Titolo: The
Sky That I Do
Autrice: monstropolis
Rating: Verde
Avvertimenti: Oneshot,
Dark,
Fantasy, Malinconico
Conta parole: 631
A/N:
Piccola
storia che riguarda un sogno che ho fatto qualche settimana fa. Ci
tenevo a
scriverlo.
Le
prime righe a destra sono tratte da una canzone dei
Blessthefall intitolata With Eyes Wide Shut. E secondo me sono
azzeccatissime
al finale. E il titolo deriva sempre da lì.
Desclaimer:
Personaggi di pura fantasia.
I know I'm not there to hold
you,
Look up, see the sky that I do…
Ormai
se n’era andato.
L’amore
della sua vita era svanito come se un soffio di
vento l’avesse portato via.
Come
se gliel’avesse strappato.
E
gli aveva strappato anche l’anima.
Aileen
si sentiva logorare dentro.
Si
sentiva come polvere che cadeva lieve da un grande
palazzo antico.
Il
suo regno si stava sgretolando, la sua vita non
aveva più un senso senza di lui.
E
sentiva il dolore come non lo aveva mai provato.
Un
dolore atroce.
E
niente e nessuno avrebbe riparato quella ferita.
Niente
e nessuno le avrebbe fatto dimenticare tutto
questo.
Niente
e nessuno le avrebbe ridato il sorriso o fatta
star bene.
Aileen
era senza vita.
Pian
piano si lasciava morire l’anima spargendo lacrime
noncurante del tempo che passava.
La
luna era l’unica cosa che la notte riusciva a farla
dormire.
La
sua vista era come un calmante, un sonnifero, che
lui, forse da lontano le donava.
Eppure
non riusciva a cancellare gli incubi che faceva.
Erano
brutti sogni che si ripetevano.
Ce
n’era uno che non voleva abbandonarla.
Era
in una radura.
Dispersa
nel bel mezzo di quel bosco dall’aria cupa.
Tutto
era grigio, bianco come la neve e blu spento.
Tutto
era spento. Tutto stava morendo insieme a lei.
Gli
alberi erano perlopiù spogli.
I
rami sembravano quasi sfiorarla.
Sembrava
che quella povera natura la volesse
abbracciare oppure portarla via.
Sembrava
volesse la sua compagnia per invecchiare e
morire con qualcuno.
Aileen
era in piedi, in un punto circolare.
Indossava
un lungo abito bianco con le maniche a
campana che dolcemente le copriva le mani.
E
tutto si intonava con la sua carnagione chiarissima.
La
sua pelle diafana poteva far paura anche a un
fantasma.
Anche
a sé stessa.
I
capelli neri le scendevano sciolti lungo la schiena.
Sembravano
animarsi come serpi grazie al lieve vento
che tirava.
Gli
occhi erano come ghiaccio.
Erano
chiari come il gelo vero e proprio. Come il gelo
che aveva dentro. Senza il calore della persona che amava.
Contornati
da un leggero velo grigio.
L’unica
cosa che dava colore a quel quadro erano le sue
labbra, che nonostante tutto rimanevano accese.
Colorate
di un rosa carico, quasi rosso. Come piacevano
a lui.
E
Aileen era lì. In pace in mezzo alla radura.
Ma
quel posto dopo poco iniziava a girarle attorno.
Si
sentiva in un vortice.
Cercava,
allarmata, di fermare tutto, ma senza
risultato.
Poi
cadeva a terra, con il volto sul suolo freddo,
mentre una figura nera la investiva.
Era
la sua copia vestita di nero.
Gli
occhi neri e le labbra spente.
Le
scendeva addosso come se volesse abbracciarla.
Le
girava attorno, sospirando e emettendo strani suoni.
Aileen
non era in grado di reagire. Rimaneva
paralizzata a guardare quell’angelo nero.
Quella
fata dal mondo oscuro.
Quella
Lei, che non sapeva cosa volesse dalla sua forma
originale.
E
rimaneva là in mezzo al bosco.
Quel
sogno la lasciava sempre in attesa di una
risposta.
Quel
sogno contribuiva ad aumentare i suoi pianti, che
le rovinavano gli occhi.
Alla
quinta volta, all’alba Aileen si risvegliò di
nuovo ansimante e con la fronte perlata dal sudore.
Il
cuore le batteva all’impazzata e accelerarono i
battiti quando sotto ai suoi occhi si materializzò qualcosa
sul pavimento.
Il
legno del parquet sembrava quasi aprirsi, lacerarsi.
E mostrava una scritta in bella grafia.
Era
la sua
grafia.
Era
lui che voleva comunicarle qualcosa.
Le
diceva di guardare il cielo.
Le
diceva di posare lo sguardo sulla pozza immensa
sopra di lei.
Le
diceva di ammirarlo perché l’avrebbe fatta star
bene.
Lei
lo fece.
Spostò
gli occhi su quella distesa dalle sfumature
azzurre, bianche e rosa che era il cielo.
Sembrava
spruzzato di diamanti.
E
quei diamanti formarono una frase che la fecero,
finalmente e dopo tanto tempo, sorridere come prima.
“L’ho
fatto per te”
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