Giochiamo?
Era una buia mattina di
ottobre. La leggera pioggia si infrangeva - delicatamente, con
accuratezza - al suolo. Il cielo era cupo, sterile, privo di vita. Se
ti capitava di alzare il capo - distrattamente - non potevi osservare
altro che un unico colore, grigio.
Tuttavia, lei, Sana, non aveva nessuna intenzione di alzare il capo
verso il cielo, verso un Dio che si divertiva a giocare con l'acqua.
Era fin troppo occupata a cercare di coprirsi con quell'ombrello
multicolore non lasciando che nessuna goccia sgattaiolasse via, finendo
sui suoi capelli lisci. Chissà perchè, la fissa dei
capelli non le era mai passata; il suo risveglio veniva susseguito da
accurati e minuziosi atteggiamenti tutti rivolti alla cura di quei
lunghi capelli color rame che si ritrovava, sempre ordinati e
assolutamente perfetti. Del resto non aveva vizi, aveva una sola
fissazione, loro.
Frequentava il secondo anno
di Lettere all'Università, non poteva fare altro che sentirsi
sempre più convinta e sicura che la scelta compiuta l'anno prima
era decisamente la migliore per lei, l'unica che potesse renderla
felice fino in fondo.
Camminava a passi lenti e
leggeri, con la solita eleganza che la contraddistingueva. Raggiunse
dopo qualche minuto l'entrata della facoltà, ancora spoglia di
studenti. Amava entrare in un luogo come quello, in un luogo che
sarebbe stato immerso nella confusione successivamente e che, invece,
in quell'istante era immerso nella quiete e in un silenzio tale da
farti sentire in pace con me stessa. Un lieve sorriso si formò
sulle sue labbra, voltandosi a scrutare minuziosamente il lungo
corridoio che avrebbe dovuto attraversare per raggiungere la
biblioteca. Già, perchè - purtroppo o per fortuna - per
mantenersi gli studi era costretta a lavorare, passando qualche ora al
giorno lì tra quelle quattro mura colme di libri. Non c'era
niente di più soddisfacente per lei, in effetti. Era il lavoro
più appropriato per una che aveva in mente di aprire una grande
libreria non appena terminati gli studi.
Nel rendersi conto di aver
indugiato un po' troppo nell'osservare l'interno dell'edificio, riprese
a camminare, raggiungendo l'entrata della biblioteca, per poi mettersi
nella sua postazione, accendendo il computer e preparandosi a
registrare gli ultimi libri arrivati in facoltà. Beh,
sicuramente quella era la parte che meno apprezzava di quel lavoro, ma
non poteva farci molto, era l'unico modo che aveva per tenersi stretto
quell'occupazione e quei soldi che gli arrivavano una volta al mese e
con i quali, fortunatamente, riusciva a pagarsi le tasse universitarie.
Si mise immediatamente a
lavoro, cercando di non perdere altro tempo. Nonostante cercasse di
metterci tutta la sua buona volontà, si ritrovò a
sbuffare lievemente non appena arrivò al decimo libro da
catalogare.
Dio, che palle! - Disse
con infinita rassegnazione, non scostando lo sguardo dallo schermo del
pc, non rendendosi conto che c'era qualcuno davanti a lei, qualcuno che
l'aveva sentita parlare in quel modo.
Devo dire che hai molta voglia di lavorare, eh?! - Una
voce mai udita fino a quel momento rimbombò nella sala spoglia,
facendola sobbalzare e alzare il capo immediatamente, spalancando gli
occhi.
Un ragazzo dal nome e viso
sconosciuto si presentò davanti a lei, con un sorrisetto
malizioso stampato in volto e con l'evidente desiderio di ricevere una
risposta da lei.
E tu chi diavolo sei?! - Tuonò alzandosi di scatto dalla sedia, guardandolo in quei suoi occhi ambrati, davvero piacevoli alla vista.
Che ne sai se ho voglia di lavorare o no, scusa?! Come ti permetti?! -
Continuò a parlare, stizzita, per quella sua frase detta poco
prima. Odiava sentirsi messa sotto esame, così come odiava le
persone che sputavano giudizi così superficialmente, senza
conoscere l'altro. Certo, però, forse era stata un po' troppo
brusca. Beh, del resto era fatta così; e, come si dice? Prendere
o lasciare.
Il ragazzo, dal suo canto, scoppiò in una sonora risata nel momento in cui la sentì parlare in quel modo.
Sei davvero buffa, lo sai? Perchè ti arrabbi tanto?! Stavo solo scherzando!
- Parlò tra una risata e l'altra, scuotendo il capo e
guardandola negli occhi, ritrovando in essi una dolce bellezza
sicuramente da apprezzare, sebbene i suoi modi non fossero alla pari
della delicatezza che ostentava.
Rimase sconcertata di fronte
a quella sua reazione, di certo non si aspettava che potesse scoppiare
a ridere in quel modo, prendendosi nuovamente gioco di lei, parlandole
con leggerezza, facendola inalberare ancora di più.
Sospirò, cercando di trattenere le altrimenti feroci ingiurie che avrebbe fatto fuoriuscire dalle sue labbra.
Forse perchè non ti conosco nemmeno e ti permetti di giudicarmi così; non sembrava stessi scherzando, comunque. - Disse allora Sana, trattenendosi dal rispondergli male ancora una volta.
Il ragazzo scrollò le spalle, non perdendo quel lieve sorriso che sembrava aver tatuato sulle labbra.
Beh, mi
dispiace, non volevo di certo giudicarti. Per quanto riguarda il fatto
che non mi conosci, possiamo pur sempre rifarci ora, non credi?!
Piacere, io sono Heric! -
Parlò con la sua solita leggerezza infinita, allungando una mano
verso di lei, in attesa che l'afferrasse e che potessero così
presentarsi, sperando di dimenticare quella breve incomprensione.
Non le parve vero il suo
modo di fare, sembrava riuscisse a sorprenderla ogni volta che aprisse
bocca! Come diavolo faceva?! Mah, magari c'era qualcosa di strano in
lui, qualcosa che spiegava anche quell'immensa bellezza di cui era
caratterizzato. Forse era tutto lì, il segreto.
Rossana, piacere. Ma chiamami pure Sana. - Cercò
di sorridere e, quasi come se non esistesse niente di meglio al
mondo, ci riuscì con molta spontaneità, mostrando uno
splendente sorriso che andava ad illuminarle il volto, compresi i suoi
occhi color nocciola. Strinse la sua mano per qualche istante,
gurdandolo negli occhi, scostandosi poco dopo, sentendo il lieve calore
che aveva imprigionato le sue dita grazie alla sua stretta, scomparire
pian piano. In quel preciso istante, quasi come se quell'allontanarsi
da lui apparisse come una sorta di grande risveglio da quel torpore che
si erano concessi i suoi sensi, iniziò a chiedersi con
serietà cosa ci facesse lì a quell'ora, dato che
l'Università non era ancora aperta al pubblico. Magari glielo
avrebbe spiegato, no?!
Aspettò che fosse lui a parlare, che le dicesse
qualcosa...chissà, magari sarebbe ancora stato in grado di
sorprenderla.
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Avevo bisogno di tornare. Di
scrivere e tornare. Due bisogni impellenti che bollivano nel mio animo
e che facevano a gara per venir fuori. E così, eccomi qui.
Chissà se c'è ancora qualcuno che si ricorda di me,
comunque, non importa. Di certo, quello che importa, è che sono
di nuovo qui.
Ringrazio già da ora
chi deciderà di cliccare su questa storia e di leggerne qualche
riga, così come ringrazio infinitamente chi arriverà alla
fine di questo primo capitolo e, magari, sentirà la voglia di
leggere il seguente. Mi piacerebbe ricevere dei commenti, non lo nego,
ma ovviamente non siete costretti a farlo. Se ne avrete voglia, anche
solo di farmi un saluto, sarò pronta, successivamente, a
rispondervi. Mi farà piacere poter comunicare con voi. In fondo,
so perfettamente che se non ci foste, probabilmente non avrei deciso di
tornare a pubblicare le mie storie qui.
Bene, spero che questo inizio vi possa piacere e magari incuriosire, così da decidere di seguirmi.
Ora vi saluto...alla prossima, un bacione!
Taty990
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