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disgraziata fortuna.
Oh merda.
Lentamente, fissando rigorosamente il pavimento, mi voltai di due
millimetri verso di lui.
Perché era lui. Lo vedevo per metà, nascosta per
bene dalla mia frangetta color oro.
Era venuto a chiamarmi per provare, non c’era ombra di
dubbio. Non lo avevo visto alzarsi. Certo, era seduto due file dietro
di me, ma..
Dio.
- Si? -, cercai di risultare il più naturale possibile, ma
l’emozione sembrava stringermi il cuore in una morsa
soffocante.
Usa la voce di Rachel, Cary, usa la voce di Rachel.
- Rachel, giusto? Piacere, Robert. -, affermò sorridendo, lo
intuivo dalla sua voce. Era più calda, più
morbida, rispetto al tipico timbro da palco, freddo e distaccato.
Non sembrava curarsi delle poche persone curiose che ci guardavano,
dello show che continuava, dell’anormalità della
situazione. Forse, perché non lo sapeva. Forse,
perché ignorarlo sarebbe stato più facile.
No, questo valeva per me, solo per me.
E mi offrì la mano.
La mano…
La mano…
La mano, cazzo, la mano!
- Hem.. -
Oh dio. Dov’è finita la mano? Sta aspettando la
mia mano!
Cercai di riprendere quel briciolo di controllo che ormai sapevo
scappato alle Hawaii in preda ad un’estasi mistica, ma non mi
diedi per vinta, e, mezza accecata della frangia, con un coraggio da
leoni, forte e fiera di essere me stessa, gli porsi la mano destra, o
per meglio dire due dita.
Mi aspettavo di incontrare la sua calda mano, ma, per la fretta e
l’incontrollabile tremolio dettato dal nervosismo
mi schiantai inevitabilmente contro la cinghia dei pantaloni. Dei suoi
pantaloni.
- Porca oca! -, dissi alzando definitivamente la testa, mentre il mio
viso si colorava di rosso.
Ridacchiò imbarazzato, mentre nella mia mente passavano
indisturbate varie diapositive sui vari metodi di suicidio e
sugli ingredienti necessari per metterli a punto. Non mi guardava negli
occhi, e per questo avrei dovuto ringraziare tutti i santi che
conoscevo.
- Dobbiamo andare a provare..si..hem..sai, la presentazione... -, disse
sorridendo nervoso, per l’imbarazzo che alleggiava
nell’aria, che per quanto mi riguardava, respiravo a fatica.
Abbassai la testa, attenta a non incrociare i suoi occhi, che tanto mi
erano mancati. Quel cangiante colore che mi aveva tenuto compagnia
nelle più belle ed orribili giornate. Capaci di confondermi,
di farmi perdere alla deriva come nessun’altra cosa era mai
riuscita a fare, eppur l’unica in grado di riprendermi,
tenendomi ancorata a sé.
- Certo, scusami.. -, proferii seria, in tono grave. Sperai solo che
non riconoscesse il timbro vocale. Sarebbe stata la fine.
- Comunque sono Rachel, piacere mio. -, proseguii ancora, lugubre.
L’unico modo che avevo era di essere l’opposto di
ciò che ero stata. Lasciai correre la mancata stretta di
mano e lentamente mi alzai dalle comode poltroncine rosse.
Lo osservai di sottecchi, attenta ad ogni sua reazione, che non
tardò ad arrivare.
Mi guardava in maniera strana. Non seppi decifrare la sua espressione
se non…inquieta?
Che ho fatto, ora? Pensai allarmata.
- Si..ok, andiamo allora. -, Il suo sorriso aveva chiaramente qualcosa
che non andava. Era piuttosto teso, e dalla rigidità con cui
si voltò verso l’uscita laterale a sinistra, capii
che la mia naturalezza non lo aveva ingannato, almeno non del tutto.
Era veramente a disagio. La mano destra stava torturando i capelli.
Prima di seguirlo attraverso la fila alla nostra sinistra, incrociai lo
sguardo di Mandy. Con gli occhi al cielo scuoteva lentamente la testa.
Mi sarebbe tanto piaciuto sapere il perché, ma al momento
l’unica parte del mio cervello che era riuscita a rinvenire
dalla paralizzazione definitiva, era concentrata su di lui, e sul suo
passo disordinato.
Confusa, nervosa e irrequieta più che mai, mi apprestai a
seguire Robert, con la futile speranza che, una volta incrociati
definitivamente i suoi occhi, la mia debole barriera dorata restasse
intatta.
- Eccovi! -, Josh Koultz era piuttosto agitato. Il suo viso arrossato
era impregnato di piccole gocce di sudore, che lente colavano
giù per la sua guancia non rasata.
Il backstage era sempre stato uno dei luoghi che preferivo.
L’agitazione, il nervosismo e la frenesia mischiati
all’eccitazione dell’attesa rendevano il posto vivo
ed emozionante. Una vera magia per artisti sensibili anche alle
più sottili emozioni.
Il disordine, il caos, l’isteria dei responsabili, le urla,
la fretta, i ritardi, le imprecazioni degli addetti, le luci, il buio,
la musica vicina come non mai, l’aria satura di
elettricità. La gioia di aver portato lo spettacolo a
termine, dovere e piacere, mentre le urla entusiaste dei fan chiudevano
puntualmente la serata. Ti faceva sentire vivo e cosciente di te
stesso, sempre.
Metterci piede era sempre stata un’emozione. Inimitabile.
Ma, si sa. Le emozioni umane sono dettate dalle singole situazioni. Le
scelte dalle singole emozioni. E le emozioni, influiscono su tutto il
resto.
Varcando l’enorme porta grigia, le uniche emozioni che
sentivo erano paura e dolore.
Paura per l’inevitabile, per ciò che avevo
sfuggito. Paura del destino, che infame, ci riservava infinite
sorprese. Paura di me stessa, e delle mie stesse emozioni.
Dolore. Perché lo stavo finalmente guardando negli occhi.
Un istante di distrazione, tutto qui. Semplicemente la mano di Josh che
mi indicava, chiedendo al ragazzo al mio fianco se ci fossimo
già presentati. La mia stupida curiosità, che
peccando d’ingenuità, mi fece scattare e puntare,
seppur timidamente, lo sguardo su di lui. E scoprire che lui stava
facendo lo stesso, nel medesimo momento, spaccando il secondo, e con
esso tutte le mie futili speranze di uscire indenne, almeno
superficialmente, da questa situazione.
I walk a lonely road
The only one that I have
ever known
Don't know where it goes
But it's home to me and
I walk alone
Today is gonna be the
day that they're gonna throw it back to you..
La musica, ancora una volta, mi aveva salvato la vita.
Mentre la suoneria del cellulare spezzava l’atmosfera
ipnotica che da parte mia si sarebbe senza dubbio creata, e
inevitabilmente i Green Day cominciarono a cantare seguiti dagli Oasis
in quella che era la mia canzone preferita, la mia mente
realizzò all’istante di essere sopraffatta dalla
sensazione di disorientamento ed eccitazione, sensazioni che mi avevano
solo vagamente sfiorato negli ultimi tre anni.
Il cellulare, nella mia borsetta, squillava da qualche secondo. Fu
grazie alla musica che riuscì a spezzare il contatto visivo.
Ma uno sguardo restò puntato su di me.
- Pron..? -
- Ti hanno mai detto che sei un’idiota? -, mi chiese
l’inconfondibile voce di Mandy dall’altra parte
della linea.
- Si, tu. L’hai fatto prima, e presumo che tu lo stia
insinuando anche adesso. -
- Esatto. E questo perché è vero, ricordatelo.
Comunque, lasciando perdere la tua anormalità, volevo
chiederti una cosa. -
- E lo devi fare proprio adesso? -, risposi a denti stretti.
- Mah..fai come vuoi. -, disse pomposa, - Se ci tieni a collezionare
figuracce stasera, la cosa riguarda solo te, è la tua vita,
no? -
- Ma che vai farneticando? -, domandai piuttosto confusa.
- Sto parlando del tuo tono di voce da morto in stato di putrefazione!
-, chiarì a bassa voce.
- In che senso, scusa? -.
- Ho capito che Robert non deve riconoscere il tuo timbro vocale e
tutto, ma almeno evita di parlare come una reduce dal proprio funerale!
-, spiegò spazientita.
- Ah. Ecco perché..ok, ho capito. Grazie Ma.. Mamma! Ci
vediamo dopo, se riesci a trovarmi. -, Dissi distratta, mentre pensavo
alla faccia di Robert, che apparentemente confusa ed infastidita, si
poteva scorgere facilmente a pochi metri da me, puntata nella mia
direzione.
- Se riesco a trovarti..? No, Cary! No! Hai il dovere di partecipare!
Hai anche vinto due premi, non puoi mancare! Li farai incazzare,
stavolta, non puoi fare di tes..-
- Si, lo so, ma non mi va. Ci vediamo in macchina, altrimenti a casa
mia. Dato che ci vai, chiedi al chitarrista degli Aerosmith di fare un
autografo per Ryan se lo becchi. Ciao! -
Riuscì a chiudere a metà del suo grazioso invito
verso il paese dei balocchi, appena in tempo, perché Robert
si stava avvicinando pericolosamente.
L’aria era tesa, granitica. Respirare non mi era mai sembrato
così difficile.
- Sei pronta? Possiamo provare? -, chiese gentilmente.
- Certo. -, evidentemente stavolta la voce non era il mortorio di
prima, perché lo vidi sgranare impercettibilmente gli occhi,
prima di sorridermi.
Ops.
- Oh! Scusami! Non l’ho fatto apposta, giuro! -.
La situazione stava degenerando. E io non avevo il numero di Superman
per il pronto intervento.
- Tranquilla, non è niente. -, proferì
cominciando a guardarsi intorno alla ricerca del suo manager, mentre
con la mano destra teneva la manica della camicia grondante di
cioccolata calda lontano dai pantaloni.
Che figura da oscar. E non avevo potuto prendere nemmeno un sorso della
bevanda, dato l’imprevisto e subitaneo rovesciamento sul
completo di Robert appena me l’avevano portata.
- Scusa. Dev.. dev’essere il nervosismo, ecco. -, dissi
guardandolo negli occhi per un istante di troppo. Lo vidi distintamente
mentre si corrucciava in un’espressione concentrata,
studiandomi mentre cercavo di riparare il danno con un fazzolettino
preso dalla borsetta.
- Ma tu.. Sei una cantante. Non dovresti sentirti a tuo agio sul palco?
-. Aveva cambiato tono di voce, e senza ombra di dubbio argomento, dopo
quell’esitazione quasi infinitesimale.
- Beh..si, ma non ci penso più di tanto. Canto. Solo questo.
Quando sono sul palco canto e basta, non bado eccessivamente alla
folla. Cioè..non ne divento paranoica, proprio
perché cantare mi rilassa e mi fa sentire..-, fui interrotta
dalla sua mano che sembrava essersi protesa verso il mio viso, e che
invece mi passò vicino alla guancia destra.
- Come ti fa sentire? -. Mi stava ancora guardando. Nella sua mano
altri fazzoletti e la voce di un uomo che di sfuggita annunciava
l’arrivo della camicia di riserva.
- Ah..ecco, rilassata. In armonia col mondo. -, mi allontanai per
fargli spazio mentre il suo manager scartava l’involucro
della camicia blu notte nuova di zecca vicinissimo a noi. - Ma solo
quando canto. -, aggiunsi a bassa voce.
- Solo quando canti. -, mormorò il ragazzo davanti a me, in
tono sottile.
- Allora. Sei pronta? -
- Prontissima, grazie. -
Era questione di minuti e ci avrebbero chiamati sul palco.
In situazioni come questa un potere alternativo avrebbe fatto comodo.
Che so, magari il teletrasporto. O direttamente
l’autodistruzione.
- Ah..ricordati di guardare scettica verso di me, quando ti faccio la
battutaccia, ok? -, mi disse un po’ nervoso.
- Sisi, certo. Scettica..si. -. No non ero nervosa. Per niente.
Se solo avesse saputo che il motivo di tale nervosismo era lui, e non
tanto il fatto di dover annunciare il vincitore di una categoria davanti a centinaia di divi dello spettacolo di tutto il mondo.
- E ora, gente, l’ultimo premio della serata, il
più..-, Russel aveva appena cominciato a parlare del Best
Song.
La scenetta. Si, nessun problema. La battutina acida,
l’occhiata scettica, la risata finale..
Ero talmente nervosa e percettiva che sentivo ogni suo respiro,
movimento, suono. Talmente concentrata su di lui che non mi ero accorta
di star lentamente distruggendo il braccialetto al mio polso destro,
che, per grazia divina e amore dei cieli, dimostrandomi ancora una
volta come la fortuna sia sempre stata dalla mia parte, sempre e
comunque, si aprì e mi rimase nella mano destra, tranquillo,
dondolando leggermente.
- Accidenti! -,cercai inutilmente di agganciare la sicura di bronzo, ma
effettivamente non dovevo essere molto convincente, dato che un attimo
dopo Robert pensò bene di intervenire prendendo la mia mano
tra le sue per avvicinarla e agganciare quel maledetto inutile
accessorio.
- E stasera sono qui con noi, per annunciare il fortunato vincitore,
due star dalla portata intern..- Russel continuava, imperterrito.
-Ecco, ci siamo quas..-. Robert si blocco d’improvviso, la
mia mano tra le sue, i suoi occhi fissi sul minuscolo tatuaggio a
stella posizionato a lato destro del mio polso.
- Oh mio dio..-
Non riuscii a sentire nient’altro che quel sussurro. In una
frazione di secondo mi ero già portata avanti a lui, e
mentre l’incriminato bracciale toccava il pavimento, tra me e
Robert ci fu tempo solo per lo spazio di un istante, uno sguardo.
Tremendamente consapevole.
-..Signori, Robert Pattinson e Rachel Gray! - Russel Brand ebbe appena
il tempo di pronunciare la mia sentenza di morte, che il coro degli
applausi e flash ci investì ancor prima di aver messo bene i
piedi sul palco.
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Sono passati mesi, lo so. Mesi interi.
Non starò qui a giustificarmi, ma le mie scuse ve le devo,
per principio.
Quindi, ragazzuole..Mi scuso infinitamente per questo mostruoso ritardo.
E so che avete il diritto di prendermi a randellate fino a farmi
dimenticare il mio nome, ma pensateci bene prima di saltarmi addosso:
poi chi la conclude la storia?
Scherzi a parte, volevo ringraziarvi tutti quanti. Sembra che
l’ispirazione sia allergica al tempo libero, dato che appare
solo quando di tempo non ne ho. Ma come ho detto una volta,
porterò avanti la storia, costi quel che costi.
Come vedete, i nostri protagonisti si sono incontrati. E, ve lo dico in
partenza: occhio ai dettagli! La trama si complicherà un
po’, dal momento che d’ora in poi entreranno in
gioco altri personaggi. Ma non temete: Robert ci sarà
costantemente d’ora in poi, anche se devo annunciare una
possibile entrata in gioco di Kristen.
Per ultimo: non ho idea di chi potrebbe vincere il premio Best Song
quest’anno. Perciò..via con i suggerimenti!
E già che ci sono, ne aprofitto per dirvi che gli aggiornamenti delle altre storie arriveranno presto! Grazie di cuore.
Con affetto,
Sugar.
Lola_:
Tesoro, eccolo finalmente! Ci ho messo una vita, ma abbi. Pace. Ho
ideato un gran finale, però, eh? Ora vediamo quando pubblico
il prossimo! I love u, darling! I hope you like it! P.s.: No,
non mi menare, ti scongiuro!
RiceGrain:
Ele, ma tu mi lusinghi! Spero che tu non mi abbia dimenticata
già, anche se me lo meriterei. Ho passato tutta
l’estate a ispirazione zero, mentre ora sembra volermi
violentare, disgraziata lei. Comunque, sei tu il genio non io. E dopo
tanto tempo devo anche riprendere a leggere e recensire la tua
storiella, perché sono tremendamente indietro, e sono
preoccupata per Sugar!
Hem, supplico umilmente perdono! Ma vedrai che col prossimo capitolo mi
faccio perdonare di sicuro!
A presto Ele, un bacione.
Sfosfy4ever:
Cara, grazie dei complimenti. Sei davvero troppo gentile.
Però non esagerare, potrei montarmi la testa!
So di essere stata una strega cattiva, per non aver postato per tutta
l’estate. Ma mi farò perdonare, stanne certa!
Beh..ora
hai visto le loro reazioni, perciò, che dici? Ho
detto anche troppo in
questo capitolo. Mi sono fatta perdonare almeno un po’ per
l’assenza? E
scusa, se ti faccio soffrire, con questa suspense da brivido, il fatto
è che nonostante tutto ti capisco perfettamente! A presto,
tesoro!
exceptions: Oddio,
grazie. Sei veramente gentile! E non me lo merito, dopo tutto questo
tempo. Beh, si. Hai ragione, può sembrare strano, ma la
febbre Pattinson non mi ha mai contagiata più di tanto. Era
il personaggio che interpretava, ad affascinarmi. Ma ormai continuo la
storia, e ci metto dentro il Robert che mi immagino io. Spero ti sia
piaciuto, questo capitolo. Finalmente è arrivato. A presto,
Ex.
_Miss_:
Accidenti se c’hai preso. In pieno. Ormai per te sarebbe
inutile leggerla, questa storia! Grazie dei complimenti! Spero che dopo
tutto questo tempo la storia t’attizzi lo stesso! Un bacione!
Saruxxa: Oh,
cara! Scusa, Eri arrivata nel momento sbagliato, ma spero tu possa
perdonarmi per il tempo perso! Di solito, no, non ci metto mesi.
Vedrai! Spero che il capitolo ti sia piaciuto! Un bacio!
Dodd: Grazie
mille, Dodd. Spero di essermi fatta perdonare, con questo capitolo. No,
non sei la prima a chiamarmi Miss Sadica 2010. Evidentemente
c’è veramente qualcosa che non va. Un bacio.
Krisz: Cara,
scusami! Ci ho messo una vita, ma alla fine ci sono arrivata! E come
incontro non è poi così male, no? Dimmi te, poi.
A presto! E grazie per i complimenti!
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