Credits:
"Andrea" è una canzone di Fabrizio De Andrè.
Il testo non mi appartiene e non guadagno nulla dal suo utilizzo.
Cliccando sul titolo qui sotto, potete trovare il link alla canzone.
Andrea
Il Sole splendeva ancora
sui campi dorati mentre Andrea si avvicinava più in fretta
che poteva al vecchio casolare abbandonato.
Si era incamminato non appena finita di leggere quella lettera che la Sua sorellina era
arrivata di corsa a portargli.
Tutti in paese li ritenevano amici, d’altronde provenivano
entrambi da povere famiglie di contadini che lavoravano per lo stesso
padrone ed erano pressoché coetanei.
Nessuno però sapeva che in realtà
l’amicizia da molto tempo si era tramutata in qualcosa di
diverso.
Il vecchio edificio cadente in mezzo alla distesa sterminata di campi
di grano era diventato il loro rifugio, quasi la loro casa,
l’unico posto dove potevano incontrarsi liberamente senza
correre il rischio di essere visti o sentiti da qualcuno.
Ormai erano adulti e alle loro famiglie non interessava dove passavano
le notti fintantoché svolgevano il loro lavoro:
c’erano ben altri problemi di cui preoccuparsi.
Un pozzo di pietra si ergeva nel cortile della cascina. Ai suoi piedi
cresceva un’infinità di delicate violette.
Lentamente Andrea spinse il portone muffito di quella che un tempo era
stata la stalla.
Per renderla più confortevole avevano creato una sorta di
giaciglio di paglia fresca, con dei grossi pezzi di legno avevano
ricavato un tavolino e un paio di sgabelli. C’era un angolo
della stanza il cui muro annerito marcava il luogo in cui
d’inverno accendevano il fuoco per riscaldarsi.
Lui era
già lì, seduto sopra uno dei ceppi. Lo zaino, il
fucile e gli scarponi erano abbandonati sul pavimento di terra battuta.
Aveva i piedi nudi, i gomiti poggiati sulle ginocchia piegate, i
riccioli neri gli ricadevano davanti al viso abbassato e coperto dalle
mani premute sugli occhi.
Quegli occhi che a lui ricordavano un bosco d’estate, quegli
occhi così profondi in cui si era perso tante volte e che
tante volte erano stati l’unica sua ragione di vita.
Andrea non riuscì più a trattenere le lacrime che
presero a scorrergli liberamente lungo le guance mentre gli si
avvicinava. Non dava ancora segno di aver notato la sua presenza.
Quando gli fu a due passi di distanza, lentamente Lui
sollevò il viso dalle mani guardandolo.
Aveva gli occhi arrossati, doveva aver pianto.
Andrea si buttò tra le Sue
braccia singhiozzando disperatamente e nascondendo il viso sulla Sua spalla, tra i
ricci. Lui
lo strinse forte a se accarezzandogli dolcemente i capelli con le mani
tremanti.
“Non piangere piccolo, i-io farò di tutto per
tornare, te lo prometto"
Gli disse con voce spezzata alzandogli il viso per guardarlo negli
occhi.
“Perché?! Perché proprio tu?! Loro
n-non p-possono portarti via! T-tu non mi puoi lasciare da
solo!”
“Andrea, lo sai che non possiamo farci niente. È
la guerra, va così: mi hanno chiamato e io devo andare.
Noi poveri contadini non possiamo disobbedire, lo sai quello
che succede se ci provo. Ma tu, tu sei stato più fortunato
piccolo, puoi continuare a vivere e io sarò
sempre con te perché ti penserò in ogni istante.
Non dovrai sentirti solo, mai, anche se io non dovessi
più...”
“No!! Come puoi dire una cosa del genere?! Io non posso...non
potrei più vivere senza di te, non ce la farei!
Tu devi tornare da me, hai capito? Tu sei la mia
vita!”
“E tu sei la mia”
E con questo si chinò verso di lui per baciarlo
dolcemente sulle labbra.
Fecero l’amore sul loro pagliericcio quella notte. Quel
pagliericcio che aveva visto tutti i loro momenti più felici.
Questa volta però c’erano paura e disperazione
nell’animo di entrambi. Andrea pianse mentre Lui lo prendeva
con dolcezza estrema. Gli sussurrò parole di conforto
tradite dalla voce rotta e gli asciugò le guance bagnate
con le labbra trattenendo a stento le proprie
lacrime finché non raggiunsero insieme il piacere.
Si tennero stretti, come a volersi fondere, senza parlare
perché tutto ciò che c’era da dire lo
vedevano negli occhi dell’altro. Alla fine caddero
addormentati ancora così abbracciati.
Andrea fu svegliato dai raggi del Sole già alto che
penetravano dai grandi finestroni ad arco. Lo zaino e il fucile
erano spariti insieme a Lui.
Accanto a se trovò solamente una ciocca di riccioli neri e
una foto ingiallita di loro.
La voltò.
Dietro una sola parola. “Tornerò”.
Andrea incontrò Sua
madre mentre tornava a casa dai campi con la falce in spalla.
Lei gli porse una lettera, piangeva...
...la firma sul foglio era d’oro.
Andrea si è
perso, si è perso e non sa tornare.
Andrea si è
perso, si è perso e non sa tornare.
Andrea aveva un amore:
riccioli neri,
Andrea aveva, aveva un
dolore: riccioli neri.
C’era scritto
sul foglio ch’era morto, sulla bandiera,
C’era scritto
e la firma era d’oro, era firma di Re:
Ucciso sui monti di
Trento dalla mitraglia.
Ucciso sui monti di
Trento dalla mitraglia.
Occhi di bosco,
contadino del Regno, profilo francese.
Occhi di bosco, soldato
del Regno, profilo francese.
E Andrea l’ha
perso, ha perso l’amore: la perla più rara.
E Andrea ha in bocca, ha
in bocca un dolore: la perla più scura.
Andrea coglieva,
raccoglieva violette ai bordi del pozzo,
Andrea gettava riccioli
neri nel cerchio del pozzo.
Il secchio gli disse:
“Signore! Il pozzo è profondo,
più fondo del
fondo degli occhi nella notte del pianto”
Lui disse: “Mi
basta, mi basta che sia più profondo di me”
Lui disse: “Mi
basta, mi basta che sia più profondo di me”
Sarei molto felice se qualcuno fosse
così gentile da lasciarmi il suo parere...
e grazie mille a tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere :
)
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