Più
che deserto si trattava di una grande distesa di niente. Niente
sabbia, niente dune, solo una pianura di terra battuta ovunque si
posasse lo sguardo. La piana era attraversata da miliardi di crepe e
venature nel terreno, causate dalla più totale mancanza
d'acqua. Era
come se il suolo, portato allo stremo dalla sete, stesse cercando di
aprire delle bocche sdentate dappertutto nel tentativo folle di
catturare anche solo un po' di umidità.
In
un posto così - ovviamente - non c'era spazio per la vita.
Molti
anni prima un ipotetico viaggiatore magari avrebbe potuto vedere dei
cambiamenti nel paesaggio, no so, magari un albero secco o un fascio
di erba bruciata dal sole. Ma adesso, nel presente, gli alberi e
l'erba secca, ogni forma di vegetazione possibile rimasta da tempi migliori, non erano
che polvere. E appunto, l'unica variazione nel panorama si verificava
quando il vento sollevava un po' di quella sabbia e creava sbuffi e
figure in aria.
E
quello era tutto ciò che ci fosse da vedere.
L'One
Man Army stava camminando con passo spedito in mezzo a quella
desolazione. Aveva fatto i suoi conti. Sprecare molto, molto tempo
per aggirare il deserto e fermarsi ogni tanto in degli stupidi
paesini di periferia, oppure attraversarlo tutto da un capo
all'altro, direttamente verso la Quarta Città Imperiale?
Ovvio.
Andare in mezzo al deserto era la soluzione migliore, anche se
chiunque l'avrebbe considerata una pazzia.
Il
sole era a picco. Si sedette un attimo su una sporgenza del terreno,
e bevette un po' d'acqua. Con la coda dell'occhio controllò
la
strada dalla quale era venuto … e sospirò.
Era
ancora là.
Lo
stava seguendo da tre giorni, senza mai avvicinarsi troppo per
qualche ragione. All'inizio voleva preparare una trappola, pensando
che si trattasse dell'ennesimo cacciatore di taglie - uno
particolarmente imbranato, dato che si era accorto subito della sua presenza - ma poi l'aveva riconosciuta. Era la cameriera della taverna
in cui aveva … “sostato”. Era convinto
che una volta entrati
nel deserto l'avrebbe lasciato perdere, e invece ...
«Chissà
che cosa diavolo vuole.» Disse. Parlare a se stessi
è un'abitudine
di ogni viaggiatore consumato, se per caso ve lo stavate chiedendo.
…
Era
sul punto di crollare. La sete la stava consumando velocemente, e
ogni singolo frammento di pelle esposto al sole si stava bruciando.
Non aveva né qualcosa con cui coprirsi la testa,
né delle scarpe
adatte alle lunghe camminate. Le suole delle sue, già
abbastanza vecchie e consumate, si erano assottigliate parecchio e non valevano nulla contro il
calore che saliva dal terreno. Era quasi come camminare su due
piastre ardenti. Ma dopo un po' aveva incominciato a non farci caso,
dato che aveva altri problemi; camminare senza perdere l'equilibrio,
per esempio, e cercare di capire perché stava vedendo
doppio.
Si
fermò di colpo, notando che qualcosa stava cambiando nel
panorama.
Un'ombra scura veniva nella sua direzione … aprì
le labbra
screpolate per dire qualcosa, ma non uscirono suoni dalla sua gola secca.
Cadde
a terra a faccia avanti, perdendo finalmente i sensi.
Quando
si risvegliò, si accorse che qualcuno le stava tenendo la
testa
alzata e una sensazione di fresco quasi dolorosa le partiva dalla
bocca. Acqua.
«Ferma.
Un po' per volta. Non berla tutta.»
Per
un po' non riuscì a fare altro che seguire le istruzioni
della voce.
Lentamente, riemerse dal sonno. Tentò di aprire gli occhi,
anche se
la luce dal cielo gli dava fastidio.
Lui
era piegato
sopra di lei, con
una borraccia in mano, e la squadrava con un'espressione a
metà tra
il preoccupato e il dubbioso, anche se era solo accennata.
Lui.
Quello che aveva ammazzato quattordici persone senza il minimo
sforzo.
Non
appena si fu ripresa abbastanza da capire quel fatto, una nuova
ondata di paura la invase … ma cercò di
trattenersi. L'altro non
disse nulla, e continuò ad aiutarla finché non fu
in grado di
alzarsi.
Prese
un lembo del suo mantello, lo strappò e glielo diede.
«Mettitelo
intorno alla testa come ho fatto io» disse
«Altrimenti prenderai un
altro colpo di sole.»
«Gr
… grazie ...» Ancora si sentiva stordita, com'era
comprensibile.
Stava accadendo tutto molto in fretta … e lo svenimento, a
dire la
verità, non era mai stato nei suoi piani.
«Puoi
avere l'acqua che resta in questa borraccia» disse lui,
letteralmente mettendogliela tra le mani «Se tieni un
buon
ritmo e cammini un po' stanotte, dovresti essere fuori dal deserto in
meno di un giorno. Va', ora. Addio.»
E,
così veloce da rimanere sorpresi, si girò e
cominciò ad andarsene
come se nulla fosse successo.
«E-ehi!
Aspetta!»
La
figura si fermò per un'ultima volta, ma rimase di spalle.
«Portami
con te!»
Di
nuovo, un sospiro. Ma forse lei se l'era immaginato: il mietitore non
poteva essere certo tipo da sospirare … anche se si era
dimostrato
incredibilmente gentile, a suo modo, per essere un pluriomicida, una
macchina da guerra.
«Non
se ne parla neanche lontanamente.»
«Perché
no? Ti prego ...»
Si
girò, e fissò la ragazza con occhi castani
straordinariamente intensi.
«Torna
a casa, ragazzina.»
«Ti
prego .. io … non posso tornare. Fammi diventare
… la tua
apprendista … non so »
«Già,
non sai. Moriresti alla prima occasione, perché anche se ti
insegnassi qualcosa, dovresti essere due volte più brava di
un
talento naturale per vedere gli attacchi con quell'occhio …
o
dovrei dire senza.»
«Non
importa! Io mi allenerò duramente! Io ...»
«Tu
cosa? Mi hai preso per una sorta di magnate o cosa? Io UCCIDO, e
questo è tutto. Stai forzando la mia pazienza,
vattene.»
La
distanza fra i due era diminuita, parlando, erano in pratica l'uno di
fronte all'altra. Il mietitore fece per girarsi di nuovo, ma la
ragazza gli afferrò un braccio, cercando di mostrarsi
più risoluta,
cercando di ignorare la voce che gli tremava.
«Allenami!
Non importa se corro il rischio di morire … Farò
tutto ciò che
vuoi! Solo … non lasciarmi indietro … non voglio
tornare … là»
Lui
afferrò con il pugno un lembo del suo vestito sporco,
all'altezza
del collo, e la sollevò fin sopra le spalle. Era leggera,
troppo
leggera. Nonostante cercasse di divincolarsi, però,
continuava a
fissarlo con il suo unico occhio.
«Sei
sicura di quello che stai dicendo? Ti metti così nelle mani
di uno
sconosciuto? Potrei non essere meglio dell'oste di quella taverna o
dei banditi, ci hai pensato? Potrei sbatterti tutte le notti e farti
andare in giro a quattro zampe di giorno, e sai una cosa? Tu non
potresti farci nulla.
In
battaglia, non avrei tempo di proteggerti, quindi te la dovresti
cavare da sola. Potresti essere presa come ostaggio per arrivare a
me, e io non ti salverei. Non avresti un momento
di riposo o
di svago. Mai.»
«....qua
… qualunque cosa. Qualunque cosa, va bene, è
uguale.»
Il
mietitore la mise giù. Non c'era più collera nel
suo sguardo, era
tornato ad essere freddo.
«Va
bene, allora. Il tuo allenamento inizia adesso - il nostro, anzi.
Visto
che non ho nessuna intenzione di tornare indietro a fare scorta,
attraverseremo il deserto con le provviste d'acqua che ho ora. Mezza
razione ognuno.
Vedi
di sistemarti. Sarà una lunga marcia»
Detto
ciò, le tirò quello che restava del mantello,
iniziando a
camminare. La ragazza era ancora stupita, ma per prima cosa
strappò
due strisce di tessuto e ci fasciò i piedi, visto che con le scarpe che si ritrovava non sarebbe potuta andare molto lontano. Il resto se lo buttò sulle spalle per
proteggersi dal sole.
«Come
devo chiamarti? Mietitore? Maestro? One man army-»
«Khan
andrà benissimo. Il tuo nome?»
«Licorice.»
«Licorice?»
rispose lui, quasi sovrappensiero. «Liquirizia …
un nome anche
troppo dolce, per un'apprendista spadaccina. Ironico.»
Lui
Non
era affatto quello che si dice un buon maestro.
Si
sarebbe abituata a vederlo quasi sempre di spalle, con quei vestiti
rossi accesi che saltavano sempre alla vista, le spalle dell'uomo che
aveva scelto di seguire, messa alle strette dalle …
necessità. Pur
di avere un cambiamento.
A
forza di seguire i suoi passi, di arrancare dietro al suo ritmo
veloce, si sarebbe riempita con nient'altro se non il desiderio di
raggiungerlo, un giorno, e camminare al suo fianco come sua pari, non
più come una seccatura o un'allieva. Allora... allora,
forse,
sarebbe stata libera, per la prima volta in vita sua.
Lei
Era
troppo magra e ridotta ad uno straccio.
Aveva
lividi dappertutto, e un aspetto trasandato. Quel corpo abituato alla
servitù e ai maltrattamenti
sarebbe
potuto svenire in qualsiasi momento, in un allenamento severo.
Per
non parlare dell'occhio cieco.
Probabilmente
non aveva mai fatto un pasto decente in vita sua.
E
cosa sarebbe successo se si fosse affezionato a lei?
Cosa
avrebbero detto, che si era rammollito?
E
i cacciatori di taglie?
Non
aveva importanza - un uomo che è abituato a uccidere, quando
salva
una vita, ha il dovere di prendersene la responsabilità.
«Muoviamoci.
La Quarta Città Imperiale ci attende.»
|