Green eyes
Una nota
carezzevole, sparsa sulla lunghezza di un filo di seta sospinto dal
vento, si frammentava sul mare corvino di cui la Luna attirava i riflessi.
Quelle onde scure, riversate su una schiena pallida di neve e pioggia
fresca, sfioravano il respiro del velluto rosso ad ammantarla nella
regalità che irrigidiva la sua postura. La linea dolce dei
fianchi scendeva in colline di balze e pizzi fino alla linea di un
pavimento troppo opaco per poterla rispecchiare.
La chioma
ondulata sembrava richiamarlo in un canto di cui faticava a discernere
le note fantasiose da quelle che la realtà sospingeva in sua
direzione. Una mano pallida sferzò la notte incrinandola di
tinte fugaci come l’odore del gelsomino che, cullato dal
vento invernale sibilante attraverso le finestre, soggiornava nella sua
camera come se ormai ne fosse diventato parte integrante.
Parte
di lei.
Cuscini
profumati, coperte smosse dall’agonia riversata negli incubi
che la tormentavano.
Sfiorarli
leggermente con il naso, facendo attenzione a non farsi scoprire.
Osservarla
rigirarsi nel suo letto prezioso di speranze infrante. Palpitare ad
ogni contatto della sua pelle immacolata con i vetri affilati che le
imperlavano le lenzuola.
Nel battito di
una penombra dorata di notte e polvere di stelle, le palpebre di Merlin
si abbassarono lentamente.
«
Morgana ».
Sussurro
velato, seminascosto dalla leggera seta che lo ricopriva in un guanto
intriso di mortificazione e pentimento. Le spalle parvero scuotersi
sulla scia di un pugnale dalla lama gelata e qualcosa, forse un battito
di ciglia risaltato inutilmente sullo sfondo cremisi sul quale lei era
distesa, catturò la sua attenzione.
«
Morgana ».
Due
smeraldi incastonati in una distesa di neve brillarono nel buio,
improvvisamente, come stelle perdute per caso su pittura nera ancora
fresca. Lei diresse a vuoto il suo sguardo nei dintorni e, le labbra
rosse e tremanti come rose scosse dal vento, lo piantò su di
lui trafiggendolo del dolore che Merlin avvertì insinuarsi
in quel momento nelle stesse profondità del suo petto.
«
Sono come te. Sono uno stregone ».
Morgana,
statua raggelata di uno stupore che sembrò aumentarle il
ritmo del respiro, rimase fredda e crudele tra i riccioli delle
lenzuola disordinate e frammenti di vetro.
«
E’ troppo tardi ».
Emergendo
dall’ombra gettata dal baldacchino, Merlin tentò
di raggiungerla nella disperazione di mani formicolanti e fiato mozzo
di sbigottimento e sorpresa.
Morgana
si ritrasse, puro disgusto inciso sul bel volto lucente di perle
antiche.
«
Non toccarmi. - Sibilò fredda. - E’ troppo tardi,
ormai ».
«
Ti prego. - Le dita affondarono nelle lenzuola ricordate tanto
intensamente. - Tutto può ancora cambiare. Posso capirti.
Condividiamo la stessa sorte ».
In
un bordo sfumato delle fragili illusioni crollate attorno a loro,
Morgana sembrò scuotere appena la testa. I suoi occhi si
fecero lucidi come gocce d’acqua e sorrise, la bocca piegata
in tratti bizzarri, le sopracciglia scure contratte.
«
Perché non me lo hai detto prima? - Sussurrò, in
un tono così basso da risultare a stento udibile. - Non ti
sei fidato di me. Mi hai guardata negli occhi, facendomi credere di
essere l’unica al mondo in queste condizioni ».
«
E’ stato un errore. Credimi, l’ho fatto in buona
fede ».
«
Avrei tratto grande consolazione nel saperti uno stregone, Merlin. -
Riprese Morgana, ingabbiandolo nel proprio sguardo. - Saresti divenuto
importante per me. Saresti stato l’unico il cui abbraccio
avrebbe avuto il potere di stroncare tutti i miei incubi ».
Merlin
tese una mano nel buio; il sognato tocco della sua guancia, liscia e
morbida contro le sue dita, svaporò in menzogna quando
Morgana si dissolse nell’aria fredda della stanza. Rimase con
il braccio alzato e le labbra ancora socchiuse, secche e pervase di
parole che nemmeno il buio si sarebbe mai degnato di ascoltare. Poi il
pavimento crollò sotto i suoi piedi in sogni deboli e
sbriciolati; e lui si sentì cadere, inesorabilmente e senza
alcunché a cui potersi aggrappare, in un baratro profumato
di magia e scavato con le proprie mani.
Quando Merlin
aprì gli occhi, qualcosa premeva contro il suo petto e il
braccio formicolava di sonno e fantasia. Laggiù, di fronte
al suo specchio, Morgana si era voltata e lo sosteneva con occhi
così freddi da farlo rabbrividire e sussultare di stupore.
La ciotola di frutta si sottrasse al suo controllo e finì
per inclinarsi sul tavolo; lo sguardo perso in quello di lei, Merlin
avvertì il rotolare delle mele rosse sul tavolo e sul
pavimento nello stesso, dolce battito di pioggia che aveva preso a
risaltare all’esterno della finestra ancora spalancata.
Saresti
stato l’unico abbraccio.
Indietreggiando,
Merlin si scontrò un’ultima volta con il cremisi
impresso nella sagoma che ancora lo fissava. Quegli occhi, unico
spettro di compagnia notturna, continuarono a premergli sulla nuca
finché non ebbe trovato il coraggio di voltarsi e liberarsi
da lei.
Ciao a tutti!
Questo è il mio primo esperimento su questo fandom ed
è nato, in linea di massima, nel credere che se soltanto
Merlin al momento opportuno - e ce ne sono stati tanti - avesse
confessato a Morgana la verità, ci saremmo risparmiati tutti
un bel po' di guai. :) E anche nella convinzione che, se davvero
ciò fosse accaduto, ci sarebbero stati risvolti tutti
diversi anche per loro due insieme.
Questa shot
è nata dopo aver visto la 3x06, ma potrebbe essere collocata
in un qualunque momento della serie.
Spero che vi
sia piaciuta, bacioni!
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