Special Halloween
Solo per incantarvi a
proposito della notte più terrificante dell’anno.
Solo un piccolo
brivido per voi.
Solo un piccolo morso…
per me.
Il conte Eriok
Elisa giocherellava col vino pregiato nel bicchiere, stando
seduta in quel piccolo bar angusto. Una camicia nera contornava il suo busto, e
pantaloni bianchi fasciavano le gambe incrociate. I capelli elegantemente
spettinati e la pelle diafana metteva in contrasto i suoi profondi occhi scuri.
Al collo una croce.
E nell’aria risuonarono i rintocchi funerei della
mezzanotte.
«Ehi, signorina… un altro bicchiere?» chiese l’uomo, vedendo
la donna bere tutto d’un sorso il liquido sanguineo.
Elisa spostò lo sguardo scuro in quello del barista, che
sentì un lieve brivido prenderlo.
«No, grazie…» mormorò la donna, dopo un minuto di silenzio
inquietante.
“… il tuo sangue non è di mio gradimento.” Aggiunse poi, nella
propria mente.
Le campane zittirono il loro grido.
«… la notte dei fantasmi è iniziata.» mormorò, alzandosi dal
tavolo, elegante e silenziosa. Con stivali ferrati che scandivano il suo passo.
Uscì dal bar, illuminata dalla luce piena della luna.
«Che la caccia abbia inizio.» sentenziò, guardando un gruppo
di ragazzi ridenti dirigersi al bar più in della città: “Il Temptation”.
Il suo sguardo puntato all’unica vittima che desiderava
quella notte.
Artemiya rideva agli scherzi di Marco ed Eduardo, mentre
spaventavano Ines con racconti orripilanti.
«Basta! Smettetela!» continuava a dire la rossa, quasi alle
lacrime.
Artemiya sorrideva, poi decise di intervenire.
«Dai ragazzi, adesso basta… altrimenti mi tormenta la notte perché
non riesce a dormire.» chiese con voce calda. Un’ombra nera dietro sé le
catturò l’attenzione. Volse lo sguardo, indagando l’oscurità con il suo chiaro
sguardo verde. Ma non scorse niente di strano.
Gli amici notarono l’inquietudine dell’amica.
«Cosa c’è?!» chiese isterica la rossa, aggrappandosi al
braccio della bionda.
Silenzio. Persino Marco ed Eduardo tacevano, ammantati dall’alone
di mistero e finta quiete della strada.
«Niente.» rispose la bionda, non sciogliendo però la fredda
domanda che ancora aleggiava nell’aria. D’un tratto l’ambiente divenne ostile,
inquietante. Le ombre dei fari erano lunghe unghie nere, e gli edifici orribili
maschere di terrore.
«Dai, ragazzi… raggiungiamo in fretta il night.» suggerì
Artemiya, prendendo a camminare con le unghie dell’amica che trafiggevano il
suo braccio dalla paura.
Anche se era sempre la più coraggiosa del gruppo, la bionda
poteva sentire la paura scorrerle nelle vene. Le mani le tremavano, il cuore
pompava in velocità.
L’unica cosa che non capiva era la dolce frenesia e piacere
che creava in lei quella sensazione.
Il Tempation
era un night strano, ma decorato per la sera di Halloween ispirava tutt’altro.
All’entrata uomini travestiti da demoni sorridevano con
cattiveria, e sensuali diavolesse ballavano sui numerosi cubi. Lasciando i
pesanti giubbotti alla custodia ad un’affascinante strega in minigonna, s’inoltrarono
nell’ammasso di corpi e peccatori dentro l’ambiente bollente della disco. Eduardo
e Marco svanirono subito, persi nell’intricata fila per i drink, mentre Ines e
Artemiya aspettavano vicino ad un tavolino occupato. La coppia vicino a loro si
stavano già letteralmente ingoiando l’una con l’altro, mentre Ines li guardava
quasi malinconica. Era stata scaricata due giorni prima della festa, e quella
visione faceva suscitare dolci ricordi in lei.
«Mia, ascolta, io vado a farmi un giro, se non ti dispiace…
voglio divertirmi stanotte, e dimenticarmi per un attimo Giacomo… ti dispiace
se ti lascio da sola? Intanto tra poco dovrebbero arrivare Marco ed Eduardo…»
parlò l’amica all’orecchio dell’altra. La musica era
talmente alta da annullare ogni singolo rumore.
Artemiya comprese il desiderio dell’amica, e con un gesto
della testa la lasciò andare. La osservò camminare e svanire nella folla
danzante e ubriaca del night, mentre la sensazione d’esser osservata la penetrò
nell’anima.
Si voltò, guardando un corridoio buio che conosceva solo per
fama.
Si parlava sempre della “Via
della Lussuria”. Un corridoio buio, di cui si dice non abbia fine. Fioche luci,
con una porta ogni cinque, sei metri. Alcuni dicono che all’interno ci siano
camere sempre pronte e pulite per chi voglia passare momenti di fuoco con
qualcuno.
Altri pensano che le persone aspettano davanti ad una
camera, per poi afferrare le persone curiose e portarle via.
Testimoni affermano che dietro le porte ci siano un altro corridoio
uguale, pieno di porte. Un intricato labirinto da cui nessuno ne è uscito vivo.
La curiosità s’infiltrò nell’animo di Mia, portandola ad
avvicinarsi all’imboccatura, ma non le diede il coraggio di entrare. Come Alice
di fronte alla porta della tana del Bianconiglio, che la portò all’uscio ma che
le mancò il coraggio di buttarsi. Ma è vero anche che senza quel cedimento di
terra, non si conoscerebbe la strampalata storia di Alice nel Paese delle
Meraviglie.
Stava osservando curiosa il corridoio, con delle flebili
luci rosse inquietanti e sanguigne, quando vide, nel buio più totale, delle
pupille scure ad osservarla. La stavano fissando, quel castano scuro ammaliante
e dolce, con riflessi rossi. Un rosso che Artemiya dedusse, fosse il riflesso
delle luci in quel corridoio.
Furono quegli occhi scuri il cedimento di terra che
portarono la bionda Artemiya nel mondo del nonsense.
Camminò, con gli stivali bianchi e il corto abito nero,
tentando di raggiungere quegli occhi scuri e identificarli. Le parvero
familiari, ma più lei si avvicinava e più sentiva la sensazione pulsante della
paura prenderla. Ed era magnifico.
S’inoltrò talmente tanto nel corridoio, seguendo quelle
lanterne di oscurità, che la musica divenne un flebile suggerimento di realtà.
D’un tratto si fermarono, e un cigolante rumore di porta
prese le sue orecchie. Vide una porta aprirsi e, con il cuore in palpitazione e
la mente spenta, entrò, lasciando quegli occhi dietro di lei. Entrò nella
stanza soffusa, semplice. Pareti rosse, senza nessuna decorazione. Un letto di
lenzuola nere e venature rosse. Una poltrona vicino ad un caminetto, vivo di
fuoco finto.
Quando si voltò, vide il corpo che possedeva quegli occhi
incantevoli. Di fronte a lei una donna, poco più alta di lei, capelli corti e
dolcemente spettinati. Una sensuale camicia nera enfatizzava il corpo asciutto
e le larghe spalle. La scollatura arrivava fino all’insenatura del seno, i
pantaloni bianchi stringevano le gambe, finendo in stivali alternativi, che
ispiravano il sadomaso.
E finalmente ricordò chi era quella donna.
«Elisa…» mormorò la bionda, guardando con lieve fastidio la
mora.
Elisa sorrise, quel sorriso sghembo che tradiva il piacere
interno nel vederla, mentre la fissava.
«Artemiya… che bello rivederti…» rispose, chiudendo la porta
dietro sé. Un rumore ferroso fece intuire che la serratura era chiusa a chiave.
«… pensavo tu avessi capito che volevo chiudere con quella
storia…» disse la bionda, ricordando il passato con lei. Erano compagne in una
setta che tentava di seguire la via dei vampiri. Quando la bionda scoprì che
non era solo un semplice passatempo, ma un vero e proprio movimento, decise di
uscirne. Vedere come i compagni gioivano nel bere sangue umano rubato dagli
ospedali la disgustava.
«Non sono qui per questo.» rispose la mora, ricordando anche
lei il passato non tanto remoto.
Silenzio.
«E allora cosa vuoi da me?» chiese Artemiya, leggermente
spaventata dal non intuire cosa la mora voleva.
Di nuovo quel sorriso sghembo. Quel sorriso che Artemiya
ricordava più luminoso. Più bello. Più rilucente di vita. Adesso pareva morto.
«Diciamo che volevo solo farti vedere che, quello che
cercavamo, io l’ho trovato…» rispose, portando una mano al colletto alto della
camicia, scostandolo quel tanto che bastava per far scorgere due buchi profondi
nella carne, uno vicino all’altro, in simmetria tra di loro, alla base del
collo.
Artemiya inorridì.
«… O mio Dio…» mormorò, strabuzzando gli occhi. Collegò
tutto. Ecco perché quella strana attrazione per lei, tecnica usata dai
cacciatori per attirare le prede. Ecco spiegato quel barlume rosso nei suoi
occhi, non un riflesso ma la natura stessa dell’iride. Ecco il perché della
pelle diafana e della sensazione di pericolo nella sua carne.
Iniziò lentamente ad allontanarsi, preda della paura
naturale per il cacciatore più pericoloso del mondo: il vampiro. Eppure, nel
suo profondo, l’attrazione che prima provò s’accendeva ancora di più. Nella sua
mente si creavano pensieri osceni. Desiderò che quel corpo scolpito la
possedesse.
Desiderò che quelle labbra la baciassero.
Desiderò che quelle
zanne le penetrassero il corpo.
I suoi occhi scuri rilucevano, pieni di desiderio e fame. S’avvicinò, e Artemiya, presa dal
fervore che lentamente nasceva in lei, si fermò dall’arretrare. La voleva. La desiderava.
Pochi centimetri le dividevano e nei verdi occhi di Artemiya
ardeva il desiderio misto all’eccitazione del pericolo.
«Cosa desideri da me, Elisa?» chiese la bionda, in un
soffio. Il cuore non la smetteva di accelerare il suo battito e il respiro si
faceva via via più corto.
Elisa ammirò i suoi occhi, verdi praterie rilucenti di vita.
La vita che lei aveva sacrificato per l’immortalità.
Inalò il suo caldo respiro, profumato. Si beò della sua
bollente voce, sensuale a melodiosa. Ascoltò il suono del suo cuore, unico
palpitante in quella stanza. Unico corpo il cui sangue ancora scorreva vivo. Il
suo era morto, fermo in una pausa eterna dalla vita.
«… desidero te. Il tuo corpo. Le tue labbra. La tua anima… il tuo sangue.» sussurrò, con forte
desiderio.
Il Bianconiglio era morto. Alice era stata abbandonata, da sola
in mondo così strano e inquietante da farla rabbrividire. Non era più nella
favola divertente che rallegrava i bambini. Alice era stata balzata nella
storia che più la terrorizzava. Vittima di quel mostro che volava, all’ombra
della luna, ammantato dalle fiamme dell’Inferno: Dracula.
Solo che nei panni dell’uomo ottocentesco vestiva ora l’amica
da tempo dimenticata.
«… allora prendimi, Elisa. Fammi tua.» e con quel desiderio nella mente e nel cuore voltò lo
sguardo, mettendo in mostra il collo scoperto.
Elisa sorrise, quel sorriso che Artemiya scoprì amare più
della sua stessa vita. Ma vide la testa di lei negare.
«Non farò quello che pensi. Non desidero la dannazione della
tua anima.» rispose, standole sempre a pochi sospiri da lei.
«Bramo il tuo corpo perché mi eccita. Bramo le tue labbra perché
le amo. Bramo la tua anima perché è pura. Bramo
il tuo sangue perché passa attraverso il tuo cuore. Bramo il tuo cuore.» e
con quelle parole la baciò.
Artemiya incanalò dentro sé il suo respiro morto,
accendendolo di vita.
Morse quelle labbra fredde, riscaldandole di passione.
Toccò quel corpo scultoreo e gelato, facendolo vivere un
altro secondo di passione umana.
S’amarono, unendo i loro corpi. Artemiya sentì i suoi morsi
sulla sua pelle. Ma non erano maligni, erano bramosi di più passione. Elisa sentì il suo corpo sussultare. Sentì
il suo respiro irregolare incanalarsi in lei, facendola sussultare. Percepì
sensazioni che non sperava di vivere ancora.
In quel giorno, dove i non-morti camminano, si sentì più
viva che mai.
E quel giorno, per lei e per Artemiya, non fu mai l’ultimo.
Ecco a voi una one-shot tutta
speciale. Dedicata alla sera più terrificante dell’anno.
Nata in modo strano. Stavo fissando un pupazzo di vampiro
quando mi sorse una domanda nella mia mente bacata: “E se Elisa fosse un
vampiro?”. Immaginate il resto.
Aspetto un vostro morso! Ehm volevo dire commento! ^_^
Bacioni e…
Buon Halloween!