Yes, i'm your destiny di AnImoR_7 (/viewuser.php?uid=99353)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Cap.1 13 Settembre, la svolta
Premessa,
ho una fifa blu. Fatta questa premessa vi dico che ho deciso di
imbarcarmi in questa nuova avventura, e l'ho deciso così di
punto in bianco, una mattina mentre mi truccavo in bagno, ma sarai matta? Si l'ho pensato anch'io, ma ho pensato pure che al momento mi andava di assecondare questa pazzia...così ecco qua.
Dunque si tratta di questo: e
se Edward avesse conosciuto Bella il giorno stesso della sua
nascita, perchè Alice giura che sarà lei un giorno
la donna della sua vita. E Bella una volta grande sarà d'accordo
con questa teoria? Non scrivo altro, se vi va
leggete e vi prego perdonatemi se ho massacrato un testo "sacro".
Grazie
R.
CAPITOLO 1
13 Settembre, la svolta.
Pov Edward
"Edward...Edward apri gli occhi ti prego, ti prego fallo per me"
La voce di mia sorella era scossa dai singhiozzi, pianto senza lacrime per noi vampiri, ma sempre pianto era.
Sempre manifestazione di dolore e sofferenza, anche se nessuna goccia
d'acqua salata bagnava il nostro viso. Ed Alice mi pregava, mentre la
sofferenza l'attanagliava, voleva che aprissi gli occhi, voleva che le
dessi un segno che la rassicurasse, che le facesse capire che ero
ancora presente a me stesso, e non in preda alla pazzia, perchè
questa era la sua più grande paura. Voleva un barlume di
speranza a cui appigliarsi, che le facesse credere che tutti i suoi
tentativi di riportarmi alla "vita" non fossero stati vani, sempre se
vita poteva essere considerato l'insulso incedere del mio tempo.
"Alice, per favore smettila"fu
tutto quello che riuscii a dire per tranquillizzarla, null'altro
perchè io per primo desideravo starmene lì, senza
nessuno, avevo scelto coscientemente di crogiolarmi da solo nella mia
pena.
"Oh Edward, apri gli occhi guardami" insistette e così
all'ennesima pietosa richiesta decisi di aprire gli occhi. Quella voce implorante era
pur sempre di mia sorella, e alla fine l'accontentai.
Povera Alice, il suo bekl viso era distrutto dal dolore; i singhiozzi continuavano a
scuoterle il viso cereo ma pur sempre bellissimo. Lei più di
tutti dei membri della mia famiglia, era quella di cui sentivo la
mancanza, perchè sapeva capirmi, riusciva ad essere
partecipe della mia sofferrenza e percepire il mio disagio come nessun altro.
Da mesi ormai avevo deciso di trascorrere in solitudine i miei giorni,
vagando per i boschi, nutrendomi di tanto in tanto e prendendo
periodicamente in affitto qualche stanza d'albergo per ripulirmi e
riposare in un letto asciutto. I miei genitori adottivi, Carlisle ed
Esme Cullen, avevano cercato in tutti i modi di lenire il mio dolore
così come i miei fratelli, ma io proprio non riuscivo ad
accettare quell'insopportabile tarlo nella mia testa chiamato solitudine. L'ospite indesiderato che prepotentemente
aveva preso dimora nel mio corpo e nel mio animo, semmai ne avessi
avuto uno. Ero l'unico della famiglia che non aveva una compagna,
qualcuno con cui condividere l'eternità a cui ero destinato, qualcuno che
comprendesse quanto fosse difficile accettare la mia natura, per questo soffrivo, e per questo mi sentivo tanto solo.
Sebbene io avessi provato a cercarla una compagna, mai nessuna fanciulla aveva
risvegliato in me un qualsiasi tipo di sentimento, neppure una
simpatia, un guizzo, un lampo emotivo, mai. E dopo tutti quegli anni, mi ero stufato di aspettare e sperare
che questo ipotetico qualcuno arrivasse più a rischiarare il buio del mio mondo,
fatto solo di notti infinite.
L'unica che non si arrendeva era Alice, mi ripeteva come una cantilena
che "lei" sarebbe arrivata, sarebbe nata apposta per me, figuriamoci
... "l'ho vista nelle mie visioni". Perchè lei, mia
sorella, era
capace di scorgere il futuro anche molto prossimo, se pur incerto,
ossia
in qualsiasi momento il protagonista delle visione poteva, suo malgrado
cambiare l'evolversi degli eventi, la rotta del destino.
"Il destino ha già deciso tutto Ed, è solo questione di tempo" Già
il destino, io non ero sicuro che realmente il fato segnasse la vita
della persone, ma mia sorella ne era assolutamente convinta. "La sua natura, almeno all'inizio sarà umana, ma poi al momento giusto si unirà a noi"
Io l'ascoltavo scettico e comunque per quanto noi vampiri fossimo per
indole egoisti, non me la sentivo di privare un'umana della sua vita
solo per guarire me, un mostro, dalla sua insana smania di avere una
compagna. Perchè l'unico modo per un'umana di unirsi ad un mostro era
perdere la propria condizione di nascita, la propria essenza. In parole povere doveva morire.
Così un giorno di fine estate, allo stremo della sopportazione, mi rintanai da solo nei fitti boschi dell'Alaska.
"Edward devo parlarti" Alice mi
afferrò un braccio
"è importante sul serio, ascoltami" ma io voltai il viso altrove
continuando a stare disteso ed immobile come solo noi non morti sappiamo fare.
"Lasciami in pace Alice, davvero io non..."
"Tu non capisci" m'interruppe "lei è nata è nata finalmente"
"Cosa? Non può essere"
"A Forks nello stato di Washington,
stamattina alle cinque e diciassette minuti, pesa tre kili e
settecentro grammi. Mamma e figlia sono in ottima salute. Vieni ti
porto da lei"
"Ma dici sul serio?" ero incredulo. Per decenni avevo atteso che
Alice pronunciasse quelle parole, ed adesso che lo aveva fatto, non
riuscivo a crederlo.
"Sì" ribadì commossa "dico sul serio, adesso non sei più solo Edward. La tua solitudine è finita" involontariamente accennai un sorriso, era incredibile, dopo mesi o forse anni sorridevo.
"Ma come fai ad essere sicura che sia lei Alice? E' troppo piccola;, tu hai visto il suo volto da adulta?"
"Sì e no ..."
"E se ti sbagliassi?"
"NO è lei ne sono assolutamente certa"
"Alice ..." mugugnai "io non so se sia giusto, insomma lei è umana"il
debole senso di colpa tornava a fare capolino nella mia testa, da
quando poi ero in grado di provarlo? La notizia appena ricevuta poteva
davvero dare una svolta
alla mia misera esistenza ed io mi sentivo in colpa?
"Sai che è giusto Edward!" ribattè Alice "e
comunque sappi che non sarai tu a costringerla"
"Mi amerà alla follia appena getterà uno sguardo sogmeto su di me?" Ironizzai.
"No, semplicemente perchè è scritto nel suo destino. Tu sei il suo destino"
I miei occhi vagarono nel vuoto qualche secondo. "Cosa devo fare?" Mi
tormentai, se l'avessi vista forse poi non sarebbe stato facile
rinunciare, e questa certezza mi fece titubare ancora di più.
"E' un'umana piccola piccola, che
effetto può mai farmi? Nessuno può innamorarsi di
qualcuno appena nato, e poi i loro tratti sono pressochè uguali,
per tutti."
Queste considerazioni misero a tacere gli ultimi dubbi e annullarono ogno remora, avrei accontentato mia sorella, si era data
così tanta pena per me! Almeno questo glielo dovevo. "Solo uno
sguardo" promisi a me stesso "e poi sarei ritornato alla mia pseudo vita"
"D'accordo, verrò a darle un'occhiata, ma non aspettarti nulla da me, poi dovrai lasciarmi in pace, d'accordo?"
"Siii" trillò pazza di
gioia per la stanza mia sorella. Dopo giorni o forse settimane mi alzai
dal giaciglio della mia sofferenza e la seguii.
*****
Un'ora dopo a Forks.
"Forks piccola cittadina di duemila anime, immersa quasi tutto l'anno sotto una coltre di nuvole e pioggia".
Questo era quello che recitava il cartello di presentazione all'ingresso della contea, e ad essere sinceri
non è che fosse molto allettante come descrizione per il visitatore. "Stranezze umane"
conclusi.
"Destino benevolo" invece
disse Alice guardando il cielo plumbeo che ci accolse, semmai in un
futuro prossimo avessimo deciso di trasferirci in quell'angolo degli
Stati Uniti, questo clima sarebbe stato l'ideale per noi, in
considerazione del fatto che i raggi solari rivelavano la nostra vera
natura. Ci illuminavamo come un'insegna al neon purtroppo, nulla poteva tenerci al sicuro dal sole.
"Saliamo per di qua" giunti a destinazione mia sorella indicò il muro esterno dell'edificio "quarto piano, ho visto, dormono. Non c'è nessun in camera oltre mamma e figlia" Annuii e le
feci segno di salire per prima. Alice con la sua solita
grazia balzò sul primo cornicione e poi s'inerpicò
scrisciando in verticale sulla pancia, proprio come un serpente. Io la
seguì. La finestra della stanza in questione era socchiusa e
entrare senza fare il minimo rumore fu un gioco da ragazzi. Mia sorella
entrò danzando sulle punte, io la raggiunsi subito dopo felpando
i miei passi come un felino.
Una volta dentro la prima cosa che mi colpii, fu uno strano odore
anzi un delizioso odore, e capii provenire proprio dalla bambina. Ebbi
quasi
l'impressione che una nuvola di questa essenza stazionasse proprio
sopra alla sua
culla. Lo paragonai per eccellenza alla crema di
vaniglia che da piccolo mia madre, la mia vera madre, nell'altra mia
vita, mi preparava alla Domenica. Analizzandolo più a fondo
c'era anche un
vago sentore di fiori di campo, margherite forse o ... non
seppi identificarli, l'unica cosa certa fu che ne rimasi
estasiato.
"Oh Edward quanto è bella" Alice si era fiondata accanto alla
culla e giungendo le mani all'altezza del petto sembrava quasi recitare una
muta preghiera di ringraziamento a quel piccolo esserino. I suoi occhi
ridevano di felicità.
A memoria, l'unica altra volta in cui ricordavo mia sorella così
felice era il giorno del suo matrimonio con Jasper, quindi circa
trent'anni prima. Vederla di nuovo così gioiosa mi fece sentire
bene.
Presi il coraggio a due mani e mi avvicinai anch'io, prima però gettai
un'occhiata alla madre della piccola, una bella donna dai capelli
rossi, di corporatura minuta, aveva dei lineamenti gentili ed
aggraziati. Dormiva serena, anche se il suo viso mostrava i segni della
stanchezza causati dal lungo travaglio e dal parto difficile.
Infine mi decisi a guardare dentro il lettino, presi un lungo respiro e
abbassai il capo verso quella che secondo mia sorella sarebbe diventata la
mia futura compagna, mentre per me era solo un'umana in fasce che mi
apprestavo a scorgere esclusivamente per farle piacere.
La scorsi e fu l'inizio della fine.
Un piccolo fagottino era rannicchiato, quasi attorcigliato su se stesso, dormiva beato con
le manine chiuse a pugnetti e le ginocchia strette al pancino. I
piedini erano nudi, delle buffe scarpette di lana erano adagiate poco
lontano da lei, indosso aveva un pagliaccetto rosa con un orsacchiotto
giallo disegnato sul petto.
"Adorabile" mormorai "davvero adorabile"
"Sii è proprio adorabile" esultò Alice in trance.
Benchè fosse appena nata la sua testolina aveva tantissimi
capelli scuri "abbiamo una bella bruna quì" dissi ad Alice
mentre con l'indice indicavo la folta ed arruffata capigliatura della bimba.
"Già e diventerà bellissima Ed, non puoi immaginare
quanto..." a quelle parole deglutii a forza, uno strano pensiero
mi passò per la mente, ovvero "lo penso anch'io".
Al lato della culla, c'era un cartoncino rosa con delle buffe paperelle
disegnate, identificava il nascituro. Mi avvcinai curioso di leggere il
suo nome:
Swan, Isabella Marie.
Non potei far altro che pensare che fosse un nome bellissmo.
Naturalmente ho preso in prestito i personaggi della sig.ra Meyer solo per diletto e niente altro.
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=575753 |