_Everywhere
«Ovunque.»
Indossi la tua uniforme
ed io la mia.
Sei il Gran Maestro
degli Assassini ed io una tua Apprendista.
Mi guardi ed io guardo
te.
Mi sorridi e ti getti
nel vuoto a braccia aperte, chiedendomi di seguirti. I miei fratelli ti
accompagnano nell’aria al ruggito di un’aquila, ma
io resto a guardarti cadere.
Mi risveglio nella mia stanza. Rannicchiata sotto le coperte calde,
rimpiango la tua improvvisa mancanza.
Metto i piedi a terra. Volo in bagno a lavarmi e vestirmi.
Un’occhiata allo specchio, un velo di trucco per coprire le
occhiaie che mi hai procurato. Da quel
giorno a questa parte sei un chiodo fisso, sei l’appuntamento
delle dieci e mezza, sei il tutto dei miei sogni agitati, ma il niente
della mia vita monotona. Guardo il calendario, conto le croci, come se
ogni giorno trascorso fosse stato un difficile Templare da ammazzare.
Una svista alla console, buttata lì accanto al televisore
del salotto; mi soffermo a pensare che ti vorrei subito e non nego a me
stessa di averti desiderato in altri modi…
D’oh, è tardissimo!
Mela per merenda. Assorbente d’emergenza.
Il 232 si allontana sulla strada. Ho sciupato tutti i vestiti e
consumato il tacco degli stivali nuovi per arrivare in tempo alla
fermata, ma è stato inutile. Aspetto il prossimo autobus a
braccia conserte, furibonda. Questa giornata non poteva cominciare
peggio. Chiudo gli occhi, cerco di recuperare il sonno perduto, ma
continui a tormentarmi. Sbuffo, seccata.
Arriva la navetta. Salgo, trovo un posto a sedere, infilo le cuffiette
e mi preparo a stilare la giustificazione falsa per la II ora. Un
attimo di distrazione, un istante di debolezza… e
tu…
Sei ovunque: ti
arrampichi sul semaforo e dall’alto comandi ai tuoi discepoli
di sparpagliarsi tra le auto nel traffico. Ruzzoli sul marciapiede dopo
un balzo acrobatico, getti una bomba fumogena e scompari.
Non sono sola: sfoderi
la tua milanese quando salgono i controllori.
Sei ogni cosa che
conosco…
Interrogazione di storia in arrivo. Tutto quello che so sul
Rinascimento lo debbo a te, capisci? Quel che mi racconti, attraverso
gesti, parole o immagini, resta impresso nella mia mente avida di tutto
ciò che sei,
di tutto ciò che farai.
Lasci un vuoto immenso ogni volta che la scuola o il lavoro mi
costringono a pensare ad altro. Volano le bestemmie a matematica e
latino, entra il bidello con un avviso di uscita anticipata. Massimo
è un nostro alleato, Ezio.
Compari sui tetti, ti getti dai ponti, balzi tra le auto, semini altri
controllori – tutti Templari.
Compito di disegno tecnico. Leonardo sarebbe fiero di me.
Sei ovunque: sei
nella folla a Piazza del Popolo, sei uno degli Angeli del Bernini su
Ponte Sant’Angelo. Sei tra le impalcature di restauro del
Pantheon e nei Musei Vaticani, a studiare da vicino i buoni gusti del tuo
nemico. Sei nel MAXXI, in mezzo alle strane arti di questo XXI secolo.
Sei nella mia classe, nel posto vuoto accanto al mio banco, ma non
più bambino
dei miei compagni. Sei a Via del Corso. Sei nella Feltrinelli e mi
indichi il tuo romanzo, che ho già comprato ma rivenderei
– ti fa poca giustizia. Sei tra le aquile di Ponte Flaminio,
su Corso Francia, sulla mia strada per casa. Sei negli affreschi di
Chiese, tra scene di battaglia e scene di caccia.
Sei chiunque io veda:
sei nei volti della gente, sei la gente.
Sei il mio gatto quando si arrampica sulla libreria e accarezza con la
coda la tua miniatura. Sei mio fratello quando mette
l’accappatoio bianco e sale in camera da me con due cucchiai
nelle maniche. Sei mia madre quando mi ricorda la tua. Sei i miei amici
quando mi chiedono cosa sto disegnando. Sei la bidella Mara quando,
dopo la scuola, mi fa pulire con lo straccio i banchi che imbratto con
il tuo simbolo e le tue ali.
Ad educazione fisica fai otto giri di corsa con me; cominciamo una
partita e i tuoi apprendisti si passano la palla. Sono così
nitidi, ora…
Pallonata in piena faccia.
“Di Donato! Sogni ancora ad occhi aperti?!”
“Prof, è malata, la lasci stare!”
Non è una malattia, ma una folle dipendenza.
Mancano pochi giorni, meno di una settimana, eppure più il
cuore accelera e più il tempo sembra rallentare.
Mi siedo in un angolo del campetto con il ghiaccio sul naso, borbottando
e imprecando.
Appari al mio fianco, i gomiti poggiati sulle ginocchia.
Indossi la tua uniforme
ed io la mia.
Mi guardi ed io guardo
te.
Mi sorridi.
Ho superato la prova. Sono degna.
Sei il Gran Maestro
degli Assassini ed io una tua Apprendista.
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