Growing up together
I bambini erano tutti riuniti in quella
grandissima aula. Molti non sapevano neanche perché. Erano spaventati, soli.
Minuscole creaturine assorbite dall’enormi sedie dov’erano seduti.
Nella prima fila vi
erano due ragazzi però, che non condividevano dello stesso sentimento degli
altri. Sembrava che a loro, cosa facevano lì non gli importasse un granché. Quello
che di loro sembrava essere il più piccolo, un normale ragazzo rosso, che
teneva i suoi misteriosi occhi dietro ad occhiali piuttosto inusuali, era
concentrato su un videogioco portatile, senza dare importanza a ciò che li
circondasse e, accanto a lui, vi era l’altro ragazzetto, biondo, poco più
grande, dai delineamenti piuttosto delicati, persino per un bambino. Questi
osservava discretamente il suo vicino di sedia mentre si mordicchiava una
barretta di cioccolata.
- Tu mi ricordi
Biancaneve.
Quell’affermazione
ferì fortemente l’orgoglio maschile del rosso che però fece finta di niente.
Senza neanche degnarsi di guardare in faccia chi si era permesso di paragonarlo
ad una… principessa, non mosse neanche gli occhi dalle coloratissime figure
programmate per intrattenerlo e servire come scusa per non dover confrontarsi
con il mondo reale… Anzi, più che una scusa era uno scudo. Lo proteggeva da
ulteriori sofferenze, già ne aveva passate troppe.
- Hey! Sto
parlando con te!
Il biondino
cominciava ad innervosirsi. Che caratterino… non era che un bambino, ma in lui
già si manifestava quello che in futuro dovrebbe rivelarsi una personalità
piuttosto forte e impaziente. Guardava il rosso inquieto, odiava il fatto di
essere ignorato. Di solito era compito suo, quello di ignorare. Cresciuto
circondato da attenzioni extra, da preoccupazioni extra… “Poveretto… ha perso
entrambi i genitori…” “Eppure è così piccolo…” Era ormai di norma ignorare gli
altri. Non avevano altro da offrire sennò pietà. E non li gradiva affatto
riuscire ad ottenere le cose senza dimostrare quanto era in grado di fare per
raggiungerle. Ma adesso che era lui quello ignorato, la cosa non le stava
affatto bene.
Il rosso s’infastidì con l’insistenza
dell’altro. Pausò il suo gioco e si girò di scatto. Guardando il soggetto che
lo aveva ‘offeso’ gli venne quasi da ridere.
- Senti un po’
chi parla, bambolina.
E rise così alto
che attirò verso di sé la maggior parte degli sguardi spaventosi dei bambini
presenti. Appena si rese conto, smise. Il biondo lo fissava indifferente. Diede
di spalle, poi abbassò lo sguardo verso la sua tavoletta e la morse ancora.
- Guarda che non
era affatto una offesa, stupido.
- Mi hai appena chiamato
Biancaneve, cosa vuoi che pensi?!
Le labbra sottili,
e un po’ marroncini per via della cioccolata sciolta dalla saliva, si unirono
in un sorriso di superbia. Potevano anche avere più o meno la stessa età, ma
era senz’altro più furbo.
- Bè, adesso non
te lo voglio più spiegare.
Si girò di leve,
nascondendo il sorriso fiero che vi era stampato in viso. Si rendeva conto che
adesso il rosso gli stava con il fiato sul collo. Aveva capito che tipo era dal
modo in cui lo aveva risposto.
- E’
inutile che lo stai a fissare. Non è così che ti darà una qualche risposta. E
poi, basta che gli dici qualsiasi cosa… Tanto muore dalla voglia di
risponderti.
Il biondo si girò
verso il rosso, proprio dietro ad esso ci stava un altro bambino
- E tu chi diavolo sei?
Se non era molto più piccolo di
loro; Allora lo sembrava. Aveva dei capelli strani, bianchi,
completamente disorganizzati,
indossava un pigiama tutto bianco e si sedeva in una maniera senz’altro
stravagante. Non aveva lo sguardo verso di loro, fissava il soffitto, mentre
giocava con un ciocca ondulata dei suoi capelli.
- Nate. E’ un
piacere poterti conoscere, Mihael.
- E come fai a sapere il mio nome?
- Ero in un colloquio diretto con
Roger, fino a poco fa. Discutevano di me e di te, delle nostre sorprendenti
capacità
Qualsiasi bambino normale ne sarebbe più che contento di occuparne una
posizione del genere. Di essere considerato un piccolo genio, una fonte di
intelligenza… Ma a Nate non sembrava fosse così. Le parole gli uscivano dalla
bocca con un tono piuttosto malinconico, sembrava più che altro… annoiato. In
fin dei conti, ormai ci era abituato a tutto ciò. A differenza di quelli altri
due, le capacità di Nate erano state notate fin dal principio ed è sempre stato
circondato da persone che lo trattavano male, indipendente dal fatto che fosse
solo un bambino, per paura di sentirsi inferiori ad un essere così… piccolo.
Si, per gli adulti faceva davvero male riconoscere in un bambino un qualcuno
più intelligente di loro. Creature buffe, gli adulti. Nate giurò a se stesso
che mai avrebbe cresciuto.
- Ecco, perfetto sono in mezzo a due secchioni
e…
- Troppo presto per parlare, Mail.
- Eh?!
- Hanno parlato
anche di te. Piuttosto sorprendenti le tue doti tecnologiche/informatiche.
Involontariamente Mail e Mihael si lanciarono
un’occhiata sorpresa. Ma chi cavolo era questo Nate? Non sembrava neanche
normale. La sua voce, la sua postura… La sua apparenza.
- Scusa è,
signor saputone. Ma come hai fatto a riconoscerti?
- Quella è stata
la parte più semplice, Mihael. Un tipo color neve, capelli rosso sangue, strani
occhiali, un altro biondo dai lineamenti ambigui, femminili.
Mail si buttò
contro la sedia con forza, non riuscì a trattenere le risate.
- Femminili…
hahaha, lo hai sentito, vero Mihael?
- Zitto! Smettila stupido! Visto cos’hai fatto tu, albino spastico!?
Nate sospirò,
rigirò gli occhi a 360°, tornando sempre a fissare il soffitto.
- E’ inutile
negare le evidenze, Mihael. E poi, io non predico il falso.
Mail rideva
tantissimo. Il suo viso era quasi rosso quanto i suoi capelli. Tutta la
situazione non faceva che arrabbiare Mello. Non sapeva perché, ma Mail gli
stava simpatico, quando invece veniva clamorosamente preso in giro da esso… E
poi sentiva di detestare Near con tutte le sue forze, sentiva che lo avrebbe
per sempre detestato. Aveva quell’atteggiamento dove gli si leggeva in faccia ‘Io
sono il numero uno’ e aveva quella pretesa di essere il patrone della ragione…
Ma poi era così piccolo, com’era possibile?
- Ma
senti tu, quanti anni hai?
- Ne ho appena compiuti 7.
- Solo 7? – Chiese Mail con un
espressione che ondeggiava tra l’incredulo e lo spaventato. Era completamente
affascinato da quel bambino che, pur essendo più piccolo di un anno, dimostrava
intelligenze e conoscenze pari a un adulto - Io invece ne ho già…
- 8. Lo so, lo so. So tutto su di
te.
Nate mosse
finalmente lo sguardo verso gli altri due, per la precisione verso Mail. Quello
infastidì profondamente Mihael, che involontariamente fece una smorfia a Nate.
- Stai tranquillo
Mihael, non m’interessa di rovinarti quella che, a mio parere, diventerà una
grandiosa amicizia.
Ritornò lo sguardo
sul soffitto e s’infilò la in mezzo alla stoffa del pigiama, tirando fuori un
modello piuttosto recente di un robot verde e azzurro. Si azzittì, concentrato
nel suo giocattolo.
- Hai sentito
Mello? Diventeremo amici! – Mail rideva, era piuttosto contento dell’idea di
avere un amico.
- Non mi chiamo
Mello, il mio nome è Mihael!
- Ma è un nome
complicato, non me lo ricorderò mai! Ti posso chiamare Mello?
Un sopranome? Non
gliene avevano mai dato uno, prima d’ora. Era un sensazione piacevole. Una
specie di brezza leggera che gli accarezzava ogni parte del suo corpo. Si
chiamava forse felicità, quello? Al momento Mihael non ne poteva essere sicuro…
benché avesse soltanto 8, quasi 9, anni, non si ricordava più cosa fosse quel
sentimento così complesso, ormai diventato un tabu. Non poteva ancora dare un
nome a questa sensazione, ma sapeva per certo che era piacevole; gli faceva
sentire finalmente unico per qualcuno. Perché mai sarebbe esistito un altro Mello,
e anche se così fosse, lui sarebbe comunque unico per Mail. Sbozzò il suo
migliore sorriso.
- E va bene,
Mail. Sarò Mello per te.
E gli porse
gentilmente la sua cioccolata.
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