capitolo 1
Capitolo 1
Da ore ormai mi parlava di
tutti i suoi problemi mentre io silenzioso giocavo con i suoi boccoli
biondi. Chiara non era mai stata una chiacchierona, anzi se avessi
dovuto descriverla l'avrei definita una ragazza taciturna, quelle
rare volte che parlava soffiava perle di saggezza, parole il cui solo
suono allentava la tensione. Mille e mille volte si era ripetuta
questa scena, con l'unica differenza che il monologo non usciva dalle
sue labbra. Non mi ero mai interessato tanto alla vita privata di una
persona, ma Chiara non era una persona qualunque lei era la migliore
amica che potessi trovare su questo pianeta.
Disponibile anche nel
profondo della notte e con una parola di conforto sempre pronta,
dolce e tenera nei momenti di maggiore intimità, magari quando le
confidavo di quanto ci tenessi alla nostra amicizia, paziente come
mai nessuno era stato con me.
“ Non ne posso più Ale,
voglio andarmene, voglio scappare via..” terminò esausta.
Sapevo benissimo che la
sua situazione a casa era in bilico da mesi ormai, suo padre
minacciava quasi ogni giorno di lasciare tutto e andarsene via, la
madre invece alternava periodi di iperattività a quelli di più
totale depressione. Tra i due le cose non andavano di certo bene e
giusto la sera prima Antonia aveva chiesto il divorzio, Chiara ora ne
soffriva terribilmente e aprendosi come mai prima aveva fatto sperava
che in qualche modo potessi tranquillizzarla dicendole che tutto si
sarebbe sistemato, ma non sarebbe stato così.
Due anni prima mio padre e
mia madre avevano avuto una lite molto più che furiosa che li aveva
portati alla rottura definitiva del loro rapporto. Gregorio ora
viveva nel centro della caotica Milano, mentre mia madre ed io, non
volendo abbandonare Padova, ci eravamo trasferiti a casa della nonna.
Mai una volta nessuno dei
due aveva tentato di perdonare l'altro, così ora mi ritrovo con un
padre una madre separati e chissà quante matrigne in giro per la
metropoli lombarda.
“ Chiara, non posso
mentirti, i tuoi si sono amati per molto tempo, ma da altrettanto
ormai non fanno altro che scannarsi e tu sei vittima delle loro liti.
Vedila dal lato positivo, finalmente tu e tua madre ritroverete un
po' di pace” cercai invano di far tornare il sorriso sul suo volto.
“ Sono sola Ale,
completamente sola..” sussurrò priva di forza, questa storia le
stava portando via tutta la serenità che fino a qualche giorno prima
governava il suo volto.
Non potevo continuare a
vederla così abbattuta, dovevo assolutamente inventarmi qualcosa, o
meglio dovevo cercare di immaginare cosa lei mi avrebbe detto in un
momento del genere.
“ Non sei sola piccola,
hai me” le alzai il mento con un dito “ E non permetterò che il
divorzio dei tuoi porti via il tuo sorriso stupendo e il luccichio
allegro dei tuoi occhi smeraldo, farò di tutto pur di rivederti
serena, ok? Stai tranquilla ci sono io..” la rassicurai prendendola
tra le mie braccia. La sentii abbandonarsi al pianto e ogni volta che
i singhiozzi la facevano sussultare la stringevo più forte.
“ Grazie Ale” mormorò
asciugandosi gli occhi ancora gonfi di lacrime.
Rientrai a casa a notte
fonda sorrisi alla vista di mamma e nonna che, abbracciate, si erano
addormentate davanti a un vecchio film in bianco e nero. Spensi il
televisore e rimboccai le coperte ad entrambe, poi me ne andai in
camera.
Presi tra le mani la mia
reflex, tanto agognato regalo di compleanno, e cominciai a far
scorrere le foto sul piccolo schermo.
Steso sul letto sembravo
essere entrato in un mondo parallelo, un mondo dove non sognavo
soltanto ma vivevo in prima persona tutto ciò che desideravo. I miei
scatti avevano tutti lo stesso soggetto da qualche mese ormai, una
bella ragazza con i capelli corvini e un sorriso mozzafiato. Agnese
si chiamava, sapevo solo questo. La vedevo tutti i giorni in stazione
mentre aspettava il suo treno assieme a quello che forse era il suo
fidanzato, “ il rosso” come lo chiamavo io. Era un tipo strano,
alternativo e con l'immancabile cicca in bocca. Uno che si fa notare
insomma, nulla a che vedere con me. Lei era tutt'altro che
particolare, da lontano sembrava quasi brutta, ma avvicinandola
venivi come abbracciato da quell'aurea di semplicità e classe che
emanava, era semplicemente perfetta senza il bisogno di alcun
fronzolo. Un ritratto bello anche senza la presenza della cornice.
Dio quanto l'avevo
desiderata in questi mesi, ogni giorno imprigionavo la sua essenza
nei miei scatti e mai una volta mi riusciva di catturarla senza
ottenere una foto sfuocata, perchè lei era in continuo movimento.
Gesticolava, sbuffava, rideva fino alle lacrime per poi piangere
sulle spalle del suo compagno, e si spostava continuamente una ciocca
di capelli corvini che andava subito dopo a ricoprirle l'occhio
destro. Conoscevo i suoi modi nei minimi dettagli senza mai averle
parlato, tutto grazie a delle semplici fotografie scattate in
lontananza, tutto passando l'attesa del mio autobus senza mai
staccare l'obiettivo da lei. Quando arricciava il naso, ad esempio,
voleva dire che stava facendo valere i suoi ideali forse disprezzati
dal “rosso”, mentre quando alzava il sopracciglio sinistro era
schifata da qualcosa a cui aveva assistito o che aveva sentito dire.
A risvegliarmi dal mio
universo parallelo fu la vibrazione del cellulare, lessi velocemente
il display: “ Chiamata in arrivo: Chiara”.
“ Pronto!” risposi
preoccupato rivolgendo lo sguardo verso la sveglia. Erano le tre di
notte.
“ Ale, mio padre è
tornato sbronzo e sta picchiando mia madre. Ti prego fai qualcosa..”
singhiozzò e soffocò un urlo quando delle implorazioni giunsero da
poco lontano.
“ Arrivo Chiara,
arrivo!” quasi urlai in preda al panico. Infilai in un lampo le
prime cose che trovai e corsi a casa della mia migliore amica.
Trovai le chiavi sotto lo
zerbino del loro appartamento, inspirai ed espirai più volte
cercando di trovare il coraggio dicendomi che nel peggiore dei casi
mi sarei ritrovato con un occhio nero.
Ma la mano continuava a
tremare e non riuscivo a costringermi a fare irruzione in quella
casa. Stavo per andarmene quando sentii una chiave girare nella
serratura, all'istante mi nascosi.
“ Fanculo le tue cazzo
di carte per il divorzio! Fanculo te e quella puttana di tua figlia!”
urlò il padre di Chiara uscendo barcollante. Avevo sentito bene? La
mia Chiara non era quel tipo di ragazza, non doveva azzardarsi
nemmeno a toccarla quello schifo con le gambe.
“ Ripetilo sei hai il
coraggio!” urlai balzando fuori dal mio nascondiglio, posseduto da
una forza che mai mi era appartenuta.
“ E tu chi cazzo sei?”
biascicò guardandomi storto l'animale.
“ Alessandro, ripetilo
dai!” lo incitai nuovamente.
Ma invece di ubbidirmi mi
si lanciò addosso sganciandomi un destro. Urlai sentendomi
improvvisamente la guancia bollire.
“ Ale!” urlò una voce
familiare, ma ormai ero sull'orlo dell'incoscienza. Il padre di
Chiara continuava a picchiarmi nonostante alcuni vicini, svegliati
dalle urla, si fossero intromessi tra di noi.
“ Alessandro, ti prego
rispondimi..” singhiozzò Chiara quando riuscirono a togliermi di
dosso suo padre.
“ Chi-chiara..”
gemetti dolorante.
“ Tieni duro Alessandro,
adesso arriva l'ambulanza..” disse Antonia posandomi un panno
fresco sulla fronte e subito mi sentii sollevato.
“ Ale, Ale tieni gli
occhi aperti. Guardami!” mi supplicava tra le lacrime la mia
piccola Chiara.
“ Chiara..” sussurrai
prima che la vista mi si appannasse e tutto attorno a me diventasse
buio.
“ Piccolo mio, sei
sveglio?” mi domandò con la voce increspata mia madre appena
sbattei le palpebre stordito dalla luce.
“ Ma-mamma” balbettai
sentendo ogni parte del mio corpo gridare stop ad ogni mio minimo
movimento.
“ Stai tranquillo Ale,
non muoverti. Siamo in ospedale, ricordi cos'è successo?” mi
domandò prendendomi le mani.
“ Chiara mi ha chiamato
e..” risposi improvvisamente esausto. Chiara, cosa le era successo?
Dov'era la mia piccola?
“ Alessandro!” la
sentii gridare e subito dopo la vidi affacciata alla porta.
“ Chiara” sorrisi
debolmente.
“ Mi dispiace tanto..”
mi corse in contro con gli occhi lucidi.
“ Me la sono cercata”
la calmai facendo spallucce.
“ Quello stronzo di mio
padre! È riuscito a scappare..” sputò arrabbiata.
“ Lo troveranno tesoro,
stai tranquilla..” disse mia madre posandole dolcemente una mano
sulla spalla.
“ Hai fame?” mi chiese
poi ritornando a concentrare l'attenzione su di me.
“ Un po'..” mentii.
Avevo bisogno di rimanere solo con la mia migliore amica che non
accennava a smettere di accarezzarmi i capelli.
“ Vado a prenderti
qualcosa!” esclamò prendendo la borsa e sparendo dalla mia vista.
Sospirai.
“ Come ti senti?” mi
chiese apprensiva Chiara.
“ Stanco e dolorante..”
gemetti a causa di un movimento troppo azzardato.
“ Lascia prendo io..”
disse allungandosi a prendere il bicchiere d'acqua che avevo
adocchiato, poi me lo portò delicatamente alle labbra.
“ Grazie” sorrisi.
“ Non avrei dovuto
chiamarti” cominciò distogliendo lo sguardo.
“ Cosa dici, sono io ad
aver sbagliato. Non avevo nemmeno il coraggio d'entrare, bell'amico
che sono..” risposi contrariato non staccandole gli occhi di dosso.
Aveva i capelli sconvolti
e le guance rigate dalle lacrime, ma la cosa peggiore fu scoprire i
suoi occhi smeraldo stanchi, rossi, gonfi, privi di emozione.
“ Smettila di piangere
Chiara, ti stai rovinando. Devi essere forte!” continuai, dovevo
scuoterla psicologicamente per farla reagire.
“ Ale..” mi accarezzò
la guancia “ Non hai idea di quanto sia difficile per me, sono così
stanca, non dormo né mangio da due giorni ormai..” rispose
sospirando.
“ Vorrei poter far di
più..” dissi invaso da un soffocante senso d'impotenza.
“ Quante volte devo
ripetertelo?” sorrise e per un attimo i suoi occhi tornarono a
brillare “ Non è colpa tua amore..” e a quella frase si portò
le mani alla bocca.
Non eravamo soliti
chiamarci con nomignoli così affettuosi, come se fossimo
fidanzatini, lei era la mia piccola, ma mai l'avevo chiamata “tesoro”
o ancora peggio “amore”.
A quelle parole sentii una
barriera dentro di me frantumarsi, come se Chiara si fosse addentrata
in territori del mio cuore a me sconosciuti. No, così non andava
bene.
“ Chiara..” cercai di
ribattere.
“ Scusa, mi sono
lasciata andare troppo. Meglio se vado ora.” mi bloccò fredda,
prese le sue cose e si volatilizzò con una corsa stanca.
“ Maledizione”
sussurrai. Cosa ne potevo io? Ormai il confine era stato
oltrepassato, e con quella semplice parola di tre sole sillabe il
nostro rapporto era cambiato, o almeno così era per me.
Per giorni non ebbi più
notizie della mia piccola grande amica, e mi sentivo vuoto, solo.
Nemmeno il mio universo parallelo mi sembrava più il posto giusto in
cui rifugiarmi. Perciò passai i giorni di convalescenza steso sul
letto di camera mia, con lo sguardo perso nel vuoto. Rifiutavo di
mangiare, di bere, di lavarmi e di ricevere visite..fino a che non
venne a trovarmi Giovanni.
“ Ehi amico!” esclamò
sbattendo la porta della mia stanza “ Dio! Fai paura!” disse
indicando l'ematoma che circondava il mio occhio destro.
“ Grazie eh..” risposi
svogliatamente.
“ Elisabetta mi ha detto
che domani torni a scuola, è finita la pacchia!” rise e con un
braccio mi circondò le spalle.
“ Grazie per essere
passato Giò” sorrisi con poco entusiasmo.
“ Ale, che ti prende?
Non me la racconti giusta..” mi guardò lasciando da parte il suo
spirito di eterno bambinone.
“ Chiara..” sospirai “
Ha oltrepassato i confini della semplice amicizia..” non volli
andare oltre con la spiegazione sperando che il mio amico capisse.
Giovanni ed io eravamo
amici da una vita, nati insieme eravamo destinati a passare tutti i
santi pomeriggi in partite di calcio e chiacchierate nel giardino di
casa. Di litigate ce ne erano state parecchie, ma mai nessuna era
riuscita ad intaccare il legame indissolubile che si era formato tra
di noi.
“ Vi siete baciati?” e
per un attimo un sorriso impertinente spuntò sul suo viso.
“ No” sbuffai e subito
la mia immaginazione corse a pensare come sarebbe potuto essere
l'incontro delle mie labbra con quelle della mia piccola Chiara. “
Scemo!” mi dissi allontanando quella marea di cazzate che stavo
immaginando. Non era lei quella che sognavo di tenere stretta sotto
un manto stellato, non era lei quella che volevo fosse mia per
sempre. Quella era Agnese.
“ Che è successo
allora?” mi chiese Giovanni riportandomi con i piedi per terra.
“ Mi ha chiamato
“amore”..” dissi “ E tu sai benissimo che le regole dicono di
non oltrepassare mai un certo limite di confidenza con un'amica”
finii.
“ Mmh.. e se fosse stato
il momento e la stanchezza a farla parlare? Chiara è sola in questa
situazione, sente il bisogno di una presenza costante accanto a
lei..” pensò ad alta voce Giò.
“ Ma io sarò sempre
presente, come amico però..” sospirai.
“ Forse questo non le
basta più” mi guardò dispiaciuto.
Eccomi qui dolci anime!
No, per vostra sfortuna sono ancora viva * Sospiri afflitti da parte dei lettori *
Ed
ecco il primo capitolo di " Agnese " spero sia all'altezza del prologo
che ho postato più o meno una settimana fa, anche se a dirla
tutta
mi convince poco -.-
Eh vabbè " l'eterna insoddisfatta " è il mio secondo nome quindiii :)
Spero che voi non l'abbiate disprezzato come la sottoscritta, ma anche se fosse ci tengo a leggere il vostro parere :)
Baci
_Heavenly_
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