Giacinto...
Giacinto...
Il
sangue che scorre copioso dalla tua tempia ferita inonda il prato
rigoglioso, testimone dei nostri incontri tinti d'amore.
I
mortali invidiano gli dei. Dicono che noi siamo esenti da qualsiasi
male, compresa la sofferenza.
Ti
svelerò un segreto. Non è vero.
Io sono
un dio, Apollo. Ma se ora qualcuno mi vedesse, noterebbe che di
divino mi è rimasto ben poco.
Il mio
cuore piange, le difese dei miei occhi non sanno contenere le lacrime
che scendono sulle mie guance per poi fermare il loro corso sulle mie
labbra.
Osservare
il tuo corpo inerme è una scena troppo penosa anche per il mio
sguardo.
Non è
così che ti voglio rendere immortale alla mia memoria.
Sei
sempre stato un giovane avvenente, ma quando mi decisi a mostrarmi ai
tuoi occhi, la tua bellezza non aveva più niente di umano.
Sembrava
forgiata per essere amata da un dio.
I tuoi
occhi, verdi e felini, non avevano nulla da invidiare all'erba
primaverile che colora i prati, rendendoli graditi agli uomini.
I
capelli biondi ricordavano i miei, che i poeti celebrano come tinti
d'oro, mentre il tuo corpo era reso forte e prestante dagli
innumerevoli esercizi ginnici che avevi compiuto negli anni, secondo
il volere di Sparta.
Eros ha
sempre provato una soddisfazione malsana nel colpirmi con le sue
frecce intrise di piacere senza fine, che annebbiano i sensi,
rendendo impotente la ragione.
Quel dardo
toccò il mio cuore come i miei feriscono chi mi ha offeso,
implacabili.
Dovevo
vederti, il mio animo ti reclamava come suo.
Eri
spaventato, la prima volta.
Com'
era possibile, ti chiedevi, che un potente dio fosse pazzo d'amore
per un mortale?
Ma
anche tu eri conquistato, lo sentivo.
Noi
possiamo percepire emozioni che agli uomini non è dato sapere.
Riusciamo a vedere negli angoli più remoti dei cuori umani,
catturando ogni minimo sentimento.
E così
feci con te.
Era
così gratificante sentire le tue labbra, carnose ma al tempo stesso
delicate, come dei petali di rosa appena sbocciati.
Ma più
di tutti era caro al mio cuore quel calore che, non solo il sesso,
ma la tua sola presenza, gli conferiva.
Ho
rinunciato a tanti dei miei doveri per averti vicino, lo ammetto.
Ma il
sorriso che mi rivolgevi mi faceva dimenticare qualsiasi sbaglio e
convincevo me stesso che tutto quello che facevo era certamente la
cosa giusta.
Ormai
che senso ha ripensarci? Quel sorriso che tanto amavo non ritornerà
mai più, strappato al tuo volto da quel demone, quell'insulso vento.
Zefiro.
Anche lui ti amava, ma tu lo avevi rifiutato per me.
Gelosia.
Poi trasformata in disprezzo.
L'amore
e l'odio sono due sentimenti così vicini che basta un tocco leggero
per farli combaciare.
Maledetta
la sua gelosia che ti ha tolto dal mio caldo abbraccio.
Mi
inginocchio vicino al tuo corpo. Ormai il sangue è mischiato con le
mie lacrime, una scena che intenerirebbe anche Ade e il suo Thanatos,
se fossero in grado di vederla.
Come
vedi, Giacinto, la sofferenza non guarda in faccia a nessuno.
Anche
io, un tempo, credevo di essere immune da quel sentimento così umano, eppure
avevo torto. Non c'è creatura che il dolore non possa raggiungere.
Ma sono
sempre un dio e, se non ho potuto rendere immortale il tuo corpo,
farò in modo che il tuo nome vivrà in eterno.
Il tuo
sangue scarlatto, così intenso, sarà il colore dei mantelli che
indosseranno i guerrieri spartani, che ogni anno renderanno omaggio
al nostro amore, e la tua città mi sarà cara quanto Delfi e Delo.
Inoltre,
il tuo corpo non sarà ricordato come un involucro freddo, stroncato
dalla morte.
Un
fiore. Rosso, bellissimo alla vista.
Scriverò
sui suoi petali l'espressione AI, e da quel momento la loro forma
recherà per sempre il mio dolore per la tua scomparsa.
Il miei
ultimi doni.
Non
temere, Giacinto, farò tutto ciò che è in mio potere affinché i
secoli non cancellino il tuo nome.
Note:
Per
chi non conoscesse il mito: Apollo si innamora, ricambiato, di
Giacinto, bellissimo principe Spartano. I due erano inseparabili e il
dio trascurava anche i suoi doveri pur di trascorrere del tempo con
lui. Un giorno, mentre giocavano al lancio del disco, Zefiro, un
vento, geloso perché il giovane aveva preferito l'amore del dio a
lui, deviò la traiettoria del disco di Apollo che ferì Giacinto a
una tempia, uccidendolo. Il dio era disperato e fece ricorso a ogni
arte medica pur di guarire l'amato. Resosi conto che ormai non c'era
più niente da fare, dal sangue di Giacinto fece nascere un fiore che
porta il suo nome e i cui petali ricordano l'espressione di dolore
AI.
A
Sparta ogni anno si tenevano feste, le Giacinzie, per celebrare,
appunto, il loro amore.
Con
questa fanfic ho voluto rendere omaggio al mio mito preferito. Spero
vi sia piaciuto e i commenti(naturalmente anche le critiche
costruttive), sono sempre bene accetti:)
Marty |