“Tenti
ancora di resistere alle tenebre, Akira-kun?”
Questa
voce… la conosco…
“Perché
rinneghi te stesso, Akira-kun? Perché ci rinneghi? Il tuo posto è al mio
fianco.”
Argento.
Perché questa voce è così luminosa…?
“Akira-kun?
A cosa stai pensando?” la voce ora era più forte. Possibile che fosse più
vicina…? No, solo più intensa… “Akira-kun, non hai nessuna intenzione di
svegliarti, vero? Va bene così… dormi, dormi finché fuori è ancora buio. Dormi finché
non sarà l’ora del tuo risveglio, Akira-kun.”
Akira…-kun? È il mio nome, vero…? Per un istante, risentì
dentro di se la voce suadente che lo chiamava. Perché… perché ha pronunciato
il mio nome con così tanta dolcezza, quella voce argentata? Voglio… voglio lo
dica di nuovo… “Ti prego, ripetilo.”
“Akira-kun?
Cosa c’è?”
“Oh!
Ho forse parlato a voce alta?”
“Akira-kun, sei così tenero; stai parlottando nel
dormiveglia. Senti quello che ti sto dicendo, dunque?”
Non
diede bado all’ultima frase. “Ripetilo!” si dimenò lievemente, come un
bimbo che fa i capricci perché la mamma ha rifiutato di comprargli una
ciambellina con la glassa.
“Cosa
devo ripetere?” chiese la voce, beffarda.
“Il
mio nome. Ripeti il mio nome…”
“Akira…-kun.”
Akira
si sentì cingere le spalle da qualcosa. Qualcuno? Era una sensazione
piacevole, calda. Lentamente, aprì gli occhi… dopo un secondo di stordimento,
li spalancò.
“Argento…
perché sono avvolto da fili d’argento?” si sorprese di sentire la propria voce
flebile. Alzò un braccio e poi, esitante, prese in mano i fili d’argento. “È il
colore di quella voce…? Sì…”
Akira
si portò la mano al viso e strofinò lievemente quell’argento sulle proprie
guance. “Se tutto il mondo fosse di questo colore… non sarebbe meraviglioso?”
le sue labbra si distesero in un tenue sorriso. Quel movimento dei muscoli
facciali gli fece ricordare di avere un corpo. Delle gambe, una testa, busto,
braccia, spalle. Attorno alle spalle c’era qualcosa… qualcosa che lo cingeva in
un… abbraccio. Un abbraccio argentato e molto, molto caldo. Si voltò di scatto,
e a pochi millimetri dal suo viso ce n’era un altro. Il viso pallido, dai
tratti eleganti, la fronte alta dalla quale partivano gli stessi lunghissimi
filamenti color argento brillante che Akira teneva in mano. Erano dunque i
capelli di quell’essere bellissimo?
Akira
deglutì rumorosamente, e la persona dai capelli argentati aprì gli occhi.
Quegli occhi erano di un azzurro sgargiante, il colore del cielo quando c’è bel
tempo… quando quegli occhi incontrarono quelli di Akira, un brillìo di gioia e
sorpresa si accese in essi.
“Akira-kun,
ti sei svegliato, finalmente!” Disse l’uomo.
“Sh…Shirogane?
Quella voce… quel sogno… eri tu?”
Shirogane
sbatté le palpebre due volte e sorrise di nuovo, maliziosamente. “Mi hai
sognato, Akira-kun? Ed era un bel sogno, immagino…”
Akira
si ritrasse di scatto, ed alzandosi in piedi si liberò dall’abbraccio di
Shirogane. “No, non è stato affatto un bel sogno!” sbuffò e si diresse alla
finestra; aprì le tende senza guardare l’uomo dai capelli argentei che era
ancora seduto a terra e seguiva ogni suo movimento.
Improvvisamente
il campanello iniziò a suonare.
“È
arrivato Kendo, a quanto pare.” Akira si rese conto di aver dormito vestito;
quindi prese la cartellina marroncino chiaro dove – in teoria – avrebbe dovuto
mettere i libri di scuola e si diresse giù per le scale, verso l’ingresso.
Arrivato alla porta si voltò e guardò Shirogane, che era rimasto sull’ultimo
scalino, con aria interrogativa. “Beh, non vieni?”
“Oggi
ho delle faccende da sbrigare. Ti aspetterò al solito bar…” si avvicinò con
passo felpato al ragazzo e gli mise entrambe le mani sulle spalle, abbassandosi
per poter guardare Akira negli occhi. “Fa attenzione, mentre io non ci sono.”
Detto questo, Shirogane posò per un secondo le labbra su quelle del ragazzo,
poi subito gli aprì la porta con un gesto galante e lo invitò ad uscire.
“Shirogane…”
Akira si voltò mentre la porta si
chiudeva, e sarebbe rimasto intontito a fissare il pomello color oro per chissà
quanto ancora, se la voce dell’amico Kendo non l’avesse richiamato alla realtà.
“Arrivo,
Kendo.” E si diresse verso di lui attraverso il vialetto, conscio del fatto che
probabilmente Shirogane lo stava guardando dalla finestra del piano superiore.