Alone

di Mauro Raul
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Era una domenica pomeriggio di un settembre freddo e incerto e mio fratello si dilettava sul nostro vecchio piano: Simone. Adoravo ascoltarlo, zitta zitta, dietro di lui mentre provava, sbagliava ripeteva e ricominciava. Lui non si arrendeva mai ed era molto severo con se stesso, se sbagliava, ricominciava da capo il brano. Quella domenica si era perso tra le note di Di Blasio nel brano “Solo”.
 Il nostro salotto era molto accogliente, papà aveva riempito due delle quattro pareti di libri e nelle altre due mobili di un marrone elegante e antico; un tappeto bordeaux sosteneva il tavolino tra i due divani: non c’era la televisione ma Simone al suo posto e la melodia che quell’oggi suonava dava all’ambiente una tonalità seppia. Le mani di Massimo intanto continuavano imprecise a costruire “Solo”.
“Fratellone…” dissi timida.
“eh…” rispose in automatico chinandosi concentrato sullo spartito.
“come si chiama questa?”
“aspetta… cosa?” mi aveva sentito ma non ascoltata
“questa musica, come si chiama?”
“…Solo”
“la posso suonare anch’io?” era molto che gli volevo chiedere di insegnarmi.
S’interruppe un po’ sorpreso, guardò i miei occhi e poi lo spartito. Disse:
“Luce tu puoi. Ora deve solo sapere; vieni!” mi afferrò la mano e mi portò al tavolino li di fianco, prese tre fogli protocollo dalla sua cartella di scuola e li unì con lo scotch, poi andò a misurare col righello la larghezza di un tasto di Simone, sui tre fogli mi disegno un piano, mettendo in ogni tasto il nome della nota che suona!
“Guarda luce, questo è il tuo piano. Ora metti il pollice della tua mano destra sul “do”
Io non ero sicura di aver ben capito cosa intendesse così chiusi a pugno la mano lasciando fuori il pollice, lo misi sul tasto che diceva DO e volsi lo sguardo in alto da dove mio fratello mi osservava con un sorriso negli occhi.
“Perfetto” disse” ora allarga ben bene la mano e dimmi che tasto tocchi col mignolo” la cosa s’infittiva, possibile che suonare fosse cosi strano? Allargai la mia manina il più possibile.
“Sol!!” conclusi soddisfatta
“Luce, quando il tuo mignolo toccherà il si, ti insegnerò tutte le musiche che so. Ma oggi facciamo un’eccezione! Ti faccio imparare la prima parte della mano destra!”
“ah….. ok” dissi senza sapere cosa fosse” la prima parte della mano destra”. Lui rise mi prese per mano, si sedette sullo sgabello del piano e mi mise sulle sue gambe.
“Lo sgabello è ancora troppo alto per te”
“non è vero” dissi risentita “ non sono cosi bassa!”
“va bene, va bene”
 lo spinsi, o meglio si spostò e mi sedetti: i tasti mi arrivavano a malapena sotto al mento.
“vedi?” aggiunsi troppo orgogliosa per ammettere la sconfitta.
“Cavolo Luce! Sei cresciuta!”
Arrossì: ogni volta che mi faceva un complimento, mi sentivo al settimo cielo!
Quel pomeriggio si spense all’orizzonte tra le note di quella nuova musica. Il motivetto di “Solo” lo imparai alla perfezione seppur con due mani.
 
Passarono quasi due anni, Massimo era diventato bravissimo ed io da quel giorno ogni domenica mi misuravo la mano. Il giorno era giunto, arrivavo finalmente al SI!
Massimo era andato a prendere la sua fidanzata qualche minuto prima. Mi avvicinai piano a Simone. Seduta, con la coda dell’occhio vidi la mamma passare veloce. Sollevai il coperchio. La mamma uscì da casa. Le sirene dell’ambulanza. Il babbo con le lacrime tra la barba. Le prime due note vibrarono, per troppo tempo le suonai, e piano le corde del piano si fermarono come il cuore di massimo dentro l’ambulanza.
 
 
Oggi, sono una concertista. La musica è la mia vita e come un ritornello essa mi trasporta a quei momenti in cui guardavo le spalle alte di mio fratello danzare. Oggi vi suono i miei ricordi: Sola.




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