Messaggio dell’autrice:
Dopo una settimana da panico, oggi ho finalmente trovato un
po’ di tempo per poter scrivere qualcosa in santa
pace… ed è uscita una storia parecchio triste, in
perfetta sintonia con il mio umore di questi ultimi tempi. Si tratta di
una missing moment dell’ultimo film STXI, in cui Chekov
riflette sconsolatamente sul fatale sbaglio che ha portato alla tragica
morte della madre del suo comandante… l'ho scritta sulle
note della struggente canzone "Our
Farewell" dei Within
Temptation, quindi vi consiglierei di leggerla con la
meldodia in sottofondo.
Spero di ritornare presto nell’umore adatto per poter
scrivere un'altra delle mie comiche slice of life… magari
proverò a scrivere qualcosa per Halloween ^^
Chekov fece fluttuare lo sguardo oltre l’immensa vetrata del
salone vuoto.
Si immerse nell’avvolgente blu dello spazio profondo,
saltuariamente intervallato da scie turbinanti di colore e squarciato
da sporadiche gocce luminose di molteplici tinte e dimensioni. Il suo
sguardo si perse nell’immensità della notte
siderale.
Là fuori era tutto come sempre. Le stelle brillavano fulgide
in cielo e i pianeti seguitavano a percorrere il loro lungo
pellegrinaggio attorno ai loro soli, ignari delle violente emozioni che
minacciavano di sopraffare il diciassettenne ogni secondo di
più. E allora come era possibile che lui si sentisse
così diverso, così estraneo a tutto,
così… sporco?
Si era macchiato le mani del sangue di un innocente. Ecco
perché.
Il ricordo di quello che era accaduto solo qualche ora prima lo
colpì con una violenza devastante. Rivide nitidamente lo
stupore dell’ambasciatore Sarek, la velata confusione negli
occhi degli alti dignitari vulcaniani, lo sgomento di Kirk.
Ma soprattutto rivide lui, il Primo Ufficiale. Il corpo irrigidito
dallo sforzo, la mano tesa disperatamente ad afferrare il nulla.
E poi, i suoi occhi. Così pieni di incredulità,
di tristezza, di tutto quel dolore che non avrebbe mai permesso a
nessuno di scorgere apertamente.
Un dolore causato solo e unicamente da lui.
Gli occhi del giovane timoniere scintillarono di pianto a stento
trattenuto.
Era un assassino. Aveva ucciso lui la madre di Spock. Come avrebbe
potuto guardare ancora in faccia il comandante dopo quello che aveva
fatto?
“Signor Chekov?”
Quelle due parole risuonarono nel silenzio della stanza come lo
schiocco di una frusta.
“Comandante!” Il ragazzo balzò
automaticamente in piedi, sull’attenti. “M-mi
scusi, signore, non l’avevo sentita
arrivare…”
“Riposo, soldato.” Mentre il giovane tornava a
sedersi e inspirava profondamente, il Primo Ufficiale si
avvicinò di qualche altro passo.
“Posso?” chiese cortesemente al ragazzo.
“Sì, certo…”
mormorò Chekov tentando invano di nascondere
l’umidore dei propri occhi.
Spock prese posto al suo fianco.
“È un bello spettacolo, non è
vero?” chiese il vulcaniano dopo un po’.
Chekov annuì con un leggero cenno del capo. La sua mente
stava lavorando febbrilmente nel tentativo di dare una risposta alle
domande che l’avevano improvvisamente affollata alla vista
del suo superiore. Cosa ci faceva lì Spock? Come poteva
parlargli ancora, dopo tutto il male che gli aveva causato?
“Sa, signor Chekov” proseguì Spock,
notando che il ragazzo non sembrava intenzionato a parlare,
“noi vulcaniani siamo sempre stati affascinati
dall’universo. Al contempo infinitamente grande e
infinitamente piccolo, una continua sfida alla nostra
logica.” Voltò il capo per guardare in faccia il
timoniere. “E, in base alla mia non trascurabile esperienza,
ho sviluppato la convinzione che una festa attiri un umano molto
più della semplice osservazione delle meraviglie della
natura. Lei, tuttavia, sembra confutare questa mia teoria.”
Chekov eluse il suo sguardo e volse il capo dalla parte opposta.
“La Terra è salva, come pure
l’Enterprise. Dovrebbe essere felice per la buona riuscita
dell’operazione. Che cosa le impedisce di unirsi al resto
dell’equipaggio per i festeggiamenti?”
Chekov si strinse nervosamente le mani.
“Io…” Che cosa poteva dirgli? Mi sento
in colpa per aver ammazzato sua madre? Aprì la bocca per
continuare, ma non uscì alcun suono. “Mi
dispiace” riuscì solo a sussurrare.
“Per che cosa?” Il tono del vulcaniano era quieto e
pacato come sempre, ma la sua voce sembrava tradire una nota di
curiosità.
Possibile che non capisse davvero?
“Per sua madre.” Ecco. L’aveva detto.
Spock sollevò un sopracciglio. “Non vedo quale
logicità ci sia in questo. Non è affatto colpa
sua.”
“Sì, invece” esplose allora il ragazzo
con la voce spezzata. “È tutta colpa mia se
è rimasta su Vulcano, solo mia! Sono stato troppo lento, non
sono riuscito ad agganciarla in tempo… C-credevo di essere
abile con il teletrasporto ma mi sbagliavo, mi sbagliavo,
io…” Le lacrime scorrevano ora liberamente sulle
sue guance, rigando il giovane viso stravolto e illuminato dalla
pallida luce delle stelle.
“Il terreno è franato senza preavviso sotto i suoi
piedi. La velocità della caduta e l’esigua altezza
del promontorio avrebbero reso il salvataggio impossibile per
molti.”
“Ma io ho fallito” constatò tristemente
il ragazzo con aria mortificata.
“Mi guardi negli occhi” gli ordinò
allora Spock. Il cambiamento repentino del suo tono di voce
sconcertò il giovane, che continuò ostinatamente
a fissare la punta delle proprie scarpe. “Le ho chiesto di
guardarmi, Chekov.” A malincuore, il timoniere fu costretto
ad alzare lo sguardo.
E fu colto da un’indicibile moto di stupore.
Si era aspettato di leggere di tutto in quegli occhi scuri e profondi:
rabbia repressa, frustrazione, tristezza, accusa. Vi lesse invece
comprensione. E serenità. Gli occhi del vulcaniano, unici e
affidabili specchi della sua anima, erano colmi di pace e
tranquillità.
“Lei non ha affatto fallito” affermò
Spock con sicurezza. “Ha salvato la vita di molte persone
oggi, a partire dalla mia e da quella del capitano. Dovrebbe solo
esserne orgoglioso. Il fato ha voluto che mia madre non figurasse tra
questi fortunati individui.”
Lo sguardo di Chekov era sempre inchiodato agli occhi di Spock. Il
giovane aggrottò la fronte, confuso.
“Come può” iniziò lentamente,
“non portarmi rancore per quello che è
accaduto?” Soppesò bene le sue parole.
“Certo lei è un vulcaniano, ma è anche
in parte umano e… ha perso sua madre per un mio
errore.”
“La morte è solo la fine di un
viaggio, Chekov. Ed è una cosa perfettamente
naturale, a cui prima o poi saremo tutti chiamati. Il corpo di mia
madre potrà anche essere stato distrutto con Vulcano, ma il
suo ricordo alberga ancora in tutti coloro che l’hanno
conosciuta quando era ancora in vita ed è questo che conta.
Nessuno muore veramente finché qualcuno conserva il suo
ricordo.” Ignorando il brivido che lo percorse
istantaneamente da capo a piedi a quel contatto, Spock posò
delicatamente una mano sulla spalla del diciassettenne. “Io
non la considero affatto responsabile della sua morte.”
Nell’udire queste parole, qualcosa si ruppe in Chekov. Il
peso che aveva oppresso il suo petto nelle ultime, difficili ore, si
alleviò considerevolmente, permettendogli di respirare di
nuovo correttamente e liberando parzialmente il suo animo dal senso di
colpa.
Il ragazzo si asciugò velocemente le lacrime con una manica
gialla e un sorriso sollevato si fece strada sul suo esile volto.
“La tristezza non le si addice, Chekov. Cerchi di non essere
più così duro con se stesso, in futuro. Cose come
questa accadono di continuo a quelli come noi e sarebbe incredibilmente
illogico, per non dire stupido, mortificarsi ogni volta in questo modo.
Cerchi di – come dite voi umani? Ah, sì, di
‘prendere le cose un po’ più alla
leggera’.” Le labbra del vulcaniano si incresparono
in un sorrisetto appena accennato. “Possibilmente
però senza diventare un discolo irresponsabile dello stampo
del nostro spregiudicato neocapitano.”
Chekov non poté trattenere una risata.
“E ora vada pure a festeggiare con il resto
dell’equipaggio, timoniere.” Spock
accennò alla porta chiusa alla loro destra. “La
stanno aspettando tutti, nella stanza attigua. Soprattutto il signor
Sulu... sembrava davvero molto preoccupato per lei.”
Il ragazzo sorrise stancamente e si alzò. “Lei non
viene, signore?”
“Credo che mi tratterrò qui ancora per qualche
minuto.”
“Le meraviglie della natura attirano un vulcaniano
più di una festa, giusto?”
“Precisamente.”
Prima di uscire, Chekov si voltò ancora una volta verso la
figura scura ed elegante seduta compostamente al centro della stanza.
Esitò. “Grazie, signore.”
Spock annuì, lo sguardo già perso nella
contemplazione della vastità dell’universo. La
porta si richiuse con un lieve sibilo e la stanza ritornò in
penombra.
Non vista da nessuno, se non dal muto cielo stellato,
un’unica, cocente lacrima scivolò silenziosamente
lungo la tiepida guancia del Primo Ufficiale.
In my hands,
A legacy of memories.
I can hear you say my
name,
I can almost see your
smile,
Feel the warmth of your
embrace...
But there is nothing but
silence now.
Ringrazio tantissimo Rei Hino, MkBDiapason, Fatanera, Thiliol,
Persefone Fuxia, ArinMiriamKane, SpockeMc, Xenophilia, Nerida R Black e Cassiana
per i loro favolosi commenti a “La terribile ex-moglie O__o”…
I LOVE YOU ALL GIRLS!!!
*3*
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