che io
continui a vivere – sempre che la mia possa chiamarsi vita
– ed
il fatto che vivo è strettamente connesso alla nevrosi del
caro Victor, cioè: fintanto
che lui rimane malato io, parto della sua nevrosi, rimango vivo
– mi pare
chiaro! Comunque, se la storiella amorosa dovesse finire domani
– ma che dico: finisse
oggi! –; se, dunque, la storiella dovesse terminare molto
presto, in un momento
che da ora non sarebbe inesatto definire “subito”,
se non “quasi subito”; se
ciò, appunto, dovesse accadere, il rischio che Victor
guarisca – e io muoia –
verrebbe subito frantumato, poiché non esisterebbe
più la possibilità che lui
provi nuove e forti emozioni che possano allontanarlo da me. Incrociamo
le
dita.
Di più. Andiamo al secondo punto:
<< Può darsi che duri poco >>.
Il punto potrebbe sembrare di poco
differente da quello affrontato poco prima ad un amico immaginario che,
a
differenza del sottoscritto, non fosse, come dire?, raffinato ed
elegante – ed io
sono sia elegante che raffinato, non per vantarmi! Comunque, la
differenza tra
una fine immediata della storia amorosa di Victor ed una fine
posticipata a
qualche settimana – al massimo a quattro settimane, per dire!
–; una fine,
dunque, che avvenisse in un momento che ora non potrei con piacere
definire “un
subito” avrebbe l’effetto disastroso di lasciare
nel cuore del caro Victor
quella nostalgia per le cose reali che hanno tutti i sognatori quando
si
svegliano, per un motivo o per un altro, dal loro sogno di coriandoli.
E cosa
mai potrebbe fare, il caro Victor, nel caso in cui dovesse trovarsi
nella
situazione in cui si rimpiangono le sensazioni vere
– i sentimenti amorosi! – e ci si accorge che il
proprio amico
immaginario è diventato un peso? Guarirebbe! Ma
“ai posteri l’ardua sentenza”.
E via. Andiamo al terzo punto:
<< Può darsi che duri molto >>.
Sto per arrivare alla fine di ogni
prospettiva di vita, al baratro! Ma prima, per fortuna, mi rimane da
ragionare
su questo meraviglioso punto che recita: <<
Può darsi che duri molto
>>. Perché mai meraviglioso?,
qualcuno potrebbe chiedermi. E la risposta sarebbe alquanto semplice,
ossia:
nel caso in cui l’amore tra Victor e quell’altra
dovesse durare a lungo ma
infine finire ci sarebbe comunque la speranza per me che io e Victor si
possa
tornare a stare spensierati come ai bei vecchi tempi senza preoccuparci
troppo
del fatto che non è affatto salutare che lui si ostini a non
liberarsi di me e
bla, bla, bla.
Potrebbe sembrare strano, in
effetti, che io abbia dimostrato ottimismo nell’affrontare il
punto Può darsi che duri molto
mentre sia
stato incredibilmente pessimista nell’analizzare quello del Può darsi che duri poco. Ma, a
dire il
vero – e se non si è capito questo paragrafo
è una vera e propria digressione –
la cosa è normalissima e sarebbe stato anzi da stupirsi se
avessi dimostrato
ottimismo nell’affrontare il secondo punto e pessimismo
nell’affrontare il
terzo – cioè il contrario. Questo
perché, come tutti ben sapranno, è istintuale
in noi esseri viventi voler trovare nelle difficoltà quelle
speranze che possono
vincere la paura della morte, pur trattandosi nella maggior parte dei
casi di una
fine metaforica; ed è naturale che, nel caso in cui le
circostanze lascino già
molto sperare in un futuro favorevole, la razionalità del
vivente voglia tenere
basse le aspettative, per non soffrire troppo nella delusione e gioire
da matti
nella realizzazione delle proprie migliori speranze. Ma forse sbaglio:
forse
sono tra i pochi a ragionare così.
Comunque sia, giungiamo al baratro, il
quarto punto, che recita: << Può darsi che non
finisca mai >>.
Mi pare chiaro che qui la mia fine
sarebbe quasi fisiologica.
S’è mai sentito di un sognatore che
sia rimasto sognatore dopo essersi innamorato? L’amore, per
quanto astratto,
riporta gli immaginativi alla realtà. Solo chi ne esce
fortissimamente deluso,
per il desiderio di trovare conforto, potrebbe avere il forte desiderio
di
immergersi nel sogno fantastico dell’immaginazione
– magari di nuovo.
Peccato che dopo l’amore siamo tutti
disillusi. E, badate bene: quest’ultima affermazione cancella
tutta la mia
elucubrazione di prima: pure il semplice
sorriso di una ragazza di cui Victor fosse innamorato potrebbe
strapparmelo di
dosso.
Volerei da qualche parte, lontano.
3.
25, 11, 200…
Svanendo.
Ho addosso il timore di quelli che
sono stati messi al muro e hanno sopportato l’infinita attesa
dell’ultimo
respiro. Come loro che morivano prima dell’arrivo della
raffica della
mitraglia, io ora già sto morendo!
La cosa peggiore è che la fatalità
abbia la maleducazione di prendersi tempo.
4.
26, 11, 200…
Perdendomi.
L’amore non è finito: prospera.
Victor ha la faccia tosta di
confidarmi i particolari della sua
intimità.
5.
27, 11, 200…
Ma
la cosa peggiore è non avere nessuno a cui poter affidare
questi miei confusi
pensieri.
6.
1, 12, 200…
E’
vita! Victor mi ha sbalordito! E chi l’avrebbe mai detto che
la tragica
situazione si sarebbe conclusa in questo modo? Oh, ma oggi
scriverò poco, che
ho tanto da vivere e non si può mica stare qui immobili a
scrivere i propri
pensieri quando si può affidarli al vento
affinché li porti in giro a
giocherellare!
Ebbene, pure la sua ragazza aveva un
amico immaginario, lei, la ragazza di Victor! E, badate bene, non era
propriamente un amico immaginario,
quanto piuttosto, come dire?, un’amica!
Lo sapete che il mio Victor ama la
sua ragazza al punto che quello che l’uno immagina ne gode
pure l’altro? Tra
loro v’è un’intimità
fortissima, unica, e si leggono direttamente nella
sostanza! E’ una cosa che non si può descrivere a
chi non ha mai goduto di un
simile qualcosa…
Comunque sia, c’è una piacevole
novità: questa amica immaginaria pare fatta apposta
affinché io la ami! Sono
pure io innamorato!
Oh, ecco che mi chiama! E’ lei, e
vuole che corra per i campi, scalzo, come le piace –
l’amica immaginaria!
Arrivo!,
inesistente,
fluttuante,
inebriante,
delicata,
ricciuta,
e remota Euphrasie…!
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