Tomorrow
Eccomi anche in questa parte di Efp.
Che palle! xD
Solo una cosa prima di lasciarvi al capitolo, non sono romana e mi scuso per gli eventuali errori non conoscendo il dialetto.
Il resto in fondo al capitolo!
“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.
[SHANTARAM - Gregory David Roberts]
Tomorrow
*Capitolo I. Quella che chiamiamo casa.*
“Mamma, dove
siamo?” La vocetta sottile, ed un po’ assonnata, del
piccolo Matteo risuonò nello scompartimento vuoto del treno
ancora in movimento.
“Siamo quasi
arrivati tesoro.” Mormorò Paola posando il borsone dei
Carabinieri sul trolley per poi tornare a sedersi accanto al piccolo
che sbadigliando si metteva seduto sul sedile.
“E dove siamo diretti?” Continuò a chiedere Matteo strofinandosi gli occhi con le mani.
Paola trattenne il fiato
per qualche istante, poi tornò a respirare lentamente mentre il
treno frenava dolcemente ed una voce metallica scandiva la destinazione.
“A casa
Matteo.” Scompigliò con affetto i capelli arruffati del
piccolo e lo prese in collo per uscire dal treno.
La piccola stazione
ferroviaria brulicava di persone. Era diversa dalla caotica stazione di
Roma, ma era familiare ed era come se la ricordava, con il piccolo
chiostro di giornali all’angolo e le poltroncine rosse.
Ringraziò con un
sorriso ed un semplice “Grazie” l’uomo che
gentilmente l’aveva aiutata a scaricare i pochi bagagli che aveva
con se, poi mentre il treno ripartiva, con le valige al seguito e
Matteo per mano, si avviò verso l’uscita.
“Mamma…”
“Cosa
c’è Matteo?” In quei giorni Matteo sembrava essere
in vena di domande. Lo capiva, ritrovarsi a cambiare città
così, da un giorno all’altro, non era semplice.
Soprattutto per un bambino di solo cinque anni.
Ma la sua sembrava solo
curiosità per un cambiamento che non aveva mai avuto. Aveva
posto domande su domande su quella misteriosa meta senza però
mai chiedere quale luogo fosse, come se non gli importasse il nome di
quella città dove si sarebbero trasferiti.
“Quand’è
che la zia verrà a trovarci?” Continuava a guardarsi
attorno curioso cercando di memorizzare più cose possibili di
quel posto a lui sconosciuto.
A Paola scappò un sorriso, vederlo così concentrato le metteva sempre tenerezza.
“Non lo so Matteo,
spero presto però.” Era riuscita a mantenere un posto
fisso di lavoro per più di quattro anni alla caserma di
Tarquinia, un po’ per merito proprio, il resto grazie ad un
piccolo aiuto dalle alte sfere. Quell’aiuto però non le
dava una certezza vera e propria.
Quando aveva letto la
lettera di trasferimento immediato e la destinazione aveva sperato che
fosse solo un brutto sogno. Quella volta, quel suo contatto non era
riuscito a darle una mano e le sue certezza si erano sgretolate davanti
ai suoi occhi.
Ma non era colpa di
nessuno in fin dei conti, soprattutto non lo era del suo contatto,
impegnato in una missione di cui non conosceva né la meta
né la durata. Sperava solo che quando fosse tornato a Roma
potesse in qualche modo aiutarla.
Ma aveva dovuto fare le valigie in fretta con la speranza di riuscire a risolvere quella questione in pochi mesi.
Rimanere a Città
della Pieve poteva portarle guai a non finire, erano sei anni ormai che
mancava da quella cittadina, ma quando le porte scorrevoli della
stazione ferroviaria si aprirono, le parve di tornare al giorno in cui
tornava lì, da Roma, per la prima volta. Vedere l’uomo,
che camminava nervosamente davanti alla macchina azzurra, in attesa
imbarazzante, le fece spuntare un sorriso nostalgico e la sensazione di
essere finalmente a casa propria.
“Maresciallo Capello!”
“Paola.”
S’incontrarono a
metà strada, e mentre Capello prendeva in consegna buona parte
dei bagagli, Paola prese in collo Matteo che tuffò il volto tra
i suoi capelli neri nascondendosi alla vista di altre persone, ma
riuscendo benissimo a tenere sott’occhio quello che lo circondava.
“Non ho avvisato
nessuno del tuo arrivo Paola.” Spiegò imbarazzato il
Maresciallo mentre caricava i bagagli in auto. “Volevo fare una
sorpresa agli altri, ma credo che di sorprese ce ne saranno due.”
Indicò il piccolo che ora lo osservava apertamente con gli
occhioni verdi curiosi.
“Già,
c’è stato qualche piccolo cambiamento in questi
anni.” Mormorò di rimando lei scombinando i capelli scuri
del figlio e guardando l’espressione curiosa sul suo viso.
“Lui è Matteo. Matteo, saluta Giuseppe.” Lo
incalzò e dopo un lieve “Ciao” lo vide rituffare il
volto di nuovo tra i suoi capelli.
“Allora non rimarrai in caserma.” Borbottò Giuseppe una volta sistemati in macchina.
Di certo Paola avrebbe
voluto un po’ di spazio per se senza la presenza ingombrante di
alcuni soggetti. A Capello un po’ dispiaceva, ma la capiva.
Avrebbe dato ordini di disfare l’alloggio preparato in precedenza
proprio per il nuovo arrivo.
“Non sono ancora
riuscita a guardarmi attorno per una casa. Il trasferimento è
arrivato cinque giorni fa e non ho avuto molto tempo per pensare
ad una sistemazione fuori dalla caserma.”£ confessò
Paola osservando dallo specchietto Matteo che guardava interessato il
panorama al di là del finestrino. “mi arrangerò da
Gemma per i primi giorni e vedrò di trovare una sistemazione per
noi due il prima possibile.”
Per quanto Paola avesse
voluto tornare a dormire in caserma, magari nella sua vecchia stanza,
non voleva creare scompiglio. Non era più sola, c’era
anche Matteo con lei e le famiglie non erano ammesse nelle caserme.
L’unica soluzione possibile era quella di trovarsi un piccolo
appartamento possibilmente vicino alla caserma e con un affitto basso.
C’erano già le spese di scuola di Matteo da sostenere.
“Paola…”
Si affrettò a controbattere Capello. “Nel foglio del tuo
trasferimento c’era una nota scritta a mano, e ti è stata
preparato un alloggio singolo. Dirò a Bordi di far aggiungere un
lettino così potrete rimanere in caserma. So cosa significa
cercare da zero una casa. E poi mi sentirei più sicuro sapendovi
in caserma.”
Giuseppe Capello aveva
considerato come dei figli ogni singolo Carabiniere che aveva varcato
la soglia della sua caserma. Molti li aveva visti crescere, sia in
ambito lavorativo che come persone, li aveva consigliati, aiutati,
sgridati quando necessario, proprio come un padre farebbe con i propri
figli.
“Non vorrei creare problemi in caserma.” Tentò di ribattere Paola.
“Vitali, non mi
dica che devo ordinarle di rimanere in caserma.” Ribatté
pronto Capello strappandole un sorriso e fermando la macchina davanti
al portone di legno.
“Allora accetto volentieri.”
Sorrise Paola alla vista
di quel portone e la mente volò ad anni prima, quando aveva
visto per la prima volta quella facciata. Erano passati ormai otto anni
da quel giorno eppure era come se ne fosse passato solo uno, come se il
tempo non fosse mai trascorso.
Si guardò attorno aspettando di veder arrivare Leo, come quel giorno.
Si riscosse da quel ricordo quando si sentì tirare i jeans ed una vocetta infantile la chiamava reclamando attenzione.
“Mamma.”
Giuseppe aveva già
preso tutti i suoi bagagli e a lei non rimase che prendere in braccio
Matteo che improvvisamente sembrava spaventato, o forse era solo
agitato. Gli sorrise e raggiunse il Maresciallo che si apprestava ad
entrare, dopo aver citofonato, in caserma.
“Bordi, fai
preparare un altro letto nella stanza che ci sono due arrivati.”
Ordinò Capello senza dare il tempo al ViceBrigadiere di salutare
e facendo comparire un sorriso sul volto di Paola che raggiunse
l’uomo fermo davanti alla postazione di guardiola.
“Comandi
Maresc…Paola!” L’esclamazione stupita di Bordi
risuonò nel silenzio che si era creato all’ordine
perentorio di Capello.
“Paoletta?”
Domandò Prosperi uscendo di volata dall’ufficio comune.
Era stato il primo ad accorrere al suono di quel nome, ma non appena
inquadrò la figura di lei si arrestò in mezzo al
corridoio sorpreso vedendo che lei teneva in braccio qualcuno.
“Carlo ma che
combini? Che ti blocchi in mezzo al corridoio a fare?”
Massaggiandosi il naso Leo riprese bonariamente l’amico contro
cui era andato a sbattere a causa del suo arresto improvviso.
“Non mi dire che non ti ricordi di Paola. Di certo non è
cambiata.” Continuò l’arringa mentre lentamente lo
aggirava.
“Lei cambiata
no!”” Sbottò Prosperi continuando a fissare Paola
che scuoteva la testa esasperata e divertita al tempo stesso. “Ma
di certo un cambiamento l’ha fatto. Ah Paola, el pupo da dove
salta fuori?”
“Prosperi!” lo riprese Capello mentre Leo finalmente incontrava con lo sguardo la figura di Paola.
“Ma cosa…”
“Ah
Marescià, questa è una sorpresa eh!” Si
affrettò a giustificarsi Carlo per poi indicare Bini di fianco a
lui stupito. “E che sorpresa.”
“Quale sorpresa
Prosperi?” Brontolò Mura uscendo dall’archivio
assieme a Romanò già pronto a riprendere Carlo per
l’atteggiamento poco consono con cui si era rivolto al nuovo
arrivato. “Allora, Prosperi? Che c’è questa volta?
Non hai mai visto un bambino?”
Fu Romanò a
bloccare quel fiume di parole tirando quasi una gomitata tra le costole
di Mura che lo guardò stralunato.
“Ma Paola, sei in visita?” Domandò titubante Leo rimanendo ancora con i piedi ancorati al suolo.
“Il Brigadiere
Vitali prenderà servizio domani mattina.” Spiegò
spiccio Capello. “Bordi, mi raccomando, voglio che Paola abbia un
altro letto nella propria camera. Magari prima di domani.”
“Ma allora sei tu il nuovo Brigadiere?”
Paola rise alla faccia
sorpresa di Leo. “Sì Leo, torno a prendere servizio qui. E
ti devo presentare qualcuno. Matteo, saluta Leo.”
Al lieve saluto del
piccolo calò un silenzio quasi tombale. Forse era stata la
visione di quei due occhioni verdi, o forse solo il rendersi conto che
era vero quello strano quadretto. Immaginarsi la Vitali con un bambino
era una cosa, appurare che quella era davvero una realtà era
tutta un’altra faccenda. Paola aveva sempre lottato per avere
pari diritti con i colleghi maschi tralasciando le cose tipicamente
femminili, come appuntamenti, matrimonio e figli.
“E quanti anni hai
Matteo?” Domandò Costanzo poi. Lui era quello che sapeva
più farci coi bambini visto la numerosa famiglia.
“Cinque.”
Biascicò il piccolo guardandoli attentamente come ad imprimersi
per bene nella mente quei volti e mettendo una pulce
nell’orecchio ai due Carabinieri più giovani, i quali
fissarono più attentamente quel visetto incorniciato da capelli
neri e dagli occhi di un verde intenso.
“Prosperi, da una
mano a Bordi col letto e portate su i bagagli di Paola. Romanò,
Mura, voi venite con me e Bini…” Dettò ordini
Capello togliendo inconsapevolmente Paola dai guai sottoforma di
domande o frecciatine da parte di Prosperi. “Porta Paola e Matteo
in cucina e vedi di offrire loro qualcosa. Sono sicuro che abbiano
fame.”
Una serie di
“Comandi” si elevò e mentre Prosperi borbottava
qualcosa tutti tornarono alle proprie cose lasciando solo Paola, Matteo
e Leo nel corridoio.
“Credo che tu mi
debba raccontare parecchie cose. Dai vieni Paoletta.” La prese in
girò Bini scortandola fino alla cucina.
A Paola sembrava di
essere per davvero tornata a sei anni prima. Lì, in cucina con
Leo, seduti uno davanti all’altro con una tazza di the a
scambiarsi confessioni. Aveva passato così tante serate in sua
compagnia, in compagnia del suo migliore amico. Le era dispiaciuto
troncare quel loro magico rapporto quando aveva iniziato il corso per
ViceBrigadiere, ma all’epoca le era parsa la scelta migliore.
Ora, ritrovarsi in quell’ambiente famigliare in sua compagnia le fece rimpiangere quella scelta.
“Ti assomiglia
molto sai?” Le disse Leo osservando attentamente il piccolo che
mangiava dei biscotti seduto comodamente in braccio alla madre.
“Ha la tua stessa espressione dolce.”
“Sì, quella
l’ha prese di certo da me.” Mormorò di rimando lei
anche se sapeva dove l’amico voleva andare a parare. “Leo,
ascolta.” Disse poi non appena Matteo era sceso dalle sue gambe e
si era diretto curioso verso il piccolo salottino con un biscotto in
mano. “Il padre non lo conosce, né lui né
tu!” Esclamò a voce dura. “È successo, punto
e stop.”
Leo la fissò a
bocca aperta. Conosceva bene Paola per non capire che si stava
trincerando dietro un muro, un muro che ergeva sempre quando non voleva
essere ferita.
“Paoletta…”
Le prese le mani e la fissò dritta negli occhi appuntandosi
mentalmente di fare un discorsetto a Carlo il prima possibile.
“Non ti sto accusando di nulla. Matteo è tuo figlio ed
è bellissimo come la mamma. Non voglio sapere nulla a meno che
non sia tu a volermelo dire. Non volevo offenderti.” Le sorrise
stringendole più forte le mani e facendo sorridere anche lei.
“Non mi importa niente, sono solo contento di rivederti e di
saperti felice. Perché lo sei, vero?”
Paola annuì mentre
con lo sguardo cercava il figlio che stava tornando verso il tavolo.
“Sì Leo, lo sono.” Prese ancora una volta Matteo in
braccio ed il piccolo ne approfittò per tuffare ancora una volta
il volto tra i suoi capelli neri facendo sorridere entrambi a quel
gesto.
Quel bambino sembrava un concentrato di tenerezza.
“Ahò Luigi,
che c’è fai qui? Non era il tuo giorno libero? Ah, ho
capito, eri curioso di sapere chi fosse il nuovo Brigadiè. Nun
te preoccupà che la sorpresa sarà fenomenale.”
“Carlo.”
Dissero assieme Leo e Paola divertiti, riconoscendo la voce che si
stava avvicinando alla cucina. Poi entrambi si voltarono verso la porta
e videro entrare Carlo e Luigi.
“Anvedi, ce
stà Paoletta nostra!” Continuò a blaterare Prosperi
mentre Testa si bloccava dopo pochi passi stupito e Leo si alzava
velocemente per cercare di salvare il salvabile. “Ed è
anche in compagnia.”
“Luigi.” Lo
salutò Paola mentre Matteo sbucava dal suo rifugio per osservare
chi la sua mamma stava salutando.
“Paola.”
Mormorò Luigi dirigendosi a passo spedito verso il tavolo mentre
Leo spingeva a forza Carlo fuori di lì. “Ma allora sei tu
il nuovo arrivo. E quello è tuo figlio?” Domandò
squadrando il piccolo mentre Paola rideva.
“Sì Luigi,
questo è Matteo.” Fece le presentazioni ancora una volta
mentre i due si fissavano negli occhi. “Ma tu che ci fai ancora a
Città della Pieve? Credevo fossi stufo di stare qua.”
“Ormai questa
caserma è la mia famiglia. Anche se certi personaggi mi fanno
rimpiangere di essere ancora qua!” Si strinse nelle spalle
prendendo posto su di una sedia e fissando lo sguardo ora su Paola, ora
su Matteo. “Scherzo, ho un buon motivo per rimanere.”
Spiegò poi posando definitivamente lo sguardo sull’amica
mentre un sorriso si formava sul suo volto.
“Il Brigadiere Testa finalmente ha trovato una donna.” Lo prese in giro lei.
“E che
donna!” Sbottò Prosperi ricomparendo in cucina mentre Leo,
dietro di lui, scuoteva rassegnato la testa. Aveva messo in guardia
Carlo ma non era molto sicuro del risultato. “Ma dimmi di te
Paoletta. Dove sei stata tutto questo tempo?”
Fortunatamente la
ramanzina di Leo sembrava aver sortito il suo effetto. Paola
ringraziò con uno sguardo l’amico che stava preparando
altre due tazze di the per gli amici e che le sorrise di rimando.
“A Roma prima, poi
alla caserma di Tarquinia. È un bel posto sul mare ed è
tranquillo. Di certo più di Città della Pieve.”
Scherzò mentre le tornava alla mente i casi che avevano risolto
in quei due anni in cui aveva prestato servizio lì. “Ma
ditemi voi. Chi c’è qui a Città della Pieve?”
Le raccontarono di Sonia
e del suo arrivo dopo la sua partenza, dell’arrivo del nuovo
magistrato dopo la partenza della Morresi e del nuovo Maresciallo
Andrea Sepi dopo la partenza di Gigante, venendo così a scoprire
che era di stazione proprio nella caserma di Tarquinia e che Paola
aveva così lavorato con qualcuno che conosceva.
“Poi per il resto
siamo gli stessi.” Finì di raccontare Luigi mentre Carlo
si mordeva la lingua e Leo abbassava lo sguardo sulle mani intrecciate
sul tavolo. “È come se tu non fossi mai stata trasferita
Paola, a parte tuo figlio s’intende.” Le sorrise cauto
faticando a tenere lo sguardo puntato sul suo viso.
A Paola sembrava che
Luigi stesse prendendo il discorso alla larga ma non riusciva a capirne
il motivo. “Luigi…” Cominciò ma Carlo la
interruppe prima che potesse concludere la frase.
“Ahò,
è meglio che annemo perché qua altrimenti non se magna se
non assamo la cucina a Bordi. Ciao Paoletta, eh, non
sparì.” Cercò di salvarsi con poco successo.
“Carlo!” Lo
riprese con tono duro tanto da costringerlo a tornare seduto.
“Luigi, non è da te fare tutti questi giri di parole. Chi
è che non mi hai detto?” Sbottò infine.
“Paola calma.” Mormorò Leo che ora le sedeva accanto posandole una mano sulla spalla.
“Leo! Anche tu, non
ti ci mettere per favore.” Ribattè stizzita sistemandosi
meglio Matteo sulle gambe che era rimasto in silenzio per tutto il
tempo.
“Paola
ascolta.” Cercò di tranquillizzarla Luigi portando
così la sua attenzione su di sé. “La caserma
è come sei anni fa a parte Sonia e la Sepi. Tu sei tornata e
Gigante non c’è. Ci siamo noi tre, Capello, Mura, Bordi e
Romanò e Andrea.” La scrutò a lungo negli occhi
come a cercare qualcosa di strano, un guizzo in quegli occhi marroni.
“E ci voleva tanto
a dirlo?” Ribattè lei tranquilla accarezzando i capelli di
Matteo mentre i tre rimanenti si scambiavano uno sguardo sgomento.
“La caserma è praticamente rimasta la stessa.”
“Già Vitali, la stessa.”
Paola e Carlo voltarono
lo sguardo verso la porta al suono di quella voce mentre Leo e Luigi si
scambiavano una muta domanda per poi tornare a fissare il volto di
Paola.
“Bentornata
Brigadiere Vitali. Prosperi, Capello è in caserma?”
Salutò velocemente Andrea che non si era mosso dalla soglia
della porta.
“È nel suo
ufficio Marescià.” Borbottò Carlo di rimando non
sapendo più da che parte volgere lo sguardo.
“Grazie
Prosperi.” Rispose Andrea voltandosi per andarsene, ma poi si
girò come se si fosse ricordato qualcosa. “Luigi,
Alessandra mi ha chiesto di dirti di chiamarla.”
Carlo rimase a fissare lo
spazio dove prima si stagliava la figura di Ferri con
un’espressione preoccupata in volto, poi guardò Leo come
se fosse alla ricerca di una spiegazione che non ebbe. Paola invece si
voltò verso Luigi con un’espressione curiosa dipinta sul
volto.
“Alessandra?” Domandò canzonandolo. “E perché il Maresciallo ti porta i suoi messaggi?”
Luigi sospirò
capendo che quello non era altro che un tentativo di cambiare discorso.
Il problema era che il discorso non sarebbe cambiato, anzi, si sarebbe
ancora più concentrato su Ferri. “Alessandra è la
ragazza con cui esco. Ed Andrea mi porta i suoi messaggi perché
è sua sorella.” Disse tutto d’un fiato.
“Non sapevo avesse
una sorella.” Mormorò Paola rabbuiandosi un poco. Credeva
di aver conosciuto Andrea durante quel breve periodo che avevano
condiviso come coppia. A quanto pareva invece non ne sapeva molto della
sua vita.
“Mamma.” La
vocetta di Matteo distese l’aria e Paola si concentrò sul
figlio per poi ridere vedendolo sporco di cioccolata.
“Andiamo a cambiarci che è meglio.” Disse alzandosi tenendolo ancora in braccio.
Carlo ne approfittò e saltò dalla sedia come se fosse stato punto da un moscone.
“Viè
Paoletta, che te mostro cameretta tua.” Le sorrise facendole poi
strada lasciando Leo e Luigi fermi in cucina a scambiarsi sguardi
carichi di domande.
Una in particolare sembrava essere quella più ricorrente: E ora?
*******
Angolino di Bitter:
Allora, da quanto si
sarà capito, ebbene sì, ho guardato e ancora adesso, se
posso, guardo la fiction TV Carabinieri. Per vostra sfortuna sono
fissata con la seconda serie, il resto viene da sé.
Come avrete intuito
questa è la classica “e se…” ambientata circa
sei anni dopo la fine della seconda serie. Un po’ mi dispiaceva
far uscire di scena Capello e altri personaggi, per cui qui li
ritrovate tutti xD
Diciamo che mi
è piaciuta poco la conclusione della serie, senza particolari
spiegazioni, e un pochino ci sono rimasta male (un pochino tanto
direi), anche se poi gli autori hanno rimediato con “Carabinieri
sottocopertura”. In ogni caso questa è la mia versione di
quanto poteva accadere, che ci volete fare, la notte sogno troppo u.u
Ultima cosa, aspetto commenti, anche quelli negativi, sono utili anche quelli.
Ringrazio
particolarmente il forum su CC, dove ho potuto leggere molte ff e a cui
purtroppo non riesco ad iscrivermi ç_ç
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