time turner
[Confusion that never stops
Closing walls and
ticking clocks, gonna
Come back and take you
home
I could not stop that
you now know, singing
Come out upon my seas
Cursed missed
opportunities
Am I a part of the cure?
Or am I part of the
disease, singing
You are...]
Coldplay, Clocks
11:08
am.
Nostalgiche
note di pianoforte si disperdevano, al ritmo del battito
d’ali di farfalle irrequiete, su un prato scosso dal vento di
un Maggio più fresco dei precedenti.
L’aria
era pungente e stuzzicava l’atmosfera di un clima rigido che
stentava a combaciare con l’idea di lieta, calda primavera su
cui la maggior parte degli abitanti di Hogwarts aveva in precedenza
riposto le proprie speranze. Le rapide carezze della inclemente
temperatura scozzese, pugnali profumati di neve e brina che sferzavano
guance slavate dalle frequenti burrasche, inducevano chiunque a
desistere dal mettere piede fuori dalle mura ben riscaldate e perfino i
finesettimana a Hogsmeade, celebri escamotage da tutto ciò
che interessava le attività scolastiche, non erano mai stati
guardati con più biasimo e ritrosia.
L’opaco
velo di brina che ammantava le colline lontane non accennava a
sbiadire; la spruzzata argentata di nuvole cariche di pioggia
annebbiava già da molte ore l’insorgere di un
timido sole che non dava più sue notizie da almeno una
manciata di giorni.
Uscire dal
castello e sottostare alla crudele frescura di quella giornata era
un’idea che ciascuno evitava senza avere l’aria di
volerci sprecare troppi pensieri sopra, eppure, come accade di solito
nelle circostanze svestite da ogni sospetto e considerazione altrui,
c’era chi aveva afferrato l’opportunità
al volo e reso una banale giornata fredda l’espediente
migliore per svagarsi in tutta tranquillità. I giardini
deserti e le panchine appartate erano le condizioni ideali in casi come
quelli; nessuno avrebbe scorto alcunché dalle finestre
appannate di foschia, e loro sarebbero stati in grado di individuare
eventuali soggetti in avvicinamento dalle fronde dei cespugli
paralizzati di gelo e dalla ragnatela di rami spogli che li proteggeva
dai ficcanaso posti più in alto.
Una spolverata
di tabacco magico, di quello reperibile nelle botteghe fuori mano di
Hogsmeade, cartine e il resto dell’attrezzatura necessaria.
Pochi movimenti furtivi, prudenti, sicuri.
Avevano
cominciato fin da subito e in breve tempo il freddo circostante si era
impregnato dell’odore del fumo di gusti sempre diversi.
Menta,
cannella e limone svaporavano in direzione del cielo in nebbioline di
candidi riccioli trasportati dal vento e i loro sottili, frizzanti
aromi sembravano continuare a danzare sulla distesa d’erba
bagnata sulla quale sostavano alcuni dei presenti.
I mantelli di
Tiger e Goyle erano fradici di una primavera largamente tardiva e loro
stessi, a giudicare dalle ombre cupe che sovrastavano i loro volti,
sembravano sforzarsi intensamente di non pensarci, inchiodati
lì al suolo da niente di peggio di un ordine diretto e
ciononostante privi del più piccolo barlume di ribellione.
La loro natura polemica, benché tesa come una corda vibrante
di rancore e desiderio vendicativo, poteva essere ulteriormente forzata
e al loro capo quest’ultimo dettaglio non era certamente
sfuggito.
Lui sapeva
bene che la fiammella delle discordie, per essere in grado di bruciare
e divorare tutto ciò che lo circondava, avrebbe necessitato
di un solo alito di respiro; e allora questa si sarebbe alzata, ardendo
del fervore della somma dei torti, delle ingiustizie e delle
prepotenze, facendogli pagare tutto quanto non aveva mai avuto vera
inclinazione nel saldare.
Era soltanto
questione di tempo, sì. Ma a che pro pensarci? Draco Malfoy,
quella giornata, si era svegliato con la ferma intenzione di non
permettere a nessuno di turbare la quiete che si era imposto, e niente
al mondo sarebbe mai stato in grado di scavalcare una convinzione
così tenace e radicata.
Scivolato
sulla panchina umida, la chioma di capelli chiari che si riversava al
di là dello schienale di pietra, i suoi occhi si
rispecchiavano con un cielo dei più toni più
lugubri mentre, con gesti così abituali da rasentare
l’automatismo, la sigaretta veniva portata fino a labbra
sempre più secche e allontanata al ritmo di un respiro ogni
volta più profondo del precedente.
C’era
qualcosa di confuso e ambiguo in tutto ciò che lo
riguardava; Draco Malfoy, fotografia sfocata da un tempo che aveva
sembrato travolgerlo, anziché accompagnarlo, bruciandogli
una pelle che appariva spenta nella desolazione di un fiore appassito,
soppesava la giornata in un cipiglio cupo che dava facilmente modo di
intuire, anche allo spettatore più stolto, il grande
conflitto che infuriava nel suo animo in una guerra così
cruenta da lasciare lui stesso, oltre a coloro che tentavano invano di
districarsi da un tale, arcano caos di emozioni, totalmente privo di
parole.
Soffiare il
fumo contro il cielo dava la parvenza di costituire un vero e proprio
sforzo fisico, e niente lo distraeva dalla contemplazione dei riflessi
consumati di luce che incorniciavano le sagome sempre più
vaghe delle nuvole sospinte dal vento. Le sue palpebre erano sbattute
di rado, quasi per caso, lo sguardo lievemente sgranato costantemente
fisso verso l’alto.
Talvolta la
sigaretta si consumava tra le sue dita e lui era costretto, con stizza,
a gettarla via e accenderne un’altra subito dopo.
Dal suo campo
visivo, che comprendeva l’accecante presenza di un cielo
terso di onde dolcemente movimentate, spuntava
all’estremità un filo di parete muraria adornata
da una delle finestre che davano sui corridoi più alti. Poco
prima gli era parso di intravedere l’ombra di una sagoma
appostata proprio in quel punto; ma nel girarsi di scatto, scoprendo
che in realtà nessuno li stava spiando, aveva ben presto
confinato l’avvenimento in un angolo della sua mente
liquidandolo come uno strano scherzo della luce inesistente di quella
mattina.
L’acuto
presentimento era sfumato in indifferenza così come era
comparso e Draco, nel giro di pochi istanti, fu di nuovo inghiottito
dal torpore in cui aveva versato fin da quando si era seduto su quella
panchina. Più niente era stato in grado di attirare la sua
attenzione, né di incuriosirlo.
I discorsi di
Nott, seduto a suo fianco, erano così ripetitivi da essersi
privati immediatamente del suo apprezzamento. Una buona
mezz’ora era scivolata via facendogli rendere conto di non
aver ricavato il minimo accenno di buonumore da tutto ciò;
però era sempre meglio di sorbirsi due ore di Pozioni, si
disse con convinzione Draco subito dopo.
I buoni - e interessati,
ovviamente - rapporti che Piton aveva tessuto con loro e con i
rispettivi genitori, permettevano a Draco e al suo giro il lusso di
poter saltare qualche lezione senza andare incontro a sanzioni di alcun
genere. Il patto era che si tenessero fuori dai guai e dalla vista dei
professori più accorti.
Ovviamente, il lato Serpeverde di ognuno di loro dava il meglio di
sé anche se c’era di mezzo un accordo stipulato
tra i membri della stessa Casa, ragion per cui i quattro studenti non
avevano esitato a trasgredire un po’ le regole, anche se in
questo caso i rischi erano ridotti al minimo; nessun professore usciva
mai dal castello in quello specifico orario, e il clima sfavorevole di
certo assicurava a tutti loro riparo dalla vista di qualsiasi altro
studente.
Draco chiuse
gli occhi per un momento. La campanella doveva essere suonata da almeno
un quarto d’ora, e ciò significava che era in
ritardo per l’allenamento di Quidditch.
Le
sopracciglia si corrugarono al reale fastidio che gli infondeva la sola
prospettiva di doversi subire l’ennesima sfuriata di
Urquhart. L’idea di non presentarsi affiorò tra i
suoi pensieri così come fu all’istante rimandata
indietro; non ci teneva a peggiorare le cose, né a perdere
la prossima partita. La sola idea di alzarsi di lì,
però, sembrava annullare ogni sua forza e affondarlo ancora
di più nella pietra gelata su cui era seduto.
Ci volle
ancora qualche istante perché Draco riuscisse a convincersi
a riaprire gli occhi, e addirittura qualche minuto perché
trovasse lo stimolo di rimettersi seduto in modo composto. Niente di
ciò che lo circondava sembrava essere cambiato; Nott era
immerso nei suoi usuali discorsi di politica e Tiger e Goyle,
consumando ininterrottamente sigarette al limone e con l’erba
circostante invasa di mozziconi, nonostante non comprendessero una sola
parola tra quelle che si sentivano rivolgere, avevano ben presto
imparato ad annuire ogni qual volta Theodore indirizzava loro, o forse
a sé stesso, domande puramente retoriche, togliendosi
così dall’impiccio di sentir ripetere tutto
quanto.
Draco
sentì sfuggirgli dalle dita una eventuale ragione per
ritardare l’allenamento e fu con contrarietà, che
si vide costretto ad alzarsi. I muscoli si erano intorpiditi e la pelle
appariva più cerea che mai, nel pallido riflesso di un
cadavere appena risorto da una fossa di petali
bianchi profumati di menta.
Ne sentiva
impregnati i lembi dell’uniforme e sperò che
nessuno, meno che mai un professore, sarebbe stato così
avveduto da notarlo.
11:16
am.
« Te
ne vai? »
Draco colse
quella domanda nel respiro mozzato di una valle rumorosa,
così densa di voci, colori e confusione da poterla a
malapena tenere d’occhio per più di qualche breve
battito di ciglia, e quando si ritrovò ad abbassare lo
sguardo il volto di Nott sembrò emergere da una nuvola di
vapore tossico. Impiegò un attimo di troppo per riflettere
su ciò che aveva appena udito, e ancora di più
per mettere insieme una risposta anche solo lontanamente accettabile.
«
Sì. - Disse. - L’allenamento ».
Perfetto, si
ritrovò a pensare.
Forse, per la
fine della giornata, sarebbe addirittura riuscito a comporre una frase
completa e provvista del senso che intendeva davvero dargli. Non che ci
fosse mai stato qualche problema con le parole; semplicemente non era
un tipo a cui piaceva molto parlare, almeno non da un anno a questa
parte.
Con
l’avanzare del tempo, aveva semplicemente scoperto i vantaggi
del manifestare il disprezzo con un’occhiata raggelante
piuttosto che con un insulto, i quali, come suo padre gli aveva
rammentato più di una volta, consistevano unicamente nel
privare certe persone dell’attenzione che non meritavano,
palesandosi soltanto con chi era ritenuto degno dello stesso livello
sociale.
In quanto a
Tiger e Goyle, ormai ne sapevano abbastanza dei suoi capricci
d’umore per indovinare con estrema esattezza gli ordini che
il loro capo non si sprecava mai troppo nel divulgare, senza ovviamente
mancare di ammonirli di ottusità subito dopo; una volta
tolta di mezzo la sua attività più importante,
ovvero il bullismo esercitato su compagni e non, le occasioni in cui
Draco Malfoy proferiva parola durante la giornata si potevano a stento
enumerare sulle dita di una mano. Era in verità divenuto un
grande amante del silenzio, il quale ogni volta lo allietava in una
beatitudine che difficilmente, di quei tempi, riusciva a provare in
compagnia di chiunque altro, e in particolare sentiva di apprezzare
l’isolamento completo dal resto delle persone.
Non sapeva
cosa gli stesse prendendo esattamente; forse si trattava soltanto di un
periodo, o magari c’era davvero qualcosa di concreto ad
infastidirlo. Qualunque fosse la verità, Draco era meno
incline che mai a curarsene e fu con un lieve cenno del capo, dato
più per abitudine che per altro, che si congedò
dagli altri aggirando la panchina e inviandosi in direzione del portone
d’ingresso.
L’erba
era gelata e lui poteva avvertirla tentare di aggrapparsi agli orli dei
suoi pantaloni di pelle in lacrime di rugiada e miele; le mani
affondate nelle tasche, le gambe lo guidavano in modo del tutto
automatico lasciando ai pensieri il piacere di dirigersi altrove,
magari verso l’alto e tra le nuvole fitte di pioggia, in
sella alla scopa da Quidditch che di lì a poco avrebbe
inforcato.
11:21
am.
C’era
stato un tempo in cui Draco Malfoy aveva reputato impossibile potersi
fare degli amici.
La prodigiosa
bolla di sapone in cui i suoi genitori si erano ben premurati di
allevarlo, a suon di vizi e immoralità, coltivando un ego
che già in età precoce non aveva avuto alcun
bisogno di incoraggiamento, gli era valso il repentino allontanamento,
nel corso degli anni, da qualsiasi rapporto un poco più
stretto della normale conoscenza e il distacco totale dai sentimenti
più benevoli e consueti che uno qualunque dei suoi compagni
avrebbe potuto donargli.
Ben presto, il
Draco terribilmente borioso che era stato si era accorto che
effettivamente, ben lungi da ciò che suo padre aveva
continuato a rassicurargli, lui stesso si trovava al di fuori delle
leggi che aveva sempre desiderato e, per un certo periodo di tempo, creduto di
impartire, essendosi tirato fuori dalla società proprio nel
momento meno opportuno. La sua bolla era esplosa in schizzi di sapone e
sogni infranti e non era valso a niente commiserare il latte versato.
Lui che
additava gli ‘sfigati’ della sua scuola, era il
primo a non avere amici; Tiger e Goyle erano pagati per sottostare ai
suoi ordini e nessuno gliene aveva mai fatto parola; aveva creduto di
essere considerato un Dio a Serpeverde, ma non era necessaria una
grande sensibilità d’animo per rendersi conto che
Draco Malfoy, più di chiunque altro, era tenuto a costante
distanza dagli altri quasi come si trattasse dell’insetto
più sgradevole del mondo.
Venire a
conoscenza di queste circostanze e assorbirle fintantoché
non avessero provocato altro dolore, aveva costato un processo di
lunghezza non indifferente che, contrariamente a ciò che si
potesse pensare, non avevano provocato alcun mutamento nel carattere di
Draco. Forse l’amarezza derivata dalla cattiva fama che, come
un marchio scavato a fuoco, gravava sul suo nome in lampi di inimicizia
e intolleranza sempre più frequenti, aveva a sua volta
scatenato una sorta di rancore verso tutti gli altri che in quasi due
anni non si era ancora sopita; i miglioramenti, invece, erano stati
pochi e superficiali.
Blaise Zabini
era forse la miglioria
più riuscita, anche se ovviamente ci sarebbe stato ancora da
lavorare. Avevano poco in comune, se non un patrimonio da far girare la
testa e un disprezzo generale per tutti gli estranei alla loro cerchia,
ma a quanto pare questi pochi elementi erano stati sufficienti per
andare d’accordo e con il trascorrere del tempo, delle
sporadiche conversazioni e una simpatia e comprensione reciproca che
crescevano assieme all’avanzare degli anni scolastici, Zabini
era diventato per lui uno dei pochi punti abbastanza fermi della sua
vita.
Qualcosa di
simile a un amico,
benché Draco non ne conoscesse il significato, e tuttavia
una sconosciuta concezione che gli recava un certo sollievo.
Non uno che
venisse pagato dai genitori per sopportarlo, almeno.
L’angolo
della bocca di Draco si sollevò impercettibilmente; adesso
il suo sguardo era puntato in una direzione ben precisa e sfiorava
volutamente una sagoma familiare che si era arrestata già da
un pezzo al di sotto dell’arcata a sesto acuto.
Zabini
sembrava un tutt’uno con l’uniforme scura. Una di
quelle ombre che vengono narrate, nei libri, attraverso
l’oscurità di una notte insanguinata o di una
stanza troppo buia e sconosciuta. Un alto Uomo Nero che
studia e inganna con il suo solo mimetizzarsi nelle paure
più irreali dell’animo umano; ma non si ha mai
troppa paura di ciò che appare banale a prima vista. Draco
lo raggiunse in passi sempre più lunghi, la bocca semichiusa
ad esalare un respiro che si era fatto troppo opprimente per essere
celato, le fattezze di Blaise che emergevano poco a poco dalla pozza
color pece dei colori che lo adornavano.
Il compagno
stava impiegando il tempo riponendo alcuni libri nella borsa a tracolla
e, quasi come avesse stimato il percorso restante di Draco e la
velocità della sua camminata, sollevò gli occhi
proprio nel momento in cui l’altro poté ritrovarsi
faccia a faccia con lui.
«
Zabini ».
« Fumo. - Blaise lo
squadrò con un’occhiata che gli fece arricciare il
naso. - Si sente parecchio ».
Del tutto
nella norma che Zabini criticasse per l’ennesima volta il suo
insano apprezzamento per, come amava definirla, quella insulsa robaccia babbana.
Draco era
sempre stato sicuro che, al di là della sua facciata di
disapprovazione, l’amico fosse un ammiratore almeno quanto
lui di quella roba; l’unico problema sembrava stare
nell’odore che lasciava sui vestiti e sulla pelle una volta
consumata. Uno dei tanti princìpi Serpeverde stava proprio
nel concedersi a vizi il cui effetto portava con sé
eventuali prove in grado di ricondurli alla loro persona; donne,
scommesse, alcool. Il fumo era perciò contemplato soltanto
dagli studenti più arditi della Casa. Si trattava di un
vizio che lasciava troppe tracce e ben pochi erano coloro che si
assumevano la responsabilità di perdersi tra i pericoli che
il suo utilizzo avrebbe comportato.
« Un
giro sulla scopa e torno come nuovo. - Minimizzò Draco con
una breve alzata di spalle. - A meno che tu non debba dirmi
qualcos’altro ».
« In
effetti sì. - Replicò Blaise velocemente. - Lei mi ha chiesto
come mai tu ti stia comportando in questo modo ».
Al solo
comprendere a chi il compagno intendesse riferirsi, le palpebre di
Draco si serrarono in una morsa di acuto fastidio.
Non
ci voleva.
«
Cosa le hai risposto? » domandò freddamente.
«
Che non ne sapevo niente. - Fu la risposta di Blaise, data con lieve
disarmo. - Mi ha detto però che ti avrebbe aspettato nella
Stanza delle Necessità subito dopo lezione, e di avvertirti
se mai ti avessi incrociato. Malfoy, seriamente, - aggiunse, con voce
più bassa e impaziente - dovresti dirle come stanno le cose.
E scappare come hai appena fatto non servirà a placarla
».
«
Scappare… non esageriamo. Ho soltanto rimandato un momento
che non ho alcuna voglia di affrontare ».
«
Mettila pure in questo modo. - Sul volto di Blaise si aprì
un ghigno perspicace. - Ma ti consiglio di raggiungerla subito, prima
che si decida una volta per tutte ad avvelenare la Granger. - Prese ad
allontanarsi, alzando lievemente la voce. - Non troverei certo qualcosa
in contrario, in tal caso, ma sai com’è fatta
Daphne; le sue mosse sono sempre così azzardate che saremmo
tutti quanti indagati prima ancora di sapere del suo successo
».
«
Blaise… cosa diavolo c’entra la Granger?
» fu la domanda a tono di Draco, che però non
trovò risposta; il compagno si era voltato ed era
già ad almeno una decina di metri di distanza.
Meditare sulla
stranezza del nominare Hermione Granger, quando questa non era
più parte dei loro discorsi da almeno il sesto anno,
costò a Draco la riflessione di un breve attimo prima che
tralasciasse l’avvenimento nella consapevolezza di una
preoccupazione ben più pressante.
Ben presto
l’incontro con Daphne squillò nella sua mente in
un rullo di assordante avvertimento e fu con una lieve smorfia, che
Draco varcò la soglia del castello procedendo
successivamente su per le scale.
11:25
am.
Non
ho alcuna intenzione di sposarti.
Il fuoco della
ribellione, con il passare degli anni, lo aveva superato in altezza in
maniera così eclatante da sopraffarlo e lo stesso Draco,
sentendosi avvolgere e riscaldare dalle moltitudini di braccia avide e
ridenti delle sue stesse fredde catene, ben presto si era arreso alle
loro strette abbandonandosi in una vampata di sfumature vermiglie.
Il bieco
riflesso del Draco Malfoy che i suoi genitori avevano sempre tentato di
imporgli, profilo smorzato di vivacità infilato in una veste
di ali di corvo, si era poco a poco confuso con quella strana - e
diversa, così
diversa - immagine che lo specchio continuava
incessantemente a rimandargli ed era stato naturale, quasi immediato,
rendersi conto che qualcosa non quadrava con le sue reali
volontà.
Draco non
credeva di aver mai amato Daphne Greengrass; e se lo aveva fatto, il
tempo era stato capace di prosciugare tutto ciò che poteva
esserci stato di buono in un rapporto come il loro, lasciandoli a piedi
nudi, incapaci di camminare e muoversi, come su una lastra di crudele
ghiaccio invernale.
Oh, lei era
sempre stata così ostinata. Accortasi molto presto della
ormai palese indifferenza del suo fidanzato, aveva astutamente
desistito dal chiedergli dirette spiegazioni guidando il loro rapporto
attraverso i fitti reticoli di una routine ben studiata,
finché questo, assecondando le speranzose previsioni della
ragazza, non vi era rimasto clamorosamente impigliato, favorendo la
totale esasperazione da parte di un ragazzo che non sapeva ormai da
quale parte cominciare a districarsi.
In questo modo
Daphne aveva evitato a Draco il disturbo di mettere le cose in chiaro,
e in possesso di un fidanzato che ancora, dopo tutti quegli anni, si
chiedeva impotentemente cosa non quadrasse esattamente nel
loro legame, lei ancora ricavava piacere nel vantarsi di lui con le
amiche e immaginarsi, in sogni sempre più appaganti, nelle
comode vesti della signora
Malfoy.
Si era
così imposta una cecità che Draco non aveva ormai
più intenzione di tentare di guarirle; la sua marcata
indifferenza nei confronti di Daphne, il tono svogliato in cui le
rispondeva, i ripetuti tradimenti di cui lei aveva presto smesso di
accorgersi, e il totale disinteresse per tutto ciò che la
riguardava, non erano stati nemmeno lontanamente sufficienti a placare
le mire che la ragazza continuava costantemente a tenere puntate su di
lui. Sarebbe stata disposta a sopportare qualsiasi cosa pur di
raggiungere l’obiettivo di infilarsi nella famiglia Malfoy, e
Draco questo lo sapeva bene.
La cosa
più allarmante dell’intera faccenda era
però che Daphne, di punto in bianco, aveva cessato di essere
accomodante; al contrario, ultimamente continuava a lanciargli a
tradimento vaghe domande sul futuro alle quali lui la degnava a fatica,
ogni volta, di risposte monosillabiche e avvilenti come poche che
però non erano in grado di scoraggiarla nel modo
più assoluto.
Lei era
più decisa che mai a sposarlo e versava, in modo evidente,
nell’impaziente attesa che Draco le facesse la proposta;
avvenimento che, almeno secondo il giovane Malfoy, avrebbe avuto ben
poche possibilità di manifestarsi.
Non
ho alcuna intenzione di sposarti.
Non
ho mai
avuto alcuna intenzione di sposarti.
Draco si
accigliò; le sue riflessioni l’avevano portato
fino al settimo piano e fu con familiare riluttanza, che si
trovò a fronteggiare l’idea di svoltare davvero
quell’angolo e darsi in pasto alle fauci spalancate di
Daphne. Pochi passi, e liscia parete muraria della Stanza delle
Necessità avrebbe pacificamente assecondato il suo silenzio
nell’attesa di qualcosa che risvegliasse il ricordo della sua
entrata.
Draco si era
immobilizzato sul pianerottolo ed era come se qualcosa di duro, nel
centro del suo petto, lo affondasse al suolo impedendogli di
proseguire. Fu sufficiente il solo pensiero di doversi sorbire
l’ennesima sfuriata di Daphne a fargli desiderare
ardentemente di posticipare l’infelice momento, e
assecondando lui per primo quel forte impulso, non riuscì
più a scorgere alcuna ragione per proseguire.
Era vero,
Blaise gli aveva detto di essere chiaro; ma niente gli impediva
realmente di ritardare ancora l’avvento del finimondo che
Daphne avrebbe sicuramente scatenato. Soltanto qualche minuto, o forse
un’ora, magari il giorno dopo.
Lievemente
indeciso sul da farsi, Draco capì di necessitare di altro
tempo per giungere alla conclusione giusta e si voltò,
casualmente, procedendo nella stessa direzione; i suoi occhi colsero
l’entrata di un bagno vicino e si mosse subito sa quella
parte. Il cartello GUASTO, sbeccato e dalle lettere consumate,
pendeva storto sulla superficie di legno bianco nella perfetta
imitazione della desolazione di cui Draco aveva bisogno in quel
momento: un posto isolato,
pacifico e
privo di compagnie
sgradite.
Fu
rasserenandosi in quel lieve sollievo che spinse la porta con dita
impazienti, smuovendo, senza accorgersene, il cartello dalla sua
posizione facendolo oscillare minacciosamente.
11:28
am.
Non ci era
voluto molto, se non il respiro spezzato di un tempo colto di sorpresa,
perché Draco capisse in quale folle incubo fosse appena
sprofondato.
Era stato come
precipitare su un suolo di scivolosa crudeltà, atterrare in
spine acuminate di cocci di vetro e avvertire il corpo piegarsi di un
dolore che lo trafiggeva da parte a parte; turbinio di vento gelido e
pioggia, grandine infausta e neve violenta, tutto sembrava colpirlo e
ferirlo in una morsa di veleno e sangue spingendolo aggressivamente, in
urla di penoso strazio, sul confine della piatta realtà che
si era dato impotentemente pena di trarre a sé.
La
sentì fuggire da lui scivolando tra le sue dita intorpidite
e abbandonarlo in un oceano di assordante silenzio; tutto, ogni
più insignificante dettaglio che si era avvalso della sua
attenzione negli ultimi minuti, qualsiasi cosa ancora si spaziasse al
di là dei suoi occhi sgranati, le gambe adesso tremanti di
stupore e sgomento, si era capovolto in una confusione di immagini,
suoni e soffi di aria fredda che lo faceva vibrare e tremare sul suo
stesso posto. Il respiro, mozzato in gola dai sentimenti più
spaventosi che animavano il suo animo, aveva preso ad uscire a fiotti
veloci e soffocati e in breve svuotarono l’aria del suo
più tragico motivo di quiete.
Non
era possibile.
Draco si
ritrovò istintivamente a indietreggiare, la schiena rigida
urtò con la porta già chiusa in uno spasmo di
impotenza e le mani, congelate e fossilizzate dallo stesso freddo
turbinio di emozioni che lo avvolgeva, corsero ad aggrapparsi a stento
alla maniglia e al bordo di un lavandino incrostato di polvere su cui
ben presto lasciò crollare tutto il suo peso. Gli occhi,
pallidi ragni che dapprima si erano mossi nel nervosismo dettato dal
poco interesse che i dintorni avevano esercitato su di lui, adesso si
erano immobilizzati su un punto preciso di quel bagno abbandonato senza
poter fare a meno di separarsene.
Su una distesa
sconfinata di neve e fango, nel biancore consumato delle piastrelle a
tratti spaccate, gli specchi solcati da infiniti petali di crepe e la
trascuratezza con cui le finestrelle alte e opache, i cubicoli fuori
uso e i lavabi arrugginiti sembravano essere stati contemplati, si
apriva una chiazza color petrolio insignita delle fattezze di una
visione in cui Draco non avrebbe mai e poi mai sperato di trovarsi.
Un mucchio di
oggetti dall’aspetto del tutto ordinario, accatastati sul
pavimento, incorniciava il quadro più agghiacciante a cui
avesse mai assistito e fu in uno slancio, un’opaca penombra
della poca lucidità che era miracolosamente affiorata dalla
sua valle di torpore, che riuscì a trovare di nuovo la forza
di sostenersi sulle proprie gambe.
Non
devo farmi trovare qui.
Veloce e
immediato, l’impulso di andarsene ebbe per un breve istante
la meglio su di lui; una volta afferrata per la seconda volta la
maniglia fredda, però, qualcosa lo trattenne dal ruotarla e
lasciarsi definitivamente alle spalle ciò che lo aveva
sconvolto in modo così grottesco da permettergli a malapena
di formare pensieri coerenti.
Mettila
pure in questo modo. Ma ti consiglio di raggiungerla subito, prima che
si decida una volta per tutte ad avvelenare la Granger.
Le unghie di
Draco premettero contro il metallo alterato dal tempo; le dita
sbiancarono di panico e il respiro si fece ancora più veloce
e pressante.
Blaise…
cosa diavolo c’entra la Granger?
La sua mente
lo portò a concentrarsi ancora sulla scena dimenticandosi di
non averla in realtà mai abbandonata. Gli attimi di terrore
durante i quali l’aveva fissata, per quanto fugaci, sancivano
la sua diretta condanna verso le soglie di incubi e ossessive visioni
che lo avrebbero tormentato fin quando avrebbe avuto una vita e una
mente per ricordarle.
Codardo, gli
sussurrò qualcosa che emergeva dal profondo del suo animo
inquieto.
Draco si
vergognò della sua stessa reazione, e si impose un sangue
freddo che l’aveva abbandonato in una vampata di calore e
sangue fin dal primo momento in cui aveva varcato quella maledetta
soglia. Ne aveva passate abbastanza da sapere che farsi trovare in quel
luogo, alla luce della tinta cremisi che adesso lo inondava in una
venatura di spettrale drammaticità, era di quanto
più sciocco avesse mai potuto fare; eppure, per qualche
motivo ignoto perfino a lui, non riusciva ad andarsene.
Non adesso che
si era abbastanza abituato a quello spettacolo da riuscire a frenare
del tutto l’impeto di una veloce ritirata, non adesso che le
gambe avevano smesso di tremare, il respiro era tornato lievemente a
regolarizzarsi e la mano aveva finalmente lasciato la maniglia della
porta ancora chiusa.
Il pavimento
sembrava ancora vibrare in un terremoto che a fatica gli permetteva di
stare in piedi, ma Draco sopportò quella fine alterazione di
realtà serrando la mascella in una morsa di pacatezza da cui
ancora non era stato completamente ingabbiato. Incurante delle braccia
e delle gambe formicolanti, avanzò di un piccolo passo.
Il liscio
rumore delle sue suole fu del tutto coperto da un respiro che, nelle
vesti del traditore più ripugnante, si era di nuovo
velocizzato come intuendo le intenzioni del ragazzo e facendo il
possibile per impedirgli di compierle; lo sguardo di Draco era
però ancora puntato su uno sprazzo preciso di pavimento e,
cercando il più possibile di rimanere fedele a sé
stesso, si fece ancora più vicino. I passi continuarono a
farsi più veloci e decisi finché infine non
furono in grado di arrestarsi.
Ogni pensiero
scemò dalla mente di Draco come in preda alla burrasca
più impetuosa; sospeso in un cielo sconosciuto, immerso in
una quiete che sembrava divorarlo assieme a ciò che i suoi
occhi non avrebbero mai più fatto a meno di rimirare, era
combattuto tra il feroce stimolo di lasciarsi cadere nuovamente in un
mondo dalle braccia protettive e rassicuranti e lo spiccare il volo in
direzione di uno sfacelo che avrebbe deturpato anche i più
piccoli, insignificanti frammenti della sua esistenza.
Ma le sue ali
si erano spezzate fin dalla prima volta in cui l’aveva vista
in quel modo, troncate dall’opprimente profumo di veleno e
petali di rose color avorio, e non c’era ormai più
niente che potesse impedire a quelle candide piume di staccarsi dalla
sua debole presa e precipitarsi ad abbracciare colei che meno di tutti
gli altri aveva mai fatto in modo di meritarle.
Nelle dolci
fattezze di una bambola di porcellana abbandonata su un prato di
crisantemi invernali, lei sembrava dormire pacificamente in un mondo
lontano da cui nessuno avrebbe mai potuto risvegliarla. I capelli di
legno bruciato sparpagliati attorno a un volto candido di innocenza, le
ciglia nere abbassate nel deperimento di un fiore appassito, le braccia
apparivano disordinate e una di queste si riversava su un lato del
petto sotto il quale niente aveva più capacità di
battere.
Hermione
Granger era morta, e lui, ormai perso ad osservarla, era
un’inutile statua raggelata di turbamento e angoscia i cui
unici propositi, in quel momento, stavano nel desiderare di andarsene
in modo da poter dimenticare tutto quanto il più presto
possibile.
Draco non
seppe mai quanto tempo dopo riuscì finalmente ad allontanare
gli occhi dal viso della ragazza, ma quando lo fece, non
poté impedirsi di rimanere disorientato per
l’ennesima volta da quando era entrato in quel bagno. A
circondarla, si presentavano una moltitudine di oggetti che a prima
vista appariva insignificante e privo di essere degnato di una
qualsivoglia manifestazione di interesse; un calderone vuoto e fumante
dalla fiamma spenta, una pila di libri lì vicino, sulla cima
della quale uno di questi, il più voluminoso, era aperto in
una pagina di fitta scrittura, un foglio sul pavimento, probabilmente
opera della Mezzosangue, imbrattato di schemi e appunti andati perduti
da qualcosa di liquido che doveva averlo da poco inzuppato, una
scatolina rovesciata poco più in là, un petalo
accanto ai capelli scuri della ragazza e un altro oggetto, ben
più interessante e appariscente, posto in bella vista sul
suo petto.
La mano vi
sostava, immobile, vicina come se lo avesse in qualche modo utilizzato
nei suoi ultimi istanti di vita e fosse stata costretta, in balia di un
tempo troppo crudele per darle altre possibilità, ad
abbandonarlo. Draco sapeva di cosa si trattava e non poté
mascherare lo stupore nello scoprire che una Mezzosangue come lei potesse
esserne in possesso, quando a lui stesso, molti anni prima, era stato
negato con forza dal Ministero nonostante i vani e ripetuti sforzi che
suo padre aveva fatto per procurarglielo.
Ma come una
Giratempo potesse appartenere a Hermione
Granger, non era ciò a cui adesso voleva
pensare. Semplicemente, la sua mente intorpidita si era con lentezza
dipanata dall’incessante flusso di domande, riflessioni e
dubbi in precedenza attanagliati da una trappola di paura troppo losca
per poter in qualche modo sfuggirvi, e una vacua punta di
curiosità, affossata nel suo petto, si era acuminata tanto
da interessarsi con sguardo sempre più attento a
ciò da cui poco prima avrebbe soltanto voluto scappare.
Ancora non
sapeva cosa avesse causato la morte di Hermione Granger, né
aveva ancora in qualche modo cominciato a specularci sopra;
ciò di cui poteva essere assolutamente sicuro,
però, era che Daphne si presentava del tutto estranea a
quella faccenda. Le parole di Blaise erano state sospettosamente
ambigue, era vero, ma Draco dubitava fortemente che la sua ragazza
avrebbe mai avuto il fegato di fare una cosa simile, e ciò
che vedeva, in qualche modo, sembrava allontanare del tutto la
possibilità di un avvelenamento.
Gli occhi di
Draco sfiorarono di nuovo la Giratempo, oro cullato dalla pece
dell’uniforme scolastica della Mezzosangue, prima di
dirigersi una seconda volta sulla pila di libri.
Cautamente, si
avvicinò alla pagina aperta e si chinò sopra di
essa facendo ben attenzione a non provocare troppo rumore, come nel
disperato tentativo di conservare intatto il mondo da cui era appena
stato travolto, quasi timoroso di provocare la sua ira nello
sconvolgerlo eccessivamente; con dita accorte sollevò
l’ultima metà del libro e fu in grado di leggerne
il titolo. ‘Lumi
e Pozioni’, di Jhon Granville, brillava in
lettere argentate su una copertina marrone invecchiato e,
benché niente sulle prime sovvenisse alla memoria di Draco,
lui si apprestò ugualmente a scorrere fino alla prima pagina
nel desiderio di saperne di più.
E’
a John Granville, pozionista appartenente al XVII secolo, che
è solita attribuire la teoria secondo la quale la
miscelazione dei componenti di una specifica pozione può
essere tratta in inganno dall’utilizzo di elementi costituiti
dalle medesime proprietà. Fu in grado di dimostrare la
validità dello scambio di fattori nel caso in cui questi
presentassero una coincidenza di reazioni, portando alla velocizzazione
del processo della combinazione delle sostanze per mezzo di una o
più entità che, nella loro fisicità,
erano in grado di concentrare le singole componenti di parti slegate
tra di loro. La reale pericolosità della messa in pratica di
tale sviluppo teorico ha sempre impedito a quest’ultimo di
essere degnamente approvato dal Ministero; è infatti
risaputo di come gli individui complessi sopracitati fossero, oltre che
estremamente difficoltosi da adoperare, provvisti di un potente veleno
derivato probabilmente dalla fusione di nature sempre diverse che, in
casi molteplici e discordanti, hanno portato alla precoce morte coloro
che ne hanno fatto utilizzo.
Gli occhi di
Draco, vibranti di coinvolgimento, si persero spesso nella lettura
tanto da costringerlo più volte a tornare
all’inizio; le frasi continuavano a sfuggire alla sua
comprensione e niente fu capace di attirarlo realmente come la parte
finale, in cui la morte veniva presentata come il possibile esito
dell’uso dei sopracitati ‘elementi
complessi’ di cui, onestamente, aveva sempre ignorato
l’esistenza.
Draco
guardò ancora Hermione Granger, perfettamente immobile come
l’aveva lasciata, e si chiese se la sua morte non fosse
effettivamente collegata con ciò di cui aveva appena letto.
Si sentiva agitato, ma in qualche modo adesso era in grado di
ragionare.
Non sapeva
perché lo stesse facendo, e nel chiederselo si
ricordò di dover ancora leggere la pagina su cui il libro
era aperto. In fretta, Draco tornò al punto segnato e si
ritrovò all’inizio di un capitolo che raffigurava,
sotto al titolo, il piccolo disegno di una rosa.
La
Rosa d’Avorio è forse la più pericolosa
dimostrazione della teoria applicata di Granville. Altamente difficile
da reperire, racchiude in sé le principali
peculiarità floreali del crisantemo,
dell’artemisia e della margherita, rivelandosi utile nelle
combinazioni che necessitano della presenza di uno di questi elementi.
E’ risaputo che la Rosa, a causa del profumo altamente
tossico di cui i suoi petali sono intrisi, una volta esportata dal suo
contenitore si serva di sessanta secondi esatti per fare il suo
effetto; ragion per cui il pozionista dovrà farne veloce uso
entro questo limite di tempo senza arrischiarsi ad inalare aria. La
respirazione accidentale del suddetto odore comporta la morte immediata
della sua vittima. Trascorsi trenta secondi dalla sua estromissione dal
contenitore, la Rosa si priva auto sufficientemente del suo veleno
tornando allo stato originario.
11:
31 am.
La
scatolina rovesciata.
Il
petalo color avorio sul pavimento.
Che Hermione
Granger fosse stata così stupida da cadere vittima di
qualcosa di cui probabilmente aveva già studiato alla
perfezione gli effetti?
No, si disse Draco
immediatamente. Sapeva che non era così, eppure continuava a
sfuggirgli la ragione per cui ne fosse così certo.
C’era qualcosa che non quadrava con tutto il resto; dettagli
che continuavano a dileguarsi, pensieri che non volevano saperne di
evolversi e giungere alla fine di un possibile ragionamento.
Draco
cercò di non guardare più la ragazza e
concentrarsi sulla pagina appena letta. La Granger doveva essere morta
respirando l’odore della rosa di cui la pagina aperta
decantava la forte velenosità. Ovviamente aveva saputo a
cosa andava incontro; ma perché lo aveva fatto lo stesso?
Per quale motivo rischiare in quel modo? Non riusciva a capirlo,
né a capacitarsi di una tale mancanza di ragionevolezza.
Hermione
Granger, la paladina delle regole e della saggezza, che usufruiva di
nascosto, in un bagno appartato del settimo piano, di un oggetto con
tutta probabilità vietato sia dalla scuola che, come diceva
il libro, dal Ministero, era qualcosa di così incredibile
che Draco ancora sentiva di non averne colto la realtà.
Allontanandosi
da un testo che, più che rassicurarlo, sembrava confondergli
ulteriormente le idee, si avvicinò nuovamente al corpo della
Granger in una parvenza di calma più accettabile di quella
che avrebbe mai sperato. Si concentrò sulla Giratempo nella
speranza che fosse quella la chiave
di tutto quanto, che la Granger l’avesse seriamente usata
magari in vista di un errore appena compiuto e desiderosa di
correggerlo; era un’ipotesi folle e sconsiderata, eppure era
l’unica a cui valesse la pena aggrapparsi.
Una volta
placatosi, Draco fu in grado di ragionare su tutto ciò con
meno timore e più acume, e forse fu proprio
quest’ultimo a risvegliare in lui qualcosa di ritroso e
contrariato che aveva da poco preso ad assillarlo.
In fondo,
pensò, cosa
gli importava di tutto ciò?
Era forse
crudele da pensare, ma mai come in quel momento comprese la propria
stupidità nell’essersi trattenuto lì
per tutto quel tempo, nel rischio che qualcuno entrasse e lo scoprisse
presente ad una scena del genere; i sospetti sarebbero volati su di
sé in un baleno, e chi, se non Draco Malfoy,
avrebbe potuto desiderare la morte della Mezzosangue che aveva
pubblicamente sempre disprezzato e umiliato? Chi altri se non lui, a
detta di tutti, si sarebbe volentieri macchiato di una colpa di quel
genere? Chi avrebbe mai creduto alla sua innocenza, nella sua completa
estraneità da tutto questo?
Draco
continuò a guardarla e qualcosa di arrendevole, nel suo
sguardo, rese il suo viso meno rigido.
Non gli era
mai importato niente di lei, ma il fatto che l’avesse appena
vista morta lo toccava in un modo che doveva ancora sforzarsi di
comprendere.
L’aveva
odiata, l’aveva seppellita di insulti e dispetti, ma
c’era una grande differenza tra il divertirsi in questo modo
e desiderare sul serio la morte di una persona; un divario di cui lui
coglieva tutte le sfumature, ma che gli altri non si sarebbero mai dati
la pena di considerare.
Non avrebbe
voluto che lei morisse, pensò Draco. Per quanto
insopportabile fosse, per quanto non fossero mai andati
d’accordo, per quanto effettivamente, molti anni prima,
avesse goduto nel dichiarare pubblicamente le sue speranze in una morte
improvvisa della Mezzosangue Granger, in quel momento capiva che non lo
aveva mai desiderato davvero. E di come fosse stato stupido e infantile
a far credere il contrario a tutti gli altri.
Una volta
appurato che non traeva alcun tipo di gioia da una situazione simile,
Draco fu disturbato ancora una volta dal chiedersi cosa gli importasse,
effettivamente,
di scoprire per quale motivo lei fosse morta. Sarebbe stato
più sensato andarsene, attendere che qualcuno scoprisse il
suo corpo e lasciare a chi davvero le voleva bene il compito di
indagare.
Avrebbe potuto
farlo, sì.
Eppure…
Draco, perso
nei lineamenti della Grifondoro, si chiese se fosse davvero giusto fare
una cosa del genere. L’immoralità non era qualcosa
di cui si fosse mai curato, ma in quel momento la sentiva pesargli
addosso come un macigno ed era difficile, sul serio, decidere una volta
per tutte di lasciarsi alle spalle tutto ciò e uscire con da
quel bagno come se non avesse visto niente.
Come se non
avesse mai trovato Hermione Granger morta, come se lui si fosse
semplicemente chiuso in un cubicolo, pensando a Daphne e a come
spiegarle che la loro storia era finita, uscendo mezz’ora
dopo con le idee un po’ più chiare. Senza altri
problemi, senza niente che lo affliggesse in modo così
irrimediabile.
Privo di
pensieri, Draco si accucciò accanto a lei. Sembrava quasi
che la Granger dormisse, cullata dal semplice respiro del silenzio che
la circondava, e lui era assorto in consapevolezze che non comprendeva
e di cui ignorava gli sbocchi che avrebbero comportato. Non era mai
stato un tipo molto deciso, ma in quel caso scegliere la prossima mossa
da eseguire era di importanza così fondamentale che Draco si
maledisse amaramente per la sua continua esitazione.
Gli occhi,
grigi e cupi come il cielo di quel giorno che si intravedeva appena da
una finestrella aperta che dava sul soffitto, si scontrarono ancora con
la Giratempo abbandonata sul petto della ragazza e lentamente, quasi
senza che lui stesso ne acquistasse piena consapevolezza, una strana
idea si fece timidamente spazio tra i suoi pensieri nervosi.
Si
arrestò a contemplarne l’aspetto, piccola
clessidra di sabbia chiara cerchiata di un oro di abbagliante
luminosità, pensando a quando aveva chiesto a suo padre di
regalargliela per il suo ottavo compleanno. Ne aveva sentito tanto
parlare nei racconti con cui sua madre, ogni sera, lo allietava prima
di dormire, ed era rimasto così affascinato dal suo utilizzo
che non aveva tentennato dal mettere a soqquadro la biblioteca di
famiglia pur di saperne di più; e una volta scoperto
com’era fatta, e di quanto fosse rara, era diventata la
ricorrente ossessione che occupava la sua mente da quando si svegliava
fino all’ora del riposo.
Non aveva
fatto altro che chiedere a suo padre di procurargliela ed era stata una
vera delusione quando, dopo mille promesse e speranze da parte di
entrambi i genitori, aveva saputo che il Ministero non era disposto a
vendere quelle che aveva a disposizione. Draco ripensò alla
reazione avuta in quel momento e quasi sorrise; aveva pianto per una
settimana intera, tenuto il muso ai suoi genitori e minacciato
continuamente di scappare di casa.
Dopo un
po’ di tempo ovviamente aveva lasciato perdere, ma adesso che
se la trovava davanti, per la prima volta, non più figurata
sui libri, ma reale e vera e tangibile, sentì affiorare
attraverso il tempo tutto ciò che aveva letto a riguardo.
Sapeva bene
come funzionava. Ad ogni giro corrispondeva il numero di ore indietro
in cui lo avrebbe portato, e una voce, dentro di lui, gli
suggerì in un sussurro di provare a utilizzarla.
Draco si
trovò ad allontanare subito l’idea, ma quando
sollevò lo sguardo, incontrando nuovamente il volto di
Hermione Granger, qualcosa gli provocò un acuto brivido
lungo la colonna vertebrale.
E
se…
Stupite, le
labbra di Draco si socchiusero come a pronunciare ad alta voce
l’istinto che si era impossessato di lui nell’arco
di quei pochi secondi.
Folle, si disse con
convinzione. Come avrebbe potuto sperare di riuscirci? Come poteva
davvero desiderare di farlo? Era così sorpreso, da
sé stesso e da tutto ciò che si stava verificando
nella sua testa, che a malapena poté rendersi conto di
quello che stava accadendo.
Improvvisamente
si figurò, in un’immaginazione tutto
fuorché ostentata, prendere quella Giratempo, passarla
attorno al collo e tornare indietro di almeno un’ora; avrebbe
incontrato la Granger ancora viva, probabilmente, e
lui…
Gli occhi di
Draco si allargarono appena. Lui
avrebbe potuto salvarla. Magari l’avrebbe
sorvegliata, per scoprire in quale modo si fosse fatta del male, e
avrebbe evitato la sua fine.
Un vero
Grifondoro avrebbe sicuramente agito in questo modo; ma lui, Serpeverde
fino al midollo e con niente che gli fosse più caro a parte
sé stesso, per quale ragione avrebbe dovuto farlo?
La Granger non
era niente per
lui. Niente di niente. Non riusciva a trovare alcuna ragione per
riportarla in vita, qualcosa che gli facesse desiderare di averla di
nuovo nel mondo dei vivi.
Probabilmente
a Potter sarebbe importato, e a Weasley, e a molte altre persone, ma a lui… a
Draco Malfoy cosa sarebbe cambiato?
Perso in
quelle riflessioni, il ragazzo si era appena reso conto di aver portato
una mano sulla Giratempo, sfiorandola con dita quasi tremanti.
Era liscia, proprio
come sembrava la pelle della Mezzosangue che non voleva toccare. Non
aveva un vero motivo per salvarla, questo era ormai assodato; ma era
necessaria davvero una giustificazione, quando vi era di mezzo la
morte?
Non sarebbe
stato nobile agire con disinteresse, riportarla in vita con
semplicità, senza concentrarsi sulle conseguenze
né sui propri sentimenti, che in questo caso avrebbero
costituito un vero intralcio per i suoi intenti?
Lasciarsi
andare al disprezzo provato per lei non lo avrebbe reso migliore, agire
senza esitazioni, invece, avrebbe costituito per lui un bel
cambiamento.
Draco non
sapeva più cosa pensare; si sentiva più confuso
di prima e non riusciva a capire cosa volesse davvero.
Fu in uno
sprazzo di ribellione, forse per sé stesso, per i suoi
stereotipi, per i suoi stupidi ripensamenti e per la sua follia, che senza
perdere altro tempo sfilò la Giratempo dal collo della
Granger e, senza sprecarsi ad osservarla ancora, la indossò.
La catena dorata era fredda a contatto con la sua pelle, e la Giratempo
più leggera di come si era aspettato. Draco
continuò a stringerla nel pugno, deciso e ostinato,
lanciò un’altra occhiata veloce alla Granger, una
all’orologio da polso, - undici
e trentatré del mattino -, e senza insicurezza
ruotò la clessidra.
Soltanto
quando questa si fu fermata tra le su dita, frullo dorato che
balenò nei suoi occhi in una scintilla di un coraggio che
non aveva mai sentito di possedere, Draco capì sul serio il
gesto definitivo appena commesso e tutto ciò che questo
avrebbe comportato; in linea con i suoi pensieri confusi, il mondo
prese a sfocare attorno a lui in una finestra appannata di pioggia e,
attraverso odore di petali e rumori di passi, presto tutto
tornò al suo posto nella realtà appena vissuta.
Lui era
immobile, accovacciato sul pavimento, con una Giratempo tra le mani
tremanti e il pavimento era ormai sgombro di qualsiasi cosa. Soltanto
quando fu pienamente cosciente di ciò che aveva appena fatto
e, nel guardarsi intorno, scoprì che non vi era alcuna
traccia della Granger o di libri, calderoni e strane rose, il suo volto
si aprì in un lieve sorriso sollevato che annullò
in una volta sola tutti i dubbi avuti in precedenza.
Ce
l’aveva fatta.
10:
33 am.
Draco diede
un’altra occhiata all’orologio da polso.
Era
incredibile di come così tante cose potessero accadere in
brevi sprazzi di tempo. Fare mente locale sulla situazione fu difficile
e non immediato come aveva sperato in precedenza; occorsero vari
istanti prima che potesse rendersi conto di chi fosse e dove dovesse
essere in quel momento, e ancora di più per visualizzare il
reale sé stesso e dove in realtà si fosse trovato
alle dieci e mezza di quella mattina.
Lui non era
niente, se non un
ricordo futuro che ancora doveva manifestarsi nel vero
presente, per cui la cautela era assolutamente d’obbligo.
Formicolante
di eccitazione e paura, Draco si mise in piedi e si rese conto del
proprio pugno vuoto, sollevato per aria a stringere qualcosa che in
quel momento non era suo, nel ricordo di una Giratempo che doveva
trovarsi ancora al collo di chi la possedeva. Al collo di Hermione
Granger in vita.
A Draco
balenò l’urgenza di doverla tenere
d’occhio finché l’ora non fosse scaduta
e cercò di ricordare. Pozioni,
gli disse qualcosa nella sua testa. La lezione a cui lui, Nott, Tiger e
Goyle erano mancati per starsene in giardino a fumare, come in effetti
stava accadendo proprio in quel preciso momento.
Condividevano
i sotterranei con i Grifondoro ed era ovvio che la Granger si trovasse
lì; che dovesse presentarsi a lezione?, si
domandò Draco con incertezza. Aspettarla fuori
dall’aula sarebbe parso strano, e inoltre in questo modo
avrebbe perso mezz’ora di tempo prezioso in cui forse, se
sarebbe stato fortunato, lei avrebbe potuto tradirsi con atteggiamenti
o parole che rispecchiassero la ragione per cui si fosse rintanata in
quel bagno con quello strano libro e il suo calderone.
Era un piano
abbastanza sconclusionato, si rese conto Draco in un breve momento di
comprensione, ma l’unico che la sua mente confusa e
irrequieta potesse offrirgli, quindi ne seguì i propositi
senza pensarci oltre e, uscendo rapidamente dal bagno, si
fiondò giù per le scale.
Tutto era
più silenzioso di quanto si fosse aspettato, in una quiete
che al contrario di rasserenarlo sembrava spaccargli i timpani di
un’impellenza che sentiva sprofondare inesorabile dentro di
lui, e non poté impedirsi di oltrepassare i corridoi con una
circospezione di cui lo stesso Draco non concepiva il senso. Lui era un
intruso in una realtà che non gli apparteneva
più; aveva sul serio fatto la cosa giusta, ad agire in un
modo tanto impulsivo e avventato?
La stessa
considerazione fu sufficiente a far montare nel suo animo,
già costellato dei sentimenti più ansiosi, una
sensazione simile al panico che lo portò addirittura a
dubitare dei suoi stessi calcoli. Draco diede ancora una rapida
occhiata all’orologio, sentendosi crollare. Era davvero
sicuro che lui stesso, alle dieci e mezzo del mattino, si fosse trovato
in cortile a fumare con gli altri? Non era, per caso, andato prima da
qualche parte?
Se dapprima
Draco era stato certo di una risposta assolutamente negativa, adesso si
sentiva assalire dai dubbi e dalle incertezze più
superficiali e fu con palpabile agitazione, scorgibile dal fiato corto
e dagli occhi lievemente sgranati, che si precipitò alla
prima finestra che dava su quell’ala del giardino. Il vetro,
offuscato di freddo e brina, disegnava le colline in lontananza in
linee sfocate e tremolanti e gli alberi, il prato e le panchine al di
sotto della facciata si riducevano a un unico alone verdastro privo di
tratti decisi.
La mano di
Draco scattò a sferzare quella nebbia che gli impediva la
vista e fu sufficiente il lieve tocco del suo dorso per dissolvere
buona parte dell’impedimento visivo; seguendo la scia della
sua mano, il paesaggio apparve con precisione di fronte alla sua vista
e il cuore di Draco tremò appena nello scorgere, proprio
lì sotto, un gruppo familiare di ragazzi appostati nei
dintorni di una panchina protetta da folti cespugli. Qualcosa, dentro
di lui, si placò nello scoprire con certezza di dove il suo
sosia si trovasse, e si diede immediatamente dello sciocco per aver sul
serio dubitato di tutto quanto. Dalla visuale che si affacciava al suo
sguardo, poteva scorgere le sagome di Tiger e Goyle sedute alle radici
di un albero e due teste, una scura e l’altra chiara e
inconfondibile, affioravano dal retro della panchina di pietra dandogli
le spalle.
Draco Malfoy,
quello lontano e ancora incosciente dell’avvenimento che, tra
breve, gli avrebbe sconvolto qualcosa di più che fosse la
semplice giornata, portò le braccia all’indietro
sul dorso dello schienale e lasciò riversare la testa oltre
di essa in un movimento inaspettato. Draco, con almeno un secondo di
ritardo, trattenne bruscamente il fiato prima di scostarsi da
lì velocemente e togliersi dalla sua vista; inconsapevole
del fatto che il sosia, in lontananza, si fosse appena voltato di
scatto nel cogliere un brusco movimento provenire proprio da quella
finestra.
10:39
am.
Mancavano
ormai circa venti minuti alla fine della lezione, quando Draco
varcò la soglia dell'aula di Pozioni.
Fortunatamente
la sua entrata in scena, orribilmente tardiva e sconsiderata, fu colta
da soltanto un quarto delle persone presenti del sotterraneo e ignorata
da Piton, che si volse dall’altra parte in modo da evitargli
una paternale che, a detta di tutti gli altri, un alunno in
ritardo di un'ora abbondante avrebbe sicuramente meritato, ma che nel
caso di Malfoy si poteva perfettamente evitare. Tutti gli alunni
presenti, tra Grifondoro e Serpeverde, erano così
indaffarati con i propri calderoni fumanti che soltanto pochi di loro
si accorsero dell’improvvisa partecipazione di Malfoy, i
quali però non si esentarono dall’esprimere
sottovoce la propria indignazione per le continue dimostrazioni
preferenziali che Piton rivolgeva agli studenti della sua Casa.
Draco,
trovandosi improvvisamente annebbiato dal denso fumo di Pozioni che
gravava nei sotterranei soffocanti, si fece rapidamente strada tra un
tavolo e l’altro sentendo i mormorii seguire i suoi passi e
fu con un certo sollievo che prese posto accanto a Blaise, talmente
concentrato nel tagliare le sue radici da non averlo nemmeno notato.
«
Malfoy! - Sbottò, sorpreso. - Allora hai cambiato idea?
»
Draco
annuì in fretta, senza nemmeno sforzarsi di comprendere a
cosa si riferisse il compagno, e lasciò vagare lo sguardo
nei dintorni. Molti altri incrociarono il suo; Grifondoro ostili,
Serpeverde curiosi, una Daphne minacciosa proprio a pochi banchi di
distanza, ma la persona che cercava si lasciò individuare
soltanto quando Dean Thomas si spostò senza continuare ad
impedirgliene la visuale.
Il profilo di
Hermione Granger emerse tra sbuffi di vapore e cime di calderoni ed era
chino e concentrato sulla propria pozione. Benché Draco non
riuscisse a distinguere granché, da quella distanza, non
poté impedirsi di provare una strana sensazione nel vederla
viva. Nello scorgere i suoi occhi aperti, le gambe che la sostenevano,
il respiro che gonfiava il suo petto a intervalli regolari e
rassicuranti.
La guardò sfogliare un libro con dita vivaci, mescolare il
contenuto del calderone impugnando il mestolo con una forza che tra
poco le sarebbe mancata, scambiare qualche parola con Potter e Weasley
incosciente del fatto che quelle sarebbero state le sue ultime rivolte
ai due migliori amici. Inconsapevole che di lì a meno di
un’ora lei sarebbe parsa addormentata sul pavimento di un
bagno del settimo piano, e che Draco, intento adesso nell'osservarla
sentendosi affossare da sentimenti troppo annodati per poterne in
qualche modo venire a capo, sarebbe stato il primo a trovarla in quelle
condizioni, uno dei tanti a pensare di provare indifferenza,
l’unico ad avere la possibilità di vederla ancora
respirare e poterla riportare in vita.
Qualcosa di
accorto, dentro di lui, gli disse che la Granger avrebbe dovuto sapere
a cosa stava per andare incontro; che quella fosse la sua ultima
lezione, che stava per dire addio a tutte le persone presenti in
quell’aula, che ogni suo respiro era numerato e scandiva, uno
dopo l’altro, il tempo che ancora le rimaneva da vivere.
Poi
capì che in realtà nessuno avrebbe
mai voluto sapere una cosa del genere; lui per primo avrebbe preferito
rimanerne all’oscuro, e in generale credeva che la gente
fosse molto meno coraggiosa di ciò che volesse far credere,
compresi i Grifondoro. L’avrebbe sconvolta, scioccata,
traumatizzata. No, Draco doveva agire in assoluto segreto ed impedire
la sua morte senza cercare di entrarci eccessivamente in contatto.
La Granger non
avrebbe dovuto insospettirsi, né incuriosirsi di lui; ne
andava degli stessi risvolti che avrebbero seguito una possibile
riuscita dei suoi intenti, o della sanità mentale di
entrambi, per lo meno.
«
Draco, cosa stai guardando? »
Risvegliandosi
dai suoi pensieri, il volto di Draco si cosparse di un’ombra
di fastidio nel trovarsi Daphne proprio vicina a lui.
Doveva essere
lì già da un pezzo; magari lo aveva chiamato fino
a quel momento e lui non l’aveva nemmeno sentita. Con le
braccia incrociate, la Serpeverde continuava a guardare
ininterrottamente Draco, poi la Granger, poi di nuovo Draco, in un
barlume perplesso e diffidente nello sguardo che fece sprofondare il
ragazzo in una rabbia del tutto ingiustificata e irragionevole.
«
Niente. - Fu la sua secca risposta. - Torna alla tua pozione
».
«
Veramente stavo per chiederti come mai hai saltato la prima ora di
lezione ».
«
Perché mi andava ».
«
Non me lo avevi detto, però » rispose Daphne a
tono, testarda, e Draco si trovò così disarmato
che fu dura, sul serio, resistere alla tentazione di estrarre la
bacchetta e metterla a tacere con un Incantesimo Silenziante.
Per tutta
risposta, lui decise di ignorarla. Voltandosi verso Blaise, che cercava
platealmente di trascurarli fingendo di dedicare eccessivo interesse
alla fiamma del calderone, attirò a sé alcuni
ingredienti a caso e si preparò per cominciare anche lui a
lavorare.
Quando ebbe
finalmente acceso anche lui il paiolo e versato l’acqua al
suo interno, Daphne sembrò stufarsi di starsene
lì immobile ad attendere una risposta che non sarebbe mai
arrivata e, con uno sbuffo, se ne tornò al suo tavolo. La
schiena di Draco si rilassò appena e Blaise, nello scorgere
la sua consolazione, non riuscì a reprimere un ghigno
divertito.
«
Credo che ti aspetti una giornata stressante, Malfoy ».
Gli occhi di
Draco volarono nuovamente in direzione della Granger. Aveva appena riso
a una battuta di Weasley e, scuotendo poi la testa in un gesto
esasperato, si era abbassata per aumentare la fiamma alla sua pozione.
Sbatté le palpebre soltanto quando Dean Thomas, ancora una
volta, si rimise seduto ostacolando la vista della ragazza.
«
Già. - Mormorò. - Non immagini neanche quanto
».
Non fu affatto
facile, nella consapevolezza di trovarsi in una situazione del genere,
fingere di comportarsi normalmente; Draco fu costretto, per non
insospettire Blaise o qualcun altro, a lavorare sulla stessa pozione di
tutti gli altri e dedicarsi continuamente a ingredienti così
ardui a tagliare e sminuzzare che ben presto, al limite della pazienza,
il ragazzo ficcò interi nell’acqua del calderone
senza nemmeno curarsi di quel che ne sarebbe venuto fuori.
Se avesse
potuto avrebbe semplicemente mollato tutto quanto, appostandosi poi
vicino alla Granger per origliare i suoi discorsi e spiare le sue
mosse, ma le condizioni attuali gli impedivano di farlo e Draco dovette
accontentarsi di guardarla da lontano, pressoché
ininterrottamente, lavorare con impegno alla sua pozione e
chiacchierare ogni tanto con i suoi amici.
Era
così strano,
tutto quanto, che Draco a malapena sentiva di rendersi pienamente conto
dell’enormità di ciò che stava per
compiere.
Stava
per salvare la vita alla Granger.
Ad una Mezzosangue.
Se soltanto
glielo avessero detto il giorno prima, non avrebbe esitato a
considerarla un’eventualità così
sconsiderata da essere a fatica degnata di considerazione; figurarsi se
lui, Draco Malfoy,
si sarebbe in qualche modo messo in pericolo per qualcuno di cui non
gli era mai importato niente e che anzi, costituiva di per
sé un bersaglio su cui sfogare la sua cattiveria e
crudeltà più abissali. Immerso in quelle
considerazioni, Draco stavolta fece a meno di chiedersi per quale
assurda ragione in realtà lo stesse facendo. Non sarebbe
probabilmente venuto a capo di niente nemmeno in tale occasione, e come
se non bastasse, si trovava così confuso che ripetersi
domande senza risposta avrebbe ulteriormente aggravato il conflitto in
cui il suo cervello versava al momento.
Forse era
meglio non pensarci; lasciare da parte i vecchi pregiudizi e le
considerazioni personali, e concentrarsi unicamente su di lei come persona, senza
badare al sangue, al ceto sociale o alla Casa di appartenenza.
Draco ci
rifletté per un attimo e pensò che fosse una
buona idea; qualcosa di troppo
vergognoso e umiliante
per essere ammesso ad alta voce, ma comunque una buona idea.
«
Non per fare il ficcanaso, Malfoy, - disse Zabini
all’improvviso, con indifferenza, - ma stai fissando la
Granger da quando sei arrivato, e l’occhio di falco di Daphne
ha avuto la meglio anche stavolta. Se ci fai caso, non ha
un’espressione esattamente civile ».
Stupito, Draco
si volse prima verso Blaise e poi in direzione di Daphne, che fissava
la Granger in modo deliberato e ostile.
Ma
ti consiglio di raggiungerla subito, prima che si decida una volta per
tutte ad avvelenare la Granger.
«
Comunque sia, perché lo stai facendo? Cosa
c’è, adesso ti piacciono le Sangues…
»
«
Hai frainteso tutto quanto. - Ringhiò Draco, imponendosi una
calma che sentiva svaporare di minuto in minuto. - E così
anche la mia cara
fidanzata ».
Non
troverei certo qualcosa in contrario, in tal caso, ma sai
com’è fatta Daphne; le sue mosse sono sempre
così azzardate che saremmo tutti quanti indagati prima
ancora di sapere del suo successo.
Blaise…
cosa diavolo c’entra la Granger?
Collegamenti,
pensò Draco in un moto di profondo stupore.
Era stato
tutto collegato. Tutto
quanto.
La
conversazione sotto l’arcata con Blaise, che sul momento gli
era parsa soltanto un po’ inusuale, adesso assumeva le
dirette forme criptiche di qualcosa di importante che gli era sfuggito
e fu con irritazione, che si ritrovò a passare tutto quanto
al setaccio delle sue analisi. Aveva incontrato un Blaise appena uscito
dai sotterranei senza sapere che lui stesso, probabilmente pochi minuti
prima, aveva partecipato alla lezione che credeva di aver saltato; una
lezione in cui aveva fissato Hermione Granger così
avidamente da far insospettire Daphne e provocare in lei il desiderio
di vendetta ai danni della ragazza.
Tutto era
già stato tracciato alle sue spalle. Draco
cominciò a sentirsi non più l’artefice
del destino della Granger, ma una semplice pedina che avrebbe dovuto
seguire tracce già calcolate e segnate. La vita di Hermione
Granger, scritta a matita dal fato, che Draco Malfoy avrebbe dovuto
rendere reale passandoci sopra con l’inchiostro.
I venti minuti
di lezione trascorsero così velocemente che,
all’annuncio con cui Piton li esortò a sbrigarsi
con le loro pozioni, Draco si sentì sprofondare nel panico
al solo pensiero di ciò che sarebbe accaduto dopo il suono
della campanella.
Il professore
prese a fare rapidamente il giro dei tavoli per esaminare il lavoro
degli studenti e per fortuna, quando giunse alla pozione di Draco, di
un giallo ocra quando quella di Blaise, eseguita alla perfezione, si
presentava turchese, decise di minimizzare il fallimento con
l’essere arrivato in ritardo e che per questo non sarebbe
stato valutato. Draco scoprì di non provare alcuna gioia per
questo inaspettato vantaggio; al momento, la pozione e le valutazioni
erano davvero l’ultimo dei suoi pensieri. Poco prima che le
due ore di Pozioni scadessero, Piton si ritirò alla cattedra
e sorvolò con lo sguardo l’intera aula annebbiata
di vapore.
«
Confido - sibilò tetro, - che tutti voi ricordiate con
esattezza l’importanza della pozione con la quale dovrete
presentarvi alla prossima lezione. Poiché necessita di
ventiquattro ore di riposo prima di poter essere conclusa, avrete una
settimana per trovare il tempo di dedicarle appieno la vostra
attenzione e consegnarla in un’apposita fiaschetta a lato
della quale dovrete applicare una targhetta con il vostro nome. La
riuscita della Pozione
della Memoria influirà in modo decisivo con la
valutazione con cui verrete portati ai M.A.G.O., ragion per cui un voto
che non sia superiore ad Oltre
Ogni Previsione porrà chiunque di voi a forte
rischio di bocciatura nella mia materia. E’ tutto ».
Mentre Piton
parlava, gli occhi di Draco si erano casualmente spostati di nuovo
sulla Granger e da lì non si erano più
allontanati. Forse era solo una sua impressione, ma lei sembrava
davvero troppo
interessata a ciò che diceva il professore; non era una
novità che solitamente fosse l’unica ad ascoltare
le direttive che venivano elargite a fine lezione, ma stavolta sembrava
esserci qualcosa di diverso. Si era bloccata nell’atto di
rimettere i libri nella borsa, lasciandoli sospesi al suo fianco, e da
quando Piton aveva cominciato il suo discorso lei non aveva avuto occhi
e orecchie per nient’altro.
Più
volte aveva tirato una gomitata a Weasley per interrompere le sue
chiacchiere, senza però distogliere l’attenzione
dal professore.
Draco era
sempre stato abbastanza bravo a cogliere lo stato d’animo
delle persone, e l’espressione coinvolta, quasi avida,
impressa sul volto della Mezzosangue, non poteva passare inosservata
per lui. Perfino da quella distanza aveva colto lo scintillio balenante
negli occhi scuri della ragazza; una luce che suggeriva desiderio,
l’assoluta fermezza e decisione nello scavalcare qualunque
cosa, avvalersi di qualsiasi mezzo e infrangere le regole
più ferree, a costo di ottenere quel conclusivo Eccezionale.
Proprio in
quel momento, sulle soglie delle sue nuove considerazioni, la
campanella trillò dai piani alti e tutti si alzarono dai
tavoli. Draco lasciò perdere il calderone e si
affrettò ad aggirare il tavolo; il cuore in gola e il
respiro frammentato, stava cercando di individuare la Granger tra la
moltitudine di persone che si affrettava a uscire, quando si
sentì chiamare indietro dall’acuta voce di Daphne.
Fingendo di
non udirla, Draco si infilò immediatamente nel flusso di
studenti e si lasciò guidare fuori dall’aula.
11:00
am.
Lei
mi ha chiesto il perché del tuo comportamento.
Scappare…
non esageriamo. Ho soltanto rimandato un momento che non ho alcuna
voglia di affrontare.
No, si disse Draco.
Lui era davvero scappato,
e solo adesso ne acquistava consapevolezza.
Se la stava
squagliando su per le scale, assieme a tutti gli altri, e Daphne
probabilmente aveva appena smesso di chiamarlo, chiedendo a Blaise come
mai Draco la trattasse così male.
Lui le avrebbe
risposto che non lo sapeva, e Daphne, dopo aver criticato la Granger,
avrebbe chiesto a Blaise di dire a Draco che lei lo aspettava nella
Stanza delle Necessità.
Allora Blaise
avrebbe salito le scale, chiedendosi dove diavolo fosse andato Draco
così in fretta, e uscendo pochi minuti dopo verso
l’esterno, lo avrebbe visto dirigersi verso di lui dal
giardino. Avrebbe commentato la puzza di fumo che emanava e la sua
conclusione sarebbe stata che Draco fosse appena fuggito
dall’aula con il solo scopo di farsi un tiro con Nott e gli
altri.
Meglio così,
fu la sua conclusione. Almeno i sospetti di Blaise erano sistemati;
Daphne, invece, era un altro paio di maniche.
Sarebbe stato
difficile più tardi, una volta tornato nel presente, fortuna
permettendo, convincerla della totale estraneità della
Granger sul fatto che lui desiderasse lasciarla. Era una preoccupazione
pressante, quasi peggiore di ciò che sapeva si sarebbe
trovato ad affrontare tra pochi minuti, e proprio per questo Draco
decise di accantonarla finché non fosse stato
completamente libero di pensare soltanto a questo.
Per il momento
doveva occuparsi unicamente di Hermione Granger.
Draco
continuò a salire le scale seguendo la scia dei Grifondoro,
sperando di avvistarla il prima possibile, e ciò accadde
quando si ritrovò alla sommità delle rampa e
intravide il trio in lontananza, di fronte all’entrata della
Sala Grande. La Granger si era portata via il calderone
dall’aula e lo teneva tra le braccia con un mucchio di libri
ficcati al suo interno.
Parlò
per qualche istante con Potter e Weasley, poi fece loro un cenno di
saluto e si avviò verso i piani alti; quando fu a circa
metà della scalinata, Draco capì che era giunta
l’ora di seguirla.
11:05
am.
Hermione
Granger doveva certamente essere abituata alla prudenza, o almeno era
ciò che Draco dedusse dal pedinamento.
Era
estremamente attenta e vigile nei confronti di qualsiasi cosa la
circondasse; i suoi piedi, acqua che scorreva su una coperta
di seta, si dirigevano spediti verso la loro destinazione senza
esitazione alcuna. Si muoveva veloce, guizzava da un corridoio
all’altro con una tale decisione da rendere difficile
riprendere le sue tracce e, a regolari intervalli di una decina di
metri di distanza gli uni dagli altri, voltava appena la testa
dirigendo lo sguardo al di là della sua spalla come se
temesse di essere seguita.
Draco, mentre
la tallonava, si era chiesto più volte se la Mezzosangue si
fosse davvero accorta della presenza di lui, ma dal momento che non si
era mai fermata, né, da quel che ne poteva vedere, aveva
estratto la bacchetta, lasciò la preoccupazione a quando
lei fosse giunta alla sua meta. Più la guardava,
con i capelli che le ondeggiavano sulle spalle, il mantello smosso dal
movimento e la schiena rigida come poche, più si ricordava
di come l’aveva trovata nel bagno; aveva una vaga idea,
quella Hermione Granger che vedeva di fronte a sé, di
ciò che tra poco le sarebbe accaduto? Aveva saputo a cosa
sarebbe andata incontro?
Ben presto il
settimo piano si affacciò alla loro vista e Draco,
avvertendo l’agitazione emanare dalla sua stessa pelle
tremante, svoltò l’angolo appena in tempo per
vederla entrare nel bagno.
Il cartello
GUASTO, appeso sulla porta, cessò di oscillare soltanto
quando Draco lo ebbe raggiunto e bloccato poggiandovi delicatamente due
dita.
Poteva sentire
il cuore vibrargli di concitazione; stava a lui, adesso, fare
qualcosa, e il fatto che proprio in quel momento la Granger fosse
lì dentro a adoperare gli stessi oggetti che dovevano aver
provocato la sua morte, non faceva altro che porlo ancora di
più in uno stato di agitazione quasi febbrile. Fu nello
stesso istante, che Draco scelse di agire.
Piano,
dolcemente, atterrito dal solo pensiero che la porta cigolasse o
scricchiolasse, lui la sospinse in avanti di pochi centimetri.
Accostandosi alla fessura, fu in grado di intravedere un poco di quel
che stava accadendo senza però avere una degna visuale
dell’intera scena.
Decidendo di
osare e rischiare ulteriormente, la mano di Draco spinse la porta
finché non fu soddisfatto e avanzò di un lieve
passo, il viso vicinissimo all’apertura. Proprio nello stesso
punto in cui lui stesso l’aveva trovata, quello che adesso
appariva molto tempo prima, distesa e priva di vita, adesso Hermione
Granger stava seduta a gambe incrociate dandogli le spalle.
I libri, il
calderone e perfino il suo foglio di appunti erano posizionati
esattamente come Draco li avrebbe trovati, tranne per un particolare;
poggiata accanto a lei sul pavimento, stavolta, era posta una piccola
scatolina ancora chiusa la cui mente del ragazzo la
immaginò, in un solo soffio di tempo, rovesciata e aperta
accanto al paiolo. Draco avvertì il battito accelerarsi e le
dita si irrigidirono sulla superficie della porta.
E’
risaputo che la Rosa, a causa del profumo altamente tossico di cui i
suoi petali sono intrisi, una volta esportata dal suo contenitore si
serva di sessanta secondi esatti per fare il suo effetto.
Ecco dove si
trovava la rosa. La causa di tutto, e ciò che Hermione
Granger non avrebbe mai dovuto cercare di utilizzare.
In balia del
suo stupore, allo sguardo di Draco sfuggì un rapido
movimento commesso proprio a pochi centimetri di distanza da
dov’era puntato; un volto giratosi per caso, magari
avvertendo l’odore di un’intrusione malcelata,
inchiodò in modo fulmineo l’attenzione su di lui
e, nell’arco di una bacchetta estratta e una formula gridata
al vento, l’incantesimo si diresse proprio in sua direzione.
Draco
trattenne il respiro; richiuse la porta con uno scatto, che
vibrò al contatto con la stregoneria appena lanciata
dall’altra parte, e a sua volta estrasse la sua unica arma.
La mascella serrata, impugnò la bacchetta con forza e
ruotò la maniglia.
Stavolta
l’incantesimo non lo colse impreparato e Draco, ricevendo le
sue scintille in pieno volto, formò appena in tempo uno
scudo protettivo che gli diede modo di farsi largo nella stanza e
sbattersi la porta alle spalle.
Ne
approfittò per bloccare la serratura; la difesa, che
assorbì ogni stregoneria lanciata dalla Granger, resistette
appena in tempo per un altro incantesimo, dopodiché Draco
scivolò sul pavimento per evitare l’ennesimo
attacco.
La caduta fu
dura, ma il Serpeverde si rialzò subito dopo e
l’istinto lo portò a puntare la bacchetta
direttamente su di lei.
« Malfoy? »
Dal centro del
bagno, Hermione Granger lo fissava turbata e infastidita. La bacchetta
ancora in posizione di attacco, era ovvio che aspettasse soltanto un
passo falso del nemico per poterlo aggredire di nuovo e Draco, in tutta
onestà, non aveva il minimo timore che lei potesse davvero
metterlo in difficoltà. Non per questo, però,
cercò di provocarla in qualche modo.
Approfittò
soltanto del breve istante di confusione della Grifondoro per osservare
i dintorni, e ciò che vide gli rimandò con
esattezza ciò che aveva avuto modo di studiare al momento in
cui l’aveva trovata; tutto era identico a come ricordava, ad
esclusione del corpo disteso della Granger proprio lì
accanto.
Il foglio di
appunti, poggiato in prossimità del calderone, era ancora
salvo e le annotazioni della Granger si leggevano alla perfezione. Da
quella distanza, Draco poté scorgere una lista di
ingredienti e una serie di schemi complicati collegati a ognuno di
questi.
Che vi fossero
calcolate le proprietà di cui parlava quel tal Granville?
Che la Mezzosangue si fosse adoperata per un vero e proprio esperimento
di sua invenzione? Di certo era abbastanza intelligente per farlo,
anche se stavolta, pensò Draco, le cose le sarebbero andate
diversamente da come aveva pensato.
«
Vattene. - Disse lei in risposta al suo silenzio, la bacchetta che non
accennava ad abbassarsi. - Ho bisogno di stare sola ».
«
Non prendo ordini da te, Mezzosangue ».
In uno sprazzo
di audacia che di invadenza, per lei, ne aveva tutte le
caratteristiche, Draco prese ad avanzare in direzione dei suoi oggetti;
muovendosi velocemente di lato, la bacchetta ancora puntata su di lui,
Hermione lo precedette e fece in modo di arrestarlo.
«
Per l’ultima volta, Malfoy. - Disse imperiosa, evidentemente
seccata dell’interruzione. - Non c’è
niente qui che possa destare il tuo interesse. I miei amici sanno dove
sono e mi raggiungeranno tra poco. Non potrai difenderti, senza i tuoi
tirapiedi a pararti le spalle ».
11:08
am.
Nonostante
fosse abbastanza dura da ammettere, Hermione Granger aveva sempre
trovato il modo di stupirlo.
Sia in
positivo che in negativo, c’era qualcosa di strano in lei che
la portava ad agire nel perfetto contrario di ciò che la
gente solitamente si aspettava. E così era successo anche
con Draco; quando era rimasto sconvolto nell’accorgersi che
una sporca Mezzababbana conoscesse la Magia perfino meglio di lui, dal
sangue puro e nobile; quando, meglio di tutti gli altri, lei era stata
capace di stuzzicarlo e ridicolizzarlo con le proprie saccenti
considerazioni; quando poco più tardi, ad un suo insulto, si
era visto rispondere con lo schiaffo
più sorprendente e doloroso che avesse mai
ricevuto in vita sua; quando, all’entrata in sala
nell’occasione del Ballo del Ceppo, aveva lasciato tutti a
bocca aperta in una dimostrazione di acuta femminilità fino
a quel momento ben celata; e infine adesso, in quello sporco bagno che
odorava di abbandono, nel tentare di salvarle una vita che lei adesso
credeva essere in pericolo.
Era evidente
che la Granger avesse paura di lui e che si sforzasse di mascherarlo in
un cipiglio inalberato; per quanto lei fosse sicura delle sue
capacità magiche, lui era pur sempre un ragazzo, era
così alto e forte in confronto a lei, e in più
erano soli e serrati in un bagno isolato.
Se avesse saputo la
verità, si disse Draco, quasi percependo sulla
propria pelle l’inquietudine della ragazza.
Se
soltanto avesse compreso che la sua presenza lì sarebbe
stata un bene, e non un male.
Nonostante le
sue stesse labbra premessero per raccontarle la verità, per
dirle chiaro e tondo che quella dannata rosa costituiva un pericolo per
la sua vita, si sforzò di accantonare la tentazione e in un
attimo di lucidità abbassò lo sguardo sugli
appunti e sulla scatolina sul pavimento. Senza poterselo impedire,
Draco sogghignò.
«
Punto primo, Granger, i tuoi amici non sanno affatto che sei qui,
perché stai per preparare qualcosa di illegale e non
vorresti rischiare di essere scoperta da loro ».
Avanzando di
un passo, aggirò la pila di libri e si chinò
appena sulla scatolina, senza accennare ad allontanare la bacchetta da
lei.
«
Punto secondo, in effetti qui c’è qualcosa in
grado di destare il mio interesse, ed è precisamente il
contenuto di questa scatola. Viste le conseguenze
dell’utilizzo della rosa, non c’è da
stupirsi che sia proibita, quindi devo dedurre che tu abbia trovato il
modo di sottrarla dalle scorte private di Piton. Un bel lampo di genio
Granger, sul serio, peccato che qualcuno
abbia scoperto tutto e non esiterà ad avvertire gli
insegnanti nel caso in cui tu decidessi sul serio di adoperarla
».
11:11
am.
Ricatto.
Lo sguardo
della Granger non lo accusava di altro e Draco, sentendosi ingabbiare
dal suo risentimento, non poté fare a meno di distogliere
l’attenzione da lei per fingere di dedicarla ancora agli
appunti che era in grado di leggere dall’alto.
Le parti si
erano rovesciate, e la Mezzosangue lo aveva capito; adesso comprendeva
a fondo i guai in cui Malfoy non avrebbe esitato a lasciarla in balia
nel caso in cui non avesse eseguito i suoi ordini, e allo svantaggio in
cui lei stessa versava in quel momento. Draco sapeva di essere nel
giusto riguardo ai suoi amici, ma la sorpresa della Granger era
affiorata soltanto con l’ultima parte del discorso e fu
questo, più di ogni altra cosa, a fargli chiedere
perché diavolo fosse così necessaria per lei
l’uso di quella rosa e le stupide teorie a cui era legata.
Cosa aveva avuto intenzione di fare? Come aveva potuto morire in modo
così sciocco?
Improvvisamente
allarmato, Draco lanciò un’occhiata
all’orologio da polso e cominciò a domandarsi in
quale arco di tempo era più probabile che la ragazza fosse
deceduta. Le lezioni erano finite alle undici in punto; tolti i dieci
minuti necessari per giungere al bagno e sistemare le sue cose, come
l’aveva appena vista fare, qualunque ora successiva sarebbe
parsa probabile. Però Draco l’aveva trovata: quale
orario poteva essere stato? Sapeva all’incirca di aver
lasciato Nott e gli altri almeno un quarto d’ora dopo il
suono della campanella, e tra la conversazione con Blaise e il
raggiungere il settimo piano, doveva aver trovato la Granger alle
undici e mezza.
Approssimativamente,
quindi, a meno che i suoi calcoli non fossero clamorosamente sbagliati,
Hermione Granger doveva essere morta in un momento qualsiasi tra le
undici e un quarto e le undici e mezzo; il che, considerata
l’ora esatta di quel momento, significava che fra quattro
minuti contati avrebbe dovuto fare molta attenzione a qualsiasi azione
della Granger, e soprattutto a quella rosa ancora ben chiusa.
«
Perché? - La domanda della Granger, che lo aveva fissato
fino a quel momento senza dire una parola, affiorò spontanea
e ferita. - Quale vantaggio otterresti nel controllarmi? Non devi
immischiarti in quello che faccio ».
«
Suppongo che tu abbia intenzione di preparare la pozione appena
nominata da Piton. - Disse Draco, senza mostrare in alcun modo di
averla sentita. - Allora fallo, qui davanti a me. Ma senza quella rosa.
Con i veri ingredienti elencati nel libro di Pozioni ».
« Mi
spieghi cosa diavolo ti prende? Cosa può importare a te di
cosa… »
« Accio! »
11:13
am.
In un tenue
svolazzo di foglie autunnali, la bacchetta fendé
l’aria silenziosa depositandosi su un palmo bianco come il
marmo; quando Draco strinse la bacchetta di Hermione, un sorriso
istintivo affiorò sulle sue labbra soddisfatte e non si fece
alcuno scrupolo a fingere di godere di averla in qualche modo in pugno,
sia metaforicamente che letteralmente. Non cercò
però in alcun modo di trarre soddisfazione
dall’indignazione che doveva essere appena comparsa sul volto
della ragazza.
Si
limitò semplicemente a intascare la propria bacchetta e a
rigirarsi quella della Mezzosangue tra le dita in un gesto meditabondo
da cui traspariva una certa caparbietà di spirito.
«
Adesso, - sibilò, più tranquillo di come in
realtà si sentisse, - sono certo che mi ascolterai
perfettamente, Mezzosangue. Prima, però, è
necessario togliere di mezzo ancora un altro elemento di disturbo. Evanesco ».
Puntò
la bacchetta di Hermione sulla scatolina che conteneva la Rosa
d’Avorio, e questa si dissolse nell’aria lasciando
perfettamente intatta la cima della pila di libri. La reazione della
ragazza, respiro mozzato di indignazione e occhi scuri più
grandi di come fossero mai stati, fu confinata in un trascurato angolo
del suo campo visivo mentre le dita di Draco, lunghe e pallide,
giocherellavano ancora con la bacchetta.
« Come osi? - La voce
apparve spezzata come un debole ramo piegato dal vento. - Come puoi
avere la presunzione e la sfacciataggine di irrompere qui e demolire il
mio lavoro? »
«
Granger… »
«
Cosa diavolo ci fai tu qui?
»
Bella
domanda.
«
Restituiscimi immediatamente la bacchetta, Malfoy, o ti giuro
che… »
«
Cosa? »
Tono profumato
di curiosità, sguardo cosparso di cupa rassegnazione.
Draco
sollevò finalmente gli occhi su di lei e la trovò
forse più vicina di quanto ricordasse; il volto turbato di
rabbia, il fiato mozzo, la minaccia che cercava di far trasparire fin
dal suo ultimo centimetro di pelle. Il mento era sollevato in sfida e
Draco seppe, al solo ricambiare la sua attenzione, che nessuna offesa
l’avrebbe mai indotta a supplicarlo di lasciarla in pace. Le
sue difese erano una cinta muraria di straordinario spessore e niente e
nessuno, tantomeno lui, sarebbe mai riuscito a convincerla ad
abbassarle.
La Granger era
così simile a lui in questo. Forse, se fosse stato in lei,
Draco si sarebbe comportato allo stesso modo. Le identiche parole,
quella affettata, pallida dimostrazione di possedere il controllo di
una circostanza che era sfuggita di mano già da troppo tempo.
«
Non hai niente con cui minacciarmi, Granger. - Un sorriso sarcastico
dipinse le labbra sottili di Draco. - E d’altra parte, non
hai nessun motivo per farlo. Non voglio farti del male».
Sciocca
Mezzosangue, voglio salvarti la vita.
«
Perché dovrei crederti? - Hermione era insieme stupita e
scettica. - Non è un mistero che mi odi. Sono disarmata,
siamo soli, hai la possibilità di attaccarmi. Approfitterai
sicuramente del vantaggio ».
«
Non oggi, Granger. - Gli occhi di Draco caddero nuovamente
sull’orologio da polso. - Non adesso ».
11:16
am.
Sarebbe stato
sicuramente arduo, per lei, da pronunciare ad alta voce; quella morbida
scia di zucchero che aveva cosparso la sua lingua al suono di campane
più benevoli di quanto si sarebbe aspettata, affondare in
occhi privi del mare crudele da cui erano stati precedentemente
intrisi, tangibile e forte, di fronte a lei, una presenza che si
sarebbe dissolta al più presto nell’aria senza
lasciare alcuna traccia di sé.
Draco Malfoy
sarebbe scomparso in sbuffi di polvere dorata e lei, fendendo
l’aria con dita fragili e spalancate, avrebbe stretto il
niente; quell’aria fredda che non aveva voluto, su cui aveva
sputato il suo veleno più letale e segreto, la teneva adesso
prigioniera in una cella che da cui aveva ben presto smesso di
desiderare di evadere.
C’era
stato qualcosa di insolito, nel modo con cui Draco Malfoy le si era
approcciato e in cui ancora la stava valutando. Una forte
ambiguità che la disorientava e la colpiva al tempo stesso,
sussurrandole di continuare a porre le domande che vibravano di
confusione sulla soglia delle sue labbra ora socchiuse, e poi
all’istante ritirate fino in fondo al suo animo, lasciandosi
alle spalle una risposta che non sarebbe mai arrivata.
Lo guardava
essendo consapevole che la confusione non fosse ricambiata e
tormentandosi, nello stesso istante, dello sguardo di Malfoy che le
penetrava la carne in un turbinio di pioggia autunnale; lui aveva
capito già tutto di lei, mentre Hermione non avrebbe nemmeno
saputo da che parte cominciare a studiarlo, quali angoli deboli
sfiorare per insinuarsi dentro la sua psiche proprio come Draco
sembrava aver già fatto nei suoi confronti.
Lui continuava
a ammirarla e ad attendere. Poteva avvertire lo scorrere incessante
della piccola lancetta al suo polso e regolarizzare la sua avanzata col
battito del cuore che si era fatto sempre più veloce, in
un’angoscia dolorosa e snervante che sembrava togliergli le
poche forze rimaste.
«
Cosa vuoi da me? » domandò Hermione, i pugni
stretti che sfioravano l’orlo di una gonna tremante.
«
Soltanto che prepari quella pozione nel modo tradizionale. -
Sibilò Draco, deciso e penetrante. - Niente di
più. Io mi limiterò a sorvegliarti ».
«
Immagino che non mi dirai la motivazione di una richiesta simile da
parte tua ».
«
Mettiamola così, Granger. - La voce di Draco si
abbassò quel tanto perché Hermione non se ne
sentisse più sovrastata. - Io non ti farò domande
sul perché tu volessi infrangere le regole per una semplice
pozione, tu non me le farai circa la mia presenza qui. E adesso
comincia a lavorare; non ho tutto il pomeriggio da spendere qui
».
11:17
am.
Non
era una semplice pozione.
Quel dardo
breve e sottile, che oltrepassò gli occhi della Mezzosangue
in una scintilla di collera, trafisse Draco della consapevolezza di
averlo sempre saputo; forse se ne era reso conto fin dal primo istante
in cui l’aveva vista distesa per terra, priva di vita, la sua
immagine sormontata da un calderone vuoto e fumante a cui Draco non
aveva saputo dedicare la minima attenzione, ed ecco che questo gli
ripiombava nella mente rimandandogli al futuro che lui stava cercando
di modificare.
No,
non era mai stata una semplice pozione per lei.
Probabilmente
non qualcosa per cui valesse la pena di perdere la vita, ma rischiarla, questo
sì; il gusto di compromettersi, di agire in segreto e
compiere studi mai immaginati prima d’ora, era il piacere
dentro cui la Mezzosangue si era lasciata sprofondare senza mai
più trovare modo di riemergerne.
In completa
solitudine, con nessuna compagnia che non fosse una boccetta di
inchiostro, una piuma affilata e pagine muffite di libri consunti, lei
si era adoperata per brillare in un cielo oscurato di stelle che ogni
notte si ritrovava a sognare con brama sempre più acuta.
Arrivare alla
perfezione, al voto massimo, alle lodi più spregiudicate.
Essere la migliore.
La
migliore.
11:20
am.
La schiena
della Granger era dritta come se sedesse su una coltre di spine
appuntite di freddo.
Le gambe
incrociate nella stessa maniera in cui l’aveva trovata pochi
minuti prima, le dita si intrecciavano in ingredienti che aveva
fortunatamente recuperato dal fondo della sua borsa e che, passando dal
tocco caldo delle sue mani a quello bollente dell’acqua del
calderone, godevano della sua piena attenzione. L’espressione
della ragazza, a metà tra il concentrato e il risentito,
lasciava intuire che nonostante il palese dispiacere derivato dalla
fastidiosa presenza di Malfoy, non avrebbe per niente al mondo
rischiato di eseguire in modo sbagliato una pozione, ed era forse per
questo che si sforzava così vistosamente di fare attenzione
al dosaggio piuttosto che lasciarsi andare agli improperi contro il
Serpeverde.
China
com’era sul suo calderone, con lo sguardo ostinatamente basso
che si premurava bene di non spostare il campo visivo in direzione di
Malfoy, non poteva sapere che la sua cautela nel somministrare le dosi
degli ingredienti non era affatto necessaria, poiché il suo
stesso antagonista si curava, con viva attenzione, che la ragazza non
sbagliasse qualcosa nella preparazione.
Draco Malfoy
si era seduto contro il muro; le gambe distese di fronte a
sé, la tentazione di svagarsi con una sigaretta o due era
stata bruciata all’istante dall’angoscia che lo
aveva colpito fin dal primo momento in cui la Granger aveva cominciato
a sottostare ai suoi ordini.
Con un solo
calderone in ebollizione a dividerli, ben presto la Grifondoro sembrava
aver percepito la schiacciante testardaggine di Malfoy ed era stato
senza dire un’altra parola, che si era messa lì
seduta in mezzo alle sue cose, come alte barriere che potessero
separarla da lui. E così lei aveva cominciato a lavorare,
sfogliando il vero
libro di Pozioni alla ricerca della pagina giusta, catalogando gli
ingredienti uno dopo l’altro proprio sotto allo sguardo
meticolosamente vigile di Malfoy.
Cinque
petali di crisantemo. Due lacrime di Mandragora. Venti grammi di uova
di fata. Un crine di unicorno. Tre grammi di pietra lunare
polverizzata. Erba fondente. Radici di margherita.
Tutto era
passato tra le dita vivaci ed esperte della Mezzosangue in attimi
così brevi da far desiderare che questi si fossero
prolungati di ancora altro tempo; e così il biancore del
crisantemo sembrò essersi unito alla chiarezza della pelle
di quelle piccole mani, le uova erano state sorrette in un palmo
contratto con inaspettata delicatezza e il crine di unicorno, sollevato
con l’indice e il pollice appena uniti, aveva assunto il
gracile aspetto di qualcosa incline a sgretolarsi da un momento
all’altro.
Draco non
l’aveva persa di vista per un istante e ben presto, dopo i
primi minuti trascorsi nel nervosismo maniacale derivato dalla paura
che potesse accaderle di nuovo qualcosa, fu rassicurato dal pratico
armeggio della Granger nel trattare con le pozioni e si
rasserenò un poco. Lo sguardo, tuttavia, continuava a
correre all’orologio così incessantemente, nello
smanioso desiderio di varcare l’orario
‘incriminato’, che l’inconscio lo
portò a ripetere l’azione ad ogni intervallo di
trenta secondi attirando su di sé qualche dubbiosa occhiata
della ragazza, ignara della vera ragione per cui lui si comportasse in
quel modo.
Completamente
inconsapevole della motivazione per cui Malfoy fosse lì con
lei e la vegliasse, gli occhi grigi piantati su ogni suo gesto ed
espressione che correvano frettolosamente da lei a
quell’orologio da polso senza mai trovare un attimo di
respiro; e più il tempo scorreva, minuto dopo minuto,
più Draco sentiva l’ansia abbandonarlo e i
pensieri dirigersi verso la ragazza e alla breve conversazione che
avevano avuto. Ovviamente, pensò, non avrebbe mai rinunciato
a scoprire cosa davvero avesse indotto la Granger ad avvalersi di
quelle strane teorie, se già non avesse maturato qualche
idea per conto proprio.
Non sapeva se
fossero esatte né le avrebbe domandato alcunché
in proposito, ma poteva soltanto provare a immaginare i pezzi che
mancavano, dentro al sua testa arrovellata di pensieri e speculazioni.
Assoluta
verità.
Se soltanto
avesse avuto in pugno anche quella.
11:24
am.
Quando
l’immaginazione si rende sovrana di una mente incerta, non
c’è niente che possa fermarla.
E
così, tra sprazzi di pozioni e i primi fumi emanati dal
paiolo, non fu difficile per Draco collegare tutto quanto allo sguardo
di pura brama che aveva illuminato il viso della Mezzosangue alle
parole di Piton, dettaglio insignificante a prima vista adesso
ristagnante nella certezza che Hermione Granger, alunna modello dalla
tenace ambizione, sarebbe stata capace di qualunque cosa pur di
ottenere quell’Eccezionale.
E
così eccola, il giorno prima, intrufolarsi tra le scorte di
Piton e cercare con fatica l’ingrediente che cercava; celata
allo sguardo da qualche astuto incantesimo, o forse soltanto da un
manto di trasparenza, si era avvalsa delle descrizioni di “Lumi e
Pozioni”
per identificare la Rosa d’Avorio e sottrarla al possesso di
un insegnante che non doveva temere abbastanza da impedirsi di farlo.
Dileguandosi poi dal ripostiglio, si era inviata alla volta di un
pomeriggio fatto di schemi e calcoli impressi sul foglio che, in quel
momento, sostava inutilizzato accanto alle sue gambe, in bella vista
quasi a reclamare il saldo del tempo speso ad essere riempito.
La
Granger doveva aver lavorato duramente su quelle istruzioni, applicando
la teoria di Granville su una pozione scolastica e prendendosi la
briga, perciò, di doverle inventare con i soli frutti del
suo ingegno. Aveva sicuramente modificato i tempi di posa e le
quantità degli ingredienti; diviso i tempi a seconda delle
circostanze, servendosi della pericolosa rosa al momento opportuno,
probabilmente tesa nel dubbio di aver sbagliato qualcosa nelle sue
ipotesi.
Quasi
la si poteva vedere, Hermione, calcolare di poter sostituire le
proprietà del crisantemo e delle radici di margherita con
quelle della Rosa d’Avorio, per poi liberare
quest’ultima dalla scatola dopo aver lasciato bollire le uova
di fata per sette minuti esatti.
Conoscendo
Piton, pensò
Draco,
la scatolina doveva essere stata progettata in modo che non potesse
più chiudersi una volta aperta; così avrebbe
scoperto se uno studente avesse davvero messo le mani dove non avrebbe
dovuto, e in generale, era un metodo largamente utilizzato da chi aveva
qualcosa di importante da nascondere necessitando della certezza che
nessun’altro lo stesse cercando.
Si trattava di un fiore
pericoloso, ma il suo uso garantiva, almeno secondo la Granger, la
riuscita efficace della pozione che le avrebbe assicurato una
‘E’ alla fine degli esami e di fronte a quella
vista non c’era
niente che potesse scoraggiarla.
Draco
la immaginò nervosa, nell’aprire quella scatolina;
così nervosa che, mentre tirava fuori la rosa trattenendo il
respiro, con un movimento incauto del gomito aveva urtato il calderone
straripante di pozione facendone versare un po’ sui preziosi
appunti che sostavano nelle sue prossimità.
E adesso,
Granger?
Draco
si figurò lo stupore della ragazza nel perdere le istruzioni
che avrebbe dovuto seguire con attenta meticolosità, bocca
spalancata e mani tremanti che ancora reggevano una rosa letale, il
cervello che lavorava in fretta per decidere sul da farsi. Abbandonare
la pozione conclusa per metà, oppure gettarvi i petali senza
sapere con precisione le mosse da eseguire successivamente? Cosa
avrebbe fatto lei?, si chiese Draco
concentrato.
Ovviamente
si sarebbe avvalsa dell’unica arma a sua disposizione, la Giratempo;
sarebbe stato sufficiente tornare indietro di pochi minuti e cercare di
mettere in salvo il foglio con le istruzioni. Era stata
un’ipotesi azzardata, ma il fiato trattenuto della
Mezzosangue non avrebbe potuto resistere ancora per molto, quindi lo
aveva fatto senza pentirsene.
Magari
nemmeno si era resa conto di ciò che accadeva realmente.
Lei, sempre così noiosa e studiata e ferma, sprofondata per
la prima volta in una situazione da panico, non aveva forse avuto
abbastanza lucidità da mollare tutto quanto seduta stante.
Così
eccola ricomparire accanto alla Hermione del passato, chiarendo seduta
stante l’uso della Giratempo e della presenza delle sue buone
intenzioni. Ovviamente l’altra Granger non poteva aver
reagito bene, si disse Draco;
sospettosa com’era di natura, probabilmente ci era voluto un
po’ prima che si decidesse che la sosia appena comparsa non
fosse un nemico pronto a neutralizzarla.
Ma
la vera Granger non doveva averci badato molto, pensando a mettere al
sicuro il suo prezioso foglio di appunti e prelevando lei stessa
stavolta, sotto agli occhi sempre più scettici della sosia,
la rosa dal suo contenitore.
Che
fosse proprio quello il momento in cui la Granger del passato avesse
cominciato a credere che ci fosse qualcosa di strano? Possibile che
avesse incidentalmente distratto la vera Hermione dal porre i petali
nel calderone, facendo sì che, sotto
l’inconsapevolezza di entrambe, uno di questi fosse sfuggito
dalla presa atterrando in un punto qualsiasi del pavimento?
Il
petalo che Draco aveva trovato accanto ai capelli della Granger.
Il
petalo che aveva così avvelenato la Hermione del passato,
trascinando con sé quella del futuro.
11:28
am.
«
Malfoy! »
Draco
sbatté finalmente le palpebre.
Fu strano, sul
serio, accorgersi pienamente di essere seduto su quel pavimento sporco
e ghiacciato quando fino a un momento prima, molto lontano da quel
luogo, lui si era trovato immerso in un passato da cui aveva avuto la
sensazione di non riuscire mai più a liberarsi. Il battito
accelerato di un cuore pronto a balzare in gola, Draco fissò
lo sguardo sulla Mezzosangue e fu soltanto nello scoprire quale fosse esattamente il
problema, che poté lievemente placarsi in un basso sospiro
di cui lei nemmeno si accorse.
Al di
là della testa della Granger, la maniglia della porta
continuava ad essere ruotata dall’altra parte con una certa
foga; l’irritazione nel trovarla chiusa a chiave, per
chiunque fosse all’esterno della stanza, fu così
palese che ci volle una buona manciata di secondi prima che la maniglia
venisse rilasciata con uno scatto.
Seguirono
alcuni istanti silenziosi: la Granger sembrava spaventata e alcuni
passi, provenienti dal corridoio, li raggiunsero mentre si
allontanavano. Le spalle di Draco si rilassarono.
« Se
ne è andato ».
Me
ne sono andato.
Draco colse la
consapevolezza in un respiro più profondo e
incontrò gli occhi della Mezzosangue, che si voltarono in
sua direzione con il suo stesso sollievo, nella parvenza di un vero e
proprio miracolo.
Sei
viva.
11:29
am.
«
Malfoy… » ripeté Hermione a bassa voce,
mescolando la pozione senza allontanare gli occhi dal ragazzo.
Un breve
scatto, nei dintorni delle labbra di Draco, tradì il
principio di un sorriso nel rispecchiarsi con un cerchio di luce dorata
in prossimità del suo polso meccanicamente sollevato.
Contorni
sfocati di bagliore troppo accecante da poter osservare, piccola
lancetta inclinata a formare il preciso angolo necessario.
Come il
destino aveva previsto per lui,
e per lei.
Ce
l’aveva fatta.
«
Sì, Granger? » la sua voce risuonò
stranamente assorta.
«
Perché guardi in continuazione l’orologio?
»
Quando Draco
sollevò il mento, in qualche modo si era già
figurato gli abbozzi di ciò che avrebbe visto; occhi scuri
in attesa di venire a capo degli stralci di confusione con i quali
erano stati in precedenza contemplati, quel mestolo dai giri
imperfetti, il silenzio tonante che sembrava comprimerlo da parte a
parte senza dargli possibilità di respirare.
Tutto si
riduceva a quel momento, l’istante fatale in cui la
Mezzosangue era morta e nata una seconda volta, e adesso che questo era
giunto assecondando le sue speranze, qualcosa era ancora in grado di
lasciare Draco senza parole.
Forse era la
vaga, sciocca impressione che la soddisfazione provata in quel momento
andasse oltre a ciò che aveva pensato, tracciando nel suo
animo una contentezza estranea e rifiutata con fermezza; lui aveva
soltanto fatto ciò che era in suo dovere morale, si
disse.
Non gli
importava realmente qualcosa di lei. Avrebbe atteso che la pozione
fosse finita, ovviamente, ma dopo questo non ci sarebbe stato
nient’altro che avrebbe riguardato la presenza della Granger
nella sua vita.
Dimenticare
tutto quanto, e in fretta, ciò che lei non avrebbe mai
dovuto sapere. Continuare a vivere nella coscienza di aver fatto almeno
una volta, in vita sua, la cosa giusta.
« La
pozione, Granger. - Mormorò Draco. - Sta traboccando
».
11:30
am.
Distrazione.
La Granger
riparò alla svista abbassando immediatamente la fiamma del
calderone, ma così come erano improvvisamente svaniti, quei
petali di titubanza sfiorarono di nuovo il suo volto come trasportati
dall’impeto della neve di cui profumava la pelle di Draco.
Lo
guardò ancora una volta, accigliata, e lui si
sentì irritare dall’esame di quello sguardo;
sostenendolo con decisione e distacco, sperò di dissuaderla
dall’insistere con le domande, ma la Mezzosangue non parve
far caso al suo vero stato d’animo e le sue labbra si
schiusero nel giro di brevi attimi di smarrimento.
«
Non capisco. - Gli disse. - Non capisco perché tu stia qui
con me invece di… bè, fare qualsiasi altra cosa.
Sarebbe parso più logico se avessi usato tu la Rosa
d’Avorio, invece te ne sei sbarazzato come se niente fosse e
mi hai costretta a preparare la Pozione della Memoria nel metodo
tradizionale. Quali vantaggi hai ottenuto da tutto questo? - Il suo
tono era imperturbabile come il cipiglio in cui Draco la stava
fissando. - Cosa ti è cambiato? »
«
Non vorresti saperlo davvero, Granger » l’ombra di
un ghigno accese per un istante il viso del ragazzo.
«
Invece sì ».
«
Fidati. La risposta corretta è no ».
Draco distolse
l’attenzione da lei, fissando un punto imprecisato del
pavimento accanto a sé passandoci il pollice in un gesto
meditabondo. La polvere si attaccò sotto alle sue dita, ma
non ci fece caso. La sua mente era ancora pienamente rivolta a quel che
era appena accaduto e non ci sarebbe stato modo di pensare ad altro per
molti giorni ancora; poteva prevedere una nottata costellata dagli
incubi in cui una bruna bambola di porcellana gli teneva compagnia,
proprio come la Granger stava facendo in quel momento, confondendogli
la vista dell’obiettivo a cui aveva mirato.
Poteva vedersi
cercare la sagoma di lei, in mezzo alle folle, soltanto per assicurarsi
che stesse ancora bene.
Poteva
ripensare a quel che era accaduto e giudicarsi in modo meno severo di
prima.
«
E’ per una scommessa? » la voce della Granger
disturbò i suoi pensieri in un battito sorpreso di ciglia.
«
Prego? »
11:32
am.
«
Una scommessa con i tuoi amici. - Continuò la Granger,
testarda. - Tenermi serrata quassù per avere modo di
combinare qualcosa alle mie spalle. Malfoy, ci deve essere una ragione
per cui tu ti stia comportando in questo modo ».
«
Non puoi semplicemente badare alla pozione? »
«
E’ inverosimile. Non mi hai offesa nemmeno una volta da
quando sei qui ».
« Se
ti fa stare più tranquilla, potrei ancora farlo ».
Hermione
esitò; mordendosi il labbro, riportò per un
attimo gli occhi sul libro e poi li diresse ancora sul ragazzo.
«
Non mi importa niente della pozione. - Esalò, sopraffatta. -
Voglio solo capire cosa c’è dietro ».
Leggermente
stupito, Draco volse lentamente la testa verso di lei. Il contenuto del
paiolo ribolliva tra di loro in un gorgoglio di bollicine e ingredienti
e per un istante, un solo effimero momento di pazzia,
desiderò che questo non si frapponesse ancora tra di loro.
Guardarla
direttamente negli occhi, dirle che lui non era così cattivo.
Poterle
ordinare in un sussurro di riprendere subito a lavorare.
Toccarle
quelle guance che prima aveva volutamente evitato, scoprendo che lei
era davvero viva ed era tutto merito suo.
Sentire
il calore emanare da quella pelle.
Calda
sotto le sue dita tremanti.
«
Puoi benissimo lasciarla perdere, quella. - Draco accennò al
calderone. - Ma quando sarai costretta a rifarla, dovranno esserci
Potter e Weasley con te. Entrambi. Intesi? »
«
Malfoy, non sono così stupida da… »
«
Invece lo sei,
Granger. - Draco la inchiodò con uno sguardo che di
severità ne aveva soltanto l’ombra. - Sei la
Mezzosangue più sciocca che abbia mai conosciuto. Ingegnosamente sciocca,
aggiungerei, perché infilarsi in una situazione del genere
non è certo cosa da tutti ».
11:33
am.
«
Quale situazione? »
Ad
incorniciare le soglie di una vallata abbandonata, perduta emozione
sospinta da una brezza articolata in nodi di caos e sconcerto, un peso
gravò su entrambi nel medesimo istante che lui aveva
precedentemente calcolato; in modi diversi, questo fu assorbito nella
perdita e nel guadagno della chiave
di tutto ciò che era appena accaduto e fu in un attimo di
smarrimento, che i loro sguardi si incrociarono ancora in perle di
domande sprofondate in acque ormai troppo fosche.
Così
come Hermione ne avvertì la mancanza, Draco ne conobbe
nuovamente il peso attorno al collo e fu in un barlume di comprensione,
sullo scattare delle undici e trentatré del mattino, che le
sue dita si infilarono in una fessura della camicia facendone scivolare
all’esterno la catena dorata. Il ciondolo della Giratempo
sembrava brillare di luce propria nella penombra di quel bagno e
riluceva maestosa sotto agli occhi spalancati della Mezzosangue.
Ecco come tutto si chiudeva,
si rese conto Draco osservando lui stesso la piccola clessidra poggiata
al suo petto.
Ecco il
preciso istante in cui lui, molto tempo prima, aveva preso la decisione
di tornare indietro nel tempo e salvare la vita dell’ultima
persona per cui avrebbe mai pensato di poter rischiare qualcosa.
Hermione
Granger, paralizzata di uno stupore che non avrebbe mai compreso in
profondità, rimirava la scena cercando senza successo di
cavarne qualcosa di sensato. I suoi pensieri si stavano adoperando per
arrivare a una possibile soluzione e Draco, prevedendo il pericolo,
decise che era effettivamente troppo
tempo che ormai stava bloccato lassù.
Lei
non avrebbe mai dovuto saperne niente.
Lui
stesso avrebbe cercato di dimenticare.
Lanciò
la bacchetta alla Grifondoro, che la prese al volo,
dopodiché fece forza sulle gambe intorpidite e si rimise
velocemente in piedi. Fu come ricominciare a respirare davvero; come se
tutto, improvvisamente, si fosse ricollocato esattamente al proprio
posto ad una rapidità tale da scombussolarlo. Draco si
sentì travolgere da qualcosa che non si seppe spiegare e fu
istintivamente, in quel momento, che portò nuovamente lo
sguardo sulla Granger ancora turbata e ammutolita.
«
Questa la tengo io, Mezzosangue. - Le dita di Draco si allungarono ad
oscillare la catena d’oro della Giratempo. - Dopotutto, ho
appena dimostrato di saperne fare un uso migliore ».
E lo avrebbe rifatto, se avesse
potuto, pensò mentre attraversava la stanza
scavalcando il silenzio di ghiaccio della ragazza. Forse in
realtà qualcosa
gliene importava; o magari se lo stava ripetendo soltanto
in un’affettata dimostrazione del buon cuore che non aveva
mai realmente posseduto.
Qualunque
fosse la risposta, Draco Malfoy era abbastanza spossato da permettersi
il lusso di non pensarci fino al giorno successivo, e fu con la
marcata, sgradevole sensazione di lasciare in quel bagno qualcosa di
importante di sé
che si chiuse piano la porta alle spalle, a malapena cosciente del
fatto che al di là di essa Hermione Granger, colta da
un'improvvisa illuminazione, si fosse appena portata una
tremante mano su una bocca socchiusa di sgomento e mortificazione.
Ciao a tutti!
L'idea per questa shot è stata ripresa da Vampires
~ Incubus & Succubus, posta
però in un contesto del tutto differente, collegata alla
scena - soltanto accennata - in cui Draco torna indietro nel tempo per
poterla salvare.
Inutile dire
che, nonostante fossi partita con l'idea di creare qualcosa di corto, il tutto si
è irrimediabilmente allungato nelle vesti di un vero e
proprio papiro; la prolissità è dura a morire,
come tutti i difetti, ragion per cui tanto di cappello a chi
è riuscito ad arrivare fin qui. xD
Spero che la
lettura sia stata gradevole e che abbiate apprezzato! E' ancora troppo
presto, per me, per imbarcarmi in una nuova long, ma in queste
settimane mi farò viva con alcune shot di questo genere che,
lo devo ammettere, sono una bella novità per me in quanto
meno difficili da gestire, perciò la vivrò come
una specie di vacanza continuando comunque ad essere presente in Efp.
A chiunque
sarà così gentile da commentare,
risponderò al più presto tramite mail. Un bacione
a tutti!
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