Il vento soffiò nella
vasta radura, sui miei
lineamenti incorruttibili e perfetti, sulla mia pelle fredda e fra i
miei
capelli setosi. Il cielo, minaccioso, mostrò un lampo di
luce fra le nuvole
plumbee.
«Corri, Kate!
Corri!» la incitò suo padre, bello e sorridente
come non mai, vestito impeccabilmente di una costosissima divisa da
baseball.
Mia figlia aumentò il
veloce e aggraziato ritmo delle
sue gambe, che ora, grazie alla mia nuova natura, potevo cogliere
perfettamente.
Ma Mark era già sbucato
dalla foresta, con un perfetto
sorriso di dentini e la palla in mano. «Yeah!»
esclamò Emmett contento «dammi
il cinque ragazzo!». Mio figlio rise, orgoglioso, ricevendo
un occhiolino da
parte di Edward.
Katie non era dello stesso umore.
Corse verso il
padre, con un broncio stampato in viso.
«Papà» mugugnò, tendendo le
braccia
verso di lui.
La sollevò velocemente,
sfiorandole il naso con un
dito. «Non ti preoccupare mon petite champion,
ci rifaremo al prossimo
inning».
Mia
figlia Kate non amava gli
sport, ma adorava suo padre e le sue coccole, e soprattutto era
estremamente
intelligente. Così non si era lasciata sfuggire
l’occasione di stare con lui e
fra le sue braccia.
Mark
invece era un tornado.
Adorava la sua sorellina più grande, muoversi e giocare.
Venne fin da me per
avere il bacio della vittoria, che con un saluto caloroso gli concessi,
baciandolo sulla guancia sporca.
Sospirai,
osservandolo
allontanarsi per il campo con un senso di deja-vù.
Dopotutto, in un certo
senso, la mia avventura era cominciata proprio lì, su quel
campo e fra quegli
alberi. Era lì che avevo fatto il mio primo vero passo nel
mondo dei vampiri,
mettendo concretamente in gioco la mia vita.
La
prima delle mille volte.
Ma
non rimpiangevo niente
pensando agli ultimi sei anni passati con i miei figli, né
tutti quelli che
erano venuti prima.
Dopo
Kate Mark, dopo Mark…
«Mammiii!»
«Ammii!» chiamarono
insieme le mie gemelline, vestite di candidi e graziosi abitini
bianchi, sedute
in compagnia delle zie sulla tovaglia scozzese del pic-nick.
Anne
e Juliet erano le nostre
piccole principessine. E apprendendo la notizia delle gravidanza
gemellare avevo
guardando sconvolta Edward, accusandolo di avermi in infilato qualcosa
nel caffè;
finché Carlisle non mi aveva spiegato che le bambine erano
identiche, nate da
un’unica placenta, una situazione puramente casuale e
rarissima. Omozigoti,
così aveva detto Carlisle, mentre ancora non mi ero del
tutto ripresa dalla
notizia.
Allargare
la famiglia da quattro
a sei, con dei bambini così piccoli, era stato tutto il
contrario di quello che
si potrebbe definire “una passeggiata”.
«A-elli!
A-elli!». «Uadda ammi!»
mi chiamarono, mostrando i nastrini che con tanto entusiasmo Alice e
Rosalie le
avevano infilato nei capelli.
Non
solo tre gravidanze e
relativi parti non erano stati facili da gestire, la presenza di
quattro
bambini in casa era terrorizzante. E malgrado andassero spessamente
d’accordo e
si divertissero insieme, capitava che avessero umori o esigenze
diverse, o che
litigassero fra di loro.
Se
non fosse stato per tutti i
vampiri, per i Cullen e per Edward, che non avevano quasi nulla da fare
e
un’infinità di tempo a disposizione, probabilmente
non sarei riuscita a
sopravvivere agli ultimi anni, pensai scherzosamente.
In
ogni caso, avevo voluto
comunque dare tutta me stessa ai miei figli, dedicando a ciascuno tutto
il
tempo che avevo a disposizione, abbandonando gli studi e ogni svago.
La
notizia che mi aveva
sconvolta era stata quella della quarta, estenuante, gravidanza. E
malgrado
inizialmente si fosse prospettata molto più tranquilla delle
precedenti -
niente nausee e ormoni impazziti - causa l’eccessivo sforzo
esercitato sul mio
corpo era finita in maniera preoccupante e tragica.
Distacco
della placenta.
Emorragia. Diminuzione del battito fetale.
Quando
pensavo di essere morta,
di non poter più rivedere i miei figli e mio marito e mai il
piccolo nato, il
veleno, l’essenza di vampiro di mio marito, era entrato in
circolo nelle mie
vene, salvandomi e trasformandomi in quella che ero diventata.
Una
vampira.
«Prendila,
Kate!» esclamò Esme,
dopo che Emmett ebbe colpito la palla con la mazza. Mia figlia si
lanciò di
corsa fra gli alberi.
Edward
era felicissimo dei
bambini, e la mia trasformazione aveva interferito con quello che mi
rendevo
conto essere un suo reale progetto: avere quanti più figli
possibile. Aveva un
sorriso perennemente stampato in volto, un viso diametralmente opposto
a quello
che vagheggiava sui suoi lineamenti nei periodi più cupi
della sua esistenza.
Adorava i suoi figli e adorava me, come io amavo lui e loro.
Alice
si sollevò, mettendo giù
Juliet e guardando fra gli alberi, dove poco prima era scomparsa mia
figlia.
«Kate!» gridò, indicando quel punto.
Volsi
il capo in quella
direzione, osservando ciò che avvenne poco dopo.
Philip
e sua figlia Kate
passarono fra gli alberi, con mia figlia fra le braccia, entrambi
immortali.
«Zia Katherine!» la salutò mia figlia,
baciandole una guancia.
Poco
dopo aver sistemato ogni
cosa con i licantropi Kate si era fatta avanti e finalmente ricongiunta
a suo
padre, appagando il suo cuore. Così aveva deciso di
trasformarlo in vampiro,
mentre viaggiavano come profughi lontano da Aro, protetti dal loro
anello
magico.
Mi
aveva aiutata
psicologicamente, permettendomi fin dai miei primi giorni di vampira di
entrare
in contatto con gli umani e i miei figli. Era un uomo nuovo, forte e
rinvigorito. Ed ero certa che ad essere guarito non fosse il suo corpo,
ma la
sua anima.
«Volevamo
salutarvi prima che
andaste via» disse pacatamente, rivolgendomi
un’occhiata.
Da
troppo tempo nessuno di noi
non mutava aspetto, e questo, alla radura, era l’ultimo
nostro giorno a Forks.
L’ultimo mio giorno da umana, o quasi. L’ultimo
giorno prima di separarmi da
mio padre e dalla mia vita passata.
Li
salutai cordialmente, con
tutta la disposizione d’animo che sentivo di avere.
Un
fulmine e un lampo
squarciarono il cielo.
La
nostra vita era meravigliosa.
Mille volte i miei figli mi avevano fatta entusiasmare e commuovere,
con
piccoli gesti che con occhi luccicanti o un sorriso innocente
diventavano la
gioia della mia vita.
E
la dura lotta che avevo fatto
e facevo ogni giorno per conquistare la mia felicità non era
che un puntino
buio in un mare di luce.
E
mentre i bambini salutavano
Katherine e Philip, Edward mi venne incontro, un beato sorriso sulle
labbra.
«Ehi» mormorò, sedendosi con grazia
acconto a me e circondandomi le spalle con
un braccio. Mi guardò con serietà, con i suoi
occhi limpidi. «Ti amo, lo sai?».
«A
cosa devo questo scoppio
d’affetto?» sussurrai, fingendo di non essere
colpita dalle sue parole.
Scrollò
le spalle e mi sorrise
con sincerità e senza ombra di imbarazzo, posando la testa
sulla mia e
contemplando insieme a me i nostri figli, beandosi dei loro gridolini
estasiati, dei loro sorrisi e dei loro bronci.
Strinsi fra le braccia il piccolo
fagottino caldo,
avvolto in una coperta. La mia più piccola bambina vi
giaceva, vagendo
timidamente. Due occhi grandi, le guanciotte morbide, e un piccolo naso
all’insù.
La sollevai, per darle modo di
guardare la mia, la
sua, la nostra famiglia. Ridacchiò, contenta. Mi avvicinai
con la mia alla sua
morbidissima guancia, per la gioia di scatenarle un altro versetto.
«Ti piace,
Camille?» domandai emozionata. «É tutto
tuo».
Con la coda dell’occhio
vidi il sorriso sul volto di
Edward allargarsi, e mentre una mano si posava sul capo di nostra
figlia, le
sue dita incontrarono le mie, la stessa temperatura, la stessa
morbidezza, intrecciandosi
sul terreno.
«Ti amo».
Fine.
Piccole
risposte: Kate non ha
ucciso i licantropi; mi piace SMODATAMENTE far
fare figli a Bella e Edward; (Ely_11, per il programma ti mando una
mail).
Comunicazioni
di servizio: gli extra
di questa storia
verranno pubblicati non su EFP ma sul mio blog, semplicemente per il
fatto che
non ritengo facciano parte della storia.
Compatibilmente
con quello che ho in mente vi invito a
chiedermi qualsiasi cosa, in varietà di POV, tempi e
situazioni.
Comunicazioni
per il futuro: Ho postato
una nuova storia, Diamante,
di cui segue l’introduzione e la copertina.
Quando,
all'inizio
del XIX secolo, neo-classicismo e pre-romanticismo si incontrarono...
"Un viaggio per cercare un marito,
un naufragio per trovare l'amore"
...lo fecero anche una dama e un gentiluomo, mettendo in discussione
quelle che
sembravano certezze, per condividere la magia
dell'Amore.
E
così, così, si conclude questa storia.
Devo dire
talmente tante cose che cominciare mi sembra
difficile.
Questa storia
è stata un sogno, partorita da un sogno, e
frutto della mia più fervida immaginazione. Mi sono
divertita a idealizzare e
estremizzare la felicità, anche attraverso il dolore magari,
di una coppia non
reale, forse realistica.
Mi pare
evidente che per quanto abbia provato a descrivere
i personaggi esattamente com’erano nella mente
dell’autrice della saga, una
parte di me non ha potuto fare a meno di andare a fare parte di loro.
Prima di
tutto, scrivere questa storia è stata una gioia.
Non c’è mai stato un capitolo che non mi andasse
di scrivere, o una pagina che
non volesse saperne di venire formulata. In alti e bassi, scrivere
è sempre
stato un piacere.
75 capitoli e
un anno e mezzo mi hanno accompagnata non
solo nella scrittura, ma anche nella mia vita, nella mia testa, e nei
miei
fantasiosi dormiveglia.
Sono
cresciuta, sono cresciuta tanto con e per mezzo di
questa storia, e malgrado mi renda conto che a volte avrei potuto fare
di più o
prendere un’altra scelta narrativa, non rimpiango nulla di
quello che ho
scritto. Ogni parola, ogni decisione, anche
“sbagliata” è Cullen’s Love, e
mi
ha resa quella che sono.
Veniamo
all’importante. Siete stati voi, proprio voi, a
rendere Cullen’s Love la storia che è stata. A
dare questa meravigliosa
risposta, a scegliere di leggere la mia storia, a spronarmi e esaltarmi
così
tanto, facendola entrare ancor di più nel mio cuore.
Ci sono state
volte in cui ho pianto, commossa,
emozionata, per le vostre recensioni.
Avete
scherzato, avete analizzato criticamente, vi siete
emozionati, mi avete ricoperta (e vi ringrazio) di mille, infiniti,
bellissimi
complimenti.
Grazie. A chi
mi segue dall’inizio di questa avventura,
non perdendosi neppure un capitolo o un aggiornamento.
Grazie. A chi
mi ha confortata nei periodi peggiori,
tirandomi su.
Grazie. A chi
insistentemente e incessantemente mi
chiedeva di aggiornare.
Grazie, anche
ha chi mi ha fatto notare i miei errori.
Senza di voi, non sarei mai potuta crescere.
Grazie.
Grazie. Grazie.
(Perdonatemi
se non faccio nomi, ci sono mille di voi che
dovrei baciare da capo a piedi).
Oggi, 28
Settembre, è un giorno importante.
Oggi si
conclude la mia storia. Oggi, come un anno fa’, la
mia vita cambiava.
Grazie, a chi
saprà leggere il mio amore fra le righe di
questo epilogo.
Twitter-->
@Keska92.
(fatto da
Elena- Lena89)
«--BLoG!!!--»
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