PATHETIC
"Non
andatevene... non lasciatemi solo... vi prego non andate via"
-Takao,
noi andiamo a cena! Fai il bravo con la baby sitter!-
-Ma
mamma, avevi promesso che oggi avremmo giocato insieme!-
-Scusa,
tesoro, ma è una cena importante, per il lavoro! Promettiamo
che torniamo prestissimo-
Le
lacrime del bambino non servirono a niente, e fra dolci sorrisi e
carezze la giovane coppia sparì dietro al portone di casa.
-Vieni,
piccolo, ti va di guardare un po' di tv prima di andare a dormire?-
La
voce dolce di Asako, la ragazza che avrebbe badato a lui come al
solito, interruppe il pianto di Takao, che si lasciò guidare
fino al salotto.
-Mamma
e papà tornano presto?- chiese il bambino.
-Ma
certo, non preoccuparti-
-Perché
escono sempre? Non possono stare qui a casa?- insistette, e la
tenerezza della domanda provocò un sorriso spontaneo sul volto
di Asako.
-Vedi,
gli adulti purtroppo sono costretti ad essere spesso fuori casa,
quando hanno un lavoro impegnativo come quello dei tuoi genitori. Ora
sei troppo piccolo per capire, dopotutto hai solo sette anni... ma da
grande ti sarà tutto chiaro- spiegò.
-Gaito
mi ha detto che la sua mamma è sempre a casa, quindi gli vuole
più bene della mia- mormorò Takao abbassando lo
sguardo.
-Non
è assolutamente vero, ha solo...-
Il
suono improvviso del telefono fece sobbalzare entrambi.
-Oh,
vado di là a rispondere. Tu fai il bravo e non muoverti di
qui!-
Takao
annuì, osservandola alzarsi e sparire dall'altra parte della
casa. Riuscì a percepire la sua voce in lontananza:
-Oh,
Kyo! Ti avevo detto che ti avrei chiamato io, ai Kinomija non piace
che stia al telefono...-
Il
bambino intanto fissava senza vedere veramente le immagini che
scorrevano alla televisione, la mente fissa sul dolce sorriso di sua
madre. Sorriso che gli rivolgeva forse troppo spesso, in maniera
quasi ossessiva. Come se in fondo sapesse bene che il figlio soffriva
infinitamente della lontananza sua e del padre, e cercasse di
compensarla con tanti, tanti sorrisi.
Sentì
le palpebre farsi sempre più pesanti e i suoni ovattati,
finché non piombò in un sonno leggero e privo di sogni,
una sorta di dormiveglia che si interrompeva bruscamente quando i
suoni provenienti dalla tv diventavano all'improvviso più
forti.
Nella
sua percezione di bambino gli sembravano trascorsi solo un paio di
minuti, ma la sveglia sul tavolo segnava la mezzanotte passata.
"Mamma
e papà non hanno fatto presto... era una bugia" pensò,
mentre da lontano giungeva ancora la voce concitata di Asako.
Si
mise seduto, arrendendosi con poca curiosità ai servizi
dell'edizione notturna del telegiornale regionale. La signorina che
commentava aveva una voce davvero sgradevole.
"Ma
parliamo del maltempo che in questo mese sta creando grosse
difficoltà in tutto il paes... attenzione, mi dicono che c'è
un aggiornamento dal luogo dell'incidente di stasera, di cui ci siamo
occupati poco fa. Le vittime sono due, sono state accertate le loro
identità. Aiko e Nobuo Kinomija, entrambi di trentadue anni,
approssimativamente alle ore ventuno di questa sera sono stati
tamponati sulla strada statale. Dopo essere scesi dall'auto, un'altra
vettura di grossa cilindrata li ha travolti ad una velocità
molto elevata...-
Takao
sentì qualcosa attanagliargli il petto, all'altezza del cuore.
-...
falcidiati dall'auto...-
Il
respiro gli si mozzò in gola.
-...agenti
hanno impiegato tre ore a rinvenire per intero i corpi, ridotti a
brandelli...-
Un
conato di vomito lo colse, irrefrenabile.
-...una
tragedia impressionante...-
Gli
parve di essere stato completamente svuotato.
-...ma
ora passiamo al calcio, il campionato prosegue...-
-Mamma.
Mamma. Mamma. Mamma. Papà- iniziò a mormorare, in una
litania insensata. -Aiuto... aiutatemi... qualcuno...-
Ma
non venne nessuno. La voce di Asako era lontana.
-Mamma...
torna... non lasciarmi da solo... torna a casa... torna a casa...-
Si
accucciò sul divano, la faccia soffocata nei cuscini e la
testa stretta fra le mani.
-Qualcuno...
qualcuno venga qui... avevi promesso...-
Pianse
in silezio, con il respiro affaticato da quel groppo alla gola che
sembrava volerlo strangolare.
-Non
voglio... non voglio essere solo... AIUTO!!-
Takao
Kinomija si svegliò di soprassalto. La stanza era nel buio più
totale, e fu in quell'oscurità che cominciò a tastare
il letto con gesti convulsi.
-Dove
sei??- chiese, una nota di panico nella voce. Si sporse rapidamente
verso la lampada e trovò l'interruttore. La luce quasi lo
abbagliò, ma non gli importava: la sua agitazione diminuì
solo quando individuò qualcosa sul pavimento, accanto al
comodino. Si allungò e lo raccolse, stringendolo fra le
braccia e sospirando di sollievo. Poi lo ripose accanto a sé,
appoggiandolo al cuscino.
Era
un orso di peluche di medie dimensioni, con un orecchio che pendeva,
mezzo strappato, dalla testa.
-Koi,
dove sei?- sussurrò poi Takao, guardando verso la porta
aperta. -Vieni qui!- aggiunse.
Un
gatto tigrato fece il suo ingresso miagolando piano, e con un balzo
fu subito sul letto.
L'ansia
di pochi secondi prima era come svanita, e il ragazzo sorrise
rilassato.
-Non
fatelo più...- disse, coricandosi nuovamente.
La
sveglia segnava le sette meno venti, ormai era praticamente ora di
alzarsi e prepararsi per la scuola. Si rigirò per qualche
minuto sotto le coperte e naturalmente non ci volle molto prima che
si riaddormentasse di nuovo.
Appena
venti minuti dopo fu letteralmente abbagliato dalla luce che filtrava
dalla finestra, appena aperta bruscamente da qualcuno.
-Avanti,
in piedi! È pronta la colazione, sei in ritardo e anche oggi
non c'è tempo per l'allenamento di kendo!- esclamò il
nonno, tirandogli via la coperta.
-Nnh,
cinque minuti per favore...-
-Neanche
per sogno! Hilary starà per arrivare e tu sei ancora così?
Alzati subito, o non ti aspetterà e tu arriverai in ritardo!-
Nonno
Jay uscì dalla stanza a passo svelto.
"...O
non ti aspetterà..."
Takao si buttò giù dal letto e corse a
farsi la doccia, seguito da Koi che non lo mollava mai nemmeno per un
istante. Per fortuna, pensava sempre il suo padrone.
Come sempre fece tutto incredibilmente in fretta, data
la sua scarsa puntualità, e alle otto in punto fu fuori dal
cancello, dove l'amica Hilary lo aspettava tutte le mattine per
andare a scuola insieme.
-Eccomi! Giusto in tempo- esclamò sorridendo.
-Takao, spero per te che nella fretta tu non abbia
dimenticato i libri anche oggi- gli rispose la ragazza.
-Certo che no, come ti viene in mente?-
Hilary scosse la testa, poi lo guardò meglio:
-Accidenti, che occhiaie-
-Non ho dormito tanto bene stanotte...- rispose, vago.
La scuola era poco distante da casa Kinomija, e dopo
pochi minuti vi giunsero, battibeccando sul fatto che ormai i libri
di testo di Hilary erano diventati comuni ad entrambi, dato che non
c'era giorno in cui Takao non si dimenticasse qualcosa.
-E il bello è che li pasticci anche!- continuò
Hilary sedendosi al suo banco, mentre Takao prendeva posto accanto a
lei.
-Ok, ok, forse hai ragione- sbuffò, poggiando la
testa sul banco e chiudendo gli occhi.
Non si ricompose nemmeno quando l'insegnante fece il suo
ingresso nell'aula.
-Takao, ti dispiace almeno stare sveglio?-
Il ragazzo si tirò su a fatica fra le risate dei
compagni.
-Bene, vale a dire che per tenerti d'occhio ti
interrogherò. Su, vieni qui- lo invitò la donna con un
sorriso materno.
Takao iniziò a gemere disperatamente, chiedendosi
perché non si dava mai una regolata, quando serviva.
Intrattenne i compagni per venti minuti buoni,
arrampicandosi sugli specchi, indovinando qualche risposta,
rivoltando i cassetti della memoria e seguendo il labiale di chi gli
suggeriva dal posto.
-Bene, dato che oggi mi sembri in forma... Che ne dici
di espormi il teorema di Gauss?- gli chiese infine, ricevendo
un'occhiata sconcertata.
-Ehm. No,guardi che si sbaglia, non sono affatto in
forma!- rispose, sogghignando.
La classe rise fragorosamente, mentre l'insegnante
alzava gli occhi al cielo:
-D'accordo, d'accordo. Per stavolta te la sei cavata,
Takao, ma d'ora in poi sforzati di dormire a casa e non sul banco-
-Garantito!- promise, tornando al suo posto fra le
pacche sulle spalle dei suoi compagni.
Era molto popolare, dal momento che deteneva il titolo
di campione mondiale di beyblade; in più aveva un carattere
aperto che gli permetteva di avere molte conoscenze e simpatie.
Hilary passò il resto della lezione a prendere
appunti, lui invece a pensare di farseli passare più tardi,
guardando fuori dalla finestra. Una figura appoggiata al cancello
attirò la sua attenzione:
-C'è Kei!- disse, tirando una manica alla
compagna di banco.
-Davvero? Fra dieci minuti c'è la pausa e andiamo
a salutarlo-
Takao annuì, iniziando a contare i secondi che lo
separavano dall'intervallo. Fu come contare le pecore, ovvero
soporifero. Si assopì in tranquillità, nascosto agli
occhi dell'insegnante che continuò ignara la sua spiegazione.
Quando riaprì gli occhi la campanella era già
suonata da qualche minuto, e la classe era deserta. Takao si sollevò
di scatto e si guardò intorno, sentendo il battito del proprio
cuore farsi martellante.
-Hilary?- chiamò, piano, con voce incerta, ,ma
non ottenne alcuna risposta.
Non riuscì a muoversi e si afferrò la
testa fra le mani, inerme.
-Hilary!- ripetè, aumentando il tono.
Chiuse gli occhi, cercando di non pensare al vuoto
intorno a sé, all'assenza di calore umano, al gelo che
solo lui sentiva.
Mentre il panico lo attanagliava in una morsa crudele e
senza via di scampo, Hilary si affacciò dall'esterno alla
finestra della classe, situata al primo piano.
-Takao, sono qui! Scusa! Sono qui!- esclamò,
sporgendosi il più possibile.
Kei, pur sapendo di star compiendo un'azione illegale,
si arrampicò agilmente al basso cornicione e balzò
dentro, arrivando dall'amico in un attimo.
-Ehi, Takao. Calmati, siamo qua-
-Kei...-
Gli posò una mano sulla spalla e lo sentì
rigido e teso come un pezzo di marmo.
-Takao, siamo qui- ripetè, deciso.
L'altro annuì piano, mentre il respiro si
regolarizzava e il battito tornava normale.
-Sì... sì, scusate, davvero, mi dispiace-
disse, per poi forzare un sorriso. Non ci volle molto perché
il suddetto sorriso diventasse naturale e spontaneo, come sempre.
Uscirono in cortile e raggiunsero Hilary:
-Va meglio?- chiese, e l'altro annuì.
-Sì, non preoccuparti. Piuttosto... Kei, come mai
qui?-
Il ragazzo alzò le spalle: -Mi annoiavo a morte.
Dovete stare là dentro ancora per molto?-
-Due ore. Hai intenzione di stare lì buttato per
tutto il tempo?- chiese Hilary ridendo.
Kei scosse la testa, trattenendo un'imprecazione.
-Non c'è problema, me la svigno e andiamo a fare
un giro!- propose Takao con un sogghino felice.
-Scordatelo, Takao! Finirai nei guai!- protestò
la sua compagna di banco, accigliandosi. La responsabilità di
Hilary compensava la totale mancanza di criterio dell'amico.
-Ma no, figurati. Kei, dove andia...- la domanda di
Takao fu interrotta dall'arrivo di un ragazzo alto e bruno che gli
diede una forte pacca sulla spalla.
-Ehi, come te la passi?-
-Ciao, Sho! Tutto bene, e tu? Sono secoli che non ci
incrociamo!- rispose Takao entusiasta, iniziando a chiacchierare
animatamente con l'amico.
Kei e Hilary, rimasti in disparte, si guardarono.
-Non ne uscirà mai, di questo passo- mormorò
la ragazza, e l'altro annuì con aria grave.
-Non potremo esserci sempre- fu la laconica
risposta di Kei. Sapeva del problema di Takao solo da qualche mese,
ma da quando ne era venuto a conoscenza gli era sembrato di essere
stato colpito in pieno da un lampo di comprensione. La vitalità
di Takao, il suo essere egocentrico, socievole, estroverso... erano
parte integrante del suo carattere perché in caso contrario
sarebbe morto. Di dolore, di paura, dio solo sapeva cosa
succedeva a Takao in quei momenti. Quando non c'era nessuno accanto a
lui, con un'irrazionalità che Kei non pensava gli
appartenesse, si convinceva di essere abbandonato da tutti, solo e
dimenticato. Senza nemmeno la forza di affacciarsi alla porta per
ritrovare chi stava cercando. Attacchi di panico che lui, Kei,
dall'alto del suo freddo raziocinio, guardava con una certa dose di
cinismo. Non avrebbe mai concepito una simile perdita di controllo.
-Perché no?- Hilary interruppe il filo dei suoi
pensieri.
-Perché capiterà. Come poco fa, solo che
non spunterai tu dalla finestra, e lui che farà? Gli verrà
un infarto, oppure gli servirà. E forse guarirà-
riflettè, ma la ragazza non sembrava d'accordo.
-Io non lo lascio-
Kei sospirò, risentito: -Nemmeno io. Dico solo
che potremmo cercare una soluzione-
Entrambi osservavano Takao, strabordante di entusiasmo,
ridere felice con quel ragazzo.
-Ho paura di peggiorare le cose- confessò Hilary.
-Peggio di così?-
-Esatto. Non lo so, Kei... cosa dovrei fare? Lasciarlo
da solo? Io... non credo di esserne in grado- insistette lei
mordendosi un labbro.
L'altro non rispose, fissando lo sguardo su una nuvola
trascinata dal vento.
*
-Kei, dimmi la verità. Se venisse organizzato un
altro torneo mondiale, tu parteciperesti?- chiese Takao, rotolandosi
nel suo futon e osservando l'espressione dell'amico, coricato un
metro più in là.
-Non lo so. Tu?-
-Prima voglio sapere che mi dici- insistette il padrone
di casa sorridendo.
-Solo se ci saranno avversari alla mia altezza. Quindi
non staremmo in squadra assieme- rispose Kei accigliato.
Takao rise, ricordando l'ultimo torneo. Ma il sorriso
gli si spense quando gli ritornò alla mente il momento in cui
i suoi compagni di squadra se n'erano andati tutti.
-Kei, guarda che non sarebbe necessario fuggire in
Russia. O in Cina, o in America...-
-Lo so, non fasciarti la testa già da ora- lo
riprese l'altro.
-Hai ragione. Tu non hai intenzione di avvertire a casa
che sei rimasto a dormire qui?-
-Takao. Sono scappato, che razza di domande fai?-
-Ma saranno preoccupati-
Kei sospirò, chiedendosi come si poteva essere
così ingenui ed ostinati.
-Fidati di quello che ti dico, no-
Effettivamente Kei stava spesso da Takao, abitudine che
aveva avuto inizio un paio d'anni prima, quando la squadra si
stanziava, più o meno in pianta stabile, a casa sua per
allenarsi. Takao era ben felice di ospitare i propri amici
ventiquattro ore su ventiquattro, Kei era lieto di stare lontano da
casa, Hilary era sempre contenta di aiutarli e fare qualcosa per loro
e Rei preferiva di gran lunga quella sistemazione al pagarsi
l'albergo. Quanto a Max, be', lui era perennemente entusiasta.
Da quando la loro vita si era tranquillizzata (terminate
quindi le trasferte all'altro capo del mondo, mandati all'aria i
piani di conquista dei vari mitomani assetati di potere e confermata
la loro leadership di migliori blader del mondo) Kei non aveva smesso
di passare molto tempo dall'amico.
-Va bene, se lo dici tu...- si arrese Takao, chiudendo
gli occhi e iniziando a perdere lucidità per via del sonno.
-Buonanotte, Kei- mormorò, sbadigliando. L'altro gli rispose
con una specie di bofonchio e si tirò su la coperta.
Uno dei principali problemi di Kei era invece
l'insonnia. Dormiva poco già di suo, in più per cause
ignote spesso si trovava a non chiudere occhio e rigirarsi
inutilmente per ore, se non intere notti.
Assistette al divertente climax del respiro di Takao,
che si fece sempre più pesante e sereno man mano che aumentava
la profondità del sonno.
Erano ormai le tre e mezzo quando Kei si alzò in
piedi, troppo spossato per provare esasperazione, ed uscì
all'aria aperta passando per il balcone. La sensazione del freddo
sulla pelle fu utile solo a svegliarlo ulteriormente e a ricordargli
quanto fosse molto più rigido l'inverno russo.
-Che palle- sbottò, ignorando il fatto che non ci
fosse nessuno con cui prendersela. Tirò un calcio ad una
pietra, centrando in pieno un vaso che si crepò visibilmente.
Imprecò di nuovo, sperando che i Kinomija (nonno e nipote)
non avessero un legame affettivo con quello stupido vaso.
Nel frattempo Takao era letteralmente sobbalzato per il
rumore.
-Kei, che hai combinato?- bofonchiò, girandosi
verso il futon dell'amico e strizzando gli occhi per individuarlo
nell'oscurità totale. Bastò che la sua vista si fosse
abituata al buio perché si rendesse conto che Kei non era lì.
-Ehi?- chiamò, perplesso. Non ci volle molto
prima che il rintontimento lasciasse spazio alla lucidità.
Paradossalmente fu proprio quella lucidità a devastare la
parte razionale di Takao, che comprese di essere solo.
-No...- mormorò, cercando di mantenersi calmo:
poteva farcela. Strinse i denti e i pugni, serrò gli occhi e
respirò profondamente.
Quella consapevolezza non lo abbandonava, per quanto
potesse sforzarsi. Era di nuovo solo.
Mentre quella parola gli rimbombava nella mente, Kei
fece ritorno al balcone ma quando lo sentì gemere si fermò
e prese la sua decisione.
Lo osservò mentre si afferrava la testa con
entrambe le mani ed iniziava a dondolarsi leggermente, mormorando
qualcosa, come cercando di non vedere ciò che aveva attorno o
udire il silenzio assordante che regnava nella stanza.
Kei si impose di non provare pietà per lui,
continuando a non muovere un passo nemmeno quando passarono i minuti
e gli parve di sentirlo piangere. Il respiro di Takao diventava più
affannoso ogni secondo che passava e il sentimento dell'altro verteva
sempre più verso la rabbia. Com'era possibile che non
riuscisse a reagire? Probabilmente non l'avrebbe mai capito. L'unica
cosa che gli fu chiara qualche attimo dopo era che la situazione gli
stava sfuggendo di mano. Lo capì quando vide chiaramente Takao
portarsi le mani al petto e ansimare letteralmente, per poi
accasciarsi sul futon. Entrò di corsa, ignorando i suoi
propositi di non ingerenza, e si chinò su di lui:
-Ehi, ci sei? Takao?- lo chiamò, sollevandolo. Ma
il respiro dell'altro non migliorò, accompagnato da un
soffocato: "Kei n..on... respiro!"
-Merda... merda. Ok, stai calmo! Ci sono io adesso-
tentò Kei afferrandolo per le spalle. In quel momento si
sarebbe volentieri preso a pugni da solo.
*
-Sei un idiota-
Hilary non gli aveva mai detto niente del genere. Era
capitato che l'avesse rimproverato, d'altronde Kei era noto per il
suo modo di fare e lui per primo non si era mai stupito del fatto che
la ragazza talvolta si alterasse con lui per qualche motivo. Ma non
l'aveva ancora insultato.
-Lo so- fu la secca risposta.
-Perché l'hai fatto? Sapevi che io non ero
d'accordo-
Il ragazzo alzò un sopracciglio, fissandola:
-Perché è una cosa patetica. Non ha senso che non si
riesca a controllare-
-Hai detto bene, non si riesce a controllare! E
non è patetico- ringhiò Hilary.
-Lo è invece! È patetico perché lui
non è così! Non esiste proprio!- fu Kei ad alzare la
voce, cosa che lasciò l'altra abbastanza spiazzata.
-Ho capito!- esclamò -Ti dà fastidio che
lui sia in qualche modo... che ne so, debole? Ti ha battuto, anche se
di poco è più bravo di te, ma non dorme senza il suo
gatto e quando è solo trema come una foglia. Patetico, vero?-
chiese acidamente, scorgendo un'espressione eloquente sul volto di
Kei. Aveva fatto centro. Aprofittò del silenzio di Kei per
continuare: -Pensavo fossi un minimo cambiato. Ti credevo preoccupato
per lui. Mi sbagliavo?-
-Certo che sono preoccupato, per chi mi hai preso?-
protestò subito lui.
-Mi hai dato una brutta impressione, se posso essere
sincera-
Quella mattina Hilary si era recata come al solito a
casa di Takao per andare a scuola insieme, e Kei le aveva raccontato
tutto. Il nonno, allertato dal chiasso notturno, aveva prontamente
chiamato la guardia medica che aveva risolto il potenziale disastro,
e Takao in quel momento dormiva placidamente vegliato da Jey. Hilary
era perfino in ritardo per la scuola, ma non le importava.
-Ho capito, ho sbagliato. Mi dispiace- disse infine Kei,
senza guardarla.
La ragazza si ammorbidì e gli mise una mano su
una spalla: -Scusami tu, sono solo preoccupata. So bene che...
insomma, ci tieni a...-
-Non continuare, grazie- la interruppe Kei ironico.
-D'accordo- concluse Hilary con un timido sorriso.
*
Takao Kinomija si svegliò di soprassalto, la
fronte imperlata di sudore e un senso di oppressione nel petto e
all'altezza dello stomaco. Dopo un momento di tensione e paralisi
totale, tastò il letto con gesti convulsi finché non
trovò quello che cercava con tanta apprensione. Rimise accanto
a sé il vecchio orsetto con l'orecchio strappato e tornò
a coricarsi con un sospiro, mentre un sorriso rilassato gli
increspava le labbra.
Note dell'autrice
Ho scritto questa fic per mettermi alla prova, per
sperimentare qualcosa di nuovo. Sono assolutamente felice del
risultato conseguito nel contest, non mi aspettavo un simile
punteggio.
La paura di Takao si chiama Monofobia. È il
terrore per la solitudine. In merito a ciò, ho da precisare
che Fobia non è "paura, timore". Fobia è
fobia. È qualcosa di irrazionale (sottolineo:
Irrazionale), di incontrastabile. Sento spesso il termine usato in
maniera errata: se una cosa non ci piace allora è una fobia.
No, se hai paura di qualcosa è un conto, ma se rimani
paralizzato, non capisci cosa ti sta succedendo, non sai cosa fare,
perdi la ragione, allora non è solo paura. Questa è
fobia.
Ho
cercato di mantenere IC Takao spiegando il suo carattere in funzione
della sua monofobia. Mi è sembrato sensato.
Ho fatto di Kei la classica persona che guarda con
scetticismo reazioni come gli attacchi di panico o la perdita del
controllo, lo reputo il personaggio giusto per questo. Il suo
atteggiamento è diverso da quello di Hilary, pur volendo
anch'egli bene a Takao. Lui vorrebbe una terapia d'urto, lei
preferisce non pensarci e tirare avanti, più sensibile al
problema di Takao.
Riporto il giudizio che mi è stato assegnato:
Correttezza grammaticale: 15 Lessico e sintassi:
15 Originalità: 15 Caratterizzazione dei personaggi:
14 Utilizzo della fobia: 15 Apprezzamento personale: 14
PER
UN TOTALE DI: 88/90 PUNTI
Anche per quanto riguarda la tua
fanfic nulla da segnalare per quanto riguarda la grammatica e la
sintassi. La storia è scritta molto bene ed il lettore si
trova proiettato all’interno della vicenda. Mi è
piaciuto molto l’impostazione che hai dato a tutta la storia.
Legare a Takao, solare ed estroverso una fobia tanto particolare
ha reso la vicenda molto interessante. Hai descritto la nascita
di questa sua paura con molta durezza. La prima parte lascia il
lettore con un groppo alla gola. Anche l’evolversi della
sua fobia però no è da meno. Il fatto che i suoi
amici ne siano a conoscenza e tentino di aiutarlo, ha dato spessore a
tutto il racconto. Tutti i personaggi sono IC a parte forse Kei
verso la fine. Devo dire che il suo comportamento stona un po’
con il personaggio che ricordo io. Kei è uno che non gira
attorno alle cose, è diretto ed affronta le cose di petto.
Forse avrebbe parlato con Takao, per cercare di farlo reagire a
questa sua insana paura. Comunque storia molto bella, devo dire
che non immaginavo si potesse scrivere una bella fanfic utilizzando
questo fandom. L’ho sempre ritenuto un manga per ragazzini,
ma tu hai saputo dare spessore e solidità sia hai personaggi
che a tutta la vicenda… pur mantenendo la caratterizzazione
originaria dei protagonisti.
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