Disclaimer: i
personaggi citati non appartengono a me, ma ai legittimi proprietari,
purtroppo (per loro, se continuano così); io non ci guadagno
niente, se non poter finalmente vedere quello che i maledetti autori mi
impediscono da 5 anni a questa parte. I credits per la canzone citata
vanno ai Three grace days che ultimamente alimentano le mie
giornate.
Note: SPOILER
della puntata 8x05
GRAZIE
a Roby per essere stata la deliziosa beta di questa piccola fic, se
Tony non è scappato via da questa Ziva
schizofrenica che dice frasi a caso è solo merito suo
<3
Wildness
Over and over, over and over
I
fall for you
Over
and over, over and over
I
try not to
Era
tutto il giorno che ci pensava, e ritrovarsela davanti con un fianco
appoggiato allo stipite della porta, l’espressione vagamente
stupita e quei capelli sciolti così selvaggi gli stava
facendo davvero uno strano effetto. Molto meglio di come la ricordava,
doveva ammetterlo. Senza contare che quell’accappatoio comodo
che indossava superava di gran lunga le sue più vivide
fantasie.
Sì,
decisamente quella era la porta migliore a cui si era
fermato… Ma sopprimere i suoi pensieri gli sembrò
la scelta più saggia in quel momento.
“Hai
dimenticato questo” le disse soltanto, con quella voce
affaticata che gli aveva rovinato la giornata. Altro che bombe e
terroristi, non poter parlare per ventiquattr’ore era stato
semplicemente… impossibile!
Ziva
guardò prima il coltello e poi il collega che lo reggeva,
lasciò nascere un sorriso compiaciuto – uno dei
vecchi tempi – e incrociò le braccia al petto.
“Forse non l’ho dimenticato, Tony”
cominciò, sicura, assestandosi meglio contro lo stipite.
“Forse
quel coltello doveva davvero rimanere in ufficio, all’interno
dell’ultimo cassetto della mia scrivania. Chiuso a
chiave”. E quella sorta di ghigno non presagiva nulla di
buono.
Oh,
ma lui c’era abituato.
“Non
puoi mai sapere quando ne avrai di nuovo bisogno, guanciotte
dolci” rantolò, mostrandole il suo sorriso
migliore – quello delle buone occasioni.
“Piuttosto, dovresti lavorare su quel tuo carattere alla
Vivien Leigh in Via col
vento ed essere un po’ più-”
“Pensavo
fosse la parte che ti piaceva di più” si
limitò a rispondere, con uno sbuffo che nascondeva una
risata, prendendogli la mano che reggeva il coltello e lasciandolo
entrare. Quando la porta si fu richiusa l’interno
dell’appartamento risultò stranamente silenzioso
alle orecchie di Tony. Era la prima volta che entrava in casa di Ziva
– be’, almeno nella nuova casa di Ziva
– eppure c’era qualcosa di familiare che gli
riportava alla mente le loro serate di tanti anni prima. Quelle in cui
a un buon film non si rinunciava mai, soprattutto davanti a un buon
piatto israeliano. Quelle in cui lui era il capo della squadra,
ricordò compiacendosi, e quelle in cui erano spiati dagli
agenti del caro padre di lei, preferì dimenticare.
Ma
ci pensò Ziva a farlo tornare con i piedi per terra.
“Vado a vestirmi, mi dispiace non poterti offrire nemmeno una
jacuzzi per ingannare l’attesa” misurò
bene le parole, con quel sorriso affilato che lo faceva impazzire.
Tony
rimase quel secondo in più del necessario con la bocca
aperta - quello che ti faceva passare da oh santo cielo, mi hai colto di
sorpresa a ok,
tu hai ragione, io ho torto e sono un cretino patentato
perché continuo a fissarti come se fossi la donna
più bella del mondo e oh mio Dio forse lo sei davvero
- per poi rinfacciarle che no, non l’avrebbe avuta vinta per
così poco. “Avevi detto che non avevi
ascoltato!”
Già,
lei e McGee non avevano mancato di fargli notare per
l’ennesima volta quanto parlasse, quel pomeriggio in auto.
Eppure perché ora si sentiva come un bambino che si lamenta
di un dispetto?
“E
tu avevi detto che non avresti parlato per
ventiquattr’ore” contrattaccò, furba.
“Ah, no, è stato Ducky a dirlo, mentre tu eri
intento a precisare qualcosa di un qualche stupido film” fece
finta di pensarci su, prima di richiudersi una porta alle spalle.
“Era
Top Gun!” le urlò dietro sconcertato, o almeno
tentò, perché quello che uscì fu un
suono strozzato simile a un lamento di un gatto in calore. Molto
virile, doveva davvero complimentarsi con se stesso…
Tony
però non ottenne risposta così, per evitare di
pensare al suo disappunto, pensò che curiosare in casa della
ragazza fosse un suo diritto di agente più anziano, o
quantomeno qualcosa che potesse dargli la sua meritata vendetta,
facendola arrabbiare – o scovando qualche indizio
su cui fondare la sua gelosia.
Posò
distrattamente su uno scaffale il coltello affilato che reggeva ancora
in mano, mentre il suo sguardo attento già scansionava
l’appartamento, neanche fosse stato una scena del crimine.
Non trovò poi molto: la pistola d’ordinanza pulita
sul tavolo della cucina, il distintivo accanto al telefono –
zero messaggi in segreteria, per fortuna, o ascoltarli sarebbe stato
problematico – il suo portatile già spento, quindi
nessuna possibilità di controllare fastidiose email da
Miami, e nessun foglio stropicciato con nomi, numeri o indirizzi
sospetti caduto sotto al divano. Si rialzò velocemente
appena ricordò che aveva indosso uno dei suoi completi di
Armani, e proprio mentre si stava spolverando le ginocchia per levare
via una polvere inesistente, notò sulla scrivania una foto
che ricordava bene. L’anno scorso, una missione oltreoceano. Parigi.
Perse
un secondo giusto per controllare la situazione dei suoi capelli
specchiandosi nella vetrina del mobile accanto, poi prese in mano la
cornice per osservarla meglio.
La foto migliore che aveva
scattato, se ne ricordava bene. In fondo, ne aveva una
copia sul comodino accanto al letto.
“Trovato
qualcosa di interessante?”
Tony
sussultò appena, voltandosi verso la sua piccola ninja ben
addestrata e nascosta da una tuta che gli faceva rimpiangere davvero
molto l’accappatoio di prima.
Ora sì,
avrebbe risposto se Ziva fosse stata una delle tante che lo facevano
entrare nel proprio appartamento. Ma lei non assomigliava nemmeno
lontanamente a quel tipo di ragazza. Lei era molto
più… sensuale,
anche con i capelli raccolti come li portava ora, tanto che Tony si
sarebbe dato volentieri uno scappellotto da solo per aver anche solo
sfiorato l’idea che non lo fosse più come un
tempo. E adesso continuava a fissarlo dall’alto di quel
sorriso compiaciuto, aspettando la prossima mossa.
“Non
hai una gran videoteca” sussurrò quella che
sarebbe dovuta essere una frase sprezzante, mettendoci però
nel mezzo anche un paio di colpi di tosse.
“Oh,
per favore, Tony” lo fermò lei, ridendo
apertamente. “Mi fai venire i brividi così, e non
di piacere, te lo assicuro” precisò subito,
portando una mano avanti e pensando di riuscire a bloccare anche i
veloci pensieri dell’uomo. Invano, ovviamente.
“Lascia perdere quel tono da Stallone che non ti si addice
per niente e non parlare più”.
Tony
avrebbe avuto molto da ridire sul doppio senso che probabilmente lei
non aveva nemmeno colto tra le proprie parole, ma decise saggiamente di
rimanersene in silenzio. Si limitò ad aprire la bocca e,
quando lei con un sorriso si diresse nella stanza accanto, la
seguì senza fiatare. Ziva armeggiò con gli
sportelli alle sue spalle e gli porse un bicchiere colmo di acqua
fresca, tanto che Tony la ripagò con un silenzio
riconoscente che durò quei pochi sorsi. Forse aveva trovato
il modo di farlo stare zitto… Per questo si stupì
quando sentì proprio le parole di lei spezzare quella calma.
“Pensi
di riuscire a trovare la strada di casa, Dorothy?” gli chiese
la ragazza con quel suo modo di fare brusco e poco femminile.
“O pensi di rimanere qui stanotte solo perché mi
hai riportato un coltello di cui non avevo bisogno?”
Tony
rimase sbigottito – e Ziva pensò che fosse davvero
un ottimo attore – e riuscì a far uscire solo
qualche sillaba sconclusionata. “Re-go…la
do…dici”.
“Oh,
quella è più un consiglio che una vera
regola” commentò lei, guardando con noncuranza le
unghie della mano destra. “E poi non sarebbe la prima
volta”.
L’uomo,
a quel punto, capì che rifugiarsi proprio nella tana del
lupo non era stata un’idea geniale, decisamente.
Tossì,
borbottando sconnessamente le parole “troppi anni
fa” e “sotto copertura”, sotto lo sguardo
compiaciuto della ragazza.
“Oh,
certo… e a Parigi abbiamo dormito entrambi sul
divano” appuntò spiccia, rientrando nel salotto.
“Tony, è ovvio che non sei qui solo per il
coltello” sbottò esasperata, voltandosi ad
affrontarlo. Poi aggiunse, con tono improvvisamente indifferente:
“Ma forse mi sbaglio. In fondo, secondo McGee non ti piaccio
più, no?”
Bella domanda.
Lui
si limitò ad ingoiare a vuoto, guardandola con quegli occhi
verdi improvvisamente profondi, e teneri. “Non mi piace
questo tipo di missioni” precisò in un sussurro.
“Gibbs è troppo avventato a volte”
affermò con tono più saldo, tirandole appena una
ciocca di capelli che fuoriusciva dalla coda veloce.
“Ah!”
commentò sprezzante. “Sono in grado di gestire
perfettamente qualsiasi ordine e tu non… Non ti sarai
preoccupato per me?!” chiese sorpresa.
Tony
arricciò il naso, punto sul vivo. “Mi preoccupa
più l’incolumità dei tuoi
nemici” rispose, maledicendosi subito per quella strana
insicurezza che gli impediva di dirle chiaramente che sì, si
era preoccupato da morire per lei considerando che aveva a che fare con
un presunto terrorista e soprattutto con una bomba – non che
fosse stata così pericolosa, alla fine… quel
prato era così morbido, lei
era così…
Ziva
gli sferrò un piccolo pugno sul braccio, che gli fece fare
un passo indietro, fissandolo con quello sguardo minaccioso che non
presagiva nulla di buono.
Oh,
ma lui si era abituato ad amarlo.
Soprattutto
perché, se ci faceva caso, c’era sempre una
traccia di sorriso sulla labbra della ragazza. Un sorriso dolce che
rivolgeva solo a lui – o almeno sperava vivamente. Un sorriso
che, se Ziva non si fosse fatta prendere da quella strana insicurezza,
significava un grazie. Grazie per preoccuparti sempre per me, per
capire quello di cui ho bisogno, per essere qui ora.
“Si
è fatto tardi” riuscì soltanto a dire,
lei, creando una situazione così strana che nemmeno Tony
trovò nulla da obiettare, se non un
“Già” masticato che suonava tanto come
un grugnito.
Ma,
appena dopo un paio di passi e prima di aprire la porta e lasciare
definitivamente Ziva con il suo coltello, le sorrise, sinceramente,
abbassandosi e dandole un piccolo bacio sulle labbra. Pensò
bene di non rispondere all’espressione interrogativa della
ragazza, e le sorrise ancora di più indicando la sua gola. Non posso parlare.
Sì, era davvero un ottimo attore.
Il
giorno dopo avrebbero fatto finta di niente, continuando a girarsi
intorno senza il coraggio di ammettere la preoccupazione, la gelosia,
l’amore che provavano.
Aprì
la porta seguito solo dallo sguardo della ragazza, e si
voltò ancora un attimo per guardarla. Lei, la sua tuta, i
suoi capelli raccolti e il suo sorriso. Soprattutto il suo sorriso, solo per lui. E
capì che anche se erano passati cinque anni, anche se ne
fossero passati altri dieci, non si sarebbe mai abituato a lei.
Over and
over, over and over
You
make me fall for you
Over
and over, over and over
You
don't even try to
Over and over – Three days grace
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Noticina finale:
vorrei ringraziare chi ha recensito la mia precedente fanfic, ovvero
Lanxie Gin, Emily Doyle, RobyLupin, valy88, Lights, May be, slurmina,
piccoligiganti, Castiel e BiEsSe <3 Grazie mille C:
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