Sproloqui: sarò breve e concisa ù_ù
-Magic
Johnson era un famoso giocatore di pallacanestro.
-La
fanfiction partecipa all'iniziativa 2010:
a year togheter indetta
dal Collection
of starlight, con il prompt 138. Partita a Monopoli
Monopoly:
sweet nightmare
138. Partita a Monopoli
Se c'era qualcosa che Jake aveva sempre odiato era giocare a Monopoli.
Sin da bambino la sua scarsa abilità imprenditoriale si era
fatta notare grazie alle numerose ipoteche che sfilavano davanti alla
sua parte di tavolo, mentre i pochi dollari che gli rimanevano finivano
tra le grinfie dei suoi familiari, che, al contrario, erano dei
perfetti maghi del commercio.
La mancanza di scrupoli di Rachel e l'effetto da brava ragazza di
Rebecca facevano sì che i genitori le aiutassero,
scordandosi completamente il loro piccolo pargolo, alle prese con le
sue prime addizioni e sottrazioni, facile agli errori che le sorelle
sfruttavano senza il minimo senso di colpa.
Era così stato più che contento quando il padre,
permettendogli di ripulire la stanza delle gemelle dopo la loro
partenza, gli aveva concesso il diritto e il piacere di portare in
garage tutti quegli oggetti che loro due, da soli, non avrebbero
più utilizzato.
Perciò, giù nel garage, il Monopoli marciva.
Tanti saluti. Au revoir. Hasta
la vista.
Quel pomeriggio, però, si era chiesto anche lui
perché Seth e Leah fossero a casa sua. Probabilmente il
fatto che Sue avesse deciso di preparare la cena per tutti, compreso il
suo neo marito Charlie, aveva fatto sì che si risvegliasse
una piccola tradizione: che i Black e i Clearwaters si ritrovassero
tutti insieme intorno ad una tavola.
Nell'attesa della cena, Seth era riuscito a toccare ogni singolo
oggetto si trovasse nella camera di Jake, mentre Leah, con fare
svogliato, aveva fatto per ben due volte il giro di tutti i canali
della tv via cavo, soffermandosi un poco su una straordinaria offerta
che vendeva coltelli affilatissimi a poco prezzo.
Irritato per quella situazione, Jacob decise di andare in garage.
Il fatto che Nessie fosse partita con i parenti per Denali -un'allegra
visita di cortesia, tanto per sentirsi dire: oh, come cresci! Sei tutta tuo
padre, però gli occhi... sbaglio o tua madre li aveva
così?- peggiorava le cose, facendo sprofondare
Jake in una totale e assoluta sindrome del: tutto il mondo ce l'ha con me.
Sedutosi pesantemente sul divanetto sfondato, prese a lanciare le viti
scordate fuori all'interno della cassa degli attrezzi, beandosi quasi
del fastidioso suono metallico che l'impatto produceva.
E una.
E due.
E tre.
Dio, era meglio di Magic Johnson.
Il portellone di legno si spostò con un suono gracchiante, e
in penombra poté notare le figure dei due fratelli: quella
allampanata di Jake e l'altra più piccola e graziosa di
Leah, per quanto quel concentrato di acidità al sapor di
yogurt scaduto potesse essere grazioso.
Voltò la testa e alzò un sopracciglio, vedendoli
entrare con passo tranquillo, quasi come se aver interrotto il suo
lugubre rimuginare fosse cosa da poco.
«Oh, l'antro del lupo nero» scherzò
Leah, buttandosi accanto a lui con poca grazia -no, non era affatto
graziosa.
«Stavo venendo di là»
borbottò Jacob, gettando un'altra vite nel canestro.
«Ah, ah» ironizzò lei. «Certo,
come no. Sei scappato, bello» disse con fare saccente, come
compiacendosi anche solo dell'idea di poterlo infastidire.
«Fico questo posto, Jake, non mi hai mai fatto
entrare» esordì Seth, che già era
partito alla ventura degli antri più scuri, non illuminati
dalla lampadina scrausa che pendeva dal soffitto.
“E ora ho
capito anche perché”,
pensò tra sé Jacob, sospirando ed evitando di
prestare troppa attenzione alla curiosità acuta che portava
il ragazzino a indagare su ogni singola cosa.
«È solo un garage, Seth»
provò a dissuaderlo, ma senza grandi risultati: l'altro
aveva già iniziato a sfogliare con gli occhi tutti gli
scaffali di metallo, soffermandosi su alcuni che facevano da supporto a
degli scatoloni.
«Ma ci sono un sacco di cose» ribatté
l'altro.
«Seth, dai smettila» lo riprese la sorella, che si
era alzata con fare minaccioso.
Si sentì un rumore secco, un rovesciarsi di oggetti e le
scuse balbettanti di Seth.
«Sempre il solito, dannazione!» imprecò
Leah, voltandosi verso Jake, già pronta a una sfuriata delle
sue.
Ma a quanto pare aveva deciso di darsi alla santità visto
che era rimasto immobile a fissare tutto ciò che si era
sparpagliato a terra.
«Hey, sono scivolati loro, non li ho fatti cadere
io» si giustificò mugugnando il ragazzo, iniziando
a raccogliere vari giochi d'infanzia e diari scolastici.
E poi c'era quella scatola.
Scolorita e tenuta insieme da un enorme elastico verde, stava sul
pavimento.
Quando Leah la vide sorrise, ricordando quando da bambini ci giocavano
tutti insieme.
«Seth, non ti preoccupare, faccio io» stava
sospirando Jacob, alzandosi e andando, con fare rassegnato, ad aiutare
l'altro.
«Jake, hai ancora il Monopoli?» chiese
raggiungendolo Leah. Gli occhi le brillavano di ricordi e memorie, e un
timido sorriso si era fatto strada sul suo viso.
Al contrario, quando Jake lo vide storse il naso, riportando alla mente
le numerose sconfitte.
«Purtroppo sì, era un gioco così
noioso. Mi sarà sfuggito, l'avrei dovuto buttare»
«Stai scherzando? Monopoli è... è
qualcosa di favoloso, non lo puoi buttare!»
protestò lei, alzandosi e dirigendosi verso la porta.
«Ti ricordi quando giocavamo tutti insieme? Dai, era
magnifico!» continuò, ridendo.
Sembrava così spensierata, notò tra sé
e sé Jake. Come mai l'aveva vista da mesi a quella parte.
Sembrava quasi una bambina, a pensarci bene.
«Io ricordo quando vi coalizzavate per farmi andare in banca
rotta» borbottò lui, pur seguendola. Non riusciva
proprio a capire cosa volesse fare.
«Dai, ci
giochiamo?»
Si era voltata di scatto e lo fissava con i due enormi occhi neri,
sorridendo innocente. I capelli scuri erano spettinati e le donavano
un'aria sbarazzina ed allegra. Non era lei, non poteva essere la Leah
che per settimane e settimane l'aveva asfissiato con il suo fare
scocciato.
Seth si era avvicinato e ridacchiava: «Sì, almeno
posso stracciarti in qualche campo, su!»
Jake non seppe perché decise di seguirli dentro casa, con
quella scatola tra le mani, ma all'improvviso tutta la casa divenne
più grande e i mobili irraggiungibili. E quella scatola
assunse le dimensioni di quando la teneva fra le mani da bambino,
mentre i discorsi degli adulti in cucina ritornarono incomprensibili.
Vide il sorriso di Leah innocente, quello di Seth sdentato, la
divisione delle proprietà fatta a casaccio, la scelta per i
colori, la guerra per i viola.
Stesi sul tappeto davanti al camino, si erano rimpiccioliti, intenti ad
accumulare, vendere, acquistare. Scordandosi il mondo, erano diventati
di nuovo bambini.
E nelle loro menti c'era Harry e c'era Sarah, e c'era la
tranquillità dell'infanzia, l'ignoranza del mondo
così dolce e desiderata.
Quando Billy, Charlie e Sue arrivarono nel salotto, per venirli a
chiamare, rimasero sorpresi vedendo tre bambini giganti, intenti a
compare un mondo quadrato con piccoli soldi finti.
Angolo autrice:
nothing to say, only: mi mancavano i lupi <3
Per
qualunque domanda, attinente alla storia, a me o agli uccellini che
cantano fuori dalla mia finestra, potete usare questo sito e
porgermela anonimamente.
Se avete un livejournal, questo è il mio: ulissae
Idem per anobii (ha trovato il giochino, la bimba): Ulissae
anobii
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