Questa storia
è il seguito di "Eroi
non si nasce, si diventa".
Per chi giustamente non si ricorda tutti i
dettagli, inserirò
sempre delle note alla fine di alcuni capitoli per ricordare qualcosa
che si riferisce alla storia precedente. Nel caso
dessi per scontato qualcosa e non lo scrivessi, chiedete e vi
sarà risposto!
Disclaimer:
i
personaggi di questa fanfiction appartengono a J.K. Rowling, tranne la
famiglia Queen e qualcun altro. Non scrivo a fini di lucro. L'immagine
l'ho creata utilizzando disegni altrui, che trovate a questi
link: dazzle-stock,
intoxicates--stock,
lindowyn-stock
e flordelys-stock (qui
e qui).
Ovviamente ho avuto il loro permesso.
Ringraziamenti:
in particolare a Moony3,
che mi ha fatto un po' da musa ispiratrice, più che altro
perché grazie a lei ho capito che concludere decentemente
una
trama del genere è possibile, ad Alohomora, che per
prima mi ha fatto venire questa idea, e a malandrina4ever,
grazie alla cui fanfiction (Il
vero amore è per sempre) ho visto il film che mi
ha ispirato il titolo,
risparmiandomi un sacco di materia grigia!
Non può piovere per
sempre
Capitolo 1
Un agguato sventato
L’uomo si Materializzò alla fine
del viale ghiaioso, davanti al cancello chiuso di una villetta a due
piani.
Indossava un abito da lavoro blu notte e un mantello in tinta. I
capelli
brizzolati gli davano un aspetto distinto, ma le rughe della fronte,
più
marcate del solito a causa della preoccupazione, lo facevano sembrare
più
vecchio di quanto non fosse in realtà.
Prima di varcare il cancello,
esitò per parecchi istanti, volgendo gli occhi scuri in
direzione del mare
agitato a sinistra della villa. L’inverno era quasi alle
porte e il cielo
grigio conferiva un colore plumbeo all’acqua salmastra. Il
vento intenso faceva
levare schizzi gelidi che impregnavano l’aria circostante,
rendendola umida e
fastidiosa.
Il rombo improvviso di un tuono
in lontananza lo riscosse: si stava preparando un temporale. Erano
soltanto le
quattro del pomeriggio ma la notte sembrava essere già
scesa.
L’uomo attraversò il piccolo
giardino e aprì la porta. Non appena fu tornato dentro casa,
la prima cosa che
vide fu un gatto grigio e arancione disteso sul tappeto di fronte al
caminetto
acceso.
Attila alzò pigramente la testa
verso di lui, per poi rivolgerla di nuovo in direzione del camino,
godendone il
tepore con gli occhi socchiusi.
Oltre al crepitio del fuoco, non
si sentiva volare una mosca, a parte qualche lieve tintinnio di posate
dalla stanza
adiacente.
L’uomo ripose il mantello ed
entrò in cucina, trovandovi sua moglie in piedi davanti alla
credenza, intenta
a preparare del tè. La donna aveva raccolto i capelli neri
in uno chignon,
aveva il respiro pesante e ogni tanto tirava su col naso. Quando lo
sentì
arrivare, si voltò a guardarlo, e il marito vide che i suoi
occhi azzurri erano
arrossati.
« Perseus, sei tornato presto,
oggi » esordì lei.
« È stata una giornata tranquilla
al lavoro, così ho preferito andarmene prima. Tu non sei
proprio andata al San
Mungo? »
La donna scosse la testa in segno
di diniego, distogliendo in fretta lo sguardo dal suo, come se non
avesse voluto
incrociarlo.
« Diane? » la richiamò Perseus,
mentre lei sussultava. « Ci sono novità?
»
Non era tanto sicuro di voler
sentire la risposta, in realtà.
Lei annuì in silenzio e dalla sua
espressione Perseus comprese che le notizie non dovevano essere buone.
« Sono riuscita a mettermi in
contatto con Alphard, via camino. Mi sembrava la fonte più
attendibile… »
esordì Diane, lanciando un’occhiata esitante al
marito.
« E cosa ti ha detto? » chiese
lui, apparentemente impassibile, serrando i pugni.
Lei aprì la bocca per rispondere
ma le uscì solo un suono strozzato. Le lacrime le
inumidirono gli occhi ma la
donna rispose con una calma innaturale.
« Non c’è più niente da fare.
È
stato ucciso ».
Le tempie gli pulsavano tanto da
fargli male ma Perseus non voleva arrendersi all’evidenza.
« Come fa Alphard ad esserne così
sicuro? » chiese, testardo.
« Ha detto di essere riuscito a
parlare con la moglie di Lucius Malfoy. È stata lei a
dirglielo. Non si sa come,
perché non hanno ritrovato il corpo, ma è sicuro
» riprese la donna con
difficoltà. « Voleva tornare indietro e Tu-Sai-Chi
l’ha fatto uccidere ».
Lui rimase immobile, come colpito
da una secchiata d’acqua gelida. Non poteva essere successo
veramente…
« Rachel lo sa? » fu l’unica cosa
che riuscì a chiedere, con la voce incrinata.
Diane annuì, poi si sedette, la
testa tra le mani.
Perseus si accorse di tremare. Se
di dolore o di rabbia, questo non poteva saperlo. Per più di
due mesi non aveva
fatto altro che desiderare di incontrare Regulus Black e fargli passare
il
peggior quarto d’ora della sua vita.
Da quando sua figlia aveva
scoperto che il ragazzo era un Mangiamorte, Perseus aveva iniziato a
odiarlo:
Regulus gli aveva promesso che non avrebbe mai fatto soffrire Rachel,
ma aveva
mentito, come sempre, del resto. Tutti loro si erano sentiti traditi.
Perseus
si era sforzato di accettarlo, di considerarlo separatamente dalla
famiglia che
aveva alle spalle, gli aveva dato la propria fiducia, ma lui
l’aveva calpestata
alla prima occasione.
Uguale a tutti gli altri Black, né
più né meno, aveva pensato,
furibondo.
Avrebbe voluto fargliela pagare
molto cara: certe volte aveva avuto la tentazione di strozzarlo a mani
nude.
Adesso però era cambiato tutto.
Regulus era morto, senza che se ne conoscesse il motivo o il modo, e
Perseus
non sapeva più che cosa fare e su chi sfogare la propria
rabbia.
« Come… sta? » chiese, pensando a
sua figlia, le mani chiuse a pugno, il volto livido.
« Come vuoi che stia? Si è chiusa
in camera sua da stamattina e non vuole vedere nessuno. Non ha
più toccato né
acqua né cibo. E non ha versato neanche una lacrima
».
Marito e moglie si lanciarono
un’occhiata colma di miriadi di sentimenti angoscianti:
dolore, sconforto e
paura erano solo una piccola parte di quello che provavano.
« Che cosa possiamo fare per lei?
» chiese Diane, con un’espressione confusa.
« Ha solo diciotto anni. Non saprei
nemmeno cosa dirle ».
« Non c’è nulla da dire. Le
parole non servirebbero a niente » replicò lui.
Lei abbassò lo sguardo sul tè che
si stava lentamente raffreddando. Lo versò in una tazza per
sé e ne offrì una
seconda al marito, poi rimase a fissarla, in silenzio, osservando i
piccoli
cerchi concentrici che si allargavano lungo la superficie della
bevanda.
Non voleva ripensare a ciò che
aveva dovuto affrontare quella mattina. Andare da sua figlia e
riferirle della
morte di Regulus le era sembrata un’impresa impossibile, ma
quella di assistere
impotente alla reazione di Rachel era stata mille volte peggiore.
Per una Guaritrice come lei era
insopportabile sapere che per certi dolori non esistevano cure
immediate. Si
era dovuta accontentare di rimanere al fianco di sua figlia, cercando
di farle
forza, inutilmente, perché tutti i sogni e le speranze della
ragazza erano
stati spazzati via all’improvviso.
Diane sentì bruciare la gola e
cercò sollievo portando la tazza alle labbra e svuotandone
il contenuto in
pochi secondi. Poi lanciò un’occhiata a Perseus,
che stava fissando qualcosa di
indefinito fuori dalla finestra.
Meccanicamente, rovesciò la
tazzina sul piattino, lasciando scolare i residui del tè.
Non aveva mai avuto
una grande stima per tutte le forme di Divinazione, ma era talmente
disperata
da voler trovare almeno un conforto nell’illusione che per
sua figlia il futuro
non avrebbe portato solo sofferenze.
Quando esaminò i fondi del tè, si
rese conto che avrebbe fatto meglio a non guardare. La macchia sulla
destra
somigliava molto a un teschio, chiaro segnale di pericolo, mentre
quella a
sinistra sembrava un bastone…
« Lascia perdere quelle
sciocchezze » le disse Perseus, voltatosi verso di lei in
quel momento.
Diane non gli diede retta.
« Il bastone cosa significa? »
domandò.
Perseus sospirò. Sua moglie certe
volte si metteva in testa delle idee assurde, pur di non voler
accettare la
realtà dei fatti. A cosa credeva che servisse una stupida
predizione?
« Mi sembra che voglia dire
“agguato”… »
In quell’esatto istante, il
campanello della porta d’ingresso suonò.
Diane ebbe un sussulto e fece
cadere la tazzina per terra, poi lanciò uno sguardo
orripilato al marito, che
ricambiò. Non avevano bisogno di parlarsi per capire di aver
pensato la stessa
identica cosa: quando un Mangiamorte tradiva, spesso era la sua
famiglia ad
essere punita, ma visto che Voldemort non avrebbe mai osato toccare i
Black,
forse aveva deciso di prendersela con qualcun altro che fosse molto
vicino a
Regulus…
Perseus cercò di riassumere il
controllo di sé e si incamminò fuori dalla
cucina, la mano nella tasca, serrata
intorno alla bacchetta, mentre Diane si alzava e lo seguiva a sua
volta.
« No, Sory, non aprire » sussurrò
Perseus alla sua elfa domestica, che si stava dirigendo verso la porta.
Sory si
fermò e lo vide accostarsi all’uscio con
un’espressione tesa.
« Chi è? »
Nel frattempo, in una stanza del
piano superiore, una ragazza se ne stava seduta sul pavimento a gambe
incrociate
e rivolgeva uno sguardo spento alla finestra, del tutto indifferente a
quello
che succedeva intorno a lei.
A causa del maltempo la camera
era poco illuminata; la luce era rimasta spenta. Accanto a lei, su un
vassoio,
giaceva il pranzo ancora intatto.
Le ossa iniziavano a dolerle
perché era rimasta immobile in quella posizione per troppo
tempo, ma non aveva
nemmeno la forza di trovarne una più comoda. In fondo,
nessun dolore fisico era
paragonabile a quello che stava provando dentro di sé. Era
come se una tenaglia
rovente le stesse stritolando le viscere, come se qualcuno le avesse
strappato
brandelli di carne a morsi.
Stordita e distrutta, non sapeva
più cosa pensare. Le sembrava di vivere un terribile incubo,
perché non poteva
essere accaduto veramente, Regulus non poteva essere…
Una fitta lancinante al cuore le
impedì di formulare per intero il concetto, e fu tanto
dolorosa da costringerla
a piegarsi in due, inclinando il busto in avanti e affondandosi le
unghie nelle
guance.
« Regulus… »
La sua voce strozzata si spezzò e il viso si
tramutò
presto in una maschera di dolore, per l’ennesima volta da
quando
quella mattina aveva avuto la conferma che tutte le sue speranze
fossero state vane.
Era una sofferenza troppo grande da sopportare. Non
riusciva a concepire
come fosse possibile immaginare che Regulus semplicemente non esisteva
più, che
non le avrebbe più parlato o sfiorato il viso o rivolto il
suo solito sguardo
altero ogni volta che qualcosa non gli stava bene. Era assurdo. La
morte era
una cosa troppo definitiva per essere reale. Rachel non voleva
né poteva
accettarla…
Si accorse di aver serrato i
pugni solo quando il palmo della mano le iniziò a far male.
Distendendo le
dita, lasciò vagare lo sguardo umido e appannato
sull’anello che lui le aveva
regalato poco meno di tre giorni prima e si chiese se lui sapesse
già allora quello
che gli sarebbe spettato.
L’enormità di ciò che aveva
perduto per sempre la colpì con la stessa violenza di un
tuono.
È colpa mia,
pensò, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo
sanguinare. Se non avesse voluto
salutarmi prima di fuggire, avrebbe fatto in tempo a
salvarsi…
Rachel
sarebbe voluta morire in quel momento pur di non convivere con la
voragine che
le aveva squarciato l’anima e che, ne era certa, la avrebbe
accompagnata per il
resto dei suoi giorni.
La furia e la disperazione
scatenate come un uragano dentro di lei le fecero improvvisamente
perdere il
controllo della propria magia: un vaso di fiori esplose
all’improvviso e i
cocci si sparsero sul pavimento, mentre l’acqua si rovesciava
sul mobile di
legno.
Si sentiva mancare il fiato e,
nonostante avesse una gran voglia di urlare a squarciagola tutta la
propria
disperazione, dubitava di essere in grado di emettere anche un
debolissimo suono.
Aveva perso la nozione del tempo.
Le sembrava di trovarsi seduta lì per terra da giorni e
giorni e giorni…
In quel momento le parve di
sentire la voce ansiosa di sua madre all’inizio del
corridoio. La donna stava
parlando con qualcuno.
« Non ti assicuro che sia nelle
condizioni di ricevere visite, comunque ci proverò
».
Rachel era talmente confusa e
accecata dalle lacrime intrappolate nei suoi occhi che si rese conto a
mala
pena che la donna fosse giunta appena dietro la porta della sua stanza.
« Rachel, ci sarebbe una visita
per te… » esordì Diane, esitante.
La ragazza aprì la bocca per
rispondere, ma le uscì solo un verso incomprensibile. Si
schiarì la voce e
riprovò.
« Ho detto che non voglio vedere
nessuno. Mandali via » disse con voce rauca, coprendosi le
orecchie con le
mani, le dita tra i capelli come nell’atto di strapparseli
dalla testa.
« Mi dispiace, Barty, ma è ancora
molto scossa… » disse la signora Queen,
rivolgendosi al visitatore.
Nel sentire quel nome Rachel ebbe
un sussulto e, per la prima volta quel giorno, provò
interesse per qualcosa.
Forse Barty sapeva cosa era successo di preciso a Regulus. Anche se non
c’era
speranza che fosse vivo, lei sentiva il bisogno di sapere esattamente
come era
stato ucciso.
« Aspetta, mamma! » esclamò, con
un enorme sforzo: la gola le bruciava come se fosse stata
incandescente. « Fallo
entrare ».
La porta si aprì lentamente ma
Rachel non vide entrare il ragazzo: gli dava le spalle e ed era ancora
rivolta
in direzione della finestra. Non aveva neanche la forza di voltarsi a
guardare.
Udì Barty indugiare per alcuni
istanti sulla soglia, come se fosse indeciso sul comportamento da
assumere. Poi
lui la raggiunse, andandosi a sederle accanto.
Rachel gli lanciò un’occhiata
distratta. Anche lui era più pallido del solito, e in quel
pallore le
lentiggini del viso risaltavano di più. Anche se i capelli
color paglia erano
ordinati e precisi, il suo sguardo comunicava tutto tranne che
equilibrio
interiore.
Per alcuni infiniti istanti rimasero
in perfetto silenzio: l’unico rumore che si sentì
fu quello del vento che
soffiava forte.
Rachel non si era accorta del
fatto che la mano di Barty fosse infilata in una tasca del mantello,
stretta
intorno alla bacchetta. A suo parere, erano solo due ex compagni di
scuola che si
dolevano per la morte del loro migliore amico.
« Mi dispiace » esordì lui, posandole
l’altra mano sulla spalla nel vano tentativo di consolarla.
Rachel alzò il viso verso di lui.
« Tu sai che cosa hanno scoperto
gli Auror? » chiese con voce flebile.
Non era sicura di volerlo davvero
sapere, ma al tempo stesso sperava di avere qualche informazione in
più. Era
orribile pensare che non avrebbe più rivisto il suo Regulus
senza neanche
essere a conoscenza della fine che aveva fatto.
« Non hanno scoperto molto
nemmeno loro » rispose Barty, cupo. « Anche se non
ci vuole tanto per capirlo. Evidentemente
ha cambiato idea… e Tu-Sai-Chi l’ha punito
».
Rachel tornò a fissare il
pavimento, con la sensazione che un macigno le gravasse sulla testa.
« Io… » continuò Barty,
stavolta
con una voce colma di esitazione, « pensavo che tu ne sapessi
più di me…
Pensavo che vi foste incontrati prima che lui…
bè, prima che scomparisse ».
Rachel lo guardò di nuovo,
aggrottando la fronte.
Sì che si erano incontrati,
proprio la sera antecedente la morte di Regulus. Lui le aveva
confessato di
essersi pentito di essere un Mangiamorte, le aveva chiesto scusa per
averla
ingannata per tanto tempo, e le aveva intimato di non riferire a
nessuno di
quel loro incontro per evitare ritorsioni su di lei. Ma ora che ci
pensava, aveva
insistito anche su un’altra questione.
Non fidarti di nessuno, nemmeno delle persone
che consideri amiche.
Nessuno, nemmeno di Barty.
Erano state le sue esatte parole,
ma Regulus non aveva voluto spiegare perché non dovesse
fidarsi del loro amico.
« Non è che per caso vi siete
incontrati e lui ti ha riferito qualcosa di importante? »
domandò Barty, mentre
la sua mano intorno alla bacchetta si serrava ancora di più.
« Magari ha fatto
qualche nome… insospettabile? »
Nonostante le sue condizioni,
Rachel riuscì a ragionare con sufficiente
lucidità. In realtà non si pose
neanche il problema. Si fidava ancora di Regulus e se lui si era
raccomandato
di non dire nulla, doveva esserci un motivo più che valido.
« Non l’ho più visto dal giorno
in cui ci siamo lasciati, dalla fine dell’estate»
si affrettò a rispondere.
«Non so assolutamente nulla ».
« Oh, d’accordo» rispose Barty,
mascherando il proprio sollievo, e lasciò stare la
bacchetta.
Finito l’attimo di lucidità,
Rachel ripiombò nella disperazione cieca che
l’aveva tormentata fino a quel
momento.
Barty le rimase accanto, sempre
con la mano sulla sua spalla, cercando di infonderle un minimo di
conforto.
« Nel caso in cui ti servisse
qualcosa, conta su di me » le disse.
Lei annuì. Apprezzava il supporto
dell’amico ma continuava a sentire un dolore lancinante
all’altezza del cuore
ed era perfettamente consapevole del fatto che, insieme a Regulus, era
morta
anche una parte di sé.
Dopo essere uscito dalla villa
dei Queen, Barty si Materializzò su una collinetta poco
distante, dove una
figura incappucciata e coperta da un mantello nero lo stava aspettando.
« Allora? » esordì una voce
femminile.
« Nessuno di loro sa nulla. Non
dobbiamo preoccuparci » rispose il ragazzo, notando che si
era appena messo a
piovere.
La donna però non parve molto
convinta. I suoi occhi scuri e ardenti sembravano volergli leggere la
mente.
« Sei sicuro che Regulus non
abbia raccontato niente? »
« Ti ho detto di sì. Non lo
vedevano da mesi » confermò Barty, nervoso, mentre
le gocce cadevano sempre più
fitte.
« Spero che tu non ti sia
lasciato influenzare dai sentimentalismi. Mi sembri piuttosto sollevato
per non
essere stato costretto a uccidere quella ragazza ».
« Siamo amici da tempo. È ovvio
che io sia sollevato, Bellatrix. Ma resto sempre fedele al Signore
Oscuro, e
Lui si fida di me ».
Bellatrix parve contrariata ma
non lo contraddisse.
« Meglio così » commentò
infine,
riponendo la bacchetta pronta all’interno della veste.
« Sarebbe stato un vero
peccato dover sterminare una famiglia di Purosangue ».
Nessuno disse una parola per
parecchi secondi. Rimasero immobili sotto la pioggia che scrosciava e
inzuppava
i loro mantelli. Infine Barty alzò lo sguardo verso di lei,
che aveva un’espressione
terribile e mostrava un miscuglio di sentimenti contrastanti ma tutti
violenti.
« Tu hai saputo qualcosa? » le
domandò.
« Nessuno dei Mangiamorte che
conosco ha detto di averlo ucciso, e non mi azzardo a chiederlo al
Signore
Oscuro. A Lui non piace parlare dei traditori… »
« Giusto » convenne Barty:
nemmeno gli stessi seguaci del Signore Oscuro sapevano quanti fossero
veramente. Lord Voldemort utilizzava quel metodo per impedire che un
solo pentito
potesse fare i nomi di tutti i suoi vecchi compagni.
Si sforzò con tutto se stesso di
ignorare quella parolina che invece gli rimbombava nelle orecchie,
facendogli
dolere la testa: traditore.
Aveva notato da tempo che Regulus
si comportava in modo strano ma per settimane aveva cercato di
convincersi che
quei sospetti fossero solo frutto della propria immaginazione. Regulus
non
poteva aver deciso di tradire il Signore Oscuro.
Era stato proprio lui ad
introdurlo tra i Mangiamorte e Barty gli era stato tanto riconoscente
da non
voler vedere quello che chiunque conoscesse molto bene il
più giovane dei Black
avrebbe potuto notare: stava cambiando lentamente idea.
Alla fine si era deciso ad
affrontarlo e concedergli un avvertimento, sperando che Regulus
rinsavisse e
tornasse ad abbracciare la causa per cui si era fatto marchiare. E
invece...
Barty lanciò un’occhiata al mare
burrascoso, stringendo i pugni e ignorando completamente la pioggia che
ormai
cadeva a catinelle. Non sapeva se essere più addolorato o
furioso. Era stato
amico di Regulus fin dall’inizio del loro primo anno a
Hogwarts, ma ora si
sentiva a sua volta ingannato. Perché aveva deciso di
cambiare così tanto?
Un rumore accanto a lui gli
ricordò che Bellatrix era ancora lì. La donna
sembrava provare le sue stesse
emozioni.
« Devo andare » disse lei in tono
deciso. Pareva desiderosa di distruggere qualunque cosa le fosse
capitata
davanti.
Quando Barty rimase finalmente
solo, lanciò un’occhiata alla villa dei Queen. Per
fortuna non era stato
costretto a chiamare i rinforzi. Aveva sperato con tutto se stesso di
non
ritrovarsi nelle condizioni di dover tendere un agguato alla famiglia
di Rachel.
In effetti, vederla in quello stato lo aveva fatto sentire malissimo.
Era
sempre stata una ragazza iperattiva e adesso sembrava aver perso
addirittura la
voglia di vivere. E tutto questo per colpa di Regulus.
« Hai visto cos’hai combinato? »
sussurrò al vento, come se il destinatario di quello sfogo
lo potesse udire,
mentre si sentiva invadere da una rabbia impotente. «
Traditore ».
Di lì in poi ne fu certo: non
lo avrebbe mai perdonato.
*Angolo autrice*
Ben ritrovati a tutti! Spero che abbiate trascorso delle belle vacanze!
Sono al tempo stesso contenta e terrorizzata
all'idea di pubblicare questa storia, spero solo di cavarmela.
Però è bello tornare a pubblicare, mi mancava...
Barty vi ha fatto prendere un colpo, eh? Molti di voi già
hanno
iniziato a detestarlo alla fine della storia precedente,
figuriamoci ora.
Questi primi capitoli saranno tutti un po' tristi (mi dispiace), ma
presto gli eventi si evolveranno in meglio, abbiate fede.
Quest'anno sarò molto più impegnata del solito
quindi
mi perdonerete se la storia la aggiornerò ogni 10 giorni
invece
di ogni settimana. Non so ancora quanto sarà lunga, per ora
ho
scritto i primi 6 capitoli e ideato i successivi. Si
vedrà.
Ah, all'inizio la serie doveva intitolarsi "Toujours Pur", ma ho
cambiato idea all'ultimo minuto e ho scelto quest'altro che mi aveva
suggerito Alohomora, perché si adatta di più alla
serie
in generale.
Al prossimo aggiornamento, che sarà il 20 settembre!
Se vi interessa, la cara Beatrix Bonnie ha disegnato alcuni personaggi
della mia storia, così ho pensato di inserire i link qui,
tanto per ricordare i bei tempi felici:
Regulus,
Rachel e Barty
Il
trio
insieme a Emmeline Vance
Barty
scopre
che Regulus è un Mangiamorte
Perseus
Queen
Grazie, Marta! =)
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