I’m a
shoulder
you can cry on
Your best friend, I’m the one you must rely on
Per te.
Ero
sull’autobus, diretta verso la scuola guida.
La
settimana prima avevo deciso di iscrivermi, non potevo aspettare un
altro mese,
altrimenti la convinzione sarebbe sfumata nel nulla.
L’autobus
era pieno, come sempre, nonostante fossero già le sette di
sera.
“Scusi,
scende alla prossima?”, domandai con fretta ad un signore
davanti a me.
“No,
ma
la lascio scendere signorina”, il sorriso lascivo che
accompagnò la risposta,
mi fece venire un brivido lungo la schiena, davvero poco piacevole.
“Grazie”,
sorrisi, fingendo come meglio potevo.
Mi
madre
mi aveva sempre insegnato il rispetto verso le persone più
anziane, anche se
queste non potevano di certo definirsi persone tranquille.
Ormai
non
ci si poteva fidare più di niente, e di nessuno.
Quando
l’autobus si fermò alla sua fermata, aprendo le
porte, quasi lo dovetti spingere per farmi passare.
Ridicolo.
Finalmente
fuori, ripresi a respirare a pieni polmoni.
L’odore
di chiuso, di caldo e di sudore, era insopportabile, quando
sull’autobus
c’erano alcuni tipi di persone.
Non
pretendevo che si lavassero tutti i giorni, ma che almeno non si
mettessero le
maniche corte, facendo sentire ogni cosa.
Rabbrividii,
avvicinandomi alle strisce pedonali.
La
scuola
guida era proprio di fronte a me, e mostrava la sua insegna luminosa.
Quando
entrai dentro, l’aria fresca mi fece tornare il sorriso,
lasciando alle spalle
il caldo soffocante ed umido della città.
“Ciao
cara”, le segretarie – amiche di mia madre - le
donne che stavano sempre dietro
alla scrivania centrale, erano delle persone fantastiche, che
riuscivano a
tranquillizzarti anche nei momenti più difficili.
Secondo
mia madre con loro potevi parlare di qualunque cosa, potevi scherzare e
parlare
di cose serie nello stesso momento, potevi prenderle e farti prendere
in giro,
senza rimanerci male. A suo dire erano fantastiche, e visto che di lei
mi
fidavo, sapevo che non mi sarei pentita di arrivare prima del solito.
Le
avevo
già conosciute la settimana prima, quando mi ero iscritta,
poi ero passata per
fare la visita oculistica, quindi, mi madre non si sbagliava.
“Come
state?”, domandai appoggiandomi al bancone, sospirando.
“Oggi
siamo distrutte, oltre tutto Marzia ha il bambino a casa con la
febbre..”,
Fiamma, così si faceva chiamare, visto che il suo nome per
intero non le
piaceva affatto, si voltò verso la collega, guardandola con
aria preoccupata.
“Beh,
con
questi sbalzi di temperatura, vorrei vedere chi non se la
prenderebbe”, cercai
di sorriderle, ottenendo un piccolo sbuffo sghembo.
“Oggi
è
il primo giorno di lezione vero?”, mi domandò
Marzia.
“Eh
si..oggi è il primo di una lunga serie. Avrete la nausea
della mia presenza”,
sorrisi, indicandomi.
“Ma
cosa
dici. Fossero tutte cordiali come te, saremo anche felici di avere la
scuola
piena”.
Biascicai
un “grazie” emozionata.
Avvistai
alcune sedie libere, e mi ci fiondai subito, rilassando le gambe.
Mancava
mezz’ora all’inizio della mia lezione. Era
l’ultima della giornata, ma
lavorando, era già tanto se potevo frequentare quella.
Arrivavo
a casa ad orari improponibili, ma era il prezzo da pagare per poter
prendere la
patente.
Ascoltai
distrattamente le ragazze parlare di bambini e di infanzia, fissando il
soffitto.
Portai
entrambe le braccia sull’addome, rilassando le spalle. Avevo
trovato una
posizione perfetta.
Ero
alta,
e per questo motivo mi era difficile rilassare anche le gambe.
Di
solito
intralciavo il passaggio della gente, che sbuffava.
Quel
giorno, però, me ne fregai altamente, visto che dalla porta
principale non sembrava
entrare nessuno.
Chiusi
gli occhi, beandomi del fresco che l’aria condizionata
sprigionava
nell’ambiente.
Immaginai
il mare, l’acqua fresca, il sole sulla pelle abbronzata.
Gli
ombrelloni nella spiaggia, i bambini che giocavano felice, i libri
letti durante
l’estate, tutte cose che ormai l’inverno avrebbe
portato via.
Ma
non
ero del tutto triste, a me piaceva il freddo, e non ci stavo di certo
male.
Aprii
gli
occhi, quando qualcuno spinse il mio piede verso sinistra.
Alzai
la
testa, trovandomi di fronte ad un angelo.
Stavo
sognando, e stavo anche facendo la figura della bella addormentata.
Sbattei
le palpebre, per far si che la mia testa potesse tornare a pensare da
sveglia,
ma l’immagine restava sempre lì.
L’angelo
mi fissava, sorridendo sghembo.
Cosa hai da guardare?
“Kate,
dovresti firmare questi fogli, vieni?”, sbattei di nuovo le
palpebre, spostando
la testa per poter guardare Marzia.
“Oh,
certo. Arrivo”, posai le mani sulle ginocchia, alzandomi e
stiracchiandomi
leggermente.
Mi
ritrovai così, di fronte a quel ragazzo, alto, con i capelli
neri, e quegli
occhi azzurri pieni di vita.
Sorrisi
imbarazzata, portandomi una ciocca di capelli dietro
all’orecchio.
Mi
spostai, per passargli affianco, sedendomi poi sulla sedia di fronte a
Marzia.
Il
ragazzo aggirò la scrivania, iniziando a sfogliare
un’agenda.
Lo
guardai, probabilmente con uno sguardo da pesce lesso.
Presi
in
mano la penna, restando comunque con l’attenzione rivolta
verso quel ragazzo.
Lavorava
lì? Quanti anni aveva?
Non
lo
avevo mai visto in giro prima, non avrei dimenticato il suo viso.
Firmai
tutti i fogli sotto la mia mano.
“Bravissima,
lui è il tuo insegnante..”, Marzia si era
avvicinata, sussurrando le ultime
parole.
Strabuzzai
gli occhi, pensando di aver sentito male.
“Eh
già..è abbastanza giovane. Insieme a mio marito,
che conosce dall’età di dieci
anni”, era orgogliosa, probabilmente lo riteneva un secondo
figlio, “fanno le
lezioni di teoria. Ha ventisette anni”, mi sorrise sorniona,
indicandolo.
“Oh
beh..ma non mi interessa..cioè..”,
imbarazzatissima, peggiorai solo la
situazione.
Lo
sguardo di Marzia si riempì di tenerezza, e sorridendomi, mi
fece l’occhiolino.
“Ed
è
single”, aggiunse poi, alzandosi dalla sedia.
La
mia
bocca prese la forma di una O enorme, seguendola con lo sguardo nei
suoi
movimenti.
Giovane,
bellissimo, single, e potevo osservarlo per ben tre giorni a settimana.
Perfetto, se prima credevo che prendere la patente sarebbe stato
difficile,
ormai ne ero certa.
Ormai
era
risaputo, la ragazza che lavorava insieme a Marzia e a Fiamma, non
andava a
genio a nessuno.
Nel
giro
di qualche minuto, dopo la mia bella figura, l’entrata della
scuola guida si
era riempita di gente, annullando completamente l’effetto
dell’aria
condizionata.
Avevo
scoperto che insieme a me, c’erano altre tre ragazze giovani,
che avranno avuto
più o meno la mia età.
Non
ero
di certo una persona che faceva amicizia facilmente, infatti preferii
restare
nel mio cantuccio, vicino al bancone, a parlare con le ragazze.
Monica,
così si chiamava la ragazza apprendista che dava una mano
nella scuola.
Era
una
ragazza abbastanza egocentrica, che si faceva notare non solo per il
suo look
stravagante, ma anche per la sua parlantina.
Marzia
e
Fiamma non potevano sopportarla. Si erano pentite di averla presa, ma
ormai la
dovevano tenere per un altro anno, e portare pazienza.
Effettivamente,
anche se ci avevo scambiato davvero poche parole, a pelle, era una
persona che
non mi era piaciuta affatto.
E
soprattutto, da quello che mi avevano raccontato in quella mezzora,
dopo che
avevano notato il mio interesse mal celato per l’istruttore,
Mirko – così si
chiamava – anche Monica aveva posato gli occhi su di lui,
anche se lui non
l’aveva ricambiata per il momento.
Piccoli
gossip che però riuscivano a farmi passare l’ora
di stallo.
“Bene
ragazzi, entrate pure”, passarono alcune persone, uscenti dal
corso prima del
nostro.
Salutai
le altre, avviandomi insieme alla fila, all’interno della
stanzetta dove si
sarebbe tenuta la lezione.
Non
era
grande, e poteva ospitare al massimo una quindicina di persone, ma per
il
numero che eravamo quel giorno, andava più che bene.
Mi
sedetti su una sedia abbastanza vicina alla cattedra, per poter seguire
meglio
– o per poterlo osservare meglio – dipendeva dai
punti di vista.
Le
sedie
erano le classiche per gli studenti, con l’appoggino che si
rialzava alla
destra della sedia.
Misi
il
libro di teoria sopra di esso, picchiettando il piede sul pavimento.
Avevo
già
letto alcune pagine, portandomi un po’ avanti. Non volevo
restare indietro, e
dover studiare tutto alla fine.
Leggendo
a lavoro, avrei poi ripassato con la scuola.
La
porta
si chiuse alle mie spalle, facendo terminare il ronzio che si era
creato di
sottofondo.
Sentii
dei passi sicuri e tranquilli avvicinarsi, fino a quando la figura
perfetta di
Mirko non entrò nella mia visuale, facendomi perdere alcuni
battiti.
Smisi
di
battere il piede per terra, prestando attenzione alle sue parole.
“Ben
venuti ragazzi. Io sono il vostro insegnante”,
mimò le virgolette sull’ultima
parola, “e sarò con voi fino alla fine del
corso”.
Un
gridolino di approvazione partì da alcune ragazze
posizionate davanti a me.
Sorrisi,
cercando di nascondermi.
Purtroppo
però, gli occhi di Mirko mi trovarono subito, portando anche
lui a sorridere.
Rideva
di
me? Fantastico.
“Bene, direi
che possiamo incominciare”, mi guardò per un altro
secondo, che però mi sembrò
una vita, prima di iniziare a parlare di segnaletica stradale, e di
patente.
***
Rieccomi.
Alcune di voi
saranno felici, altre meno, ma io lo sono e questo basta.
Ho avuto un brutto
periodo, e infatti – chi mi conosce – sa quanto io
abbia patito questo
allontanamento dalla scrittura.
Ma, per fortuna, e
grazie a chi ha creduto sempre in me, sono tornata con una nuova
storia,
originale (come da tempo già volevo fare) fresca, fresca.
Buona lettura
ragaSSe.
Grazie a chi mi
seguirà, a chi lo ha sempre fatto, e a chi non
smetterà mai di farlo.
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