•~Uno.
The
Discoverin'
Correre
per un'ora alla mattina, fare una passeggiata per raggiungere il bar
solitamente frequentato, cercare di svegliarsi e rilassarsi prima
dell'inizio delle lezioni era sempre stato tutto altamente normale,
per me.
La
mia classica routine quotidiana.
I
miei amici, infatti, mi dicevano scherzando che ero troppo monotono
per certe cose e che avrei dovuto trovarmi degli altri passatempi, di
tanto in tanto. Ma a me piaceva, ormai c'ero abituato.
Non
avevo mai trovato un motivo sufficiente per smettere e non mi era mai
successo nulla di 'strano'. Anzi, facendo il solito tragitto da quasi
quattro anni, conoscevo praticamente tutti di vista e gli anziani,
soprattutto quelli del bar in cui mi fermavo, mi salutavano sempre, a
volte chiedendomi qualcosa sui miei studi o se mi fossi trovato una
ragazza, per chiacchierare.
In
effetti non passava molta gente 'giovane' in quella zona, nel bar in
particolare e per loro era 'quasi' una novità vedere un viso
ventitreenne lì dentro. Poi io mi divertivo, non mi davano
fastidio
e mi piaceva anche ascoltare alcuni dei loro aneddoti sul passato.
Lo
stesso successe quella
mattina, di
metà febbraio in cui arrivai allo Urth Cafè al
mio classico orario
delle otto, dopo essere passato a casa a cambiarmi al termine della
corsa e aver recuperato l'occorrente per la giornata.
“Giorno
ragazzo mio!”
“'Giorno
signor Hoffman!” risposi ricambiando il sorriso allegro del
proprietario.
“Il
solito immagino” disse affabile.
“Sì
grazie e mi metto fuori, oggi si sta davvero bene”
“Certo
te lo porto io, vai pure!”
Annuii
ma poi venni bloccato da una voce femminile.
“Ciao
Jake!” sentii e il tono era leggermente titubante, quasi
imbarazzato.
Ero
abituato anche a quello.
Sorrisi,
inquadrando Natalie, la figlia del proprietario, dietro al bancone
verso la cassa e ricambiai il saluto anche con un cenno del mento.
Lei
abbassò lo sguardo, con un mezzo sorrisino e scosse la mano
verso di
me.
Sì
ormai non ci facevo più caso, non sapevo da quanto tempo era
che
avesse una cotta per me, anche suo padre me lo ripeteva sempre
divertito facendola arrabbiare, ma non è che potessi farci
molto.
Era
piccola per me, doveva ancora compiere sedici anni, quindi la
assecondavo con qualche frase per farla ridere, ma senza illuderla.
Non volevo farla star male sul serio nel caso avesse capito che non
aveva chance.
Uscii
sulla strada, nella zona adibita ai tavoli esterni, coperti da un
tendone unico al di sopra di essi per fare ombra.
Potevo
concedermi anche più di mezz'ora di pausa, quella mattina le
prime
lezioni a teatro me le avevano spostate di un'ora e dopo il
caffè
avrei fatto volentieri un giro in centro, prima di chiudermi in quel
vecchio edificio fino a sera.
Nulla,
per come era cominciata la mattina, mi avrebbe potuto far presagire
che qualcosa di diverso -molto diverso- ci sarebbe stato.
Così
diverso da cambiarmi persino la vita.
“Ecco
qui figliolo” disse il signor Hoffman, facendomi sollevare il
muso
dai fogli del copione che stavo studiando e spostai tutto quello che
avevo lasciato sul tavolo per fargli appoggiare il vassoio.
Esatto,
mi chiamava come se fossi suo figlio, ma non ci facevo neanche
più
caso, ormai era un'abitudine anche quella e avrei detto che gli
sarebbe dispiaciuto molto se non mi avesse più visto
frequentare il
suo bar.
“Oh
grazie mille...”
“Sempre
a studiare eh? Mai che ti prendi un momento di pausa!”
Sorrisi
“Beh è questa la mia pausa...”
Lui
si sedette, nella sedia di fianco alla mia.
“Solo
due minuti. Tanto Susan se la cava benissimo anche senza di
me...”
sorrisi di nuovo sommessamente, mentre si era inclinato verso di me,
dopo aver guardato indietro come se volesse evitare che la moglie lo
beccasse non indaffarato.
Era
un patito di vecchie opere teatrali e da quando aveva saputo, quindi
da quando mi conosceva, che studiavo recitazione era una valanga
continua di domande.
“Quindi?
Cosa mi porti questa mattina di bello?”
Voltai
il copione con finto fare superiore e lui sgranò gli occhi
con un
leggero 'ohhh'.
“Dio
santo, ma che vi fanno studiare?! Sono dei mattoni questi”
Risi
annuendo “Sì ha detto bene....ma il mio prof
è convinto che il Re
Lear rafforzi
lo spirito”
Alzò
le sopracciglia mezzo divertito “Di sicuro tonifica i nervi,
questo
sì, è talmente pesante che ci si potrebbe
tagliare le vene....”
risi, anche se non mi sarei mai aspettato che avrebbe potuto dire una
cosa del genere, poi lui seguì la risata con me
“...no dai,
qualcosa di buono lo da....”
“DUSTIN!!!!!”
si sentì un urlo che ci interruppe dall'interno del bar e
tutti e
due riconoscemmo al voce di Susan “Alza quel culo e muoviti!
Ci
sono dei clienti da servire, non posso sempre fare tutto io!”
Abbassai
lo sguardo, anche se ero divertito e abituato pure a quello, mentre
lui lo alzò al cielo compreso di mani in aria.
“La
finezza di mia moglie! Chissà cosa ho fatto di
male....” disse
retoricamente e lo guardai mezzo divertito, poi si alzò,
sbuffando e
sbattendo le mani sul grembiule, in un gesto retorico.
“Vado
và, così ti lascio un po' in pace e faccio
contenta anche quella là
dentro...” spostò lo sguardo verso il bar, con
un'aria esasperata
mentre annuii sorridendo.
“Comunque,
quando ti daranno qualche commedia, dimmelo eh? Adoro le commedie
teatrali!”
Annuii
di nuovo “Ovvio! Le porterò subito il
copione”
Mi
diede una pacca sulla spalla “Bravo figliolo...se vuoi
qualcos'altro chiama eh?”
Gli
feci un cenno d'assenso, poi recuperò il vassoio e
tornò dentro
rispondendo a tono alla moglie per la scenata di pochi secondi prima.
Scossi
la testa tra me e me, sospirando, potendo dedicarmi finalmente a
leggere qualcosa di quello che avrei dovuto presentare in quella
mattina e, d'accordo, che adoravo improvvisare e che il mio
insegnante mi aveva detto che lo facevo anche piuttosto bene ma non
potevo ancora prendermi tutte le libertà del campo.
Il
signor Hoffman era veramente piacevole, e mi divertivo a
chiacchierare con lui, ma quando ci si metteva era inarrestabile,
avrebbe potuto parlare anche fino al mattino dopo senza interruzioni
e, in alcuni momenti, non potevo assecondarlo sempre.
Bevvi
un sorso dalla tazza che avevo davanti, quello era il cappuccino a
mio parere più buono del circondario e, per quanto gli altri
ne
avessero da dire, non sarei riuscito a cambiare bar per la colazione
mattutina, mentre mi estraniai dai rumori esterni e da tutto
ciò che
avevo intorno, facendomi prendere completamente dalla storia.
Sia
quando studiavo le sceneggiature che durante le prove sul palco vero
e proprio avevo la capacità di isolarmi da qualsiasi cosa di
superfluo o inutile, sia che si trattasse di rumori, movimenti o
azioni e mi immergevo direttamente nella vicenda come se quello che
c'era scritto si materializzasse improvvisamente attorno a me.
E
serviva. Avevo capito con il tempo -non per vantarmi, ma erano
già
più di otto anni che facevo quel 'lavoro', e tutti nella mia
famiglia ne erano coinvolti- che serviva parecchio, mi aiutava a
concentrarmi e anche a esprimere meglio le emozioni lasciandomi
andare in maniera totale.
Era
un grande aiuto soprattutto quando si trattava di parlare di
'pubblico'. L'ansia da palcoscenico, ce l'avevano tutti, sia i
più
bravi che i dilettanti, e anch'io non ne ero immune in certi casi, ma
con quella tecnica riuscivo a focalizzarmi di più e a
preoccuparmi
di meno.
Fu
per quel motivo che quella mattina come un'altra si
trasformò in
qualcosa di completamente inaspettato e imprevedibile.
Ero
totalmente immerso nella lettura della vicenda mentre cercavo, allo
stesso tempo, di assorbire come una spugna più dialoghi
possibili,
quando feci un salto così violento per il sobbalzo che mi
uscii
spontaneo che per poco non caddi dalla sedia.
“Ehi,
salve!”
Quel
saluto non fu nemmeno detto così ad alta voce ma, come
specificato
precedentemente, avevo acquisito quella capacità di isolarmi
e, a
me, era sembrato dello stesso livello di un qualcosa urlato al
megafono.
“Oh
scusa, non volevo disturbarti” sentì subito dopo,
mentre il mio
cuore aveva accelerato i battiti in un nanosecondo e avevo rischiato
l'infarto a ventitré anni.
Con
uno sforzo sovrumano riuscii a calmarmi e anche ad alzare lo sguardo
verso la figura che mi si era parata davanti all'improvviso e che era
lì davvero, non me l'ero solo immaginata.
Ciò
che entrò nella mia visuale fu un ragazzo, alto, biondo con
i
capelli lunghi mossi fino a quasi le spalle, che non doveva avere
molti anni più di me, anzi forse eravamo coetanei, vestito
in
maniera decisamente fuori luogo visto il posto, il caldo e l'ora,
essendo in tiro di giacca, pantaloni e camicia eleganti neri. L'unico
colore proveniva dalle lenti ovali degli occhiali da sole che erano
viola.
Dovevo
avere una faccia ancora parecchio sconvolta perché tolse il
sorriso
che aveva mantenuto fino a un momento prima, adombrandosi e
diventando un istante incerto.
“Ahm...tutto
bene?”
Perché
me lo chiedeva?
Forse
perché non gli hai risposto.
Ah
già.
Ma
chi cavolo aveva pensato di rispondere a uno mai visto prima, per di
più strano forte, che mi aveva persino interrotto durante lo
studio,
per chiedermi non sapevo cosa?
Comunque pensai di giocarmi la
carta della gentilezza, rispondergli, sentire velocemente cos'avrebbe
voluto dirmi, poi liquidarlo su due piedi con nonchalance.
“Salve....”
dissi stentatamente, rendendomi conto di non aver recuperato ancora
del tutto la capacità di parlare e di articolare i muscoli
facciali
che si erano cementificati in un'espressione mezza sconvolta e mezza
incerta, ma lui si riprese subito quando capii che gli avevo dato
corda e sorrise di nuovo allungando la mano verso di sé.
“Piacere
Heath Ledger!”
Che?!
Ora
il mio sguardo era triplicato nello sconvolgimento, e pensai che
fosse un qualcuno vicino alla pazzia o ad una malattia mentale
prematura.
Ovviamente
non gli presi la mano e non mi presentai a mia volta.
Ma
chi cazzo sei?
Lui
non si scompose “Scusa ma, ti ho visto dall'altra parte della
strada e non ho saputo resistere!” affermò come se
fosse davvero
su di giri e fuori di sé dalla gioia.
Ok,
questo è uno squilibrato.
Poi
come si permetteva di darmi del tu? Ok che eravamo giovani tutti e
due ma non era mio fratello!
Continuai
a non collaborare e lui continuò a non scomporsi, e notai
così per
puro caso, che anche la posizione che aveva preso la stava mantenendo
senza nessuna intenzione di spostarsi.
“Scusi
ma, ci conosciamo? Ha bisogno di qualcosa?” riconobbi la mia
voce
ed erano le uniche due frasi decenti che mi uscirono, anche se al
termine dovetti schiarirmi la voce perché la percepii
decisamente
roca.
Fece
un mezzo sorriso poi, andando ad aumentare ai livelli massimi il mio
sconcerto e sorpresa, si sedette nella sedia del tavolo di fronte a
me, e appoggiò i gomiti su di esso aprendo le mani in avanti.
Bene,
facevo sempre in tempo a dargli un pugno se avesse continuato a darmi
fastidio, ma non sembrava bellicoso da quel punto di vista, mi
rimaneva di più la convinzione del malato mentale.
“Intanto
dammi del tu, poi lo so che mi starai prendendo per pazzo, ma
ascoltami poi tirerai le tue conclusioni e mi darai una
risposta!”
Ah
beh almeno se lo dice da solo! Ha capito che il suo comportamento non
è dei più normali.
Conclusioni?
Risposta?
Ma
che cavolo è successo oggi! Rivoglio i miei giorni
normali!!!!
“Ehm....senti
forse hai sbagliato persona e...”
“No-no,
appena ti ho visto ho capito che eri esattamente quello che stavo
cercando anche se non potevi saperlo, beh nemmeno io tecnicamente, ma
è stato immediato. Diretto e preciso. L'ho capito subito.
Sei
proprio tu quello che mancava per rendere perfetto il mio
lavoro!”
Mi
tirai indietro volontariamente, almeno raggiungendo con la schiena il
bordo della sedia e avevo cominciato a guardarlo in maniera
spaventata.
Posso
aggiungere l'ipotesi del maniaco?
Sì,
anche se era quella più improbabile...comunque, meglio non
escludere
niente.
“Che
lavoro?”
Non
seppi perché lo chiesi e nemmeno perché non
l'avevo ancora mandato
a fanculo, non me ne fossi andato io o non avessi chiamato qualcuno
da dentro il bar per togliermelo di torno.
Di
possibilità ne avevo mentre stavo proseguendo con quella
che, in
teoria, non avrei voluto, ma non potevo farne a meno.
Curiosità?......
“Sono
un fotografo. Faccio qualsiasi tipo di lavoro, i servizi che copriamo
sono tanti, ma quello in cui mi sto specializzando sono proprio i
photoshoot alle persone. Sia famose che non e...in questo periodo
stiamo promuovendo una campagna di vestiti che vuole come
protagonisti delle foto di gente non conosciuta. Insomma visi nuovi,
diversi, non i soliti nomi prestampati e le facce già viste
e
riviste.
Si
tratta di tre servizi, che diventano sei perché cerchiamo
sia tre
uomini che tre donne. A me ne manca uno e tu sei quello che fa
assolutamente al caso mio!”
CHE
COSA?!
Diedi
un'ulteriore gomitata a Hayden perché stava facendo talmente
tanto
casino con la sua risata che tutti i nostri compagni di corso della
prima fila si erano girati per controllare che stesse bene e non
avesse qualche problema.
Sbuffai
alzando gli occhi al cielo quando lui alzò le spalle,
guardandomi
senza capire, faticando ancora a trattenersi dal ridere.
“Che
vuoi?!”
“La
puoi piantare per favore? Stai facendo un casino assurdo”
Rise
ancora, spostando lo sguardo avanti un istante poi tornando verso di
me che mi ero lasciato andare con il peso verso lo schienale.
“Scusa
ma è più forte di me! Dimmi che è uno
scherzo, ti prego, oppure
penso che continuerò a ridere per tutta la lezione”
Scossi
la testa con fare risoluto, incrociando le braccia al petto, ma poi
tornai a guardarlo con un alzata di sopracciglia.
“No
è tutto vero!” risposi con una mezza cantilena.
“Oddio!....”
ripartì con la risata “...insomma, mi vuoi far
credere che un
tipo, comparso dal nulla, nel bel mezzo dell'Urth Cafè, che
solo tu
puoi frequentare perché è da vecchi...”
“Ehi!”
gli diedi una pacca sulla nuca, interrompendolo, ma lui rise
continuando.
“...,
alle otto e mezza di mattina, se ne sia venuto fuori con una
stronzata del tipo che è un fotografo, che stava cercando
qualcuno
per fargli un servizio e che l'ha proposto a te?” rise ancora
“...ma andiamo!” disse tutto in maniera talmente
scettica,
divertita, ironica e sorpresa insieme che alla fine persi l'aria
sostenuta e mi lasciai andare anch'io a una mezza risata, soprattutto
per l'espressione scema che aveva ancora addosso.
“Senti,
lo so che è assurdo, ma è la verità.
Non lo so chi sia, non l'ho
mai visto prima, e questa mattina è stata la prima volta che
è
passato dalle parti di quel bar. Se ci fosse stato in precedenza me
ne sarei accorto, conosco tutti del posto e comunque non è
un tipo
che passerebbe inosservato” constatai, con un leggero tono
ovvio,
ma Hayden sembrava poco convinto.
“E
te l'ha detto così...senza presentarsi, senza un preavviso,
niente
di niente...”
“No.
Mi ha detto solo il nome e che mi aveva visto dall'altra parte della
strada, basta”
“Secondo
me non è normale...poi scusa, chi ti dice che sia davvero
chi ti ha
detto di essere? Aveva una macchina fotografica con
sé?”
“No...”
risposi titubante, pensandoci solo in quel momento.
“Ti
ha fatto vedere alcuni dei suoi scatti?”
“Ancora
no”
“Ecco
vedi. Non fidarti, ce ne sono ovunque di tipi un po' eccentrici,
magari aveva solo voglia di parlare o farti uno scherzo”
Aggrottai
le sopracciglia “Mica era un pazzo...almeno, un po' mi
è sembrato
all'inizio per il comportamento, ma ti assicuro che è un
ragazzo
normale, forse ha la nostra età, o qualche anno
più grande, non
sembrava uno con cattive intenzioni”
“Oh
dai, come fai a dirlo di uno che hai visto neanche per cinque minuti
e con cui non ci hai nemmeno parlato visto che ha detto tutto
lui?!”
“Beh,
ero sorpreso! Non sapevo cosa dire”
“Io
continuo a pensare che non devi fidarti”
“Mi
ha dato il suo biglietto da visita però...sopra
c'è l'indirizzo di
un'agenzia e di uno studio fotografico...non penso sia
inventata”
“Magari
è contraffatta”
Roteai
gli occhi “Oh certo! Adesso mi verrai anche a dire che
è uno
stalker che mi segue da chissà quanto e che
comincerà a
perseguitarmi con lettere minatorie e biglietti falsi!”
sbottai e
lui si mise a ridere mettendo le mani avanti.
“L'hai
detto tu, non io”
“C'mon
Den, sii serio, capisco che c'è gente di tutti i tipi ma non
credo
sia questo il caso”
“Okok...quindi
cos'avresti intenzione di fare?”
“Per
cosa?”
“Beh
per la proposta...alla fine, non gli hai risposto, ma anche adesso
non mi hai ancora detto nulla di certo...non dirmi che ci starai
pensando sul serio di andarci vero?”
Abbassai
lo sguardo un secondo, spiazzato da quell'improvvisa domanda.
Non
ci avevo ancora ragionato. Meglio dire che l'avevo fatto senza
volerlo ammettere a me stesso.
Ancora
mi sembrava troppo strana la faccenda. Era successo tutto
così di
fretta e l'incontro era stato talmente fugace che avrei potuto dire
che non fosse nemmeno accaduto.
Ma
non sapevo bene perché mi aveva lasciato qualcosa di
inspiegato
dentro e l'euforia di quel ragazzo quando mi aveva parlato del suo
lavoro mi aveva colpito. Era vero, alla fine aveva parlato solo lui,
io non ero neanche riuscito a dirgli il mio nome o a presentarmi
decentemente.
Mi
aveva solo lasciato in mano il biglietto da visita dicendomi che, se
avessi voluto farlo, sarei dovuto andare a quell'indirizzo segnato
alle tre del giorno dopo.
Non
avevo la più pallida idea di cosa fare ma se non avessi
voluto in
maniera totale non sarei stato a farmi tanti problemi giusto? Avrei
cestinato l'idea, appallottolato quel foglietto e gettato nel
cestino, mi sarei dimenticato di quel breve dialogo e anche di quel
ragazzo.
Invece
non riuscivo a farlo.
“No,
certo che no....non ho tempo per queste cose” risposi, anche
se
Hayden mi fece uno sguardo eloquente che evitai, utilizzando la
'scusa' dell'entrata in aula del prof. Downey di recitazione
drammatica.
“Ah
ecco, mi sembrava strano che mi avresti risposto il contrario...anche
se ti ci vedrei a posare per qualche giornale
scandalistico...”
“Den!
Ma sei scemo?!” lui scappò dal pugno che tentai di
dargli sulla
spalla, strizzando i denti in un sorriso loquace, schivandolo con uno
spostamento di lato.
“Scherzavo,
dai! Però davvero, secondo me te la caveresti bene...poi si
tratta
solo di promuovere vestiti mica dell'intimo”
“La
vuoi finire? Ti ho detto che non mi interessa, perché stai
insistendo cercando di convincermi?” lo guardai alzando un
sopracciglio, mentre avevamo abbassato la voce per via del prof che
aveva cominciato a parlare.
“Beh
se il mio migliore amico diventa famoso poi potresti mettere una
buona parola anche per me e ci guadagnerei anch'io”
Sgranai
gli occhi con la bocca mezza aperta, fingendo indignazione.
“Ah
certo! Comodo no? Se dovesse succedere per qualsiasi motivo
scordatelo!”
“Uff..cattivo
che sei, ma io lo farei per te” spalancò gli occhi
in una sorta di
espressione compatente e abbandonata, ma scossi la testa anche se ero
divertito.
“Non
passa e...”
“Gyllenhaal!
Christensen! Avete finito di fare salotto o volete renderci partecipi
della vostra concitata discussione?”
Azzz...
Io
e Hayden ci girammo di scatto verso il prof, in fondo, di fronte al
piccolo palco riprodotto che utilizzavamo per gli esercizi,
zittendoci e scuotendo la testa, mentre scontrai il ginocchio contro
al suo, visto che la colpa non era mia.
“No
prof..”
“Ci
scusi..” dicemmo all'unisono ma Downey fece un sorrisino
beffardo,
che conoscevamo troppo bene, e mi venne voglia di strozzare Hayden
oltre che scomparire sotto alla panca, visto quello che ci avrebbe
aspettato.
“Mhh
facciamo invece che, vista la voglia che avete di parlare, scendete
qui e date un assaggio all'intera classe di quello che c'era da
preparare per oggi?”
Appunto.
Vidi
lo sguardo sconvolto di Hayden e io trattenni lo sbuffo di non voglia
che mi venne da fare in quell'istante.
“Bravo
complimenti! Se mi abbassa il voto all'esame mi vendicherò a
vita,
sappilo” sussurrai a denti stretti mentre ci alzammo per
uscire
dalla fila e raggiungerlo.
Lui
mi guardò ancora più in panico.
“Tu?!
Ma se sei il suo preferito? Io non so un cazzo del Re
Lear,
non ho fatto in tempo a leggerlo per oggi!” mi
sussurrò di rimando
sconsolato.
Scossi
la testa tra me e me evitando di rispondere. A volte, Hayden era un
caso perso in partenza.
Mi
rigirai tra le mani quel foglietto di carta rettangolare, mentre
stavo accarezzando Atticus sulla testa, steso per metà sul
mio
stomaco, il sottofondo di un telegiornale alla tv che non stavo
minimamente seguendo.
Era
vero, chiunque mi conoscesse almeno quel minimo sapeva perfettamente
che, eccetto che per i miei studi, ero sempre stato uno troppo
'normale'. Insomma quello che passa inosservato però
è cercato
comunque dagli amici più stretti, quello che sa essere figo
all'occorrenza ma che in altri casi se ne tiene fuori da ogni tipo di
problemi perché non ne vuole sapere.
La
mia famiglia era sempre stata unita all'inverosimile e, anche ora che
io e mia sorella eravamo usciti di casa per il college, ci trovavamo
comunque una volta a settimana per pranzare insieme e parlare di come
stavano procedendo le cose.
Non
avevo mai avuto problemi a stare con una ragazza o a provarci, anzi,
da un lato era stato quasi sempre facile abbordarne alcune, anche se
non sapevo bene il motivo, però non avevo ancora trovato
quella che
mi avrebbe fatto stare bene a vita oppure per un periodo più
lungo
di sei mesi, durata massima di tutte le mie relazioni precedenti.
Ma
non avevo fretta, di impegnarmi a lungo termine non mi passava
neanche per l'anticamera del cervello e mi andava bene così.
Uscite
con amici, studio che mi piaceva, qualche vacanza di tanto in tanto
sempre con amici, per staccare, alcuni periodi neri di percorso
quando ero troppo stanco e avevo accumulato.
Insomma,
tutto normale. Classico no? Chiunque degli americani medi si
sarebbero rispecchiato in un feedback così. E io non ci
vedevo nulla
di strano, neanche quando mi dicevano che avrei dovuto cambiare un
po' abitudini e darmi più 'alla pazza vita'...frase a cui
ancora non
avevo saputo dare un significato.
Forse
era proprio per tutta quella normalità che l'incontro di
quella
mattina mi suonava ancora strano e fuori dalla mia concezione.
Alla
fine non avrebbe dovuto esserlo da un lato.
Se
avessi avuto fortuna nel mondo del teatro e cominciato una carriera
decente, qualcosa come interviste, foto e incontri con altra gente
sarebbe stata abbastanza scontata e all'ordine del giorno, o almeno
vicino ai periodi di messa in scena degli spettacoli.
Però
ora non era così diretto quel pensiero. Anzi non ci avevo
mai
ragionato sopra e non riuscivo a capacitarmi che una cosa
così fosse
successa a me, di fretta e senza nessun preavviso.
Da
un lato davo ragione a Hayden. Non sapevo se potevo fidarmi, c'erano
troppe persone strane al mondo e il modo in cui quel tipo -come
aveva detto di chiamarsi?....ah già, Heath....-
si era presentato aveva qualcosa di dubbioso, non era stato il
massimo della chiarezza e, sempre dando corda a Hayden, non mi aveva
dato nemmeno nessuna certificazione che quello che faceva fosse vero.
Allo
stesso tempo, però, forse per la novità della
questione o per il
lato assolutamente incredibile della faccenda, mi aveva incuriosito e
non pensavo che fare qualche foto con
i vestiti addosso mi
avrebbe ucciso.
Andiamo!
Avrebbe
potuto essere una bella esperienza, un modo di provare qualcosa di
nuovo, in un ambiente totalmente diverso dal solito e, comunque, mi
sarebbe potuto servire per il futuro.
Sempre
che le mie doti di attore avrebbero conquistato il pubblico.
Altro
discorso...
Sospirai
da solo, ancora accarezzando il mio cane e lanciando il foglietto sul
tavolino basso davanti a me. Non sapevo cosa fare.
Andare
il giorno dopo o non andare?
Anche
perché c'era un'altra cosa, tra tutto il resto, che stavo
tenendo in
considerazione e che a Hayden non avevo detto. Quel Ledger mi aveva
spiegato che l'impegno sarebbe stato di due giorni, quindi niente di
così devastante, ma per ciascuno di essi ci sarebbe stato
persino un
compenso di 2500$, quindi 5000$ secchi che non mi facevano schifo.
Non
ero uno con problemi di soldi, sia da parte della mia famiglia ma
anch'io guadagnavo bene con quello che avevo avuto fino a quel
momento di ingaggi teatrali, però...beh, qualcosa in
più faceva
sempre comodo.
Uff..
La
parte più scettica di me però stava prendendo il
sopravvento e, di
solito, se ne stava buonina perché non lo ero di mio, ma non
riuscivo a credere che fosse vero.
Mi
puzzava tanto di imbroglio o di presa per il culo.
Quel
biglietto era ancora lì, però. E ci rimase fino
al giorno dopo.
Alzai
lo sguardo per controllare che l'indirizzo fosse giusto e, appena me
ne assicurai, ripensai di nuovo che fosse una balla.
Davanti
avevo un vecchio edificio che, una volta, doveva essere stato la sede
di qualche fabbrica o di un contenitore di rimorchi. Tutto dava
l'idea di qualcosa di abbandonato e in disuso da tempo, non certo di
uno studio fotografico conosciuto, perlomeno.
Non
chiedermi perché ci sono andato!
Già,
non lo volevo nemmeno spiegare a me stesso e più mi guardavo
attorno
più mi stavo dando dello stupido da solo. Mi sentivo un vero
idiota
e, per essere lì a un quarto alle tre, avevo saltato persino
il
corso pomeridiano intensivo che tenevamo qualche volta per fare delle
prove.
A
Hayden avevo detto una stronzata, non gli avevo specificato niente ma
avevo come l'impressione che sapesse perfettamente dov'ero e che non
gliel'avessi data a bere. Alzai le spalle tra me e me, poco male, se
fossi diventato davvero famoso l'avrei raccomandato sul serio.
Pfffff.....
Comunque.
Non vidi campanelli, citofoni o altro che potessero servire per farmi
annunciare all'interno.
Sorpassai
la cancellata in ferro battuto che trovai aperta e arrivai al portone
principale, quello almeno in buone condizioni e sembrava l'unico che
fosse stato cambiato rispetto a tutta l'architettura dell'edificio.
Stai
a vedere che adesso trovo aperta anche questa?!
Spinsi.
Sì lo era.
Ok.
Qualcosa non mi tornava ma ormai...tanto valeva verificare che fossi
stato un'idiota, ingenuo poi tornare indietro, piuttosto che perdermi
in viaggi mentali su quello che poteva essere stato un tempo quel
posto.
Infatti,
non mi servì nulla di tutto quello che avessi pensato fino a
poco
prima.
Appena
misi piede in quello che doveva essere l'ingresso, rimasi a bocca
aperta, lasciando la porta e non badando a quando si chiuse dietro di
me con un tonfo sordo ma leggero.
Sembrava
di essere dentro a una sorta di realtà parallela o
immaginaria
perché tutto quello che mi circondava non era niente
rispetto
all'esterno.
Pareti
bianche, lampadari, luci accese di qualsiasi forma, pavimento in
marmo bianco, arredamento in stile perfetto tra divanetti, vasi con
piante, tavolini, un bancone di legno chiaro su un lato con un
computer Mac sopra, e di fronte un corridoio che si apriva su
un'altra sala e stanze che non riuscivo a distinguere da quella
posizione.
Avevo
ancora gli occhi sgranati, mentre feci vagare lo sguardo attorno
totalmente incredulo, stranito e sorpreso per quel cambio repentino,
poi pensai che non potessi essere nello stesso edificio.
Com'era
possibile che l'interno fosse così? Da fuori sembrava che
non
avrebbe resistito a rimanere in piedi più di un'ora a causa
della
forza di gravità, mentre adesso era uno dei posti
più belli,
lussuosi e di stile che avessi mai visitato.
C'erano
talmente tante luci che facevano male agli occhi e il corridoio dava
l'idea di qualcosa di infinito ma in quel momento mi resi conto che
era la mia immaginazione che stava vagando troppo a causa della
sorpresa.
Esisteva
un posto così a LA....ma da quando? Non avevo la
più pallida idea
di che marchio si trattasse e per che tipi di riviste
lavorassero...alla fine, quelli conosciuti erano sempre gli stessi,
invece non avevo mai sentito parlare di un luogo così nel
bel mezzo
di un quartiere del centro.
Mi
riscossi quando sentii dei rintocchi nel pavimento, che avevano tutta
l'impressione di essere tacchi, infatti due secondi dopo, da una
curva che il corridoio faceva sulla mia destra, comparve una ragazza
vestita di tutto punto, bionda, con un fascicolo in mano su cui aveva
puntato gli occhi, che occupò il posto dietro al bancone.
Un
secondo dopo si rese conto della mia presenza.
Avrei
voluto uscire, ora la mia voglia era pari a zero e mi stavo
continuando a dare del cretino per esserci andato, ma le mie gambe
non rispondevano.
“Oh
salve! Scusi non l'ho sentita entrare, ha bisogno? Cerca
qualcuno?”
chiese, sorridendomi affabile e a quel punto non potei fare
più
niente se non avvicinarmi di qualche passo e tentare di togliermi
l'aria sconvolta dal viso.
“Salve...beh,
ecco...sì insomma, ieri ho incontrato un certo signor Ledger
e....”
non feci neanche in tempo a dirlo che mi bloccò subito,
annuendo di
fretta ma con euforia.
“Oh
sìsìsì ho capito. Devi essere uno dei
tre per il servizio!
Benvenuto! Io sono Sienna, la responsabile nonché segretaria
degli
appuntamenti, puoi chiedermi qualsiasi cosa, Heath sarà qui
a
momenti, ma se vuoi intanto posso farti fare un giro...adesso non
sono molto impegnati e alcune sale sono libere...se vuoi anche
cambiarti...puoi metterti a tuo agio!”
Ci
rimasi per la sua esuberanza, aveva parlato talmente di fretta che
capii il motivo del perché l'avessero messa a fare la
segretaria.
E
io che non ero ancora per niente convinto, già mi voleva far
mettere
a mio agio?
Cristo
ma non sapevo neanche cosa dovessi fare e quando sarebbero stati quei
'due giorni' di cui mi aveva parlato!?
Avevo
ancora tutta l'intenzione di fare dietro front e uscire. L'avevo
sospettato fin dall'inizio che non sarebbe stata una buona idea e
cercavo ancora di trovare una ragione puramente plausibile del
perché
mi fossi convinto.
Ma,
come velocemente aveva parlato, uscì da dietro il bancone,
mi prese
sottobraccio e cominciò a spostarsi obbligandomi a seguirla.
“Di
qua ci sono i camerini, da quella parte invece abbiamo alcuni degli
studi, sia interni, che esterni appositamente creati, poi lì
c'è un
bar nel caso ti venisse voglia di qualcosa o un
caffè...e...” poi
si bloccò notando che non rispondevo, anche
perché sarebbe stato
impossibile vista la sua parlantina, ma più di tutto era il
posto
che mi manteneva ancora senza parole.
Era
incredibile, non avevo mai visto niente del genere e continuando a
spostarci diventava sempre più grande, rendendo quasi
impossibile
credere che tutto si trovasse nello stesso edificio...rasentava quasi
l'assurdo.
“Tutto
bene?”
“Ah
ehm...sìsì tutto a posto...ma vede...”
“Dammi
del tu...” ammiccò.
Indugiai
“Senti...nessuno mi ha spiegato niente..non sono nemmeno
sicuro di
volerlo fare e non so perché sono qui” confessai,
con un leggero
tono stanco.
Lei
non sembrò sorpresa di quella affermazione, nemmeno la prese
male,
si calmò fermandosi, smettendola di tirarmi a destra e a
sinistra e
mi guardò addolcita e affabile.
“Oh
capisco...ma se sei venuto ti assicuro che vuoi farlo”
La
guardai sorpreso “Come fai a esserne certa?”
“Fidati,
altrimenti non ci avresti nemmeno pensato...”
Uhm.
Perspicace la ragazza.
“Quindi
come si svolgono le cose qui dentro?” cedetti infine.
“Seconda
porta a destra...troverai risposta a tutti i tuoi dubbi”
sorrisino
ancora ammiccante e mi indicò la strada che conduceva a
quella
porta.
Non
ne ero ancora così sicuro di quel particolare...ma tanto
valeva...
Proviamoci
và...Hayden mi dovrà la carriera se ne
salterà fuori qualcosa di
decente.
********
Uhuuhuhuhuhuhuhuhuh
Bene.
Così parte.
Seconda
Long-Short AU.
Alors
passiamo subito ai chiarimenti perché negli altri non voglio
farli.
Sarà
di tre capitoli.
Ho
fatto un cambio di personaggi, come avrete notato.
Sia
perché nelle prossime ci saranno sempre gli stessi, sia per
variare
un po'.
-sarà
l'unica poco 'spinta' delle quattro long-short in
programma....capitemi....ma non preoccupatevi ne avrete di che
recuperare con le prossime ^.-
-Dustin
Hoffman e Susan Sarandon hanno lavorato insieme con Jake in Moonlight
Mile,
mentre Susan ha fatto Anywhere
but Here
con Natalie e Dustin Mr.Magorium
Wonder Emporium
sempre con Natalie..quindi si conoscono tutti e mi piaceva l'idea di
metterla come loro figlia (anche se avranno poco rilievo tutti e tre
in questa storia). Come avrete notato ho storpiato l'età di
Nat, ma
non ha molta importanza.
-Hayden
Christensen era da un sacco che volevo piazzarlo da qualche parte. Ho
colto l'occasione in questa, rendendolo migliore amico di Jake, visto
che loro due insieme nella realtà hanno fatto 'This
is Our Youth'
che è una commedia teatrale.
-Sì
Jake qui è un attore ma il fattore AU c'è
perché non lo è di
cinema, ma studia solo per il teatro cosa che nella realtà
ha fatto
solo una volta, poi ha lasciato perdere (almeno per il momento).
-Passando
a Heath...lo so nel primo non si capisce un cazzo di lui, ho fatto
apposta ^.-...volevo solo farvi notare, se non l'avete già
capito
voi, che con queste Long-Short, ma anche in tutte le AU in generale
che sto scrivendo, uso Heath sempre 'diverso', nel senso che lui
rispetto a Jake, negli anni, ha sempre cambiato parecchio il suo
aspetto esterno (capelli, viso, modo di vestire, un po' di chili in
più o in meno...), insomma ha diverse sfaccettature di
sé per
quanto riguarda l'esteriorità, perciò in ognuna
ho utilizzato ogni
sua 'variante' xD....infatti è uno dei motivi per cui mi
sono venute
in mente: proprio perché me le immagino con lui in un certo
modo..quando invece Jake, più o meno, rimane simile ^^. Il
fatto che
faccia il fotografo è la base dell'idea di questa storia e
del
perché mi è venuta in mente *ç*..per
chi non lo sappia era una
delle principali passioni di Heath anche nella realtà,
quindi in
questo caso è un mezzoAU il suo lavoro ^.-. In questo chap
in particolare l'ho voluto descrivere in un certo modo
perchè è 'preso' dal vero ed era un sacco che
volevo sfruttare questa 'foto' (andate qui
e qui)...era
all'anteprima
del Patriota e lo adoro così xDDD,
-Sienna,
è la Miller, ovviamente, che non avevo ancora usato e che
penso non
metterò più. Co-protagonista di Heath in Casanova.
-Ne
mancano ancora due di personaggi da introdurre ma ci saranno nel prox
chap, quindi non ve li dico.
-Rob....beh
Rob ve l'ho detto che lui ci sarà sempre e nella parte del
prof di
recitazione ce lo vedo da dio XO__________.
-Ultima
cosa: il 'shoot' del titolo non è inteso come 'sparo'
ovviamente, ma
come diminutivo di photoshoot, cosa molto comune nel gergo americano
^.-
Grazie
a tutti quelli che cominceranno a leggerla e fatemi sapere cosa ne
pensate
kissss
Leia
[edit
del 24/02/11:
i link alle foto che troverete non sono più funzionanti,
dovete seguire quello sottostante per ritrovare ogni foto postata e per
le prossime
nuova
pagina di supporto per le storie, con foto, info e gli aggiornamenti
alle pubblicazioni:
bloggolo]
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