Avevo voglia di scrivere qualcosa con un bel po' di angst, quindi a chi
non piace il genere... ecco, avverto fin d'ora che forse non
è il caso di proseguire nella lettura! Però non
sono una sadica pura e semplice, ci saranno anche tante scene piacevoli
in questa fanfiction...
Per farla breve, aggiungo solo che è una fiction Akame AU...
e anche questa, come la mia precedente, è dedicata a
Nori-chan! Aishiteru <3 Spero che ti piaccia, a prescindere dal
prologo un po' triste! Non so ancora quanti capitoli saranno in tutto,
ma sicuramente non sarà una storia breve... quindi, abbi
pazienza con me!
Buona lettura!
Prologo
Faceva freddo e a quell'ora di notte quasi nessuno era in giro per le
strade di Tokyo, ma a Kazuya non importava. Nel quartiere dove viveva
era difficile fare brutti incontri... ed era così stanco che
non gli importava di niente e di nessuno, mentre rientrava dal lavoro,
esausto. Ancora una volta aveva finito per rimanere più del
previsto e ancora una volta l'aveva fatto di proposito,
perchè non voleva rientrare, non voleva tornare a casa. Ogni
giorno, anzi, ogni notte era la solita storia. Ma ogni tanto doveva pur
andargli bene, no? La fortuna doveva girare dalla sua parte, una volta
ogni tanto...
Si chiuse piano la porta d'ingresso alle spalle, senza preoccuparsi di
serrare a chiave. E tutte le sue flebili speranze vennero infrante
quando sentì quella voce roca spezzare la quiete notturna.
"Vieni qui, Kazuya."
No. Non di nuovo. Tremando
leggermente, si diresse verso la cucina. Quell'uomo stava
mandando giù l'ennesimo bicchiere di sake. Kazuya
guardò le bottiglie sul tavolo, due erano vuote e la terza
era piena solo per un quarto. "Sì?" chiese, cercando di
mostrarsi calmo. Come un animale, sapeva che l'altro poteva fiutarlo.
Fiutare la sua paura. E Kazuya non poteva permetterselo, o sarebbe
andata molto peggio di quanto già non fosse.
"Perchè torni così tardi?" quella voce profonda,
sgraziata, che conosceva fin troppo bene, quella voce che temeva, ma
che non poteva evitare mai. Quella voce così familiare,
l'unico punto fermo nella sua vita. Era sempre lì, giorno
dopo giorno... notte dopo notte...
"Ho fatto un po' di straordinari... per guadagnare un po' di
più questo mese..." mormorò pacatamente in
risposta. Strinse i lembi della sua giacca di jeans, aveva freddo,
tanto freddo. Aveva fame, ma non poteva mangiare, tanto avrebbe rimesso
tutto. Voleva solo essere lasciato in pace per una volta, voleva
dormire... dormire, dormire per un secolo, senza svegliarsi mai...
"Non dire balle!" furioso, l'uomo si alzò e
sfracellò una bottiglia vuota contro al bordo del tavolo,
brandendola poi vicino al viso di Kazuya. Lo afferrò alla
gola, stringendo forte. Il suo alito sapeva di alcol e Kazuya fece una
smorfia, era impossibile abituarsi a quel tanfo insopportabile. "Cosa
devo fare con te, Kazuya? Non capisci, non capisci mai! Mi costringi
sempre a punirti!" lasciò andare il ragazzo e buttando la
bottiglia a terra, che si infranse con un frastuono tremendo, si
scagliò su di lui e lo colpì forte con un pugno
allo stomaco, che mozzò il fiato a Kazuya e lo fece
accasciare a terra, boccheggiante. "Sei un disastro!" gridò
l'uomo, iniziando a tempestarlo di calci allo stomaco, sulla schiena,
sulle braccia, sulle gambe. Ovunque ma non in viso. Non poteva
permettersi che qualcuno lo notasse. E poi, quel viso era troppo bello
per rischiare di rovinarlo.
"Non credere di potermi prendere in giro, chiaro?" l'uomo
sollevò Kazuya per il colletto della maglia e lo
guardò con rabbia. La vista era annebbiata dall'alcol, ma
per qualche motivo i movimenti erano sicuri e tutto meno che incerti.
"Ricordati chi sei e chi sono io!"
Kazuya strizzò gli occhi, gli faceva male tutto e desiderava
solo coricarsi sul suo letto, anche se non si sarebbe mai addormentato
così in fretta. Era dolorante e l'adrenalina che gli
scorreva in corpo gli avrebbe impedito di prendere sonno.
"Sì..." ansimò, a fatica, in risposta.
L'uomo lo lasciò andare e per un attimo Kazuya si
sentì sollevato. Forse si era calmato, sorprendentemente in
fretta, ma per una volta avrebbe anche potuto essere.
"Kazuya, inginocchiati. Subito!"
Doveva ben saperlo che non poteva essere così fortunato...
trattenendo il fiato, obbedì. Si inginocchiò di
fronte ad una sedia e si appoggiò con le braccia, stringendo
i bordi con le mani. Sapeva cosa sarebbe arrivato presto. E infatti
l'uomo si era sfilato la cintura e iniziò a ricoprire di
sferzate la schiena di Kazuya, che si aggrappò ancora
più forte alla sedia davanti a lui, gemendo e strizzando gli
occhi, mordendosi le labbra così forte da farle sanguinare.
Alla fine, come ogni volta, l'uomo si calmò e se ne
andò dalla stanza in silenzio. Kazuya non aveva la forza di
alzarsi e si accasciò a terra, con la maglietta incollata
alla pelle piena di tagli sanguinanti, che bruciavano come se fosse
stato marchiato a fuoco e la testa che rimbombava. Fu solo molto
più tardi che si addormentò, sprofondando
nell'oscurità di un sonno privo di sogni.
Jin aveva appena finito di svuotare gli scatoloni nel suo nuovo
appartamento. Aveva traslocato quella mattina, ma nel pomeriggio era
stato fuori e si era messo a ordinare solo dopo cena, optando per
finire di sistemare il più possibile. E, incredibilmente,
aveva finito: erano le tre di notte, ma era stato velocissimo per i
suoi standard. Non che avesse chissà quanta roba, il nuovo
appartamento era già completamente ammobiliato e gli averi
di Jin consistevano perlopiù in vestiti e orpelli vari.
"Fatto!" esclamò, contento, lasciandosi cadere sul divano.
Era decisamente di buon umore, nonostante l'ora tarda e la stanchezza:
aveva finalmente deciso di cambiare appartamento non solo
perchè col suo lavoro poteva permettersi un luogo
più spazioso e confortevole, in una buona zona, ma anche
perchè per il suo stesso lavoro era molto più
vicino. L'unico inconveniente era che avrebbe dovuto far insonorizzare
una delle stanze, in quanto musicista e cantante provava in
continuazione e non poteva disturbare i vicini a tutte le ore del
giorno e della notte. Beh, ci avrebbe pensato nei prossimi giorni.
La quiete notturna venne interrotta dallo squillo del suo cellulare.
Jin lesse il nome sul display e alzò gli occhi al cielo. Era
la sua ex ragazza, una delle tante ex ragazze che non si arrendevano
all'evidenza, non accettavano di essere state lasciate.
Sospirò, che colpa ne aveva lui se erano tutte
così noiose, così poco interessanti, buone per
una cosa sola? Decise di ignorare la chiamata e si alzò per
andare a prendersi da bere in cucina, mentre rifletteva sul fatto che
avrebbe davvero dovuto farsi due numeri differenti, uno solo per le
ragazze che abbordava e l'altro per gli amici e i datori di lavoro.
Andò in balcone e osservò le luci notturne che
illuminavano la città di Tokyo, mentre mandava
giù una lattina di birra dopo l'altra. Era solo, da molto
tempo, ma non importava. Meglio soli che male accompagnati, recitava il
proverbio, e Jin era pienamente d'accordo. Aveva pochissimi amici, la
maggior parte della gente che conosceva lo sfruttava, o voleva farlo,
per attirare l'attenzione, per avere soldi in prestito, per frequentare
bei posti. Perchè Jin Akanishi era un musicista emergente,
ma era nell'ambiente dello spettacolo da anni, e sapeva bene come
funzionavano le cose. Non poteva fidarsi, di nessuno, tranne dei suoi
più vecchi amici e della sua famiglia, sua madre, suo padre
e suo fratello minore.
Un po' brillo, sentì le palpebre che si chiudevano contro la
sua volontà e andò a coricarsi in divano. Si
addormentò subito, sprofondando in un piacevole torpore
grazie all'alcol.
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