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Choko
no Kaori
(Profumo
di cioccolato)
Il tramonto. Il cielo era dipinto a chiazze da un
rossastro purpureo. Lontano si udiva l’infrangersi delle onde sugli scogli e
il caldo sole, riflesso dal profondo specchio marino, si preparava ad essere
inghiottito dalle tenebre notturne.
Qualcuno, però, non se ne
preoccupava. Erano un bambino e una bambina che giocavano a ricorrersi nel
bagnasciuga.
-
Fuka! Aspetta, ehi!-
-
Ah ah ah! Satoshi, non mi prenderai ma…ah!- La bambina inciampò
goffamente su una pietra e cadde pesantemente sulla sabbia. Subito si rialzò,
voltando le spalle all’amichetto. –Fuka…? Tutto bene?- Chiese Satoshi,
preoccupato. Fuka annuì con un cenno del capo e le sue spalle furono scosse da
frequenti tremiti. Il piccolo mise la sua manina sulle spalle di Fuka, che si
voltò. Il suo viso era inondato da caldi lacrimoni. – Che c’è?- domandò
il piccolo Satoshi, con ansia. Fuka si prese il volto tra le mani. – Me ne
devo andare… Me ne andrò dall’Hokkaido…Partirò per Tokyo e…noi…n-non
c-ci vedremo…mai più!- farfugliò la bambina fra i singhiozzi. Un attimo di
silenzio seguì le sue tristi parole. Quando Fuka sollevò lo sguardo lucido,
vide che Satoshi le sorrideva con dolcezza. Subito, la piccola si trovò fra le
accoglienti braccia dell’amico.
-
Fuka. Promettimi che ci vorremo sempre bene, anche se saremo
lontani!-
-
Sì!- promise Fuka con fermezza. “Satoshi…” pensò,
abbracciandolo stretto. Si sentiva così bene tra le braccia del suo Satoshi…Non
sarebbe mai riuscita a dimenticarlo. La piccola Fuka n’era più che certa.
Tokyo, nove anni dopo.
Qualcuno bussò alla porta del bagno dove Fuka, si
preparava accuratamente per il suo primo giorno di scuola. –Fuka, hai finito?
Ci sei da due ore!- esclamò irritata la madre, da dietro la porta. –Si, si-
rispose la ragazza, distrattamente. –FI NI TO!- gridò, guardando ammirata il
suo riflesso nello specchio. Era davvero molto carina, con la divisa scolastica
e le treccine. Fuka aveva quindici anni e frequentava la scuola pubblica, dove
si trovava più che bene. Aveva una cerchia di amici più grande di tutte le
ragazze di Tokyo e, ultimamente, pensò, mentre si aggiustava la frangia con un
sorriso, aveva messo gli occhi sul gelataio diciottenne della gelateria giù
all’incrocio. Forse sarebbe riuscita a strappargli un appuntamento, visto il
suo recente successo con i ragazzi.
–Fuka, ma ti muovi?!-
sbuffò la madre, con impazienza.
Fuka, contrariata, aprì la porta con violenza e mostrò
la lingua alla madre che, dopo averle gridato un’imprecazione, la cacciò
dritto di filato a scuola.
“Ah ah, così impara!” pensò la ragazza trionfante,
mentre usciva di casa. –EHI, Fuka!- la chiamò una ragazza, raggiungendola.
–Myako!- la salutò Fuka, con allegria. Le due si conoscevano da quando Fuka
si era trasferita, ed erano subito diventate molto amiche. Chiacchierando
allegramente, si trovarono di fronte alla gelateria. Il bel gelataio stava
prendendo il fresco, seduto negli scalini. –Ciao!- lo salutò Fuka,
sorridendo. Il ragazzo la guardò come se volesse mangiarla con gli occhi.
Sorrise. –Ciao- rispose. –E’ proprio un bel fusto!- costatò Myako,
osservando il gelataio. Fuka sorrise, compiaciuta. –Sì!- affermò.
Quando arrivarono a scuola,
videro un’enorme folla accalcata all’ingresso. –Ma che succede?- disse
Myako, alzandosi con le punte dei piedi e allungando il collo per vedere meglio.
– Ehi, ma c’è una rissa!- esclamò, spaventata, dopo essere riuscita a
vedere il motivo di tanta confusione. –Andiamo! Ci penso io!- Fuka, così
dicendo, prese l’amica per un braccio e la trascinò al centro della folla,
dove un ragazzo della loro età menava un loro conoscente più grande. –Ehi,
tu! Perché lo picchi? Lascialo subito!- urlò Fuka con rabbia al ragazzo. Il
ragazzo lasciò andare lo studente (che intanto fuggì a gambe levate in
infermeria) e si voltò verso Fuka. –Mi ha ostruito il passaggio.- Si
giustificò, mettendosi le mani in tasca con fare indifferente. Fuka si adirò.
–E ti sembra una buona ragione per…- Non finì la frase che il ragazzo la
zittì raggelandola con lo sguardo. –Fatti gli affari tuoi, se non vuoi
passare guai.- Disse minacciandola. Dopodiché, come se nulla fosse, girò sui
tacchi ed entrò nell’edificio.
Il cuore di Fuka prese a battere
velocemente, e lo stomaco si contrasse in modo spiacevole. “io…io lo
conosco!” pensò, confusa.
-Fuka, tutto ok?- le disse Myako,
ansiosa. –Sai, ho appena saputo che viene dall’Hokkaido. E’ un ragazzo
problematico.- continuò, con maggiore ansia.
-Dall’Hokkaido.- ripeté Fuka,
assorta nei suoi pensieri. –Se non sbaglio, è dove abitavi tu nove anni fa.-
continuò Myako, vedendo l’amica turbata.
-Sì- rispose distrattamente
Fuka. Possibile che…? Non, era assurdo non poteva assolutamente essere!
-Che rabbia!- urlò Fuka, un’ora dopo. –Su…dai
calmati, Fuka. Non è mica la fine del mondo…- cercò di calmarla l’amica
Aya. –Ma come ha fatto a finire nella mia classe?! Sono ROVINATA!- Continuò
Fuka con veemenza. – Perché ti dà così fastidio?- La interrogò Myako. Fuka
ci pensò un attimo. – Sinceramente parlando non ve lo saprei dire. Però…-
disse, osservando il ragazzo, dall’altra parte della classe, seduto accanto
alla finestra. – Ho come l’impressione di conoscerlo da sempre.- costatò.
-
Puoi chiedere a Yuri se lo conosce. D’altronde, anche Yuri viene
dall’Hokkaido.- Le suggerì Aya. –Forse. Ma sì, penso che glielo chiederò.-
decise Fuka, alzandosi in segno di saluto, poiché il professore era entrato in
aula. –Ragazzi, da quest’anno avremo un nuovo studente.- Disse il professore
agli alunni. - Venga per cortesia alla cattedra e si presenti.- Così dicendo,
fece segno al ragazzo con cui Fuka si era scontrata di avvicinarsi alla
cattedra. Il ragazzo nuovo si alzò e raggiunse la cattedra con viso totalmente
inespressivo. “Peccato, se fosse più allegro e simpatico, sarebbe
bellissimo.” Pensò Fuka. – Sono Sasshi Hirokawa.- Si presentò lui, con
tono piatto. Quel nome fece scattare qualcosa nella mente di Fuka. –Eh?!-
strillò e ritrovandosi all’improvviso in piedi, si chiese quando si fosse
alzata. Silenzio. Il professore e tutta la classe, compreso Sasshi, la
guardarono ammutoliti. – Sasshi
per caso è l’abbreviazione di ‘Satoshi’?- chiese, con la voce che tremava
un poco. – No.- Rispose Sasshi seccamente. – Signorina Oki, la prego, si
ricomponga.- disse il professore mettendosi gli occhiali dritti sul naso e
prendendo in mano il registro. Fuka ubbidì e si sedette. – In effetti, sul
registro c’è scritto ‘Sasshi’ e non ‘Satoshi’. La devo avvertire: se
farà nuovamente una simile scenata sarò costretto a spedirla dal preside.-
Disse il professore con tranquillità. Fuka annuì. Sasshi si sedette, e il
professore iniziò la sua lezione di lingua giapponese. Ma Fuka non ascoltava.
Fissava Satoshi. C’era qualcosa in lui che la colpiva. Non poteva essere lui,
eppure…Il suono della campana scosse Fuka dai suoi pensieri. –Fuka torniamo
a casa insieme?- le chiese Myako, con allegria. –Mi dispiace, ma oggi devo
prendere la corriera! Per cui, ci vediamo domani.- Rispose Fuka, che era di
malumore. Prese in fretta la borsa e uscì da scuola. A passo svelto si avviò
verso la fermata. Arrivata lì, attese per mezz’ora. Poi, vedendo che la
corriera non arrivava, decise di tornare a casa a piedi. Be’, almeno sarebbe
riuscita a riflettere con calma.
Perché adesso,
all’improvviso, le accadeva tutto questo? Aveva una vita perfetta…aveva
tutto ciò che desiderava: era una studentessa modello, era carina, aveva tante
buone amiche…e ora, arriva questo strano ragazzo dall’Hokkaido che la
sconvolge tutta. L’Hokkaido… L’isola giapponese dove aveva vissuto
l’infanzia e dove aveva conosciuto il suo primo amore, il piccolo Satoshi.
All’improvviso, le apparve il volto di quel bambino che non vedeva da nove
anni. Una fitta le trapassò il cuore, come se l’avessero pugnalata al petto.
Eppure, questa sofferenza doleva più di cento, anzi, mille coltellate. Le
mancava. Le mancava quel bambino e il loro amore. Quell’amore fatto di carezze
e dolci sorrisi… le lacrime sgorgarono a fiotti dagli occhi, inondandole il
viso di tristezza. Rallentò il passo, e si accorse di essere di fronte alla
gelateria. –Fuka…- La chiamò una profonda voce maschile. Lei si voltò e
vide il gelataio che tanto le piaceva. Vedendola piangere, lui l’attirò a sé
fra le sue accoglienti braccia e la strinse forte. Troppo forte. –Ehi…p-per
favore, lasciami. Si sta facendo tardi. – Fuka cercò di opporsi alla sua
stretta. Ma il gelataio la ignorò, finchè qualcuno gli lanciò una cartella in
pieno viso. L’uomo cadde a terra, svenuto. Fuka si voltò per ringraziare
colui che l’aveva salvata e si sorprese quando vide che era Sasshi. –Scusa
il disturbo, ma mi bloccavate il passaggio.- Disse lui, con leggerezza. Fuka
rise. Sapeva che mentiva. –Grazie.- disse, sfoderando uno dei suoi migliori
sorrisi. Lui non rispose e si avviò per la sua strada, lasciando Fuka immobile
come una cretina. “Però che tipo freddo.” Pensò lei, raccogliendo la sua
cartella. Poi si mise a correre, per la paura che il gelataio si risvegliasse.
“Forse”,
pensò mentre camminava nelle strade buie e affollate, “Quel ragazzo non è
poi così cattivo.”
Ma si sbagliava.
Il continuo squillare del telefono, svegliò Fuka, quella
memorabile domenica mattina di Maggio. Il cielo, ricoperto da fitte nubi nere,
minacciava un grosso temporale. –Mmh…- mugugnò la ragazza, girandosi dalla
parte opposta al comodino dove il telefono trillava senza sosta. Si premette il
cuscino sulle orecchie per attutire il rumore, ma fu tutto inutile: il danno era
già fatto. Sbadigliando si alzò e afferrò la cornetta.
-Pronto.- disse, con la voce impastata dal sonno.
- Fuka! Meno male, è da tre ore che faccio squillare il
telefono! E’ successa una cosa terribile!- La voce ora affannosa e turbata di
Myako le arrivò dall’altro capo del telefono.
-Cosa?- Chiese Fuka, un po’
seccata.
-
Ma quanto sei tarda di comprendonio!- Sbuffò Myako. Fuka fu
tentata di ribattere: “Grazie, eh, dopo che mi hai buttato giù dal letto
nell’unico giorno in cui posso dormire tranquillamente…” ma non lo fece.
Non voleva litigare. O meglio, non ne aveva voglia. –Allora?- disse, invece.
-
C’è una rissa.- Rispose Myako. Fuka poteva già immaginare chi
ci fosse dietro questa faccenda. Be’, non che ci volesse molto a capirlo. –
Oh no! Che ha combinato Sasshi?!- Esclamò, colta da una disperazione
improvvisa. – Sta ammazzando Yuri di botte. Pare che lui l’abbia provocato.-
-
Chi?-
-
Yuri Tendo, quel tuo amico dell’Hokkaido, ha insultato Sasshi e
lui se l’è presa. E’ ovvio che si conoscono, da come ‘discutono’. Dai,
vieni a Shibuya, sei l’unica che può fermare quei due.- Disse Myako,
riattaccando il telefono e lasciando Fuka scioccata. In tempo record, si lavò,
si vestì e si diresse a Shibuya, noto centro di Tokyo. Cercò disperatamente
per un quarto d’ora, finchè trovò la folla dove evidentemente si svolgeva la
piccola discussione. – Fuka!- Urlò Aya, correndo verso di lei. Sul suo volto
vi si poteva leggere chiara la disperazione che la coglieva in quel momento,
essendo la ragazza di Yuri. – Fermali, ti prego!- Le disse con ansia. Fuka si
diresse a spintoni nel centro della folla e vedendo i due ragazzi dandosele di
santa ragione, rimase a bocca aperta. –Satoshi! Sei diventato più violento.-
Ansimò Yuri. –Yuri!- Strillò Aya. Fece per corrergli incontro, ma Fuka la
bloccò, tenendola per un braccio. –Satoshi?- Chiese Fuka a Yuri, con voce
flebile. Yuri si asciugò un rivolo di sangue che gli colava dal labbro
inferiore. Guardò Fuka (Almeno quel poco che l’occhio pestato gli
concedeva…) e articolò le parole che lei aveva così duramente represso in
questi ultimi giorni.
- Fuka, lui è Satoshi, il nostro amico d’infanzia. Il
bambino al quale hai voluto bene.- Un silenzio lugubre seguì quelle parole. –
Lui non può…non può essere Satoshi. – disse Fuka, quando riacquistò
l’utilizzo della propria voce. –Come no, è lui. Osservalo meglio.- disse
Yuri, a fatica. Fuka si voltò verso Sasshi e lo osservò minuziosamente.
I capelli
biondo rame, come quelli del suo Satoshi…
I lineamenti del suo viso…
Gli occhi profondi color nocciola, come quelli di Satoshi,
nei quali
la Fuka
di nove anni prima spesso si perdeva…
Lo stomaco di Fuka si contrasse con dolore. Non c’era
dubbio, era lui. Fuka rimase frastornata. Com’era possibile che il bambino di
cui era innamorata facesse cose così orribili? No. Non era lui, non poteva.
Fuka scosse il capo.
Satoshi rimase immobile. –
Allora…tu…sei davvero
la Fuka
dell’Hokkaido?- Chiese, in tono pacato. Fuka si mise a piangere, e annuì.
Poi, automaticamente, corse via.
L’aria fredda le perforava il viso come mille aghi. Ma
lei, noncurante, correva. Fuggiva. Voleva scappare il più lontano possibile da
quella terribile realtà. Lontano. Da tutto e da tutti.
Com’era possibile che il piccolo Satoshi fosse
diventato un ragazzo così problematico? E perché piombava così
all’improvviso nella sua vita, nel suo mondo? All’improvviso le venne in
mente la promessa che lei e Satoshi avevano fatto da piccoli. Una promessa…Sarà
possibile voler bene al ‘nuovo’ Satoshi?
- Fuka.- Una calda voce
affannata la chiamò, e lei si sentì afferrare per un braccio. Si voltò, in
lacrime, trovandosi davanti a Satoshi. – Mi dispiace.- Fu tutto quello che lui
le disse stringendole forte la mano, fredda come il ghiaccio. Fuka singhiozzò,
cercando di asciugarsi le lacrime con i lembi del maglione. L’unico risultato
fu che bagnò anche quelli.
Non sapeva nemmeno perché piangeva. Forse, per lo shock
dovuto alla delusione di trovare il suo primo amore, quel dolce ricordo, mutato
così profondamente… Lui la guardò con compassione, non sapendo bene che fare
in quel momento. – P-perché sei qui?- chiese Fuka, nell’intervallo fra un
singhiozzo e l’altro. Lo sguardo di Satoshi divenne d’un tratto serio ed
impassibile. – I miei genitori sono morti.- Disse, con voce tagliente.
Fuka non realizzò subito ciò che Satoshi aveva appena
pronunciato. Dopo qualche secondo, capì improvvisamente. Afferrò le spalle del
ragazzo e lo scrollò con foga. – COSA?! Stai SCHERZANDO?!- Urlò con tutto il
fiato che possedeva.
-
Li hanno uccisi.- Disse Satoshi, indifferente come se si trattasse
dei genitori di qualcun altro e non dei suoi. Un’idea terribile s’insinuò
nella mente della ragazza che, spaventata, indietreggiò. – Non sono stato io.
E’ stato un amico dei miei genitori che mi ha spedito in un riformatorio qui a
Tokyo, incolpandomi dell’omicidio.- Spiegò Satoshi.
-
Satoshi, tu…ti ricordavi di me?- Chiese Fuka in un soffio.
Satoshi, che guardava lontano, dove un qualunque occhio umano non giungerebbe,
si voltò verso di lei e annuì. – Mi cercavi?- Chiese ancora lei. – Si.
L’omicidio è stato commesso l’anno scorso, e ti ho cercato per un anno,
senza mai fermarmi, lottando contro tutti…-
Hokkaido, un
anno prima.
Kazanosuke Tendo, padre di Yuri, esce dalla casa degli
Hirokawa. Il suo sguardo è intriso di follia, pensa al figlio e alla moglie,
trasferitisi a Tokyo dopo il loro divorzio. Colpa sua, pensò. Era lei, la sua
ex moglie…se le cercava, le botte. Schioccò la lingua e procedette a passo
rapido. I suoi pantaloni erano sporchi di sangue. Puzzavano. Avevano l’odore
acre e pungente della morte. Satoshi sta tornando da scuola. E’ contento, si
è divertito e il compito in classe di matematica è andato piuttosto bene. Non
vede l’ora di tornare per raccontarlo ai suoi genitori. Se solo con lui ci
fosse anche Fuka…Sarebbe tutto più bello. Fuka… non era mai riuscito a
dimenticarla, e dubitava che un giorno ci sarebbe riuscito. Il padre di Yuri gli
passò accanto. Satoshi si accorse che tornava da casa sua. Si accorse anche
delle macchie e del puzzo. Decide di non farci caso. Entra in casa. –Mamma!
Papà! Sono tornato!- urla, gettando la borsa nel divano. La casa è avvolta dal
silenzio. Satoshi si preoccupa, ricordando Kazanosuke sporco di sangue. Avanza
di qualche passo verso le scale e il suo sguardo è catturato da un martello
sporco di rosso scarlatto appoggiato nell’ultimo scalino. Il cuore gli batte
ad una velocità incredibile. Sale le scale ed entra nella camera dei suoi
genitori. Ciò che vede gli rimarrà impresso per tutta la vita, cambiandolo
profondamente. I suoi genitori sono stesi sul pavimento, privi di vita, e tutta
la parete, il letto, il pavimento e i mobili sono tinti del colore del sonno
eterno… Il ragazzo urla, spaventato. La porta si apre di scatto, una
poliziotta entra e lo afferra per un braccio. Satoshi vuole scappare, non vuole
vedere, non vuole vivere. Vuole urlare, morire, fuggire. Viene portato nel
riformatorio di Tokyo, nell’attesa del processo, accusato di un reato che non
ha commesso.
Oggi, un anno dopo, Tokyo.
Il volto di Satoshi è freddo e impassibile, mentre
racconta l’orribile storia. Nemmeno una lacrima gli scende dal bel viso
bianco. – Da quel momento, diventai violento e rissoso.- Disse, in tono
lugubre.
Fuka piangeva. Le lacrime le scendevano senza che lei se
ne accorgesse. Era rimasta interdetta. Forse ora poteva capire il suo stato
d’animo. Chiunque, assistendo ad una cosa del genere, sarebbe diventato
introverso. –Mi…dispiace.- disse, cercando di non sembrare ridicola.
–Anche a me.- rispose lui, noncurante. – Vedrai, ora che ci siamo ritrovati,
sarà tutto più facile! Ti starò vicina…- Disse Fuka, sorridendo. Alzò la
mano e si asciugò le lacrime con decisione. Si avvicinò a Satoshi e lo baciò
teneramente sulla guancia, dopodiché corse via. Satoshi la vide allontanarsi,
tra il mare di folla. Si sfiorò la guancia, assente. Si chiese se davvero
sarebbe tornato tutto come prima. Si guardò intorno, e vide qualcosa. Qualcosa
che gli raggelava il cuore. Era la felicità. Tutte quelle persone che ridevano,
circondate da affetto. Un affetto che lui non possedeva. Ed era questo a
renderlo diverso…sapere che non avrebbe mai raggiunto la felicità.
Eppure…il viso sorridente di Fuka gli appariva nella mente. Forse con lei
sarebbe stato diverso…Forse.
Le nuvole. Enormi massi di panna montata…Almeno, così
apparivano a Fuka. La dolce brezza le sfiorava il viso, regalandole serenità.
Era l’ora di ricreazione, e Fuka e Myako, insieme al resto della scuola,
rideva e scherzava in giardino. – Fuka, ciò che mi hai detto è terribile.
Come pensi di aiutarlo?- Disse Myako all’amica. Fuka fece spallucce. –
Credo…restandogli vicino.- Rispose, soprappensiero. –Non è che lui… Ti
piace ancora?- Chiese Myako, maliziosamente. –Ma sei scema?! E’ una cosa
passata. Voglio aiutarlo perché mi fa pena.- Rispose Fuka arrossendo
violentemente.
-Okay.- disse Myako, con tranquillità. Aprì un libro e
si mise a leggere. Fuka si sdraiò sull’erba e chiuse gli occhi.
All’improvviso, la dolce brezza si tramutò in un violento vento. –Ma
cosa…?- esclamò Fuka, balzando in piedi. La scuola e i suoi compagni erano
scomparsi. Davanti a lei Myako
sorrideva sinistramente.
Il cielo era ricoperto da fitte nubi nere e pareva che i
lampi volessero squarciare le tenebre. Si trovavano in un’ampia distesa
erbosa. – Myako, che ti prende?- chiese Fuka all’amica. Myako rise. Un lampo
la illuminò e Fuka poté vedere il suo viso dipinto di follia. Myako alzò
lentamente il braccio tremolante e la indicò. Fuka la guardava con terrore,
tremando di freddo. – Tu e Satoshi vi separerete, proprio come in passato…
Il sangue, la rabbia, la tristezza e poi…la passione vi avvolgeranno, non
potrai amare nessun altro, oltre lui… Non amerai nessuno come hai amato lui…
Il tuo cuore sarà suo schiavo per sempre… Ma…non potete stare insieme.
Lui…è condannato all’oscurità…- Dichiarò Myako, sorridendo. La sua voce
era impregnata di ridacchiante pazzia. La risata isterica della ragazza si fece
più intensa, più intensa…
-
Buongiorno sono le 8:03 minuti. Tempo nuvoloso. Segno del mese…-
Fuka non seppe mai quale fu il segno del mese, perché gettò la sveglia
dall’altro capo della stanza. Sbadigliò, stiracchiandosi. Un brivido le salì
lungo la schiena. Non stava troppo
bene e non si ricordava nemmeno il sogno che aveva fatto. Che strano…Eppure,
se ci pensava, stava male e le veniva un nodo allo stomaco. Decise di non
pensarci. Sbadigliando, si alzò con decisione dal letto e preparò gli
indumenti per farsi la doccia. – Fuka.- La chiamò sua madre. – Oggi è il
giorno.- Le disse. La ragazza guardò la madre, che era appena entrata in camera
sua. - Preferirei che tu ti
assentassi da scuola. Andremo in quel posto come ogni anno, va bene?-
-
Sì.-
-
Bene, allora lavati.-
La porta si chiuse. Fuka guardò il suo riflesso
allo specchio. Aveva una faccia orribile, sconvolta. Le lacrime le bruciavano
gli occhi, lottando per uscire. Ecco perché si sentiva uno schifo…se n’era
dimenticata. Sospirò, prese una maglietta, un pantalone, la biancheria e
svogliatamente si diresse in bagno.
Hokkaido. Nove anni prima, notte inoltrata.
Qualcuno bussò alla porta della
stanza di Fuka. La bimba si svegliò. – Sì?- disse, strofinandosi gli occhi.
La mamma entrò. Si sedette goffamente nel bordo del letto. I pallidi raggi di
luna che filtravano dalla finestra illuminavano i dolci lineamenti della donna.
Dei lineamenti ora un po’ sconvolti. I suoi occhi…La piccola Fuka intuì che
la madre aveva appena pianto. La donna abbracciò la bambina. – Tesoro…papà
è salito in cielo. La settimana prossima…la settimana prossima dovremo
partire.- Le lacrime della mamma le bagnavano il collo. La piccola Fuka non capì,
ma le mancò il respiro a quelle parole pronunciate dalla madre con tanta
angoscia. La bimba strinse di più la mamma. – Mammina…- disse soltanto. Da
quel giorno, la sua vita cambiò per sempre, e non sarebbe più tornata quella
di prima.
Tokyo. Presente.
Le lacrime di Fuka caddero sulla
tomba del padre, morto nove anni prima in un incidente stradale.
Fu questa la causa del loro
trasferimento. In seguito alla morte del padre, la famiglia di Fuka venne
sommersa dai debiti. Ad impossessarsi delle loro proprietà fu un ricco
commerciante, al quale il padre di Fuka aveva domandato qualche prestito. Così,
in breve tempo, madre e figlia si ritrovarono senza un tetto. Per qualche mese
furono ospitate presso alcuni parenti dell’Hokkaido, finchè la madre di Fuka
trovò un lavoro e un modesto appartamento a Tokyo. Dopo sei mesi di angosce si
trasferirono nella capitale, pronte ad incominciare una nuova vita.
-
Fuka, andiamo.-
La voce triste e malinconica
della madre la fece tornare bruscamente alla realtà. Gettò un ultimo sguardo
affranto alla tomba del padre. “ Addio, papà.” Pensò, fra le lacrime.
-
Fuka, c’è Yuri. Dice di volerti vedere. Vai, ti aspetta in
giardino- La voce della madre, proveniente dal soggiorno, chiamò la ragazza.
Era sera. Fuka stava studiando, domani aveva il compito di Storia. Un compito
importante, fra poco avrebbe dovuto sostenere un difficile esame. Maledicendo
l’amico per averla disturbata, si alzò e si recò nel giardino
dell’edificio, dove Yuri la stava aspettando. – Che c’è?- gli chiese, in
tono un po’ brusco. Yuri si avvicinò. – Devo dirti una cosa.- Disse,
deciso. – Che cosa? Dai, in fretta, devo studiare.- Sbuffò Fuka. Yuri la
afferrò per le spalle e la baciò sulle labbra. Fuka si oppose. – Lasciami!-
Urlò, dandogli uno spintone. – Cosa ti è saltato in mente?!- Strillò,
sconvolta. – Tu hai già Aya!-
-
Ci siamo lasciati perché ho capito che nutrivo qualcosa per te.-
-
Non provarci mai più!- la voce di Fuka tremava di rabbia. Come
aveva potuto rubarle il suo primo bacio? Era furiosa. – Perché…?- Chiese
Yuri. Fuka si sfiorò le labbra. Aveva desiderato che al posto di Yuri ci fosse
qualcun altro… All'improvviso, le tornò alla mente il sogno della profezia.
Le parole di
Myako erano chiare, e in quell’istante, le rimbombavano nella testa in un
martellare continuo.
Sapeva che
nulla sarebbe più stato come prima. Lei amava ancora il piccolo Satoshi che era
‘morto’, lasciando il posto alla persona che lui adesso è. E lei non
conosceva questa nuova persona.
-
Fuka?- la chiamò Yuri, afferrandola per un braccio. – Yuri…
perdonami, ma… io…- Disse Fuka, cercando di distogliere lo sguardo dagli
occhi penetranti del ragazzo.
Sapeva che
poteva amare solo una persona. In nove lunghi anni non era riuscito a
scordarlo… E come poteva? L’aveva amato più di chiunque altro…e
continuava a volergli bene…gliene avrebbe voluto per sempre.
La voce di
Myako s’insinuò fastidiosa tra i
suoi pensieri.
“ Non amerai nessuno come hai amato lui…”
Una fitta le trapassò il cuore e le lacrime s’impossessarono dei suoi
occhi.
- Mi dispiace.- Gli disse in un soffio. Yuri le lasciò andare il braccio
ed evitò di
guardarla, sicuro che se l’avesse fatto avrebbe pianto.
“ Il tuo cuore sarà suo schiavo per sempre…”
- Yuri, ti prego perdonami, ma io…Io… Devo andare.-
Disse Fuka, e scappò via.
Corse, cercando di dimenticare… Frammenti di ricordi le
annebbiarono la vista… Pianse, pianse come non aveva mai fatto, consapevole di
aver spezzato il cuore di Yuri…
Urtò qualcuno e cadde pesantemente a terra. – Ehi!-
Esclamò una voce famigliare. Aprì gli occhi e una strana sensazione si
appropriò del suo corpo, quando vide Satoshi davanti a sé. Satoshi la scrutò
con attenzione e quando il faro di una macchina illuminò il viso rigato dalle
lacrime di Fuka, lui le chiese cosa non andava.
Per tutta risposta, Fuka si alzò di scatto e lo abbracciò.
-
Mi manca il vecchio Satoshi…- Singhiozzò. Lui non disse nulla,
si limitò ad ascoltarla con serietà. – F…Fallo tornare!- Urlò Fuka in
frasi disconnesse. Alzò il capo, guardandolo con disperazione. – Fallo
tornare da me, così che io possa amarlo!- Le parole di Fuka toccarono il cuore
di Satoshi. – Fuka…quel Satoshi appartiene al passato. Lui non tornerà più.
– Disse il ragazzo, con voce tagliente, allontanando la ragazza da sé. Fuka
smise di piangere. – Lo so! E allora…promettimi di amare anche quello che
sei ora! Io voglio conoscere tutto di te, tutto! Perché sei l’unico che ho
veramente amato e che amerò per sempre!- Urlò lei battendo i pugni sul petto
di Satoshi, a capo chino. Il cuore del ragazzo batteva all’impazzata. – Fuka…mi
rendo conto che sei cambiata. Sei diventata bella, forte e determinata,
intelligente, matura… tutto ciò che in me si è dissolto da qualche tempo.
Quando tu te ne sei andata ho capito cosa fosse la solitudine. Perché…anche
io ti ho sempre amato.- Disse Satoshi col cuore in gola. – Tu non sei cattivo.
Io curerò le ferite del tuo cuore. Io starò con te, qualunque cosa accada.-
Promise Fuka, guardandolo con dolcezza. Satoshi la baciò con dolcezza.
Seconda parte
Una donna elegante, sulla trentina, bussò alla porta di
un ufficio. – Avanti.- Disse una roca voce maschile. La donna aprì la porta
ed entrò. – Mi scusi. Sono l’avvocato della famiglia Tendo. Sono qui per
parlarvi del ‘Caso Hirokawa’, ovvero di Satoshi, il ragazzo accusato di
omicidio.- disse la donna, sul ciglio della porta. Sulle mani teneva una pratica
e parlava con studiato distacco. L’uomo spense il sigaro nel portacenere e
incrociò le mani. – Prego, si sieda.- Disse alla donna, indicandole la sedia
di fronte alla scrivania. La donna avanzò con passo leggero e si sedette nella
poltrona. – Che cosa desidera comunicarmi?- le chiese l’uomo. – Noi del
‘Caso Hirokawa’ riteniamo opportuno processare il ragazzo. Ormai è passato
un anno e abbiamo tutte le prove necessarie per il processo.- Spiegò la donna,
posando la pratica sopra la scrivania. L’uomo osservò la donna con
attenzione.
-
Siete sicuri che abbia davvero commesso l’omicidio dei suoi
genitori?- Le domandò.
La donna rise. – No, no affatto! Non è mai stato
accusato di ciò. Lui ha ucciso il padre di Yuri Tendo, il vero assassino dei
suoi genitori. Quell’uomo era pazzo…e crediamo che Satoshi, per vendicarsi
l’abbia ucciso. E’ per questo che sono qui.- Disse, con un melenso sorriso.
-
Mamma, sono a casa!- Annunciò Fuka, spalancando la porta di casa.
Era felicissima, e non vedeva l’ora di raccontare tutto alla madre.
Ma ciò che
vide la sconvolse. Sparsi per tutta la casa c’erano degli scatoloni imballati.
– Mamma? Che fai?- Domandò Fuka alla madre, con perplessità. La madre
radunava velocemente tutti gli
oggetti dentro una scatola di cartone. La casa era ormai semi vuota. – Ce ne
andiamo. Andiamo a Osaka.- La informò, senza smettere di raccogliere gli
oggetti e di infilarli con forza dentro il pacco ormai pieno.
- Eh? Perché?
Proprio ora che ho ritrovato Satoshi!- Esclamò Fuka con rabbia. La madre si
paralizzò e girò lentamente gli occhi verso la figlia. – E’ proprio per
questo che ce ne andiamo. Lui è un criminale, e stando con lui rischi di
diventarlo pure tu!- lo sguardo della madre era glaciale.
Fuka rimase paralizzata. –
Ma… Satoshi non ha ucciso i suoi genitori!- Ribatté.
La madre rise freddamente. Era
fuori di sé.
-
Oh, no non loro! Ma il padre di Yuri Tendo sì, però!-
Ora Fuka comprendeva perché
qualche giorno prima Satoshi aveva picchiato Yuri. In lui vedeva quell’uomo
orribile che aveva ucciso ciò che di più caro aveva al mondo… Quell’uomo
pazzo, che lo privò dell’amore e del calore della famiglia… Però, c’era
qualcosa che non quadrava.
-
Cosa dici?- Fuka non capiva a pieno la situazione.
-
Non te ne ha parlato? Dopo essere stato portato nel riformatorio
di Tokyo, divenne ribelle e introverso. Poi… un giorno, Kazanosuke andò a
‘fargli visita’. Gli intimò di tacere riguardo all’omicidio degli
Hirokawa, e se avesse parlato lo avrebbe fatto pentire amaramente. Insomma, lo
minacciò. Satoshi, accecato dalla rabbia, prese un coltello e lo pugnalò al
petto.- Raccontò la donna, guardandola con un volto inespressivo e oscurato.
Nel suo racconto vi era una punta di asprezza, che lo rendeva ancora più tetro.
-
Cosa?- Sussurrò Fuka. Si mise le mani fra i capelli. Il suo corpo
era scosso da tremiti frequenti e incessabili. – Non ti credo! Bugiarda!- Urlò,
con tutto il fiato che aveva in corpo. Dopo aver guardato la madre con rabbia
crescente, uscì da casa chiudendo la porta con violenza.
-
Che cosa volete fargli?- Chiese con assoluta calma il dirigente
del riformatorio alla donna di fronte a lui. – E’ abbastanza grande da
subire la condanna che gli spetta.- Rispose la donna con freddezza. L’uomo non
rispose, ma si accese un sigaro. Dopo aver aspirato abbastanza fumo, l’uomo
disse:
-
Il ragazzo sembra pentito.-
-
Che cosa va farneticando?! Quel ragazzo ha commesso un omicidio!
E’ reato, sa?- La donna si alzò di scatto dalla poltrona, fremente di rabbia.
L’uomo non rispose e continuò a fumare.
-
Mi pagano fior di quattrini per sbattere quel moccioso in
gattabuia, e può star certo che ci riuscirò.- Urlò l’avvocato con veemenza,
e uscì indignata dallo studio sbattendo la porta con così tanta furia che
l’uomo temette che si potesse frantumare da un momento all’altro.
In fondo,
Satoshi era un bravo ragazzo. Sembrava pentito… Oppure no?
Mentre
l’uomo si crogiolava in questi pensieri, spense il sigaro e si alzò dalla
poltrona. Con passo calmo si diresse verso la finestra e aprì la tendina.
Sbirciò fra le luci della città per un po’, fin quando i suoi occhi furono
catturati dalla figura di una graziosa quindicenne che esitava all’entrata del
riformatorio. Che ci faceva qui? Per una bambina non era pericoloso stare fuori
fino a tarda notte? Pensando a ciò, l’uomo sospirò, chiuse le tendine e
lasciò l’ufficio per recarsi a casa sua.
“ Satoshi.” Pensò Fuka, mentre attendeva fuori dal riformatorio.
Si asciugava le lacrime con un fazzoletto e aspettava che Satoshi uscisse
dall’edificio come ogni sera. Ultimamente, piangeva spesso. Era una cosa che
non le capitava da anni, ormai. E’ proprio vero che l’arrivo di Satoshi
l’aveva sconvolta.
Eccolo: stava uscendo. Era molto
bello. Lo sguardo color nocciola perso chissà dove nei suoi pensieri…I
lineamenti dolci ma severi… I capelli biondi e ribelli, ora mossi dalla brezza
notturna…
Nel guardarlo, il cuore di Fuka
accelerò il ritmo cardiaco e lo stomaco si contrasse con dolore. Che strana
sensazione…Ora mista ad una rabbia e ad un dolore incontrollabile. Il ragazzo
si accorse che Fuka era lì che lo aspettava. – Fuka, che ci fai tu qui?- Le
chiese, sorpreso. Fuka non rispose, ma alzò la mano destra. Il suo sguardo si
fece gelido all’improvviso, e nell’istante in cui Satoshi si avvicinò, lei
gli mollò un sonoro ceffone che lo fece barcollare. – Verme. Mi hai mentito
su tutto.- Gli sussurrò con ferocia. Il suo volto era inespressivo, ma al
contempo gelido. Non possedeva una benché minima espressione di rabbia, dipinta
sul volto. Satoshi ne ebbe paura. – Che…?- farfugliò, tenendosi la guancia
dolente. – Non è vero che ti avevano mandato in un riformatorio perché ti
avevano accusato della morte dei tuoi genitori! Ti hanno spedito qua perché non
avevi un posto dove andare, e quando il padre di Yuri è venuto a minacciarti tu
lo hai ucciso! Perché mi hai mentito? Perché?!- Sussurrò gelidamente Fuka.
Era furiosa. Il volto di Satoshi si ottenebrò. – Perché non volevo che tu
sapessi quello che ho fatto…Quella cosa terribile che mi opprime, giorno e
notte…Quella cosa che non potrò mai cancellare e che mi perseguiterà per
tutta la vita.-
-
Fuggiamo.- saltò su Fuka, all’improvviso, senza pensarci due
volte. – Eh?- esclamò sorpreso Satoshi. – Fuggiamo. Scappiamo via, via da
tutti! Andiamo nell’Hokkaido!- Disse lei, afferrandolo per un braccio. Quel
suo comportamento infantile aveva risvegliato in Satoshi il ricordo della
piccolo Fuka di nove anni prima.
-
Fuka…E’ impossibile.- Sussurrò lui, dolcemente,
trattenendola. – No! Andiamo, presto!- La ragazza si divincolò. Era sotto
shock. Satoshi la afferrò e la baciò. Fuka si calmò. – Calmati, ti prego.
Non sopporto di vederti così.- Le disse con dolcezza, carezzandole il viso. Lei
annuì, ma Satoshi la afferrò per mano e si mise a correre, senza meta. –
Dove…stiamo andando?- Gli chiese Fuka, correndo.
-
All’aeroporto.-
-
E…come pensi di salire nell’aereo per l’Hokkaido?-
-
L’aeroporto è a due passi da qui. L’ultimo aereo della
giornata è sempre quello per l’Hokkaido. Ci intrufoleremo di nascosto.-
Affermò con estrema decisione.
“Ancora qualcosa fuori
legge…” pensò Fuka divertita. Arrivarono all’aeroporto in pochi minuti.
Era vuoto. – Ultimo aereo della giornata. Sapporo: Hokkaido.- Annunciò una
voce metallica. Satoshi diede un calcio ad una cassa di merce diretta per
Sapporo, il capoluogo dell’Hokkaido. Quella si aprì e Satoshi buttò via i
pacchi postali che vi erano al suo interno. Diede una mano a Fuka per entrare
nella capiente cassa, entrò anche lui e chiusero il coperchio. Fu tutto molto
facile… (d’altronde, è solo una semplice storia!) Quel che conta, fu che
entro qualche ora, arrivarono nel loro paese. L’Hokkaido.
Era l’alba, ormai. Il Sole stava nascendo pronto a
sorridere, illuminando il mondo con il suo splendore. Il mare era calmo…Tutto
intorno a loro era silenzioso e bellissimo. Fuka e Satoshi arrivarono nella
vecchia casa al mare dove nove anni prima abitava la ragazza.
Quella casa impregnata di
ricordi… Fuka scoppiò in lacrime. Dopo aver tanto sognato il suo piccolo e
bellissimo mondo, ora finalmente c’era. Di nuovo, e con la persona che tanto
amava… Due bambini correvano, ridendo. Erano un bambino e una bambina.
Quell’immagine ricordò a Fuka i bei tempi passati e che non sarebbero più
tornati. . .Quanta nostalgia.
-
Ehi, che hai?- Le chiese Satoshi, aprendo la porta con un calcio.
Quella cedette, senza opporre resistenza. Pareva che a lui non facesse né caldo
né freddo, essere tornati in quel paese con Fuka. Certo che era davvero
un’insensibile!
-
Nulla, mi sono lasciata trasportare dai ricordi.- Disse Fuka,
asciugandosi le lacrime con le maniche del maglione. Si chiese se sua madre
fosse in pensiero. Ma d’altronde, cosa gliene fregava? Sorrise, e afferrò la
mano di Satoshi. Entrarono nella casa. Era proprio come Fuka la ricordava…
Dentro c’era buio. Deboli raggi di Sole filtravano dalle fessure delle
persiane. C’erano ancora tutti i mobili, polverosi, ma in buono stato. Ora, in
quel momento, in quel luogo, si era alzato il vento. Il vento divino che asciuga
le lacrime, che spazza via la tristezza…
Se credi che nulla al mondo possa donarti serenità,
aspetta. Non scoraggiarti. Egli saprà portarti colui che ami. Il dolce ricordo
di quel sorriso che ti fa ancora oggi sciogliere…. Credici, credi in te
stessa! Non arrenderti mai, lotta sempre. Vedrai che arriverà il vento della
gioia e che spazzerà le tue angosce, porterà l’amore che non vedi da tanto
tempo, porterà l’amore che tu desideri! Vivi con serenità…Vivi ogni attimo
della tua vita, che mai più tornerà…vivi lottando per amare e sarai amata!
Le onde del mare si infrangevano sugli scogli, in quella
magica alba fatta d’amore. Satoshi guardò Fuka con dolcezza, portandola al
piano superiore. Entrarono nella stanza di Fuka. La ragazza si commosse,
osservando la stanza che tanto aveva desiderato di rivedere con nostalgia. Con
un gesto automatico, si avviò alla finestra e aprì le tendine. Venne inondata
dalla calda luce del Sole, mentre qualcosa di morbido affondò nel suo collo.
Satoshi la stava baciando. Il suo cuore prese a battere velocemente. E lì,
nella Casa dei Ricordi, nel paese dove si erano conosciuti e amati, accadde.
Quel gesto ricco di amore…
L’amore e il destino: due cose incomprensibili che
fanno innamorare e a volte separano due persone con crudeltà… però, sai, può
accadere l’impossibile e due persone destinate ad amarsi, si ameranno per
sempre nel bene o nel male…
E’ il caso di Fuka e Satoshi, che in quel momento,
sapevano di essere nati per stare insieme. Il filo rosso del destino che li
aveva fatti innamorare e separare, ora li univa… Là dove i sogni diventano
realtà, Fuka e Satoshi divennero una cosa sola. Ora ne erano certi: sapevano
che ciò che li legava era qualcosa di indescrivibile, ciò che travolge il
cuore di un tornado di emozioni… L’amore.
Il cinguettio degli uccelli, il chiacchiericcio dei
ragazzi che ridono e scherzano…Il caldo sole dell’Hokkaido… Fuka si
sveglia di soprassalto. In fretta si veste, ed è preoccupata: Satoshi non è lì.
Non è lì ad aspettarla con un sorriso. Lo cerca dappertutto, ma nulla: sembra
essere svanito. Preoccupata va in cucina, sperando che lui l’aspettasse lì.
Ma così non fu. Sopra il tavolo vi era una brioche e accanto ad essa, un
foglio. Il cuore della ragazza mancò di un battito, mentre afferrava la
lettera. Iniziò a leggerla. Tremava, sfogliando con gli occhi quelle righe
cariche di emozioni.
“Fuka.
Chi avrebbe mai detto che un ragazzo così orribile come
me, avrebbe amato così profondamente la bellissima ragazza che sei ora… Non
ne sono degno. Degno di avere nulla…Ora mi pento di ciò che ho fatto. Penso a
Yuri, che se non fosse per me, potrebbe abbracciare suo padre. Penso a mio padre
e a mia madre, che sarebbero ancora in vita…Se solo penso a come sarebbero
felici se ti avessero conosciuta… Ho deciso di costituirmi. Fuka…cerca di
comprendere questo mio gesto, te ne prego. Io sconterò ciò che merito. Com’è
giusto che sia. Ma ricorda: Io ti amerò per sempre. Qualunque cosa accada, noi
ci incontreremo di nuovo. Non potrò mai volere bene ad una persona come ne ho
voluto a te. Mi hai cambiato la vita… Ti ringrazio. Resteremo uniti. Credi a
queste mie parole. E’ una promessa.
Satoshi”
Il Sole era alto nel cielo. Il mare…bello, intenso…Le
lacrime di Fuka, che a fiotti bagnavano la lettera di Satoshi. Lei lo sapeva:
Qualunque cosa fosse successa, loro si sarebbero amati per l’eternità, uniti
o divisi…
Choko
no Kaori
( Profumo di
cioccolato)
FINE
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