sk
[With the venomous kiss
you gave me
I'm killing loneliness
With the warmth of your arms you saved me
I'm killing loneliness with you
I'm killing loneliness that turned my
heart into a tomb
HIM, Killing Loneliness]
Per Draco
Malfoy non c’era linea più sottile di quella che
si frapponeva tra la noia e il dormiveglia.
Così
come Enrico VIII si era ai suoi tempi stufato della prima moglie,
entrando in conflitto con il suo stesso Paese pur di separarsi da lei,
Draco pensava che non avrebbe esitato lui stesso a provocare
l’Apocalisse al solo scopo di divorziare da quella stupida
lezione.
Alzarsi da
quella sedia, sì, e andarsene come se niente fosse. La
gioiosa prospettiva fu contemplata in un sospiro celato
dall’aria pesante dell’aula mentre, con una
prudenza accennata soltanto dalla vaga inclinazione di non attirare su
di sé eventuali, seccanti rimproveri, si faceva scivolare
lentamente lungo il dorso della sedia in una posa che la McGranitt, se
solo lo avesse guardato, avrebbe giudicato maleducata e vergognosamente
spocchiosa.
Lei era
però voltata dall’altra parte, dando le spalle a
un intero gruppo di Serpeverde che condivideva appieno il tedio del
giovane Malfoy, ignara dei pensieri poco raffinati che dalle loro menti
ormai poco reattive sembravano fluttuare nell’aria della
stanza rispecchiandosi sui volti scocciati dei ragazzi.
Raggruppati
attorno a qualche banco disordinato, dopo soli pochi minuti di lezione
teorica di Trasfigurazione la concentrazione aveva cominciato a
dirigersi in direzioni ben più apprezzabili; gli allenamenti
di Quidditch, gli ultimi pettegolezzi, gli improperi contro la
professoressa erano soltanto alcuni dei vari argomenti che i Serpeverde
avevano toccato a suon di bisbigli e mormorii spesso smascherati dalle
occhiate raggelanti della McGranitt, ed era quindi stata sufficiente
una manciata di minuti perché la sua attenzione avesse
cominciato a puntarsi regolarmente su di loro rendendogli impossibile
conversare. I modi in cui svagarsi si erano così ridotti al
minimo necessario; lanciare palline di carta sui Grifondoro,
attività molto in voga nelle occasioni in cui non vi era di
meglio da fare, era anch’essa stata soppressa da un
ammonimento deciso dell’insegnante che aveva decretato, tra
la soddisfazione dei Grifondoro e lo scoraggiamento dei Serpeverde,
l’allontanamento dalla classe per Goyle e Millicent.
Quest’ultimo
drammatico evento,
però, era stato contemplato dai Serpeverde in maschere di
gelo scioltesi nel giro di pochi minuti; in breve, infatti, erano
scivolati tutti nuovamente nella consueta sonnolenza.
Draco
inclinò appena la testa, la mano alzatasi a massaggiare
distrattamente il collo indolenzito dalla stanchezza. Il corpo
protestava la sua lunga permanenza su quella sedia in continui e
fastidiosi formicolii che lo inducevano a sbuffare quasi come una
ciminiera; era con astio che Draco ricambiava lo sguardo della
McGranitt quando questa prendeva a parlare in loro direzione, con
intontimento che socchiudeva le palpebre non appena lei si voltava, con
desiderio crescente che si ritrovava a lanciare frequenti occhiate
all’orologio a muro in fondo alla stanza nella speranza che
presto le due ore di lezione volgessero al termine. Ma quelle dannate
lancette sembravano muoversi lentamente come i suoi riflessi assopiti e
fu con quieta rassegnazione, che Draco riversò la testa
all’indietro dallo schienale della sedia soffocando uno
sbadiglio in una delle sue smorfie più sprezzanti.
L’aula
era scivolata in una penombra che senza dubbio incoraggiava alla
distrazione. Le poche pozze di luce presenti, emanate da finestre alte
e opache, rischiaravano soltanto le prime file di banchi lasciando
tutto il resto alla mercé dei candelieri incessantemente
attivi. Chi si ritrovava al di sotto di questi, aveva la netta
impressione di appartenere al lato dimenticato della classe ed era
perciò indotto a distrarsi in continuazione con dettagli
così superficiali che pochi altri
avrebbero potuto considerarli degni di qualsivoglia attenzione. Draco poteva infatti
cogliere, alle sue spalle, il fruscio della pergamena che Tiger stava
arrotolando e gli sporadici, lievi schiocchi provocati dalla chewing
gum di Pansy.
Lui stesso se ne era fatto prestare una proprio prima di entrare a
lezione, ma in vista del cipiglio contrariato della McGranitt, non
aveva esitato a nasconderla tra i denti smettendo ben presto di
pensarci e di avvertirne il sapore agrumato. Adesso che però
ne udiva il suono al di là della sua testa, qualcosa dentro
di lui lo spinse a ricercarne il gusto e fu senza pensarci troppo, che
la sottrasse dal nascondiglio portandola a disposizione del suo palato.
Le palpebre
socchiuse e l‘aria così insopportabilmente
pesante, Draco smise ben presto di curarsi di alcunché.
Il fresco
sapore di arancia, sparso in aroma frizzante sulla sua lingua,
anziché riscuoterlo dal dormiveglia lo indusse a
dimenticarsi completamente di tutto ciò che lo circondava.
Lì
davanti c’era il buio, il ronzio di una zanzara intenta a
spiegare teorie su cui lui non sarebbe mai venuto a capo, e
tante, tante arance. Rosse come fiamme
ardenti, leggermente crivellate in cascate di cerchi luminosi e
odorosi, si spandevano alla sua vista in mari nei quali la mente di
Draco affogò nel giro di pochi istanti.
Non
c’era nient’altro per cui valesse la pena
manifestare interesse; quelle arance erano davvero a
centinaia,
e lui ne aveva una proprio tra le labbra, un'opaca, grande bolla di
sapone…
«
Malfoy! »
In un
sussulto, la chewing gum di Draco scoppiò col frastuono di
una bomba lanciata nella valle più sperduta e desolata. Il
corpo si rizzò a sedere come reduce di una scossa elettrica;
tutto prese fuoco di fronte ai suoi occhi in una limpidezza che di
sconvolgente ne aveva davvero tutte le tragiche fattezze.
E
sì, qualcosa di appiccicoso cospargeva le sue labbra ora ben
sigillate.
Arrossendo di
umiliazione, Draco si affrettò a ricacciarla nella bocca; la
McGranitt, incombente davanti a lui, aveva gli occhi più
dilatati che mai e i fianchi artigliati da dita ben strette e
minacciose.
« Liberatene
immediatamente ».
La classe,
dapprima sonnacchiosa, era adesso divenuta estremamente vigile e
inchiodava Draco in condanne troppo irritanti perfino per provare a
enumerarle.
I suoi occhi
chiari, tesi come una corda di violino in direzione della McGranitt,
non incrociavano nessuno di loro, ma lui poteva lo stesso avvertire la
derisione marchiargli la pelle in qualcosa di così bruciante
da permettergli a fatica di mantenere la calma. Ma ben presto il
rossore svaporò dalla sua pelle e fu con malcelata
arroganza, che come se niente fosse voltò la testa di lato e
sputò la chewing gum nel cestino più vicino.
Nel ricambiare
ancora lo sguardo della McGranitt, Draco non si sorprese più
di tanto nello scoprirla livida di rabbia.
Se fino a un
istante prima si era quasi addormentato sulla sua sedia, adesso era
rigido e circospetto e non dubitò che ben presto una
sfuriata avrebbe accolto, se non soltanto lui, almeno tutto il gruppo
di Serpeverde.
Qualcuno
bisbigliò nelle file avanti; un altro ridacchiò a
bassa voce.
Il tempo
sembrava essersi congelato in una lastra di marmo così
fredda che Draco temette, con onestà, di poterla in qualche
modo incrinare perfino con soltanto un alito di respiro. Fu quando la
McGranitt si volse, dandogli di nuovo le spalle, che la schiena di
Draco si rilassò. Voltandosi brevemente verso gli altri
Serpeverde colse una moltitudine di espressioni ricambiare la sua
stessa inaspettata sorpresa, e non poté fare a meno di
considerarsi incredibilmente fortunato per essere stato graziato.
L’aveva
scampata bella.
Evidentemente
la McGranitt non aveva considerato necessario perdere minuti preziosi
di lezione a suon di una ramanzina che difficilmente sarebbe stata, se
non accolta, nemmeno considerata dai suoi
interlocutori, per cui occorsero soltanto brevi istanti prima che
sprofondasse di nuovo nelle sue spiegazioni. Una volta liberatosi dalla
trappola dell’attenzione della professoressa, lo sguardo di
Draco si volse istintivamente in direzione dei mormorii uditi poco
prima.
Qualcuno di
odiosamente familiare stava già ricambiando il suo.
Soppesando la sua figuraccia in risatine e sberleffi vari, Weasley si
era sporto verso Potter gesticolando in direzione di Malfoy con tutta
l’educazione di cui uno zotico di quel calibro
avrebbe potuto disporre.
Draco si
sentì ribollire di rabbia nel cogliere l’affronto;
i dispetti e le provocazioni più crudeli con cui vendicarsi
cominciarono a prendere forma nella sua mente nel medesimo istante in
un fiume in piena di macchinazioni e complotti ai danni di entrambi,
finché l’attenzione, improvvisamente, non si
spostò su quello che divenne presto il terzo soggetto a cui
indirizzare la sua collera.
E poi l’unico, soggetto.
I sussurri di
Weasley, per quanto silenziosi, raggiunsero in breve la ragazza che
sedeva dall’altro lato di Potter. China su una pergamena
fitta di appunti che continuava ad approfondire al ritmo delle
spiegazioni della McGranitt, Hermione Granger non poté
impedirsi, senza alzare lo sguardo dal punto in cui la penna
d’oca rilasciava il suo inchiostro, di sorridere in un modo
sarcastico che Draco non faticò a ricollegare a
sé stesso.
Sorrideva, si disse con acuto
nervosismo.
Aveva
osato sorridere di lui.
Chiunque, a
questo punto, avrebbe potuto certamente ribattere che non vi era nulla
di strano riguardo l’ultimo passo; ma Draco Malfoy ardeva da
qualche settimana di qualcosa che occupava ormai gran parte dei suoi
pensieri e non sarebbe occorso molto tempo, prima che qualcuno dotato
di una minima sensibilità lo smascherasse.
In
verità Hermione Granger non gli era poi così
estranea.
Diciamo pure
che ultimamente ci aveva scambiato qualche parola.
Forse aveva
un’idea ben precisa di quanto fosse liscia la sua pelle, e magari avrebbe anche potuto
delineare la circonferenza del suo punto vita.
Chissà,
probabilmente sapeva con
esattezza
quanto fossero in realtà cespugliosi quei capelli, e di come
le sue delicate manine divenissero
diaboliche
ogni qual volta lui cercava di baciarla a tradimento.
L’ultimo
schiaffo ricevuto, proprio due giorni prima, era il ricordo
più scottante che avesse riguardo
alla Mezzosangue.
Lei continuava
a dire che schiaffeggiarlo la rilassava. E intanto non si faceva
nemmeno sfiorare, ad eccezione delle volte in cui Draco era costretto a
immobilizzarla con la magia pur di farsi ascoltare e sì,
magari approfittando dell’occasione per tastare un po’ il
territorio nemico.
La prima e
l’unica volta in cui aveva osato farle una cosa del genere,
era tornato in sala comune quasi zoppicante.
Draco
continuò a fissarla in un modo così insistente
che ben presto, se prima non lo aveva già fatto, fu in grado
di memorizzare alla perfezione tutti i precisi lineamenti della
Mezzosangue. Lei ormai non sorrideva più, ma qualcosa nel
suo viso rimandava a un odioso buonumore che Draco
trovò ancora più oltraggioso di una deliberata
risata in pieno volto.
Fu constatando
quanto sarebbe stato soddisfacente, per lui, trovare il modo
giusto
di farle pagare quell’indubbia insolenza, che colse sul viso
della ragazza un movimento impercettibile in linea con la mascella;
subito dopo, gli occhi della Granger si rivolsero colpevoli in
direzione della McGranitt per poi affossarsi di nuovo sugli appunti.
Lo sguardo di
Draco si allargò in stupore.
Ce
l’aveva anche lei.
Draco non
sapeva, con esattezza, quando quel qualcosa con la Granger fosse
cominciato.
O meglio, lui
insisteva nel credere che ci fosse; lei ogni volta lo stroncava
affermando che niente di tutto ciò sarebbe mai stato
possibile, e che avrebbe preferito passare il resto della sua vita in
compagnia di uno Schiopodo Sparacoda piuttosto che con lui.
Non che lui ne
fosse innamorato, ci teneva a precisarlo; era più che altro
una di quelle cotte tipicamente adolescenziali che, se non appagate
nell’immediato, tendevano ad evolversi fino a sfociare
nell’ossessione più implacabile e tormentata.
Forse non ne
era nemmeno così ossessionato, si
disse Draco, o almeno non
del tutto.
Semplicemente, la cosa era cominciata un po’ per caso e lui
intendeva portarla avanti.
Magari era
stata la noia, la curiosità, il vederla così
diversa dalla maggior parte delle studentesse che la circondavano.
Fatto sta che
non aveva esitato a flirtare con lei in più occasioni e,
sebbene la cosa più affettuosa ricevuta dalla Mezzosangue
fosse stato un potente calcio negli stinchi, qualcosa nel modo in cui
lo guardava, a dispetto di ciò che affermavano le sue labbra
sempre velenose, gli aveva fatto comprendere al volo di non esserle
propriamente
indifferente.
Forse era
proprio la sua ostinazione nel resistergli, a renderla così
interessante ai suoi occhi. Se la Granger avesse ceduto subito,
probabilmente l’avrebbe dimenticata nel giro di pochi giorni;
ma così non era successo, e lei stava continuando a
trascinare lungo i giorni quella sua lieve infatuazione portando
quest’ultima, come lo stesso Draco,
all’esasperazione più completa.
Non che avesse
intenzioni serie con lei. Voleva soltanto capire, e di conseguenza
decidere sul da farsi. Ma la Granger non dava cenno di mollare la sua
resistenza, e da come stavano le cose, sarebbe stato assai poco
probabile che lei si fosse mostrata più favorevole nei suoi
confronti.
Non prima di
un decennio o due, almeno.
Quando si ha
qualcosa di impegnativo a cui pensare, il tempo scorre sempre troppo
velocemente. Draco accolse l’annuncio della fine della
lezione con una sorpresa propensa a fargli capire che, se fin
dall’inizio avesse pensato alla Granger, in due intere ore di
lezione non avrebbe mai avuto occasione di annoiarsi.
Quell’ultima
mezz’ora spesa ad ingegnarsi per fargliela pagare, infatti,
era scivolata via nelle vesti di pochi minuti frettolosi e fu quasi
bizzarro, per il suo udito assorto, accogliere il suono squillante
della campanella.
«
Signorina Granger, potrebbe farmi il favore di riporre questi libri nel
ripostiglio? »
Chinatosi ad
afferrare la borsa finita sotto alla sedia, Draco apparve assolutamente
indifferente a prima vista; niente, nei suoi movimenti spontanei e nel
viso imperturbabile, lasciò intuire che in realtà
la mente si stesse dedicando a ben altro che non fossero quelle brevi
parole che stava scambiando con Nott, e che l’ordine della
McGranitt appena impartito alla Granger stesse rimbombando nella sua
mente nel ritmo incalzante di tamburi che preannunciavano
l’avvenimento del secolo.
Immerso tra le
tiepide braccia di un indistinto brusio che andava scemando in
direzione di luoghi meno solitari, Draco Malfoy aveva esitato
nell’issarsi la borsa scolastica sulla spalla preferendo
restare impalato nel bel mezzo di una classe che si stava svuotando a
vista d’occhio.
Gli studenti
si accalcavano all’uscita, affrettandosi a risalire le scale;
la stessa McGranitt era già svanita alla volta della lezione
successiva.
Nessuno parve
accorgersi di quell’alta sagoma che, immobile e assorta,
aveva ancora gli occhi puntati sul ripostiglio in fondo
all’aula come se al suo interno, al di là della
penombra affossata in quel piccolo stanzino privo di finestre e colmo
di scaffali, vi fosse appena entrata l’importanza del respiro
che adesso sembrava mancargli.
Sospesa sul
fragile filo dei complotti, del rancore e del divertito desiderio, la
sua mente si era ormai arrovellata in meditazioni che sembravano
distaccarsi da tutto ciò che poteva esservi
all’esterno; quel silenzio tanto agognato, la completa
solitudine con l’ultima persona al mondo che
l’avrebbe mai desiderata, la totale via libera per ogni suo
gesto e immaginazione, gli si offrivano su un piatto
d’argento così inaspettato e trionfale che fu
difficile, per un attimo, credere che tutto ciò stesse
accadendo veramente.
Fin
troppo facile,
gli suggerì qualcosa di malizioso nella sua mente.
Di certo non
alla sua altezza.
Ma
l’astuto approfitta sempre delle opportunità che
gli vengono offerte, e Draco Malfoy non era certo tipo da tirarsi
indietro proprio in un momento simile. Una parte di lui
pensò che sarebbe stato divertente riuscire a cogliere
l’esatto momento in cui Hermione Granger, una volta uscita di
lì, se lo sarebbe visto di fronte.
Probabilmente
avrebbe urlato; o forse, nella sua immutabile gentilezza, lo avrebbe salutato
con uno sbuffo e riempito all’istante di insulti e occhiate
contrariate. Qualsiasi cosa gli sarebbe andata a genio,
considerò Draco con un principio di ghigno disegnato sulle
labbra sottili.
Avrebbe
trovato lui il modo di addolcirla un poco.
Rimase
immobile in un arco di tempo che gli parve insopportabilmente lungo;
udì i tonfi sordi dei libri appena poggiati sugli scaffali,
lo spostamento di alcune boccette sul legno polveroso, i passi
frettolosi di chi desidera sbrigarsela da lì il prima
possibile.
Qualsiasi cosa
a cui stesse pensando Hermione Granger - probabilmente le scuse da
accampare al prossimo professore in giustificazione del suo ritardo,
l’enorme pila di compiti da svolgere e le future ramanzine
con cui rintontire i suoi poveri - sfortunati - migliori amici -,
sfumò in sbalordimento nell’avvistare, una volta
rientrata in classe, Draco Malfoy che la fissava esattamente come se
l’aspettasse lì impalato da quando la campanella
era suonata, o forse da quando quella lezione aveva avuto inizio, o
magari da una vita intera.
Le reazioni
della Grifondoro furono diverse, e tutte contraddittorie. Draco se ne
accorse e non poté impedire a sé stesso di
sentirsi lievemente appagato nel cogliere i bruschi e imbarazzati
movimenti della ragazza; dapprima la Granger si era arrestata,
sorpresa, sulla soglia del ripostiglio, le labbra aperte come a
volergli indirizzare i ripetuti moti di stizza che sembravano averla
animata al solo avvistarlo, ma poi doveva averci ripensato e le aveva
serrate, abbassando lo sguardo e dirigendosi verso la sua borsa con
movimenti automatici dettati dal vano intento di fingere che niente
e nessuno,
proprio a pochi passi di distanza, la stesse guardando con il preciso
proposito di rovinarle una giornata che non era cominciata
poi così
male.
Draco prese ad
avanzare verso di lei allo stesso ritmo con cui la Granger, torva, si
avvicinava alla sua postazione.
Forse era
stata opera di quella camminata così arrogantemente sicura
di sé, di quello sguardo penetrante che le si era allacciato
addosso senza dare segno di mollare la sua presa, di quello spavaldo
ghigno ad acuire la crudeltà della sua espressione; fatto
sta che la Mezzosangue, squadrandolo con la coda dell’occhio
ed intuendo palesemente il pericolo che ormai incombeva con
l’avvicinarsi del Serpeverde, diminuì la
velocità del suo passo e esalò un sospiro denso
di malumore.
«
Malfoy. - Constatò, fingendo di mantenere una calma
totalmente inesistente. - Sono in ritardo per la prossima lezione
».
«
Desolato, Granger, di minare così malvagiamente la tua fama di
studentessa modello. - Il sorriso di Draco brillava di compiacimento. -
Sono davvero
mortificato
».
«
Immagino. - Commentò aspramente Hermione, afferrando la
borsa e caricandosela su una spalla. - Adesso sparisci dalla mia vista
».
Fu in un
balenio di tenue rassegnazione, che il volto della ragazza si distese
in collera nel venire afferrata così saldamente per i polsi;
una stretta che pungeva dello stesso ardente sentimento che solcava lo
sguardo di Malfoy, adesso così vicino e sovrastante, catene
pesanti e fredde dalle quali nessuno avrebbe mai potuto più
liberarsi. Con uno scatto cercò di sciogliersi da lui; in
una vibrazione di fermezza e decisione Malfoy la riportò al
suo posto.
« Ipocrita, Granger. - La voce
di Draco si era ridotta al sussurro più tenue e serpentesco.
- Devo forse ricordarti cosa è accaduto l’ultima
volta? »
«
Alludi forse al mio schiaffo? » mormorò Hermione
con sfida.
«
Intendevo
prima
dello schiaffo. - La stretta di Draco si rafforzò tanto da
farle male ai polsi. - Non dirmi che hai dimenticato tutto
quanto… Devo forse rinfrescarti la memoria? »
« Lasciami. - Hermione
allontanò le braccia e fu con sua stessa sorpresa, che
Malfoy eseguì. - Stai perdendo il tuo tempo. Non so a quali
strane fantasticherie ti stia riferendo, ma nel caso in cui non
l’avessi notato, Malfoy, niente è mai
successo tra me e te ».
«
Niente che ti faccia piacere ricordare, Granger ».
Il
calore di quelle labbra.
Oh,
quante volte si era perso in quei bollenti abissi durante le nottate
più solitarie e cupe; e come l’aveva ricordata,
come aveva saputo entrare nelle profondità di una
realtà che, una volta offertogli il premio che aveva
meritato, lo aveva così egoisticamente sottratto alla sua
vista.
Era
stato un bacio a metà mandato a sancire la diretta condanna
della Mezzosangue alla sua mercé eterna.
Un
donare, un prendere e un restituire avvenuto quasi per fatale
casualità. Il sollevarla tra le braccia, restare immune alla
sua resistenza e baciarla; sentire e sapere che lei lo aveva
ricambiato, per quell’attimo, quel breve e meraviglioso e
inaspettato attimo, prima che trovasse la forza di combattere contro
sé stessa scagliandosi su di lui.
E no, non lo
avrebbe mai dimenticato. La Granger avrebbe potuto negare fino allo
spasimo, schiaffeggiarlo di nuovo, sommergerlo di insulti e rifiuti.
Lui si era
già vendicato di tutto quanto; quel bacio era stata la
debolezza della Mezzosangue e Draco, che gliel’aveva
procurata, rappresentava ormai la sua stessa incancellabile
vulnerabilità.
«
Per tua fortuna, Granger, - riprese Draco, la voce stranamente roca, -
questa volta ho intenzione di sbrigarmela in fretta ».
«
Prego? » Hermione alzò un sopracciglio.
«
Hai riso di me. - Fu
l’aspra constatazione. - Prima, a lezione. Con i tuoi
amichetti. Tu hai osato ridere di me con loro ».
La Granger
sbatté le palpebre; dopodiché, riacquistando con
una certa fatica il controllo di sé, imbastì un
sorriso che Draco trovò bizzarramente provocatorio.
«
Non che sia particolarmente arduo deriderti, Malfoy »
frecciò con sicurezza, in quell’irritante
padronanza di sé che lui non aveva mai saputo tollerare, e
fu con passo deciso che la sovrastò una volta per tutte
impedendole di indietreggiare tenendola ferma per le braccia.
Il respiro
della Granger si era fatto più veloce; ma gli occhi scuri
spalancati, cosparsi di oltraggio e indignazione, celavano nelle loro
profondità qualcosa di cui Draco riuscì a
cogliere a malapena le vaghe sfumature, ed ecco che nel cieco intento
di venire a capo dei suoi conflitti le si fece più vicino di
quanto prima non avrebbe osato fare.
«
Prima mi sono accorto di qualcosa, Mezzosangue. -
Lentamente, lasciando che la voce scorresse sulla sua pelle, una mano
di Draco abbandonò la presa su di lei per alzarsi in
direzione del volto. - Devo accertarmi che sia vero ».
Nell’ombra
di uno sguardo attento e vigile, due dita candide e sottili si posarono
su labbra socchiuse e tremanti come una rosa scossa dal vento; Hermione
volse la testa nello stesso istante, turbata e ostinata.
«
Granger. - Sogghignò Malfoy tranquillamente. - Non
sarà il nostro primo bacio ».
«
Esatto, e farò in modo che non accada di nuovo. -
Protestò, infervorata. - Sei stato un
errore
che non sarò mai in grado di perdonarmi ».
«
Gli errori tendono a ripetersi. - Assorte, le dita del ragazzo
continuavano a sostare sui confini del suo volto in carezze sfiorate e
leggere. - Ma questo sarà l’ultimo ».
Gli occhi di
Hermione si puntarono dritti su di lui.
«
Che significa? »
«
Che non voglio più sentire storie, Granger. Adesso ti
bacerò. - Il volto di Draco si fece così
inaspettatamente vicino che la ragazza trattenne d’istinto il
respiro. - Se vorrai picchiarmi, sarai libera di farlo. Potrai
respingermi, scagliarmi un incantesimo, insultarmi. Ma qualunque cosa
farai, io riproverò. - La voce era così bassa da
dare l’illusione di essere soltanto frutto
dell’immaginazione. - Ti bacerò ancora, e ancora,
e ancora. Finché non sarai troppo stanca per dirmi di no.
Finché non crollerai esausta tra le mie braccia,
supplicandomi di lasciarti in pace. E allora io potrò
prendere di te tutto ciò che vorrò, farmi spazio
nel tuo corpo con il tuo stesso permesso. Un permesso che si
sarà trasformato in bisogno, un errore che sarà
divenuto un’ancora
di salvezza
».
«
Malfoy… »
« Taci. - La mano di Draco
scivolò sulla sua guancia in un tocco più rude e
deciso. - Taci, Granger ».
Fragole.
Distese
di fragole zampillanti su una valle di desolazione color pece. Tinta
rosso acceso impressa su una tela dai contorni sfocati di pensieri e
fantasie; una dopo l’altra, le fragole si rovesciavano
dall’alto e cadevano nel grembo di qualcuno che non si era
affatto preparato ad accoglierle.
Fragole
proprio nella sua bocca.
Totalmente
inutile,
ripetersi fino allo sfinimento di andarci piano.
Tutti i buoni
propositi di Draco Malfoy andarono a farsi benedire nello stesso
istante in cui le labbra della Granger cominciarono a serrarsi e
sottrarsi dal suo tocco; e allora l’istinto, il feroce ed egoista
istinto, trovò modo di ribaltarlo spingendolo a lottare con
tutte le sue forze per ottenere esattamente ciò che voleva.
La lingua si affrettò a spingere contro di lei e a
stuzzicare un’entrata che gli era stata negata.
Draco
avvertì il corpo della Mezzosangue irrigidirsi e poi
sciogliersi nella sua stretta; freddo e calore la invasero al solo
rendersi conto di chi la stesse tenendo tra
le braccia, ribellione soffocata dal respiro mozzo le serrò
la gola in una morsa che non aveva più niente a che vedere
con tutto ciò che aveva pronunciato fino a poco prima.
Quelle labbra
velenose, dimora delle insolenze più crudeli e
imperdonabili, parvero squagliarsi sotto di lui come ghiaccio sciolto
dai raggi di un sole rovente; poco a poco, nella stretta distaccata di
chi vuole evitare di lasciarsi totalmente andare, la Granger si
aprì ai suoi desideri.
Le mani sulle
spalle di Draco, unghie conficcate nella veste e braccia rigidamente
tese, faceva di tutto per tenerlo lontano e allo stesso tempo
permetteva al Serpeverde di fare di lei ciò che voleva, come
se non avrebbe mai potuto perdonarsi l’ennesima dipartita del
ragazzo per causa della sua testardaggine.
Ma
a Malfoy bastava.
Per il momento
era sufficiente, e anche se si sentiva ardere dall’impulso di
forzare ancora le sue difese, capì che per quel giorno la
conclusione della sua vendetta avrebbe decretato anche la fine
dell’opposizione della Mezzosangue.
Una mano
infilata tra i capelli della Granger e una a fasciarle la schiena,
continuava a cercare di stringerla a sé mentre una fragola
dietro l’altra pioveva nella sua bocca seguendo
l’armonia di una pioggia sempre più impetuosa ed
irruente.
La labbra si
mossero decise sulle sue e la Mezzosangue, priva della riluttanza che
aveva valorosamente portato sotto ai suoi occhi nell’arco di
tutta quella settimana, in un solo istante gli lasciò via
libera; Draco approfittò subito dell’occasione e
si fece spazio nella bocca della ragazza nelle vesti di chi trova
finalmente respiro dopo un lungo periodo di apnea.
Adesso le
fragole si erano fatte ancora più dolci e succose,
così vere e palpabili da
poterle avvistare di fronte a sé.
Lentamente,
queste presero forma sullo sfondo nero che lo sovrastava e a Draco
parve di tendere una mano per afferrarle; dita pallide nel buio, succo
di fragole rovesciato sulla sua lingua, qualcosa di tangibile e morbido
comparso
all’improvviso nel bel mezzo della sua estasi.
La fragola
precipitò ai suoi comandi e lui, le labbra arricciate in un
sorriso profumato di vittoria, dedicò alla Granger un ultimo
bacio prima di scostarsi di qualche centimetro.
Lei aveva il
fiato mozzo e Draco poteva quasi udire il battito frenetico del suo
cuore scuoterle il petto ansante.
Gli occhi di
Hermione girovagarono dappertutto sul suo volto, le mani ancora
inchiodate sulle sua spalle e le labbra arrossate - fragole
lucide e vermiglie - socchiuse proprio
come lui le aveva appena salutate. Sembrava che volessero esprimere ad
alta voce una domanda difficoltosa; deciso a lasciar perdere ogni
spiegazione, Draco sorrise ancora di più e, masticandole
davanti la chewing
gum alla
fragola,
provocò una grossa bolla opaca che le scoppiò
proprio sotto allo sguardo sorpreso.
«
Sapevo che ce l’avevi anche tu. - Le sussurrò,
intrecciando le dita con quelle di lei. - Grazie mille, Granger, per un
regalo così inaspettatamente dolce ».
Non ci volle
molto, perché Draco capisse di aver appena sancito la
propria condanna.
Fu sufficiente
un momento per dare alla Granger il tempo di assorbire la frase, un
altro per cercare di tollerare il tono derisorio appena utilizzato da
Malfoy, un altro ancora per capire esattamente cosa le avesse appena
fatto.
E lei, mollata
lì dopo un bacio che l’aveva sconvolta e vedersi
esplodere davanti l’unica cosa a cui quell’infido
Serpeverde doveva aver mirato fin dall’inizio, non
trovò altro da fare se non sciogliere le loro mani e partire
con l’unica arma che avesse a disposizione.
Il
ceffone.
Quando Draco
se lo vide venire incontro, non esitò a curvarsi per
scansarlo; la diabolica mano della
Mezzosangue sfiorò fortunatamente una ciocca di capelli che
risentì in modo particolarmente tragico del brusco
spostamento d’aria.
Draco,
divertito, sollevò il mento per guardarla, ma lei aveva
afferrato la borsa e, in un cipiglio oltraggiato, si stava
già dileguando dall’aula.
« A
domani, Granger! »
Senza dare
alcun segno di averlo sentito, lei svanì decisa oltre la
soglia.
Quando Draco
non poté più vederla si lasciò andare
a sedere sul pavimento e esplose in una breve risata divertita, profumo
di quei capelli ancora sulle sue dita, solchi nell’uniforme
proprio dove lei l’aveva appena toccata, il ricordo della
Mezzosangue vivo come fragole rosse nella sua bocca.
Ciao a tutti!
Questa non è certamente le tipologia di storie a cui mi
dedico di solito, ma l'attimo di pazzia prima o poi incontra tutti, e
questo è semplicemente stato il mio svago in un pomeriggio
in cui non avevo niente di meglio da fare.
Mi sono
divertita a scrivere questa shot, e sono soddisfatta di essere stata -
una volta tanto! - abbastanza breve.
Spero che vi
sia piaciuta. A chiunque sarà così gentile da
lasciare un commento, risponderò al più presto
tramite mail.
Mi
farò presto viva con un'altra shot in fase di lavorazione.
Un bacione!
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