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Diario
di un Lupo
in
un Branco di
Lupi
(Versione
riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)
CAPITOLO
SESSANTOTTESIMO
Volere,
potere, dovere
°°°°°°°
Tonks
fece uno sbuffo stanco, si scostò un ciuffo di capelli
sbiaditi dal
volto e tornò a fissare concentrata la schiena di Remus. Era
già
mezz'ora che se ne stava a ginocchioni sul materasso e copriva le
ferite più malridotte con delle garze imbevute di Essenza di
Dittamo.
«Beh,
direi che abbiamo appurato che non sarò mai
brava quanto Madama
Chips» scherzò
improvvisamente Tonks.
«Probabilmente
no, ma sei un'infermiera indiscutibilmente più
graziosa».
La
nota di intensa sincerità nelle parole di Remus ebbe il
potere di
farla arrossire. Chinò rapidamente il capo verso le bende
che
giacevano sul copriletto per nascondere un sorriso di inappropriato
compiacimento. A volte, credeva che in Remus dimorassero due persone
diverse. C'era la persona riservata e compostamente gentile che aveva
conosciuto alla sua prima riunione dell'Ordine della Fenice.
Apparentemente pacato e composto, quella parte di Remus era quella
che temeva le opinioni della gente e la loro tacita disapprovazione.
Il rigido, posato e imperturbabile Remus, che si sforzava di essere
ciò che il mondo si aspettava lui fosse e nient'altro. E
poi, c'era
l'altro Remus,
quello vero. Quello che s'intravedeva in ogni risata e in ogni guizzo
divertito dello sguardo, e che le sembrava così
giovane
quando riusciva a lasciarsi andare.
Tonks
posò entrambe le mani sulle sue spalle e si strinse a lui,
posando
la guancia alla sua schiena e socchiudendo gli occhi con
un'espressione beata.
«Mi
sei mancato così tanto» confessò con un
sorriso, facendo passare
le proprie braccia sotto alle sue. «Ho trascorso ogni notte
di
questi ultimi mesi stringendo al cuore le tue camicie e annusando il
loro profumo».
Lui
si voltò verso di lei con espressione indecifrabile.
«Stai
scherzando di nuovo, vero?» sembrò implorarla.
Lei
ridacchiò contro la sua pelle.
«Sì».
Remus
le sfiorò con delicatezza le mani e Tonks si morse il labbro
inferiore. Non aveva certo trascorso gli ultimi mesi a giocare alla
vedova innamorata nel suo appartamento, naturalmente, ma il fatto che
gli fosse mancato era una verità indiscutibile. La sua
presenza era
inebriante. Sentire che lui
c'era,
dopotutto e contro tutti, la faceva sentire viva.
Allungò
il collo e gli posò un bacio sulla mandibola rasata di
fresco.
«Resti,
questa volta?».
Lui
parve soppesare con cautela la risposta.
«Rimarrò
fin quando la situazione me lo permetterà».
«Hai
mai pensato alla carriera politica? Sei sempre stato bravissimo a
fingere di aver detto qualcosa senza aver detto praticamente un
accidente».
Remus
rise.
«Dico
sul serio» riprese lei con vivacità, sciogliendolo
dal suo
abbraccio e accoccolandosi al suo fianco come una gatta. «Mi
piacerebbe essere la moglie del Ministro della Magia. Signora
Ministro della Magia»
recitò con enfasi. «Non suona mica male».
«Continuo
a preferire Ninfadora».
Lei
si finse offesa e lo colpì al braccio destro. Sorridendo
senza
allegria, Remus si sfregò appena la zona colpita e le
rivolse uno
sguardo penetrante. Tonks dovette richiamare tutto il proprio
controllo sull'attenti per evitare di saltargli addosso –
Morgana,
quanto amava i suoi occhi!
«Lo
stiamo facendo di nuovo» disse Remus d'un tratto.
«Cosa?».
«Fingere
che vada tutto bene».
«Oh».
Rimasero
entrambi in silenzio per qualche istante.
«Potremmo
provare a fare le persone normali»
propose lei con un
cipiglio sarcastico. «Tipo tu che mi inviti fuori a cena
cercando di
sedurmi e io che civetto con te fin quando non mi accompagni a casa.
Poi ti chiedo se vuoi salire per fare sesso-- no, aspetta: nessuna
brava ragazza fa sesso dopo il primo appuntamento. Facciamo che dopo
il secondo ti chiedo se vuoi salire e--».
«Ninfadora...».
«...facciamo
sesso e decidiamo di andare insieme da qualche parte, la domenica
dopo. Dì, che te ne pare di una gita a Bristol per
conoscerci
meglio?».
«Ninfadora,
per favore» la interruppe con tono asciutto. «Sii
seria».
Lei
lo fissò per qualche secondo.
«Ok.
Facciamo che tu la smetti di farmi impazzire e trasformiamo questo
strazio di relazione a montagna russa in qualcosa di normale, con
tanto di cena, seduzione, sesso e gita a Bristol».
Sebbene
stesse sorridendo lievemente, gli occhi di Remus erano colmi di
profonda mestizia.
«Sai
che non è possibile. Non mi è possibile».
«Tu
non vuoi che lo sia».
«Affatto.
È questo che la rende così difficile».
«Se
solo tu smettessi per un attimo di pensare--».
«Sarebbe
un disastro».
«No,
non lo sarebbe! Tutti i miei problemi nascono quando tu inizi
a pensare!».
«Uno
dei due deve mantenere i piedi a terra».
«Quella
con i piedi a terra sono io, non tu».
Ammutolito,
lui si limitò a scuotere la testa e a distogliere lo sguardo
da lei.
Tonks inclinò il capo e appoggiò il palmo della
mano sul suo
braccio.
«Sprechi
la tua vita per paura di rischiarla» scandì piano.
«Hai davvero
intenzione di lasciare che i giorni ti passino davanti senza viverli
per davvero?».
«Ho
altra scelta?».
«Sì!
Sì, dannazione!» gridò con foga Tonks.
«Puoi vivere!».
«Ninfadora,
guardami» insistette lui con durezza.
Lei
fece una smorfia stizzita.
«Ti
guardo, Remus. Ti ho sempre guardato molto. E non vedo nemmeno
l'ombra dell'uomo che credi di essere – né di
alcun mostro»
sussurrò con dolcezza, sfiorandolo con solenne adorazione.
«Io vedo
un mago brillante, un uomo
brillante.
Vedo un
uomo coraggioso e di buon cuore, un amico leale e sincero. Vedo un
amante eccezionale» aggiunse con un sorriso birichino,
scostandogli
un ciuffo di capelli dagli occhi. «Vedo l'uomo che amo.
L'unico uomo
che ho intenzione di amare, in effetti».
Il
viso di Tonks era vicino – un po' troppo vicino. I suoi occhi
scuri
scintillavano decisi sotto alle sopracciglia adorabilmente aggrottate
e le labbra piene erano arricciate appena verso l'alto. La sua
espressione spavalda sembrava portare il marchio della Casata dei
Black: guardando il bagliore del suo sguardo, Remus seppe di aver
perso di nuovo.
Appoggiare
le proprie labbra alle sue fu una conseguenza fin troppo ovvia.
°°°°°°°
Era
assuefatto dal suo aroma – o forse lo era semplicemente da
lei. Sentiva
la sua trascinante
energia scorrergli nelle vene, intorpidire i suoi sensi e, cosa
mortale, annebbiare la sua ragione. Lo faceva in continuazione. In
realtà, Remus credeva che lei lo avesse fatto fin dal primo
istante.
Gli era entrata dentro con la forza tumultuosa di un ciclone ed ora,
per quanto cercasse disperatamente di appigliarsi alla propria
coscienza, non riusciva a resisterle. Merlino solo sapeva quanto
tempo aveva trascorso cercando di scacciarla dalla propria testa. Era
probabile che ci fosse riuscito – o così pensava
– ma era
evidente che non era stato capace di scacciarla dal proprio cuore.
Lei
era lì, stretta fra le sue braccia e con le mani nascoste
fra i suoi
capelli ingrigiti, come se davvero non
esistesse altro che lui. Tonks era tutto ciò che un uomo
potesse
desiderare. Bella, intelligente, frizzante – elettrizzante
– e le
sensazioni date dal modo in cui lo stava baciando erano fra le
più
esaltanti che Remus avesse mai provato. Lo baciava come se non
stessero combattendo alcuna guerra, come se il mondo fosse un posto
meraviglioso, come se nella sua giovane vita non avesse mai fatto
altro che quello.
Merita
meglio dell'inferno che posso offrirle.
Si
era ripetuto quel pensiero così tante volte che ne aveva
quasi la
nausea. In verità, l'amara consapevolezza di non poterle
dare ciò
che avrebbe voluto darle lo aveva disgustato fin dalla prima volta.
La certezza di non poterla avere per sempre lo tormentava. Non aveva
alcun diritto di imporle la sua stessa condanna. Lei meritava un uomo
che fosse almeno cento, mille volte migliore di quanto lui non
sarebbe mai stato.
Mentre
le sfiorava appena il collo sottile e la sentiva fremere sotto il suo
tocco – Merlino, era forse impazzito? –
giurò a se stesso che
quella debolezza sarebbe stata l'ultima.
L'avrebbe
lasciata andare, e poco importava se avesse dovuto costringerla. Non
poteva permettere che la sua maledizione diventasse anche quella
dell'unica donna che avesse mai realmente amato. Sarebbe stato
più
forte di quella folle fantasia, doveva essere
più forte.
Solo
per un'ultima notte, tuttavia, decise di continuare sognare che lei
potesse essere realmente sua
soltanto.
°°°°°°°
Tonks
aveva sempre detestato le frasi da cioccolatini, eppure, mentre
baciava Remus aveva l'impressione di assaggiare un angolo del
paradiso. Le sue mani delicate che le scivolavano sulla pelle erano
perfette, il modo in cui le sue dita passavano fra i suoi capelli era
perfetto, il suo petto, il suo respiro, la sua voce roca erano
perfetti. Lui era perfetto.
Poco
importava a Tonks se qualunque altra donna l'avrebbe giudicata una
folle – e anche una pervertita, probabilmente. Non aveva mai
dato
eccessivo peso alle opinioni della gente. Se lo avesse fatto, non
sarebbe diventata un'Auror, né avrebbe sfoggiato chiome
verdognole e
violette a seconda della giornata. Non avrebbe mai rinunciato a Remus
solo per acquietare le male lingue dei benpensanti della
comunità
magica. Che se ne andassero pure in paradiso con le loro ridicole
posizioni da corretti cittadini: lei sarebbe stata più che
felicissima di finire all'inferno, se era lì che doveva
finire per
rimanere a fianco dell'uomo che amava.
Perché
amava Remus, amava il modo in
cui lui la guardava,
amava il suono della sue voce, amava il
modo in cui la
stava baciando.
Risalì
con le mani sul suo petto, tremando di piacere nel sentire le sue
labbra scendere con passionale delicatezza lungo il suo collo.
Affondò una mano nei suoi capelli – Merlino,
quello non poteva
essere l'inferno! - e gettò il capo indietro per godersi
l'esaltante
sensazione con cui Remus la stava facendo impazzire.
«Non
si sente sporca dopo essere andata a letto con un animale?».
Non
riuscì a contenere una flebile risatina. Remus
sollevò il capo
verso di lei, inarcando il sopracciglio con educata
perplessità.
«Posso
chiederti perché stai ridendo?» le
domandò con un sorriso gentile.
Lei
emise un soffio divertito e lo avvicinò nuovamente al
proprio viso.
«Le
streghe di questo paese non capiscono proprio niente in fatto di
uomini».
°°°°°°°
Quando
Remus si svegliò, si rese conto che Tonks e i suoi vestiti
erano già
spariti. Ancora intontito dal sonno, si sollevò a sedere e
si
stiracchiò con delicatezza. Le ferite che lei gli aveva
meticolosamente fasciato tiravano un poco, ma doveva ammettere che
gli effetti dell'Essenza di Dittamo si erano rivelati incredibili.
Stava
per poggiare i piedi per terra, quando notò i pesanti anfibi
di
Tonks abbandonati accanto al letto.
«Ehilà,
dormiglione» lo salutò la sua voce trillante.
Remus
si voltò indietro. Era così insonnolito che non
si era nemmeno
accorto che lei era seduta su una vecchia seggiola accanto alla
finestra, con la Gazzetta del Profeta aperta sulle gambe.
«Molto
scortese da parte tua fingere di non vedermi»
continuò lei con un
sorriso divertito. «Questa me la lego alla scopa».
«Credevo
te ne fossi già andata».
Tonks
gli rivolse un'occhiata impenetrabile.
«E
lasciarti la possibilità di scappare e fare qualcosa di
maledettamente idiota? No, grazie: rifiuto l'offerta e vado
avanti».
Remus
la guardò immergersi nuovamente nel giornale, incapace di
parlarle.
Nonostante sapesse perfettamente cosa doveva
dirle, non
riusciva a trovare il coraggio di aprire la bocca. Era così
bella
con i capelli... rosa?
«I
tuoi capelli sono rosa» commentò con improvviso
stupore.
«Sei
davvero un acuto osservatore, Remus» lo canzonò
allegramente lei.
«Te l'avevo detto che sei un amante straordinario. Dovresti
iniziare
a fidarti di più dei miei giudizi».
I
suoi capelli erano tornati rosa. Remus socchiuse le palpebre e si
massaggiò stancamente le tempie. Averla lì
accanto, così vivace,
così solare, così se stessa,
dopo tanto tempo, non poteva
che peggiorare ogni cosa. C'era stato un momento in cui aveva
realmente sperato che lei se fosse davvero andata. Ma lei era
lì e
Remus sapeva che avrebbe dovuto mandarla via ad ogni costo. Non
sarebbe stato facile – e quando mai qualcosa per lui era
stato
facile? - ma era necessario. Doveva farlo.
«Oh,
Merlino...» sbottò d'un tratto lei, fissandolo con
preoccupazione.
«Stai pensando».
Lui
fece un respiro profondo e annuì appena.
«Avrei
dovuto immaginarlo» scandì con impeto Tonks,
alzandosi in piedi di
scatto e gettando il giornale sulla sedia. «Quale stupido ed
eroico
pensiero stai facendo, ora?».
«Ninfadora,
io non posso farlo».
Tonks
alzò gli occhi al cielo e fece un gesto impaziente con le
braccia.
«Ancora,
ancora e ancora! Merlino, quante volte
dovrò sentirtelo
dire!?».
«Fin
quando non capirai la gravità della situazione. Fin quando
non
riuscirai a capire la mia necessità di--».
«Di
essere totalmente idiota?».
«No»
la corresse con durezza Remus. «Di essere totalmente disperato».
Tonks
sbatté un paio di volte le palpebre con espressione confusa.
«Disperato?»
ripeté sconcertata. «Tu saresti
disperato? Non mi parevi
fossi disperato, questa notte».
Remus
abbassò il capo con fare colpevole.
«Ah,
ecco che riprendiamo in mano il vecchio copione» riprese lei
con
ferocia crescente, avvicinandosi verso di lui con gli occhi che
luccicavano minacciosi. I suoi capelli iniziarono a virare verso una
tonalità più sbiadita. «Prima mi dici
che mi ami e vieni a letto
con me, e poi ti ricordi di essere troppo
vecchio,
troppo
povero
e troppo
pericoloso
e mi pianti
in asso come una cretina qualunque».
«Non
è questo il--».
«Sei
un stronzo,
Remus Lupin» sibilò con rabbia. «Credi
forse che io sia fatta di
ferro!?».
«No,
Ninfadora, non--».
«Non-chiamarmi-Ninfadora!».
Remus
si passò una mano nei capelli e affondò il viso
fra le mani,
sconvolto. Rimase immobile un paio di istanti, incapace di placare
l'incessante battere del proprio cuore – come poteva essere
ancora
calmo? Doveva porre un fermo definitivo a quella sconsiderata follia.
Doveva dirle addio, una volta per tutte. Doveva,
dannazione, doveva.
«Spero
di morire» disse tutto d'un fiato.
Tonks
si bloccò nel mezzo della stanza e lo fissò con
un'espressione di
puro sconcerto. Scosse appena il capo, con le labbra dischiuse e le
gote ancora arrossate dalla furia.
«C-come?».
«Quando
finirà la guerra, Ninfadora» sussurrò
atono, stupendosi della
propria sincerità. Trovò la forza di sollevare lo
sguardo verso di
lei e la guardò con immensa tristezza. «Se
dovessimo perdere,
morirò prima di vedere la Gran Bretagna cadere in ginocchio
dinanzi
a Voldemort. Se vincessimo, non credo che potrei affrontare il
desiderio di starti accanto. In qualunque modo preferisci vederla, io
non ho più nulla da offrirti».
Tonks
si mosse così rapidamente che Remus non ebbe nemmeno il
tempo di
evitare il suo violento schiaffo. Si portò una mano alla
gota con
una smorfia appena accennata e abbassò di nuovo gli occhi,
incapace
di trovare un accordo fra la necessità che lei uscisse dalla
sua
vita e il bisogno che vi rimanesse per sempre.
«Non
azzardarti a ripetere quello che hai detto» sibilò
senza forza
Tonks. «Mai più».
Remus
rimase immobile e Tonks, tremando impercettibilmente e stringendo con
foga i pugni, solcò a grandi passi la stanza e
afferrò i propri
anfibi.
«Non
ti permetterò di morire, Remus. Non è una
scappatoia valida».
Si
Smaterializzò prima che lui potesse aggiungere qualcosa.
Remus gettò
il capo sul cuscino e si sfregò il punto in cui lei l'aveva
colpito.
Finché
vivo, non riuscirò mai a dirle addio.
°°°°°°°
Ehm...
non sono molto convinta di questo capitolo, ma tant'è che
questo è
quello che posso offrire, al momento. La mia ispirazione fa davvero
schifo, ultimamente, e questa long-fic sta realmente avendo la meglio
sulla mia pazienza. Fortuna che – in teoria –
mancano ancora
pochi capitoli.
Se
qualcuno di voi se lo ricorda, avevo detto che avrei mantenuto quella
che possiamo chiamare «stupida linea di Trick»,
ovvero avrei
continuato a scrivere le vicende di DH in modalità completamente
What If
secondo quello
che doveva essere il mio immaginario da Wotcher Wolfie. Ma anche no,
devo dire adesso, perché non ce la faccio più. Ho
bisogno di
arieggiare la zucca, perciò ho deciso che, per il momento,
mi
fermerò con la morte di Silente.
Non
abbiatene, ma l'alternativa è che io muoia davanti al
computer – e
non è che mi piaccia molto.
Se
poi, Mastro Fato permettendo, mi verrà la voglia di
riprendere in
mano l'ultima parte What If, lo farò.
E
poi, mi è venuto un allucinante desiderio di scrivere
qualcosa sui
Malandrini, perché il fatto che non lo abbia mai fatto
è umiliante.
Sto uscendo fuori discorso. Strano.
Cassandra:
Anch'io. :)
Mirwen:
Grazie per la tua comprensione. Anch'io adoro Aberforth –
molto/quasi più di Albus Silente, in effetti.
Sarà il fascino del
formaggio di capra, immagino. :)
_AleAle_:
Grazie mille! :)
angyp:
Sono contenta che trovi Remus e Tonks spontanei. Dopo quasi settanta
capitoli di Remus/Tonks sarebbe piuttosto imbarazzante se non lo
fossero! :) È il momento che precede la prima battaglia di
Hogwarts,
giusto. Grazie mille dei complimenti, il mio ego ringrazia! :)
lyrapotter:
Manca pochissimo alla fine, sì, e no, no, no, non ho la
minima
intenzione di seguire le linee Canon di DH. Che per me non esiste,
fra l'altro. :D Non potevi credere che Remus non avrebbe fatto marcia
indietro. Lui è il maestro delle inversioni a U, povera
Tonks. E
sono contenta che ti sia piaciuta la descrizione di Tonks data da
Aberforth. A me suonava piuttosto bene. :) Grazie, grazie e grazie.
:)
SakiJune:
Ehilà,
boss. Il tuo
filosofeggiare mi farà diventare matta, te l'ho mai detto? E
no, la
Rowling potrebbe ovviamente fare meglio, quindi evitiamo di
esagerare, che poi il mio ego si monta e io non frullo più.
:) No,
niente sesso. Aberforth mi sa da uno particolarmente rigido, sotto
quel punto di vista. E non so perché. Non piangere, non ti
impedirò
di accoppiarlo con qualunque altra strega over-sessanta tu
preferisca. Giuro. Un bacio. :)
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