Teoricamente, questa è una shot ambientata dopo Breaking
Dawn, visto
che Bella è un vampiro. Ma voi non considerate niente di BD
–
niente battaglia finta, niente Nessie, niente imprinting. Bella
è un
vampiro, punto.
Dedicata a OrangeLoLLipop per il suo compleanno – in ritardo.
Spero che ti piacerà. Un abbraccione,
Alexiel.
Quando il tempo passa
“Come fai a non dormire mai, Bells?”
Qualche volta Jacob glielo chiede – fa un sacco di domande in
realtà – e Bella risponde sempre:
“Sono un vampiro, Jake, noi non dormiamo mai. E’...
la nostra
natura.”
Allora Jacob si fa pensieroso; Bella lo vede affondare di
più nella
poltrona su cui è seduto e le sopracciglia aggrottarsi nello
sforzo
di afferrare qualche pensiero difficile, scivoloso. Non si accorge,
probabilmente, che con la mano destra comincia ad aprire e chiudere
un pugno, graffiando appena la superficie di pelle del bracciolo,
mentre la sinistra rimane ferma, o alle volte tamburella con le dita
sul jeans consunto. Bella li nota tutti questi particolari. Li notava
anche prima, solo che ora esplodono davanti ai suoi occhi senza che
debba sforzarsi o andarli a cercare uno per uno. Da quando è
un
vampiro, Jake è un quadro che non ha bisogno di studiare
lentamente,
parte per parte. I vantaggi di avere una vista super forte, direbbe
Seth.
“Che c’è, Jake?” chiede lei,
quando i suoi pensieri sembrano
spingere contro le tempie. Bella non sente i suoi pensieri, non ha il
potere di Edward; ma Jacob sa essere parecchio rumoroso quando pensa,
anche se nell’aria non si sente neanche il suono di un fiocco
di
neve che cade. Sospetta che sia a causa del legame che hanno sempre
avuto, che non c’entri niente il fatto che i suoi sensi si
siano
affilati.
“E’ solo strano.” risponde lui. Ha la
stessa espressione che
aveva quando si ritrovavano in garage a chiacchierare e, toccato un
argomento qualunque, vi trovava un particolare spiacevole, che non
riusciva a spiegarsi solo perché dal suo punto di vista era
estremamente sbagliato. Deve essere egocentrismo lupesco, quello di
non riuscire a capire certe cose e considerarle solo da un punto di
vista. Anche se è strano, pensa Bella, visto che Jacob e gli
altri
licantropi vivono in costante collegamento. Eppure, quando si ritrova
a osservarli, nei momenti di pace, scopre che sono tutti diversi, che
quel collegamento non unisce ogni cosa di loro. Seth è
vivace,
capisce le cose e le accetta; Leah è arrabbiata,
è solitaria, ma
alla fine non può fare a meno di ritrovarsi intorno Seth,
Quil e
Jacob.
“E’ perché tu dormi tutte le notti e non
riesci a immaginare
come potrebbe essere... non farlo più.” spiega
semplicemente
Bella. Ma lui non sembra convinto.
“Non potete neanche... dormire per finta? Come la faccenda
del
respiro. Se volete potete respirare come tutti, no? Perché
dormire
no?” il pugno sul bracciolo si è chiuso,
è fermo ora. Sembra che
stringa un pensiero e che abbia paura di aprire le mano e farlo
scappare. Teme di non poterlo riafferrare più. O forse
è
semplicemente concentrato sul suo viso, e quella che stringe
è la
vecchia Bella.
“Non si può dormire per finta, Jake. Non
è come respirare. Posso
chiudere gli occhi e rilassarmi anche per ore, ma resterei sveglia.
Penso sia a causa dei sensi sempre all’erta. Oppure
è
l’eternità... o la vivi senza perderne un attimo,
oppure...” si
ferma e non dice più nulla, sapendo che Jacob ha capito
perfettamente. Ma il pugno resta chiuso.
Non è l’unica domanda che le fa quando si
ritrovano da soli, ne fa
tante altre. Vuole spiegarsi come vive un vampiro, dice, quando Bella
gli domanda da cosa derivi tutta questa curiosità. Ma lei
è
abbastanza sicura che il motivo sia un altro; anche se sono passati
anni dalla trasformazione, Jacob continua a chiedersi per quale
motivo abbia rinunciato all’umanità. A lui.
“Ti ricordi com’era?”
Bella solleva le sopracciglia, l’espressione congelata nel
tempo, e
cerca di tornare qualche anno indietro. Jacob la vede sorridere un
po’, ma è uno di quei sorrisi che valgono solo per
il passato e
che nel presente non sono altro che spettri di polvere già
spazzata
via dal vento.
“Era stancante, qualche volta.” confessa lei. Jacob
ride, ma
anche la sua risata sembra cristallizzata nel passato.
“Dormire dovrebbe avere un effetto ristoratore, non
stancante.”
replica.
“Lo so. Ma certi giorni mi sembrava di svegliarmi
più stanca della
notte prima. Non mi piaceva granché dormire.”
forse sta ricordando
gli incubi, riflette lui, o forse non sta ricordando niente. Non le
piaceva dormire, è tutto lì. Perché
sforzarsi ancora? A un sacco
di persone potrebbe non piacere dormire: perdi tempo, si pensa.
Però
lui non ha mai smesso di immaginare loro due stretti in un letto,
addormentati e sereni nel calore delle coperte. Sarebbe stato
naturale e vero, semplice. E’ quello che non gli permette di
smettere di fare domande. Spera che un giorno troverà la
domanda
giusta, quella che potrebbe portare a una sua piccola vittoria, ma al
tempo stesso Jacob sente la paura assalirlo quando pensa che potrebbe
davvero trovarla. Non servirebbe, anzi, porterebbe solo altro dolore.
Ormai il passo è fatto, da tanto tempo, e lui non
potrà avere
niente indietro. Bella non è un elettrodomestico che lui ha
venduto,
nessuno verrà a dirgli: scusa, funziona male,
sai... le è venuta
voglia di dormire, te la restituisco. E poi, anche se fosse,
dubita che a Cullen darebbe fastidio. L’ha sempre detto che
Bella è
diversa da qualunque altro vampiro, a partire dal momento in cui
è
nata. E’ stato tutto più semplice per lei, in un
certo senso.
“Posso fartela io a una domanda, Jake?”
Jacob alza lo sguardo e perde un po’ l’espressione
pensierosa.
Sono passati gli anni, ma non è cambiato granché:
si lascia sempre
crescere i capelli fino a un certo punto, qualche centimetro sopra le
spalle, solo un po’, e poi li taglia, li rasa completamente.
Bella
calcola velocemente la lunghezza e capisce che ormai mancano meno di
due settimane e li taglierà di nuovo. A lei sono sempre
piaciuti
lunghi.
“Chiedi.” concede. Prima era sempre lei quella che
faceva
domande, ma le cose sono cambiate. Cambiano sempre.
“Lo senti il tempo che passa?”
Lei l’aveva sentito perfettamente anni prima: le scorreva
sulla
pelle con la forza e la violenza di un tempesta, graffiando e
correndo pazzamente, come per fare a gara con una forza più
forte di
lui. Cosa c’è più forte di lui, il
Tempo? Bella se le stringeva
intorno al torace le braccia graffiate e sperava sempre che quella
forza immane arrivasse e la strappasse via da quel tormento. Era come
sentire il tic tac dell’orologio mille volte più
intensamente
degli altri, non lo sopportava, perché ogni tic la
allontanava nel
tempo da Edward. Sentiva di perdere istanti preziosi.
Ora le cose erano diverse. Nessun rimpianto, mai, solo che...
“Passa diversamente, ma... sì, lo sento,
passa.” risponde Jake.
Quando guarda fuori dalla finestra e vede il sole nascondersi e
sfuggire alle nuvole e poi lo rialza, incontrando la volta scura
della notte, riesce a capire quanto tempo sia passato. Quando se ne
stupisce si dice solo che era distratto, che stava pensando a
qualcosa e che non si era accorto delle lancette
dell’orologio.
Altre volta invece passa lentamente, ma è lui che vuole
avere quella
sensazione. Forse vuole che passi così piano da andare
all’indietro.
“A me sembra sempre fermo e contemporaneamente
così veloce, Jake,
così veloce. Però non mi fa
male, perché io ne sono quasi
fuori, anche se non del tutto. Non deve preoccuparmi perché
io sarò
sempre identica e perché ho quello che voglio.” il
pugno diventa
la presa ferrea sul niente a cui si attribuisce più valore
di quanto
in realtà abbia. Sarà sempre uguale a
com’era o sempre uguale
a com’è?
“Perché dici quasi?”
“Perché ci sei tu.”
Bella consolazione, pensa per un secondo Jacob, ma subito dopo eccolo
il sorriso di Bella. Non vuole dirgli che le dispiace,
perché
sarebbe vero solo a metà. Non vuole dirgli che lo ama,
perché è
una donna sposata, un vampiro, e una che ha fatto delle scelte. Non
vuole dirgli che tornerebbe indietro, perché non lo farebbe
e perché
dall’eternità non si scappa. Non vuole dirgli che
sarà più
facile, perché non dipende da lei.
‘Non dirmi che sono importante, perché non lo
sarò mai
abbastanza.’
Dirglielo sarebbe come tornare indietro, ma solo alle cose
spiacevoli. Alle scelte già prese. Lui sarebbe rimasto per
sempre la
scelta non presa, e quando tutte le volte riapriva il pugno si
domandava se essere lì con lei fosse patetico. Bella
l’aveva
scartato, lui le era rimasto accanto, anche nel suo stato di
“scelta
non presa”. C’era da chiedersi se fosse lui il
cretino masochista
o lei l’egoista sadica.
Ma forse è solo quella porzione di Tempo da cui nessuno dei
due
riesce a fuggire, quella in cui sono ancora umani e anime gemelle, a
tenere insieme le loro vite e le loro esistenze. E’ da
lì che
provengono le domande di Jacob. Ma non c’è
abbastanza spazio per
le risposte che desidera... Dopotutto, non può avere ogni
cosa.
“E forse ci sarai anche quando avrai l’imprinting,
anche se di
meno. Ma... ci sei, Jacob.”
Imprinting. Buffo che sia ancora lì, solo, senza un legame
che lo
stringa completamente. Ma sono passati solo otto anni, una bazzecola
per quelli come loro.
“Ti avevo detto che non l’avrei mai
avuto...”
Bella sorride e le sembra diversa. Con gli anni ha assunto
un’espressione diversa; sembra meno ingenua, solo un
po’, e più
saggia. Non è quella saggezza da rughe sul viso e mani
intrecciate
in grembo, è quella saggezza che riceve leggendogli dentro.
“Dormirai, Jake, e le cose saranno diverse.”
ribatte piano, con
dolcezza. Gli sta dicendo che lei non potrà mai dormire, che
per lei
niente cambierà. Lui ha ancora l’occasione di
scappare dal
castello sempre uguale dentro cui si è rifugiato, per
tornare sempre
da lei.
Il pugno si rilassa piano piano, ancora timoroso di lasciare andare,
ma lo sguardo di lei, dorato – può ancora vederla
quella sfumatura
color cioccolata – lo rasserena e al tempo stesso gli fa
paura. E’
nuovo, è come andare avanti. Da quanto tempo non
vai avanti,
Jake?
Ferisci te stesso, ferisci lei. Ferisci te stesso, ma Bella non
potrà
mai lenire il dolore.
Eppure sa di doverlo accogliere, di accettarlo.
“Almeno offrimi la colazione, quando mi
sveglierò.” risponde,
cercando di allentare la tensione. Non gli sono mai piaciute le cose
troppo serie. Serie troppo a lungo.
“Insomma... colazione normale.”
“Certamente. So ancora cucinare.”
Jacob ridacchia e il pugno si rilassa completamente. Il rimpianto lo
sente solo un po’, va già meglio, e poi, sempre
ridendo, dice:
“Accidenti... questo non te l’avevo ancora
chiesto.”
E anche lei ride.
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