Ziva era lì, seduta alla sua scrivania, e continuamente si
perdeva in quegli occhi di ghiaccio di fronte a lei.
Perché proprio Tony doveva farle quell’effetto?
Poteva rimanere ore a guardarlo sperando che lui non se ne accorgesse.
Nella sua testa scoppiavano ancora le parole che si erano detti, o
meglio quelle che lui le aveva detto, senza ricevere alcun tipo di
risposta.
“Hai compromesso la tua intera carriera, e per
cosa?”
“Per te.”
“Tony vuoi dirmi perché sei venuto?”
“Perché non posso vivere senza di te.”
Più volte si era ritrovata nelle situazioni
“adatte”, a modo loro, per rivelargli quanto lo
amasse.
Solo che la prima volta gli ha puntato una pistola contro e la seconda
gli disse di dimenticarla.
Eppure ora era lì, a guardarlo, e a immaginare come sarebbe
stato se lei non fosse stata così orgogliosa da
respingerlo. Perché lei, infondo, era questo: un assassina
del Mossad troppo orgogliosa da poter dimostrare la sua
umanità.
Mentre rifletteva su questi pensieri, si accorse che anche Tony la
stava guardando. Sentiva i suoi occhi di ghiaccio su di lei.
Tony, d’altro canto, era innamorato di lei. Sene era accorto
quando la stava perdendo. Pensava che se
non si fosse accorto di quello che provava così tardi,
forse, per loro ci sarebbe stata una possibilità.
Lei, era diventata tutto ciò che desiderava, tutto quello
che aveva di più importante. Avrebbe combattuto sempre con
lei e per lei.
Ognuno incolpava se stesso, e questo di certo non li aiutava.
-Occhioni belli a che stai pensando? – domandò
Tony.
* Cavolo, se n’è accorto.* pensò Ziva.
* Penso a te, solo a te.* avrebbe voluto gridargli, ma non lo fece.
-A niente. – si limitò a rispondere.
Tony si domandava come mai lei lo tenesse sempre fuori dai suoi
pensieri. Lui voleva entrarci, voleva farne parte. Voleva far parte
della vita di quella bellissima donna che gli sedeva di fronte. Non era
più solo una collega: era diventata un’amica, LA
donna che amava.
Desiderava andare da lei e prendere il suo volto tra le mani, perdersi
nei suoi occhi neri e, magari, spostarle anche qualche ciocca di quei
suoi capelli ricci, neri, prima di baciarla. Baciarla come non aveva
mai fatto con nessun’altra prima. Lei lo doveva sapere, prima
che il suo cuore gli uscisse dal petto irrimediabilmente e prima che
qualcun altro rubasse il suo.
Era stato geloso di Michael e di tutti coloro che guardavano Ziva
troppo insistentemente. Ma, infondo, lui era stato stupido. Era lui che
non si era accorto che la donna più bella, la più
speciale e importante l’aveva accanto da quattro anni ormai.
Aveva perso tempo a portarsi a letto donne insignificanti. E se solo
una volta si era innamorato di Jeanne, ora lo era di Ziva. Lo era
sempre stato.
-Andate a casa. – disse Gibbs entrando in ufficio.
McGee era già pronto, così si diresse subito
all’ascensore.
Ziva stava raccogliendo le sue cose e stava spegnendo il computer.
Così Tony rallentò in modo tale da prendere
l’ascensore con lei. Aveva deciso di parlarle.
Quando fu pronta, Ziva corse verso l’ascensore. Tony la
inseguì e riuscì a entrare prima che le porta si
chiudessero.
Non riuscivano a rivolgersi la parola.
Ziva cercava di mostrarsi impassibile, mentre l’unica cosa
che voleva era che quelle porte si aprissero e sfrecciare via.
Tony, invece, allungò la mano e giro la levetta
dell’ascensore.
-Dobbiamo parlare. – disse Tony.
- Di cosa? Non mi pare che abbiamo qualcosa da dirci. –
rispose Ziva, anche se sapeva bene cosa Tony volesse dirle.
- Ziva.. – disse dolcemente. – Ti ho già
detto cosa provo per te. Ho bisogno di risposte. – aggiunse.
- Non so di cosa parli. – affermò lei continuando
a girarci intorno.
- Non ti lascerò uscire di qui finché non
parleremo. –
Ziva sapeva bene quanto potesse essere determinato Tony.
-E va bene. – sospirò. – Noi non abbiamo
futuro. – disse impassibile.
- Non ci abbiamo nemmeno provato. – rispose Tony mentre un
misto di rabbia e di amore gli squarciava il cuore.
- Qual è il problema? La regola 12? Tu? Io? –
aggiunse con voce alta.
- Il problema sono tutte queste cose. Proprio non capisci, vero Tony?
–
- Capire cosa? L’unica cosa che so è che non
riesco a non pensarti. A desiderare i tuoi occhi su di me, le tue
labbra sulle mie. Svegliarci insieme. E’ tutto ciò
che voglio. Tu non lo vuoi? Guardami negli occhi e dimmelo. –
continuava a ripetere Tony a voce alta. – Dillo..dillo..
Tanto lo so che lo vuoi anche tu. – continuò.
Ecco adesso c’era un grosso problema da risolvere. Lei non
gliel’avrebbe mai detto. Doveva girare intorno alle parole di
Tony.
-Che ne sai di cosa voglio? – riuscì a
dire.
- Lo vedo ogni volta che ci guardiamo..Ziva. –
- Ecco, vedi. Tu sei un narcisista, un immaturo, sei superficiale ed
irritante, sei egocentrico e sei anche arrogante. E io ti amo.
– urlò.
Cavolo, glielo aveva detto.
Tony sorrise. Riconosceva la sua Ziva. Era sincera.
La tirò a sé e la baciò
appassionatamente. I loro corpi aderivano perfettamente tra loro.
Lei, al contatto delle loro labbra, sentì il cuore battere
talmente forte che, quasi le faceva male. Allungo la mano per rimettere
l’ascensore in moto.
Tutto ciò che desiderava era realtà. Lui era come
il sole e la pioggia e lo odiava per questo. Odiava il fatto di
sentirsi così debole al suo fianco. Lo odiava
perché lo amava così immensamente.
Quando si staccarono lei cercò di riprendere tutto il suo
autocontrollo, che qualche istante prima si era sbriciolato.
-Ti amo.. - sospirò con le mani ancora poggiate
sul suo petto, e quelle di lui ancora sul suo fianco e sulla guancia.
Proprio in quel momento le porte dell’ascensore si aprirono e
lei scappò via.
Tony la guardò andare via, ma non poteva non sorridere per
quel bacio. Provavano le stesse cose e Tony giurò a se
stesso che non l’avrebbe mai più lasciata andare
via. Sarebbe stata sua, per sempre.
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