Classificatasi prima al contest “I Love Dates” di
LoveChild e vincitrice premio “Best Character”
Blind
Spot
Di
Vert
È
notte, fa freddo e Fabian è già
andato.
Aspetti
pazientemente un sintomo
inequivocabile della tua prossima dipartita: forse non sentirai
più la
consistenza vetrosa dell’erba sotto le dita o il candido
sospiro della notte
sulla pelle. Non sei così ottimista da pensare di perdere i
sensi e morire nel
sonno come se fosse un bel sogno o una favola, perché hai
già visto tuo
fratello spegnersi e non è stato per niente favoloso,
niente di leggendario o eroico. Eroico.
Vorresti avere qui Moody e prenderlo a pugni o, date le tue attuali
condizioni,
quantomeno fargli vedere cosa rimane di eroico in due corpi dilaniati
in
un’imboscata.
Mentre
contempli lo spazio
infinito sopra di voi (è l’ultimo cielo della tua
vita, quindi conviene
guardarlo bene e a lungo fino ad averlo impresso negli occhi, dietro le
palpebre
e sperare che basti), vedi una scia
inattesa, ultimo segno della poesia del mondo là fuori.
Fuori da voi, fuori da
questo bosco alla periferia di Londra.
Una
stella cadente.
Uno
scherzo universale e le ultime
parole di una conversazione morta prima di
voi, tanto tempo fa vicino a un mazzo di girasoli avvizziti e una
lapide
immacolata, tornano a farti compagnia nel panorama lugubre di queste
fronde
bruciate dal gelo di dicembre. Le senti rifluire tra voi, tra te e
l’accozzaglia di membra che è rimasta di Fabian-
era così giovane, così bello,
come tu non saresti mai stato, e soprattutto così felice.
E
tante altre parole ti arrivano
alla mente in un ordine inequivocabile e predefinito: Molly, bambini,
stanchezza e sonno. Marlene, Marlene, Marlene.
Morte
non è né la prima né
l’ultima dell’elenco e ne sei soddisfatto: non
occupa nessun posto di rilievo
nella tua mente. Pensi alla tua morte come un incidente di percorso; un
angolo
buio in cui incoccerai prima o poi (probabilmente più prima
che poi: sono i tempi,
che vuoi farci). Adesso vorresti solo credere ad una di quelle
filosofie
trascendentali di cui Marlene parlava sempre, di cui ti
parlava sempre: ti conosceva bene, Marlene. Probabilmente
sapeva
che un giorno -l’ultimo giorno, oggi-
ti saresti pentito di non averne chiesto di più e che subito
dopo avresti detto
amen, è tardi ormai.
Ormai non
importa più.
Torni
a guardare il cielo, forse
cadrà un’altra stella, una stella gemella di
quella già eclissatasi tempo fa.
L’ultima
volta in cui avete visto
vostra madre fu il Natale del ’76. Almeno, è
quello che pensi tu, hai sempre
nutrito il sospetto che tuo fratello l’abbia vista ancora
poco prima della sua
morte, ma che non te l’abbia mai voluto dire, per darti
l’illusione che vostra
madre vi abbia visti insieme
–così
come siete sempre stati- prima di morire.
Comunque
fu un Natale e fu una
sorpresa, perché c’erano già i primi
sentori di guerra e voi avevate
partecipato alle prime riunioni dell’Ordine.
Ricordi
ancora l’espressione di
tua madre e le sue preoccupazioni per tutto. Per i tempi, per voi, per
Molly. E
tutti i discorsi, i soliti discorsi che si fanno a Natale, senza dirsi
nulla veramente, apprezzando
soltanto
l’insipidezza di un momento incastonato in scariche di
tensione sempre più
pressanti.
Poi,
arrivarono anche Molly,
Arthur e i loro primi due bambini, gli unici che vostra madre avrebbe
mai
visto.
Non
riesci a ricordarti cosa ti
abbia regalato Fabian quel Natale, sicuramente qualche cosa
perfettamente
inutile che è rimasta sepolta in qualche cassetto fino ad
adesso.
L’ultima
volta che Fabian ha
visto qualcosa di veramente spaventoso, è stato a casa di
vostra sorella. Te
l’ha raccontato una volta mentre, incastrato sotto il lavabo
della vostra
cucina, faceva finta di aggiustare un tubo. Agitare la bacchetta e
mormorare a
mezza voce frasi senza senso, gli permetteva di non guardarti in
faccia.
A
te andava bene così e
ascoltavi.
Quella
volta è stata anni prima,
quando siete andati da Molly per la nascita dei gemelli.
Nell’ingresso avete
trovato Dorcas e nessuno se n’è stupito: aveva
l’indiscutibile pregio di
apparire e sparire senza preavviso e senza lasciare traccia. Vi aveva
accolti
con il solito entusiasmo e aveva giurato che i gemelli erano uguali a
voi,
depositandone uno nelle braccia di Fabian e uno nelle tue, per buona
misura.
Solo
molto tempo dopo, appunto,
aggiustando un lavandino perfettamente funzionante, Fabian ti ha
confessato di
aver provato per la prima volta l’ineguagliabile forza della
vita in fiore e
che questa vitalità l’aveva spaventato,
perché si era reso conto di essere
inevitabilmente già morto.
Di essere
un detrito sterile in un mondo veloce, che lo aveva già
superato.
Usato
e superato.
È
stato molto più raccapricciante
di tutti i Mangiamorte che avreste potuto incontrare: capire di
desiderare
qualcosa e di non poterlo avere.
Tu
non hai capito veramente e ti
sei limitato ad annuire. Capisci solo molto tempo dopo, quando siete in
missione e c’è anche Dorcas e Fabian guarda solo
lei. Siete vicini, stretti,
perché fa freddo e perché il gomito di Dorcas
nelle costole ti fa credere che
ci sia ancora una possibilità di lasciarsi questa guerra
alle spalle ed essere
ancora vivi.
Tuttavia,
tra te e loro senti uno
spazio infinito, che ti schiaccia un po’ più in
basso.
Per
la seconda volta, capisci che
esiste qualcosa tra voi. Qualcosa che non potete condividere.
L’ultima
volta che ricordi di
aver veramente respirato, è stato più di cinque
mesi fa. Nell’aria c’era
l’odore acre delle sigarette di Fabian e nelle tue mani un
mazzo di girasoli. È
un cimitero qualunque, scelto un po’ per comodità
e un po’ per caso: nessun
McKinnon è sopravvissuto e pertanto, nessuno sapeva dove
avrebbero desiderato
essere sepolti –non gliel’avevi chiesto neppure tu.
Mai.- il cimitero in questione era
fuori mano e pieno di deliziose
querce piantate di recente.
Fabian
aveva trasportato la bara
della sorellina minore di Marlene ed era stato giustamente compunto e
responsabile. Quel giusto grado di pentimento, che tu avevi rifiutato,
stando
nella penombra di una quercia, mentre guardavi tuo fratello consolare
Dorie
Meadows con le mani ancora sporche di terra.
Tu
non hai fatto assolutamente nulla,
non avevi osato muovere nemmeno
un muscolo, dopotutto Black aveva insistito per portare Marlene e
Potter
l’aveva prontamente aiutato. Ci sono momenti di quel giorno
che non riesci a
focalizzare, vorresti ma non puoi, mentre altri stupidi, piccoli
particolari
non riesci proprio a dimenticarli: Potter, per esempio. Non
c’è nessun motivo particolare
per cui la sua fronte corrucciata e il suo sguardo assente siano
impressi nella
tua memoria eppure li ricordi, cosi
come le lacrime di Dorcas e la nuova gamba di legno di Moody.
Lo
ignori tuttora a causa della
tua cattiva memoria. Avevi pensato di chiederlo a Frank, ma alla fine
te ne sei
dimenticato e non l’hai mai fatto. Altrimenti, lui e la sua
mania per la
psichiatria babbana ti avrebbero spiegato che è un semplice
meccanismo di
autodifesa: simbolizzare e memorizzare tutto quello che ci circonda e
trarne
conclusioni logiche. Per voi tutti, quelle bare in scala, una
più piccola
dell’altra, significavano semplicemente la sicurezza della
morte, una tangibile
presenza della corruttibilità della vostra anima. Non siete
molto più che sassi
e questa guerra è come un mare: vi livella, vi consuma e vi
sbalza sulla costa.
Avete solo una certezza: potete essere calciati molto più
lontano e
probabilmente vi scheggiate più facilmente della pietra.
Per
te poi, quella bara in
particolare significava ancora meno, proprio per questo avevi guardato
Black
portare la bara aiutato da Potter senza dire una parola. Per quanto
potessi
crederci, poteva esserci chiunque dentro quell’involto di
legno e chiodi, non
avevi alcun indizio che si trattasse di Marlene e non sarebbe stato giusto comunque. Marlene probabilmente
desiderava essere cremata e buttata nell’oceano, ecco, questo
sarebbe stato più
in linea con la sua personalità.
Marlene
è finita; in particolare,
la tua Marlene è finita
ancora prima
di cominciare.
Così come la vostra vita
in un certo senso:
“Sopravvivremo a questa
guerra, Fabian?”
“A volte temo che questa
guerra sopravivrà a noi.”
°°
Ta-dan! Ecco qua, la prima vera e
propria fiction sul Primo
Ordine della Fenice che riesco a scrivere. Il Primo Ordine, citato in
poche,
pochissime righe, mi ha colpito moltissimo e ho sempre desiderato
scriverci
qualcosa, incredibilmente proprio al contest di LoveChild ho ricevuto
come
prompt “1981 morte dei Prewett” che quindi
è stato come una benedizione dal
cielo. Spero la gradiate, ecco le dolcissime parole di LoveChild
[grazie
ancora, non riesco a crederci!]
Giudizio:
Prima Classificata:'Blind Spot' di Vert.
Grammatica e sintassi: 24.1/25
Stile: 15/15
Originalità: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 15/15
Attinenza alla traccia e sviluppo della trama: 15/15
Gradimento personale: 15/15
Bonus OC: 5/5 (Fabian, Gideon, Marlene, Dorcas)
Totale: 99.1/100 punti
Quando ho visto che partecipavi mi aspettavo grandi cose da te.
Hai superato le mie aspettative.
E’ una delle fan fictions più belle che io abbia
mai letto. In assoluto. Forse
è la più bella, ma tengo il beneficio del dubbio.
La tua storia mi ha travolta, mi ha emozionata, mi ha lasciata senza
fiato.
Vert., non so cosa dirti. Non ho parole per esprimere ciò
che ho provato,
vorrei poterti far entrare nella mia testa e nel mio cuore per riuscire
a
comunicarti tutte le mie sensazioni.
Hai praticamente sviluppato degli OC, perché dei Prewett, di
Marlene e di
Dorcas non sappiamo davvero nulla, sono solo dei nomi e tu sei riuscita
a
trarre da questi nomi una serie di legami che poi hai tessuto in una
tela
perfetta.
A livelli differenti sei riuscita a fornire caratterizzazioni
approfondite di
Fabian, Gideon e Marlene, inserendo poi Dorcas.
Anche James, Sirius e Molly si muovono nel tuo racconto con estrema
naturalezza
sebbene siano solo delle comparse.
Non so cosa si possa desiderare di più da una storia. Vorrei
davvero poterti
dire di più.
Per me, ormai, sei un mostro sacro.
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