NOBODY IS PERFECT
Shotaro poggiò sull’attaccapanni il proprio cappello mentre
Philip si sdraiava, esausto, sul letto d’angolo. Dalla piccola cucina si
sentivano le risate di Akiko che tentava di preparare qualcosa con l’ausilio di
Teruii, takoyaki, a giudicare dalle battute della ragazza e dal dialetto di
Osaka che esibiva con estremo orgoglio in una canzoncina.
Il detective andò a sedersi alla scrivania, sempre tenendo
un occhio sulla figura del partner
rannicchiata sul letto e dolcemente baciata dai raggi del Sole che ormai volgeva
al tramonto, sembrava essersi addormentato e il respiro sottile e regolare che
faceva alzare il petto del ragazzo lo dimostrava; sospirando, il maggiore infilò
un foglio nella macchina da scrivere ma non riuscì a buttare giù nulla, nemmeno
la più piccola parola.
La sua attenzione era totalmente da un’altra parte,
assorbita dalle risate dei due impegnati a cucinare,
Quel posto era tornato a essere luminoso e allegro come un
tempo e Hidari si sentiva veramente a casa.
In silenzio, col suo solito sorriso sornione sulla labbra,
il detective andò verso il bagno e vi si infilò.
Un attimo dopo, il suono dell’acqua corrente fu il solo
rumore che si poteva sentire da lì.
§§§
Uno scoppio improvviso fece saltare Philip seduto sul
materasso.
Scendere dal letto e correre in cucina fu questione di un
attimo ma il vapore che gli bruciò la faccia gli strappò un gemito di dolore,
impedendogli di vedere alcunché: “Aki-chan!” tossì il ragazzo, allungando le
mani per guidarsi nella nebbia che sembrava essere calata nella stanza,
“Philip-kun, sta fermo dove sei, attivo l’aspiratore.” esclamò lei con voce
roca, aprendo subito dopo anche la finestra.
Finalmente, la sagoma snella e gentile della ragazza
cominciò a essere distinguibile nella foschia: “Ma cosa è successo?” chiese
Cyclone, sfregandosi gli occhi, “Nulla… Akiko-san ha fatto saltare la pentola
del riso. Alla salsa dei takoyaki ci penso io ora. Non vorrei dover rimbiancare
tutto, sono un poliziotto, non un imbianchino.” borbottò Ryuu, indossando un
grembiule sopra i vestiti; la brunetta si avvicinò al suo amico, “Scusami,
Philip-kun.. Ti ho svegliato…” piagnucolò lei, visibilmente
dispiaciuta.
Il moro le sorrise, scuotendo la testa: “Non preoccuparti.
Shotaro dov’è finito?” domandò lui subito dopo; Narumi restò in silenzio per un
secondo, poi sospirò, “Si è infilato di nuovo sotto la doccia…” gemette lei,
prendendo uno straccio per pulire il tavolino, “Comunque, tra poco dovrebbe
uscire da lì. Se non esce da solo, sei autorizzato a tirargli questa in testa.”
sogghignò la ragazza, consegnandogli la ciabatta verde, “Fanne buon uso.” si
raccomandò, prima di tornare alle sue incombenze.
Philip tornò nello studio, osservandosi attorno.
Nella luce del crepuscolo che entrava dalla finestra
lasciata spalancata e nel vento gentile che gli smuoveva leggermente i ciuffi
scuri, il ragazzo si sentiva veramente felice, felice di essere tornato. Quella
stanza non gli era mai sembrata così bella come in quel momento.
Un rumore strano, come di qualcosa che saltellava alle sue
spalle, attirò la sua attenzione e su una pila di libri che giaceva sulla
scrivania, vide saltellare il FrogPod: “Nessun problema Aki-chan!” continuava a
dire l’apparecchio, imitando la voce di Sonozaki; sorridendo appena, il moro lo
prese in mano per spostarlo e fu proprio così facendo che vide una cosa che mai
si sarebbe aspettato di rivedere.
Col cuore gonfio di un’improvvisa tenerezza, Philip prese
tra le mani quello che era senza dubbio il suo libro e cominciò distrattamente a
sfogliarlo, mentre i suoi pensieri vagavano senza una mèta né confini; ma giunto
all’ultima pagina, si fermò stupefatto, con gli occhi che, li sentiva, a poco a
poco si stavano riempiendo di lacrime.
Il suo messaggio era ancora lì ma i kanji, in certi punti,
erano sbavati, come se…
“Shotaro…” mormorò con estrema dolcezza, sfiorando coi
polpastrelli quei segni neri delicatamente illuminati da un ultimo raggio di
sole, “Aibou…” disse in un sussurro tenue, stringendo a sé il pesante volumone;
con la manica, si asciugò il viso e lo risistemò al suo posto con estrema cura,
come se non volesse far vedere di averlo preso.
In estremo silenzio, prese dallo scaffaletto uno qualunque
dei gialli della collezione dell’amico e si accomodò in poltrona, immergendosi
nella lettura.
Lo avrebbe aspettato per tutto il tempo, la consapevolezza
di non essere stato dimenticato era così dolce e gli infondeva un così gradevole
calore nel petto che non riusciva quasi a pensare ad altro, era una sensazione
del tutto nuova e insolita per lui.
Non aveva mai pensato seriamente a una situazione simile,
d’altronde, essendo sempre assieme e in contatto quasi costante non aveva
ragione per pensarci.
Ma ora…
Ora si, e aveva capito che il legame che lo legava all’amico
era una cosa estremamente preziosa, che loro due erano veramente una cosa
sola.
E che non
avrebbe mai più voluto vederlo piangere.
E così fu.
Quando finalmente Hidari uscì dal bagno sfregandosi i
capelli con un asciugamano, vestito con una semplice tuta, Philip abbandonò il
libro sul cuscino, correndogli incontro; senza dire nulla, lo abbracciò,
sussurrandogli all’orecchio alcune, semplici parole: “Nessuno è perfetto, aibou…
non nasconderti più.”.
Perché era vero.
Nessuno è perfetto a questo mondo, ma le nostre imperfezioni
possono essere guarite da chi ci sta vicino.
DEDICATA A
TSUKI-NEESAN E A CHO-CHAN!
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