Questa
fanfiction ha partecipato al contest "Proud
or Ashamed of Being a
Black" indetto da Vogue, classificandosi seconda nella
classifica
"Regulus" e quinta in quella Generale.
Luce
e oscurità
E'
così che c'innamoriamo, cercando nella persona amata il
punto che non ha mai rivelato (E. De Luca)
La
battaglia era scoppiata pochi
minuti prima, ma a tutti i combattenti sembrava che fosse
già trascorsa un’eternità.
I lampi e le luci degli incantesimi riempivano la strada buia e
desolata di
Diagon Alley, le esplosioni e i gemiti di dolore dei feriti
squarciavano il
silenzio della notte, mentre le stelle assistevano alla scena di
devastazione,
immobili e indifferenti.
Regulus
stringeva forte la
bacchetta, la sua unica difesa da tutto ciò che lo
circondava. I suoni circostanti
gli giungevano ovattati alle orecchie e gli unici rumori che
rimbombavano nella
sua testa erano i battiti accelerati del cuore, colmo di paura e
angoscia.
Scagliava
incantesimi senza
neanche rendersene più conto, cercando di allontanare quanti
più Auror
possibili. Non attaccava nessuno, cercava solo di difendersi: voleva
soltanto
riuscire a sopravvivere a quella notte; l’esito della
battaglia era una
faccenda che gli interessava relativamente.
Disarmò
il mago contro il quale
stava duellando e lo ricacciò indietro, approfittandone poi
per guardarsi
intorno.
Le
vetrine dei negozi erano
infrante, alcuni tavolini della gelateria Fortebraccio erano stati
rovesciati,
mentre altri venivano lanciati dai combattenti contro gli avversari e
la porta
di legno della farmacia aveva preso fuoco. Mangiamorte mascherati
combattevano
contro gli Auror a volto scoperto.
Nonostante
il calore provocato
dalle fiamme e dall’agitazione, Regulus sentiva un gelo
immenso, che si
propagava con una lentezza inesorabile in tutto il suo corpo, a partire
dalla
sorgente da cui scaturiva, il Marchio Nero impresso sul polso sinistro.
Da
giorni non riusciva più a guardarlo con indifferenza:
sembrava che quel
serpente instillasse nella sua pelle un veleno mortale. Presto sarebbe
diventato solo un pezzo di ghiaccio inanimato, senza più
emozioni o sentimenti.
Era
stato facile diventare un
Mangiamorte, sentirsi ammirato dalla propria famiglia, temuto e
rispettato
ancora di più tra gli altri studenti, fino a che era vissuto
al sicuro a
Hogwarts.
Ma
da quando era stato costretto
a scendere di persona sul campo di battaglia, aveva sperimentato per la
prima
volta la paura più irrazionale e più potente di
tutte, quella che gli toglieva
il respiro e gli faceva battere i denti in piena estate: la paura di
morire.
La
prima volta in cui aveva
guardato la
Morte
in faccia, si era trattato di un lurido traditore, ma da quel momento
non c’era
stata una sola notte in cui quell’uomo non fosse andato a
trovarlo nei suoi
incubi. E poi era stata la volta di altre vittime dei suoi compagni,
uccise per
motivi che con il trascorrere del tempo gli apparivano sempre meno
validi.
Non
riusciva a capire come gli
altri Mangiamorte potessero uccidere con assoluta indifferenza, alcuni
di loro
con evidente soddisfazione. Lui si sentiva distruggere dal rimorso
quando gli
imponevano di torturare qualcuno. Le urla delle vittime continuavano a
rimbombargli nelle orecchie anche a distanza di giorni, gli impedivano
di
addormentarsi, e ogni volta lui avrebbe voluto gridare a sua volta,
sempre più
forte, per riuscire a sovrastare le urla di quelle persone.
Si
sentiva sporco, contaminato e
privo di un motivo per vivere, come un morto che camminava. La sua
esistenza
era giunta in un vicolo cieco dal quale non poteva più
fuggire.
Per
seguire Voldemort aveva
sacrificato tutto: la propria libertà, i propri principi,
perché si era
ritrovato in un’alleanza che comprendeva ibridi come
Greyback, e aveva
sacrificato anche l’unico motivo che lo avesse mai reso
felice…
«
Muoviti, Black, che fai lì
impalato? » gli urlò Macnair in quel momento,
riscuotendolo dai suoi pensieri.
Regulus
tornò nella mischia, in
preda ad un dolore bruciante che aveva bisogno di sfogare per non
impazzire del
tutto. Lottava per sopravvivere, per tenere occupata la mente e
liberarsi di
tutta la rabbia e la disperazione che covava dentro.
L’umiliazione
per essere stato
ingannato da Voldemort lo tormentava continuamente. Come aveva potuto
farsi
imbrogliare così? Dov’erano finiti tutti i buoni
propositi che il Signore
Oscuro gli aveva promesso? Lui non considerava i Mangiamorte come
alleati, ma
solo come schiavi. All’inizio il giovane Black non aveva
voluto crederci, ma
alla fine aveva dovuto ammettere la realtà a se stesso: era
solo uno strumento
nelle mani di un mago che voleva imporre il proprio dominio sulla
comunità
magica e sul mondo intero.
Regulus
scagliò una fattura
rabbiosa contro un Auror, che iniziò a contorcersi per
terra, e si gettò di
lato per evitare l’attacco di un altro avversario.
Si
sentiva in trappola, una
pedina in mano di qualcuno più potente, senza
possibilità di uscire dal circolo
vizioso in cui era entrato. Era soltanto un burattino manovrato da
Voldemort, e
quella consapevolezza lo faceva fremere di rabbia. L’ultimo
dei Black non
poteva essere al servizio di qualcun altro: l’orgoglio che lo
aveva sempre
accompagnato non gli permetteva di accettare la sua condizione di
schiavitù. I
Black erano fatti per comandare, non per essere comandati. Che cosa
avrebbero
pensato i suoi antenati se avessero saputo che cosa significava davvero
essere
al servizio di Voldemort?
Certe
volte si era trovato a
desiderare di essere come Sirius, per poter scappare e lasciarsi tutte
le
responsabilità alle spalle. Ma lui non era come suo
fratello, aveva pensato
subito dopo: non avrebbe mai tradito la propria famiglia e gli ideali
in cui
credeva, né sarebbe fuggito. Sapeva di essere estremamente
insicuro, ma quando
si trattava di assumersi le proprie responsabilità, non si
tirava indietro.
Scendendo
in campo a fianco dei
Mangiamorte, aveva compiuto una scelta e ora doveva subirne le
conseguenze
senza protestare. Se la sua decisione lo avrebbe condotto sempre
più in basso,
a sguazzare nel fango e nel lerciume del mondo, fino a diventarne parte
integrante, non sarebbe scappato. Avrebbe accettato il proprio destino,
lasciando che la sua anima diventasse sempre più nera, a
meno che non avesse
trovato un diverso tipo di espiazione.
Ma
ormai era rassegnato: non
sperava più in un qualcosa in cui credere o in un obiettivo
da raggiungere.
Avrebbe perduto completamente se stesso e sarebbe diventato, come tutti
gli
altri, una macchina dispensatrice di morte; un essere inanimato fatto
solo di
ombra, senza più luce, senza più
speranze, senza più lei.
La
sagoma del castello di Hogwarts si rifletteva sulla distesa
argentata del lago, e i suoi contorni si increspavano lievemente,
mescolandosi
a quelli indefiniti delle nuvole e alla luce del sole pomeridiano, in
un
caleidoscopio di colori che lo incantavano.
Regulus
sentiva un gran calore, ma quella sensazione non proveniva dal
sole accecante sopra di lui, bensì dalla persona che aveva
accanto.
«
Che cos’hai? »
La
voce della ragazza lo fece fremere e il cuore accelerò i
battiti.
Regulus
la guardò, ma scoprì di non poter mettere a fuoco
il suo viso.
Era come un ricordo sfumato, troppo remoto per essere chiaro e
definito. Fissò
quegli occhi scuri, i soli che riusciva a distinguere con nitidezza,
gli stessi
occhi che avevano sciolto il ghiaccio che lo opprimeva di continuo e
che gli
avevano toccato il cuore.
«
Niente » rispose, mostrando una sicurezza che non aveva.
«
Non è vero, hai un muso lungo un chilometro. Ti conviene
rispondermi,
o potrei tormentarti fino alla fine dei tuoi giorni » gli
disse lei, sorridendo
con un’espressione dispettosa.
Regulus
tacque per alcuni istanti, ma la conosceva troppo bene per
sapere che non avrebbe ceduto mai.
Lei
non sapeva che fosse già diventato un Mangiamorte,
né doveva
saperlo. Ultimamente sentiva di essersi sempre più
allontanato da lei e di
essere cambiato in peggio, iniziando ad ingannarla.
Era
una ragazza piena di vita; lui invece la vita la avrebbe tolta agli
altri. Il solo pensiero lo indusse a stringere i pugni, infilandosi le
unghie
nella carne.
«
Perché ti piaccio? » le chiese, quasi senza
accorgersene. Aveva
pensato ad alta voce, non avrebbe voluto dirlo davvero. Aveva sempre
pensato
che un Black non avrebbe mai potuto provare disgusto per se stesso, ma
lui si
sentiva proprio così.
Lei lo
guardò con stupore. Regulus evitò il suo sguardo,
imbarazzato.
«
Ma che domanda è? Mi piaci e basta » rispose la
ragazza, assestandogli
una pacca scherzosa sulla spalla.
«
Lascia perdere, non so cosa mi sia preso. Volevo dire…
» bofonchiò,
cercando di arrampicarsi sugli specchi, ma non trovò alcuna
scusa valida. Si
diede dello stupido: era la prima volta che gli capitava di mostrare
insicurezza
in un modo così esplicito.
Regulus
percepì il tocco caldo della sua mano sulla propria, che
invece
era fredda come il ghiaccio. Alzò il viso e notò
che il suo sguardo era
divenuto di colpo fermo e deciso.
«
Non so se è quello che mi hai chiesto, ma se mi piaci
è perché in
questi sette anni ho imparato a conoscerti, nei tuoi difetti come nei
tuoi
pregi, e mi sono affezionata ad entrambi ».
Regulus
la guardò con scetticismo. Pregi, lui? A parte quello di
essere
un Black e un Purosangue, non ne sapeva trovare altri. Lei parve
leggergli nel
pensiero.
«
Ebbene sì, c’è qualcosa di buono in
te, anche se non ti piace
ammetterlo per poter fare il duro. Faresti di tutto per la tua
famiglia, non
solo per dovere, ma per affetto. Questo ti sembra negativo? Tutti noi
siamo
fatti di luce e oscurità, anche se tu hai sempre cercato di
nascondere la
prima… e non dire che non è vero »
aggiunse, quando Regulus aveva aperto la
bocca per protestare.
«
Non è facile capirti, ma è stato il mio tentativo
di conoscerti meglio
a farmi innamorare di te » concluse, nascondendo il rossore
del viso dietro i
lunghi capelli neri e fingendosi rilassata.
Regulus
cercò disperatamente di mantenersi impassibile come sempre,
ma
non ci riuscì.
Lei
era l’amica di sempre, l’unica ragazza che avesse
mai avuto e
l’unica persona che lo conosceva meglio di quanto lui
conoscesse se stesso.
Regulus era stato conquistato dalla sua capacità di vedere
oltre la maschera da
perfetto Black che indossava e che ormai si era completamente fusa con
la sua pelle.
Non
avrebbe voluto perderla per nulla al mondo. Ma a lei i Mangiamorte
non piacevano, e la delusione provata nel vedere quel Marchio Nero sul
polso di
lui era bastata a farla allontanare per sempre, o almeno fino a quando
non si
sarebbe reso conto di aver sbagliato.
Il
ricordo di quel pomeriggio in
riva al lago sfumava velocemente e i contorni già vaghi del
viso della ragazza
scivolavano via dalle dita di Regulus, che si ritrovarono a stringere
aria. Il
calore, che nel breve istante del ricordo aveva fatto timidamente
capolino, fu di
nuovo inghiottito dal gelo che lo dominava.
La
battaglia era finita: i
Mangiamorte avevano vinto e ora un silenzio mortale opprimeva Diagon
Alley.
Regulus era l’unico rimasto; tutti gli altri erano andati
via. Immerso nel buio
della notte, non poté fare a meno di osservare lo spettacolo
tetro e macabro
che gli si presentava.
Alcuni
residui di fiamme
lambivano i davanzali delle finestre e un denso fumo biancastro si
levava verso
l’alto, nascondendo il cielo alla sua vista. I corpi degli
Auror distesi per
terra, immobili e in posizioni innaturali, lo fissavano attraverso gli
occhi
vuoti e privi di espressione, come a volergli ricordare che tutto
ciò era
successo anche a causa sua.
Il
rimorso che covava si era
trasformato in una belva feroce che gli divorava le viscere. Non era
quello il
mondo migliore che avrebbe voluto e in nome del quale aveva deciso di
farsi
marchiare. Nel mondo che desiderava, i maghi avrebbero finalmente
ribaltato la
situazione, assumendo il comando al posto di quegli inetti dei Babbani
e usando
liberamente la magia. Ma non voleva che si scatenasse una guerra tra
maghi né
che tanta gente perdesse la vita.
All’inizio
Regulus si considerava
un difensore dei diritti e dei privilegi dei Purosangue. Adesso capiva
di
trovarsi solo in una banda di assassini.
In
mezzo a quello scenario,
stentava a credere di possedere ancora un residuo di bene. Nel caso in
cui
fosse esistita, quella parte di sé ormai era morta e
sepolta. La sua ragazza si
era sbagliata, riponendo troppa fiducia in chi non la meritava, e lui
non si
sarebbe mai perdonato per averla sacrificata a causa di una scelta
erronea. Le
mancava come poteva mancargli l’aria da respirare, e senza di
lei e il suo
carattere allegro e caloroso si sentiva perso.
Regulus
si odiava e cominciava ad
ammettere a se stesso che tutta la sua vita fosse stata un susseguirsi
di
scelte sbagliate. La domanda che non gli dava tregua era soltanto una:
che cosa
avrebbe fatto a quel punto?
La
risposta cambiava ogni cinque
minuti e la precedente decisione di lasciarsi trascinare dagli eventi
ormai non
lo convinceva più. Non voleva continuare a vivere in quel
modo, chiudendo gli
occhi davanti alla gente che gli moriva davanti, e voltando la testa da
un’altra parte, ma temeva di non avere abbastanza forza
d’animo per reagire.
Poteva davvero fare risorgere il suo lato umano dopo averlo soffocato
per quasi
due anni?
La
sua ragazza era convinta di
sì, ma lei aveva sempre avuto più fiducia in lui
più di quanta ne avesse lo
stesso Regulus.
Un
gemito improvviso si levò nel
silenzio, interrompendo le sue malinconiche riflessioni. Regulus
portò
immediatamente la mano alla bacchetta, guardandosi intorno con
circospezione.
Pochi metri più avanti, qualcuno si muoveva.
Regulus
superò un paio di cadaveri
e, nonostante l’agitazione che provava, fece molta attenzione
ad aggirarli,
pensando inconsciamente che avrebbe mancato loro di rispetto se una
persona
pessima come lui li avesse solamente sfiorati con l’orlo del
mantello.
Quando
raggiunse quello che continuava
a gemere e singhiozzare, vide che si trattava di un ragazzo di
pochissimi anni
più grande di lui. Probabilmente aveva appena ottenuto il
diploma di Auror, e
magari quella era stata la sua prima missione.
Il
ragazzo era bianco come un
lenzuolo e digrignava i denti per il dolore, tenendosi una gamba rotta.
Quando
tuttavia vide Regulus sovrastarlo, la bacchetta puntata contro di lui,
tacque e
strizzò gli occhi, tremando come una foglia.
Era
evidente che pensasse di
essere ucciso. In fondo, era quello che ci si sarebbe aspettato da un
Mangiamorte. Ma lui non era un Mangiamorte come gli altri, ammise
Regulus a se
stesso in un doloroso sprazzo di sincerità, né lo
sarebbe mai stato.
Anche
se aiutava i Babbani,
quell’Auror gli faceva pena. Probabilmente aveva una madre
che lo stava
aspettando a casa, rifiutandosi di andare a dormire finché
non lo avrebbe visto
tornare sano e salvo. E Regulus non poté fare a meno di
pensare al dolore che
avrebbe provato la propria se non fosse più tornato a
Grimmauld Place.
Era
la prima volta che si sentiva
così simile a qualcuno di cui non conosceva neanche lo stato
di sangue, ed era
una sensazione strana, ma che lo faceva sentire stranamente migliore di
quanto
pensasse.
Forse
chiedendosi come mai non
fosse stato ancora ucciso, l’Auror aprì gli occhi,
sbalordito, ma a quel punto
Regulus si era già Smaterializzato, dopo aver sparato in
aria delle scintille
rosse per attirare l’attenzione dei soccorsi che stavano
arrivando.
L’ultima
cosa che avrebbe voluto
era un ringraziamento. Non era sicuro di meritarselo: aveva appena
risparmiato
una vita, ma per troppe volte aveva finto di non vedere, mentre gli
altri
Mangiamorte uccidevano indisturbati.
Tuttavia
si sentiva un po’ meglio
di prima.
Forse
lei aveva avuto ragione,
pensò all’improvviso, mentre gli amati
tratti del suo volto tornavano ad essere netti e precisi nella memoria
del
ragazzo, che si sentì divorare dal dolore e dal rimorso.
Forse dentro di sé conservava
davvero qualcosa di buono, che non era ancora stato fagocitato
completamente
dall’oscurità. Altrimenti non avrebbe provato
quella sensazione che iniziava
lentamente a riscaldarlo.
Osservando
il cielo che iniziava
a riempirsi del chiarore dell’alba, Regulus capì
di essere ancora in tempo per
rimediare ai propri sbagli, anche se era consapevole dei rischi che
avrebbe
corso, e si ritrovò a sperare che seguire la sua luce
interiore lo aiutasse a
trovare una via d’uscita dal labirinto cieco in cui si era
imprudentemente
inoltrato.
*Angolo
autrice*
Quelli che
hanno dovuto
sopportare le mie lamentele su questa fanfiction sanno che ero sicura
di aver scritto una cosa illeggibile. Il fatto è che
all'inizio
del contest non avevo alcuna intenzione di scrivere qualcosa di
romantico, volevo concentrarmi solo sulla guerra. E invece mi
è
capitata quella citazione che mi ha messa letteralmente in
crisi. Ero certa che
non c'entrasse nulla con il resto della storia, ma come al solito avevo
esagerato a sottovalutarmi.
Proprio
perché non volevo mettere troppo romanticismo, la ragazza
l'ho
lasciata volutamente indefinita e sullo sfondo. Chi ha già
letto
le altre mie storie può identificarla con Rachel (in fondo,
ho pensato a lei, non posso farne a meno!), per gli
altri
potrebbe essere qualunque studentessa di Hogwarts (rigorosamente
Purosangue e non
Grifondoro, però, mi raccomando, eh, ci tengo!)
L'immagine all'inizio
l'ho Gimpata
io. Ecco invece i banner!
Ecco il giudizio.
Ringrazio ancora Vogue per essere stata
così veloce e soprattutto incoraggiante! =D
-Grammatica: 9.9/10
-Stile e Lessico:
9.5/10
-Originalità:
15/15
-IC: 14.5/15
-Attinenza alla
citazione: 10/10
-Giudizio personale:
10/10
Totale: 68.9/70
Solo un errore di
battitura ti ha penalizzata alla voce
‘grammatica’, ‘hai
c’è qualcosa in
te’, mentre in caso contrario sarebbe stata perfetta da
questo
punto di vista, dato che non ho riscontrato il minimo errore nella
storia. Ottimo il lessico, che mostra la capacità di
utilizzare
termini che siano innanzitutto coerenti con la narrazione, e che
evitino fastidiose ripetizioni; altalenante invece è lo
stile,
in quanto in alcune parti della storia mi è parso che la
lettura
venisse rallentata, nello specifico nell’introspezione sono
presenti dei periodi abbastanza lunghi, dove probabilmente
l’inserimento di qualche virgola avrebbe aiutato la lettura.
Nulla di grave comunque, e si tratta come ho detto solo di alcuni
spezzoni, mentre per il resto la lettura risulta abbastanza fluida.
Una storia originale,
anche perché, sé
è vero che
Regulus viene menzionato nella stragrande maggioranza dei casi in
relazione al suo essere Mangiamorte, vero è anche che
l’inserimento della ragazza ha aiutato moltissimo la storia
sotto
questo punto di vista. Anche perché ha fatto luce su un
aspetto
del tutto nuovo di Regulus, che improvvisamente diventa un ragazzo che
ha qualcosa da perdere e, al contempo, qualcosa per cui lottare. Non
nego che questa stessa situazione mi abbia dato l’impressione
di
un Regulus troppo... direi sottomesso nei confronti di questa ragazza,
ma si può dire che essendo un frangente del tutto nuovo per
lui,
questo suo aspetto possa essere giustificabile.
Splendido
l’inserimento della citazione, altro tassello che
un
po’ costruisce questo Regulus Black in preda per una volta di
qualcosa di diverso rispetto alle paturnie nei confronti di
ciò
che è e di ciò che fa. Rimane tuttavia preda
della sua
vergogna nei confronti della ragazza, il che è un
po’ il
punto di partenza per comprendere le sue azioni successive: nel momento
in cui vuole nascondere il Marchio per paura di perderla, è
logico che lo assalga il dubbio su quanto sia giusto ciò che
è diventato.
Una bella storia,
senza dubbio. Bella perché innovativa,
bella
per l’ottima introspezione che hai fatto di Regulus.
È un
personaggio assolutamente ‘tuo’, e si vede. Brava!
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