Ti voglio
bene, Rose.
Era caldo. Molto caldo.
In quell’estate quasi al termine
il sole si stava facendo sentire. I campi che circondavano la Tana erano
illuminati dai raggi color oro.
Hugo Weasley, un ragazzino di
appena undici anni, dai folti capelli color carota e il viso magro tempestato
da lentiggini, se ne stava nascosto dietro ad un cespuglio. Puntava i suoi
occhi vispi, di color nocciola, tra i rami per vedere se la via era libera.
In effetti non c’era nessuno nei
paraggi. Lui aveva scelto un punto impensabile per nascondersi. Era solo
questione di tempo… presto sarebbe uscito allo scoperto, correndo a più non
posso verso la tana e avrebbe liberato tutti, aggiudicandosi nuovamente la
vittoria.
Infatti erano già tre volte che
vincevano grazie a lui. Nessuno poteva batterlo a nascondino, perché era
bravissimo a scegliere i punti più strategici ed era veloce nella corsa. Uno
dei più veloci. L’unico che era abbastanza astuto e veloce per poterlo battere
era James Potter. E anche Lily Potter poteva vantare di una furbizia fuori dal
comune.
Perciò doveva stare molto
attento. Colui che proteggeva la tana era James, purtroppo.
Respirò profondamente, per
schiarirsi le idee. Poi sbirciò di nuovo tra i rami del cespuglio per vedere se
James era nei paraggi. Aveva sentito dei passi…
Si sentì risollevato quando
scoprì che era solo sua sorella Rose. Stava girovagando. Ovviamente James
l’aveva presa da un pezzo.
Lei era una frana a nascondino. E
una frana come sorella…
Si divertiva sempre a
riprenderlo, perché lei era perfetta come figlia. Lui no…
Si divertiva a prenderlo in giro
davanti a tutti. Come era successo quella mattina.
Rose aveva rivelato ai suoi
cugini che lui, fino all’età di dieci anni, la notte andava a dormire con i
genitori, nel lettone.
E lei aveva detto tutto questo
solo perché Hugo, per scherzo, gli aveva rivoltato i cassetti della sua camera,
in seguito ad un lite avvenuta il giorno prima.
Se Rose si fosse vendicata in
modo decente lui non l’avrebbe biasimata. Ma lo scherzo che gli aveva fatto era
troppo offensivo.
Il fatto che Hugo, fino all’anno
prima, andasse a dormire con i suoi non doveva riguardarle. Né a lei né a tutti
gli altri.
Ora James aveva un altro pretesto
per le sue battutine. Non erano mai offensive, ma se avesse cominciato a
prenderlo in giro su quella storia allora Hugo avrebbe dovuto cominciare ad
andare in giro con una busta di carta sulla testa. La vergogna era troppo
grande per sopportarla a viso scoperto.
All’improvviso Hugo trasalì. Un
altro rumore, questa volta molto più vicino e deciso.
Il ragazzino riprese a spiare.
Sua sorella era sparita. Non c’era più nessuno.
“ Allora di chi erano quei passi
che ho sentito? “ si chiese tra sé e sé, con il cuore che batteva forte.
Strinse i pugni e decise: “ Devo
uscire. E’ troppo tempo che sto nascosto. Ora o mai più! “
Si alzò di scatto dal suo
nascondiglio e senza guardarsi intorno, ma concentrandosi solo sulla meta,
cominciò a correre, facendo appello a tutte le sue forze.
Mentre saettava, al massimo della
velocità verso la tana, sentiva che qualcuno lo stava inseguendo.
Come immaginava... James aveva
intuito il suo nascondiglio. Erano di lui i passi che aveva sentito. Quindi
aveva fatto bene a scappare.
Hugo correva deciso, sotto il
sole cocente, sicuro di vincere anche quella volta.
Ma, nel giro di pochi istanti, la
sua sicurezza mutò…
Sentiva che le gambe gli stavano
cedendo. Il fatto di essere rimasto rannicchiato per troppo tempo aveva avuto
un effetto negativo sui polpacci. Si stavano irrigidendo!
Correre in quel modo contribuiva
solo a peggiorare la situazione. Sapeva che quando accadevano cose di questo
genere doveva fermarsi e massaggiare il punto che gli faceva male. Ma ora non
poteva assolutamente permettersi questo lusso. No quando mancava così poco.
La tana per liberare tutti era un
grosso albero posizionato tutto solo in mezzo al campo.
Ad attenderlo c’erano Lily, Rose,
Albus, Louis e Dominique. Cominciarono ad esultare per lui.
“ Dai, posso farcela! Manca poco!
Così dimostrerò ancora una volta che non sono un pappamolla, come invece diceva
Rose! “. Incoraggiato da questo pensiero non si arrese al dolore e aumentò la
velocità.
Questo però fu un grosso errore.
Le gambe cedettero e Hugo cadde a terra, sbucciandosi un ginocchio.
James lo raggiunse e lo toccò
sulla spalla. Aveva perso.
Tutti si avvicinarono a lui, che
nel frattempo si tastava le gambe, trattenendo una smorfia di dolore.
« Hugo… tutto apposto? » domandò
Albus, preoccupato.
Anche gli altri avevano uno
sguardo preoccupato, compresa Rose…
“ Tu! Perché sei preoccupata per
me? E’ tutta colpa tua… sarai felice di avermi umiliato davanti a tutti. Questo
fatto dovrebbe essere solo la conferma di ciò che hai detto stamattina! “ pensò
Hugo con rabbia, puntando lo sguardo in direzione della sorella e poi sul
ginocchio ferito. Bruciava da morire.
« Hugo… è normale che ti fanno
male le gambe. Non puoi pretendere di restare nascosto così tanto tempo e poi
di metterti a correre in quel modo… » disse James.
Hugo non rispose. Si alzò in
piedi, nonostante il dolore, e disse: « Smettetela di fingere. So che pensate
che sono un pappamolle. ». Poi, rivolgendosi a Rose, continuò: « Sarai felice,
no? Dopo tutto avevi ragione. Come sempre, del resto… ».
Rose cercò di dire qualcosa, ma
Hugo non le diede il tempo. « Lascia stare, ora voglio solo tornare a casa. »
Dopo di che si avviò verso la
Tana, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
Quella sera Hugo andò a dormire
presto.
Si sdraiò sul suo letto, tirando
giù le coperte e rivolse il proprio sguardo alla finestra che si affacciava sul
giardino.
Osservava il cielo stellato e si
godeva l’arietta fresca che entrava ogni tanto, arrecandogli un po’ di sollievo,
visto la pesante calura di quelle giornate di agosto.
Era il momento migliore per
riflettere e calmarsi.
Era ancora arrabbiato. E molto.
Ovviamente sapeva che stava
esagerando e che poteva fidarsi dei suoi cugini. Loro non lo avrebbero mai
preso in giro. Persino James si sarebbe reso conto che quell’argomento era
molto fastidioso per Hugo e quindi avrebbe fatto finta di niente.
Sapeva di aver sbagliato ad
alzare la voce. In fin dei conti non avevano fatto niente di male. Si erano
preoccupati per lui, come sempre. Perciò, nella più vicina occasione, Hugo si
sarebbe scusato con loro.
Ma Rose… lei no. Lei non meritava
il suo perdono, tanto meno le scuse.
Era stata cattiva con lui.
Sapeva benissimo che non avrebbe
mai dovuto dire quella cosa. Persino i loro genitori si erano raccomandati con
Rose di non dire niente, in quanto non sarebbe stato corretto. E Rose aveva
promesso. Promessa che però aveva mandato al diavolo nel giro di cinque minuti.
E quindi perché doveva fingere di
preoccuparsi, quando probabilmente si stava gustando quella scena? Uno
spettacolo più che bello per lei.
Perché Rose aveva finto?
Questa cosa lo faceva arrabbiare ancora
di più.
Tante volte Hugo aveva pensato
alla possibilità di nascere come figlio unico. Di essere solo lui, senza
nessuna sorella maggiore a rompergli le scatole tutti i giorni.
Bè, quella cosa che prima era
stata solo un’idea, divenne un desiderio. Un sogno. Essere figlio unico era un
paradiso che mai si sarebbe potuto permettere, purtroppo.
Amareggiato e stizzito, si
rannicchiò, affondando la testa nel guanciale. Chiuse gli occhi. Dormire gli
avrebbe fatto bene.
Cercando di non pensare più a
nulla, si addormentò.
La notte fu senza sogni. Proseguì
velocemente fino alla mattina seguente. Troppo velocemente.
Hugo si svegliò di scatto. Rimase
sdraiato sul letto, con il viso rivolto al soffitto. Il cuore batteva forte nel
petto.
Si mise a sedere, cercando di
calmarsi. “ Perché sono agitato? ” si chiede, mentre osservava il cielo
nuvoloso, dietro i vetri della finestra chiusa.
“ Non ho fatto nessuno sogno…
perché mi sono svegliato così? ”. Era un po’ confuso.
Il tempo era passato troppo
veloce per i suoi gusti e aveva ancora sonno.
Pensò subito di coricarsi
nuovamente per dormire ancora un po’, ma un brivido di freddo lo colse di
sorpresa.
Si rese conto che stava tremando.
Aveva i piedi e le mani gelate e la pelle d’oca da per tutto.
Scese subito dal letto e quando
appoggiò i piedi nudi sul pavimento rabbrividì ancora di più.
“ Ma cos’è tutto questo freddo?!
“ era esterrefatto. “ Fino a ieri sera faceva una caldo da morire… ora si gela,
come se fosse pieno inverno! “ concluse, guardando ancora fuori dalla finestra.
Quelle nubi che vedeva in cielo,
scure e minacciose, ora gli facevano un po’ di paura.
« Che diavolo succede? » mugugnò,
avvicinandosi al davanzale.
L’estate sembrava sparita da un
pezzo. In quel momento fuori stava per scoppiare a piovere e lui tremava dalla
testa ai piedi.
Senza pensarci due volte corse
verso il proprio guardaroba e prese dei capi d’abbigliamento più pesanti.
L’indosso velocemente, buttando il pigiama estivo sul letto sfatto.
Infine infilò i calzetti e le
scarpe. Sentendosi più risollevato si disse: “ Ora è meglio che vada da mamma e
papà… chiederò spiegazione a loro. “
Si avvicinò alla porta, pronto ad
afferrare la maniglia. Ma non lo fece subito.
Aveva uno strano presentimento.
C’era qualcosa che non andava. Non sapeva spiegarsi che cosa… ma quella non era
la casa Weasley che conosceva. E sicuramente non era più agosto. Non poteva
essere agosto. Era troppo freddo. Per stare bene, Hugo era stato costretto ad
indossare un maglione e un pantalone invernale…
“ Chiederò a mamma… “. Scacciando
quella sensazione, aprì la porta e uscì in corridoio, chiudendosela alle
spalle.
Era buio, le finestre tutte
chiuse in previsione della pioggia battente.
Hugo conosceva bene la casa,
quindi riuscì ad orientarsi anche in quel modo. Raggiunse presto le scale che
lo avrebbero portato in salotto.
Da in cima gli scalini sentì
delle voci provenienti dal piano di sotto. Erano i suoi genitori!
Hugo risollevato e sorridente si
precipitò giù, pronto a chiedere spiegazioni…
Ma una brutta sorpresa lo
attendeva e quando scoprì quale non poté fare a meno di sbiancare…
Sua madre era seduta sul divano,
in camicia da notte e la pancia era gonfia, enorme. Era incinta!
Suo padre le stava vicino, tutto
agitato e le dava indicazioni.
Sua sorella Rose… girava agitata
per la sala. Ma Hugo stentò a riconoscerla. Era una bimba di appena due anni!
Da fuori giunse una voce
familiare. Era quella dello zio Harry! Infatti spuntò dal portone di casa, semi
aperto. Disse: « Presto, Ron! Dobbiamo portarla al San Mungo! »
Ron fece segno di aver capito ma
si vedeva lontano un miglio che era molto preoccupato e agitato.
Cercando di trattenersi aiutò sua
moglie ad alzarsi.
Per Hugo fu troppo.
Spaventato e confuso, scappò dal
salotto, ritornando al piano di sopra. Diretto in camera sua.
Non riusciva a credere a ciò che
aveva visto. Rannicchiato in un angolo del corridoio, pensava. Era spaventato.
Non capiva cosa stava succedendo.
Voleva scomparire e ritrovarsi di
nuovo nella sua cameretta, accolto dal tepore delle mattinate estive. Con Rose
che veniva a svegliato per infastidirlo. Con sua madre che gli preparava la
colazione e suo padre che si rifiutava di alzarsi dal letto.
Sorrise ripensando a quelle
giornate. Pianse ricordandosi di aver spesso odiato tutte quelle cose
meravigliose.
“ Sono un’idiota! Ecco la mia
punizione per essermi comportato male! Per aver pensato a cose cattive… “.
« SONO UN CRETINO! » urlò, sicuro
che nessuno lo avrebbe sentito.
Era invisibile. Nessuno prima lo
aveva notato, nonostante lui fosse piombato a tutta velocità nel salotto. Rose
gli era passata accanto diverse volte, ma niente. Lei non si era nemmeno
girata.
« Questo è un incubo! Voglio
tornare a casa! » disse, con voce più moderata.
“ Scusa Rose… scusa… “ pensava,
mentre era convinto che quelle scuse lei non le avrebbe mai sentite. E in quel
momento era anche troppo piccola per capire.
Hugo si asciugò il viso con le
maniche del maglione, poi si alzò in piedi. Il silenzio che prima dominava la
casa adesso era rotto dal battere della pioggia sulle pareti e le finestre.
Ogni tanto qualche tuono dava il tocco finale a quella lugubre atmosfera.
Sospirò, cercando di farsi forza.
“ Forse, se torno a dormire, mi
sveglierò nel mio tempo, a casa… “ pensò, animato da quella speranza.
Deciso e ansioso corse verso la
propria camera. Trovò la porta chiusa, come l’aveva lasciata.
Respirando profondamente più
volte l’aprì, piano. Essa cigolò, in modo spettrale…
Un’altra sorpresa attendeva Hugo.
La sua camera non era arredata
come prima. Al posto del letto vi era una culla e dove prima ci stava l’armadio
ora c’erano altri mobili.
Hugo questa volta non si
spaventò. Voleva vedere, voleva capire.
In quella stanza c’erano solo
Rose e… un bambino piccolo, sdraiato nella culla.
L’undicenne si avvicinò a loro.
Era estasiato. Quella scena era tanto simile a un ricordo. Un ricordo dolce. Un
ricordo perso da tanto tempo.
Hugo si sedette su uno sgabello
di legno, posto vicino alla finestra. Fu felice di notare che non pioveva più.
Fuori si vedeva solo un cielo stellato e non faceva più tanto freddo.
Rose, sempre sotto sembianze di
una bimba di due anni, stava seduta su una piccola poltrona posta di lato alla
culla. Guardava meticolosamente il neonato dormire.
Sembrava un cane da guardia,
pronto a mordere chiunque avesse minacciato quella piccola creatura, assopita.
Hugo intuì subito chi fosse quel
bimbo. Era lui, nato probabilmente da qualche mese.
Sorrise. Sua sorella gli voleva
bene. Si vedeva a vista d’occhio. Voleva proteggerlo. Era lì per difenderlo!
« Grazie Rose… » sussurrò. «
Grazie di cuore. »
Stava per aggiungere altro ma
qualcuno aprì la porta della cameretta. Era suo padre.
Rivolto alla sorella, disse
sussurrando: « Dai, è ora che dormi. Vieni… »
« No! » disse lei.
Ron sospirò e disse: « Va bene,
aspetta qui ancora un po’. Ma dopo vieni. Se fai la brava stanotte dormi con
me! »
Rose sorrise, eccitata. Ma non
disse nulla. Voleva stare attenta a non svegliare il fratellino.
Loro padre se ne andò,
socchiudendo la porta.
« Avevo dimenticato quanto tu
fossi fantastica… scusami. » concluse Hugo, accarezzando la testolina rossa
della bimba.
Lei non si accorse di nulla e
rimase impassibile, ma Hugo si sentiva risollevato. Come quando ci si toglie un
grosso peso dallo stomaco.
« Non lo dimenticherò, mai più. »
concluse, poco prima di coricarsi sul pavimento. Chiuse gli occhi. Si sentiva
al sicuro, perché sua sorella lo stava proteggendo.
Si addormentò. Questa volta
sognando le lunghe giornate d’estate che si era divertito a passare insieme ai
suoi cugini, correndo per i campi che circondavano la casa dei nonni.
Hugo aprì gli occhi. Lentamente
si stiracchiò. Dopo un po’ si accorse di essere sdraiato sul pavimento, vicino
al suo letto.
Indossava il pigiama estivo, con
cui era andato a dormire. Si alzò, correndo a guardare fuori dalla finestra.
“ Che bello! C’è il sole! Fa
caldo! “ pensò. “ Sono tornato! “.
S’infilò le ciabatte e si
avvicinò alla porta, chiusa.
« Sono tornato… ora devo
rimediare! » si disse, sorridendo.
Uscì dalla cameretta. Il
corridoio era illuminato ma silenzioso. Probabilmente era ancora presto e
dormivano tutti.
Il ragazzino s’incamminò verso la
camera di Rose. Aprì piano la porta. Lei dormiva nel suo letto, con la testa
affondata nel cuscino.
Hugo sospirò ed entrò nella
cameretta. Si avvicinò a lei e sussurrò: « Rose… Rose… »
La ragazza si svegliò,
stiracchiandosi.
« Che c’è? Che ore sono? »
domandò, assonnata e scocciata.
« Scusami… » disse Hugo. « E’
ancora presto… ma io volevo chiederti se potevo dormire vicino a te... »
Rose si sorprese. « Cosa? Fino a
ieri non mi odiavi? »
Il ragazzino abbassò lo sguardo,
amareggiato. « Scusami… non volevo. Ho esagerato. Sono qui anche per chiederti
scusa. Mi perdoni? »
Rose sorrise. Era meravigliata
dal comportamento del fratello, ma non fece domande. « Certo che ti perdono,
pasticcione! Su dai, vieni. Ti faccio spazio. »
Dopo di che si spostò più a
destra per far sdraiare Hugo. Non appena tutti e due si furono coricati, Rose
disse: « Anche tu mi perdoni? »
Hugo la guardò con aria
interrogativa.
« Per aver detto quella cosa… non
avrei dovuto. » precisò la ragazza.
Hugo annuì e guardandola negli
occhi, rispose: « Ovviamente… tutto perdonato. Ti voglio bene, Rose. »
« Anche io. Ti voglio bene,
fratellino. » sussurrò lei.
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AUTRICE:
Ciao
a tutti! Questa storia non so esattamente come sia uscita. Stavo pensando a
qualcosa da scrivere che riguardasse Hugo per un contest sulla nuova
generazione e dopo un po’ mi è spuntata questa strana idea xD. Ditemi voi che ne pensate.
New Generation
Contest – 2nd edition:
RISULTATO:
Seconda classificata.
• Grammatica e forma:
14/15;
• Caratterizzazione dei personaggi: 14/15;
• Originalità della trama: 15/15;
• Attinenza al tema: 15/15;
• Gradimento personale: 5/5;
Totale: 63/65.
A parte alcuni errori nella parte iniziale della storia, che ti hanno penalizzata
nel primo parametro, la grammatica è molto buona e la forma quasi
perfetta.
I personaggi, specialmente i due protagonisti, sono ben caratterizzati, anche
se alcuni potevano essere approfonditi un po' di più, tanto per passare
da semplici 'nomi' a 'comparse' nella storia.
La storia in sé, i personaggi utilizzati.. è tutto molto
originale, e non ho potuto fare a meno di assegnarti il punteggio pieno in quel
parametro, come anche in quello sull'attinenza. Il personaggio che ti ho
assegnato è il protagonista indiscusso della storia.
La tua fic mi è piaciuta molto, all'inizio, a
metà e alla fine; l'idea della trama è davvero molto fantasiosa.
Complimenti :)